signor presidente del Consiglio , se non mi sbaglio nel suo intervento lei ha fatto tre operazioni: con la prima ha cercato una cifra più liberale, con la seconda ha cercato di raffreddare le aspettative senza spegnerle e con la terza ha cercato di disegnare uno spazio nobile per un' opposizione seria e civile. le risponderò così: sul primo punto sento anche personalmente le ammaccature del vostro liberalismo, del liberalismo della vostra coalizione, e quindi mi permetterà di dubitare. sul secondo punto credo che sia compito nostro — primo compito della nostra opposizione — quello di non consentirvi di sfuggire dalle aspettative che avete suscitato: questo è il nostro primo compito. l' opposizione, dunque, e quale opposizione? lei ha usato parole come garbo, gentilezza e tanti commentatori ci chiedono un' opposizione ben educata e noi possiamo tranquillizzare tutti. lo dico così: noi non useremo i toni che abbiamo subito in questi due anni e che, in particolare, ha subito il presidente Prodi che voglio salutare e ringraziare da qui. le assicuro che anche nei momenti di gioia o di allegria, che spero non mancheranno anche a noi, non organizzeremo simpatiche merende con salumi e champagne in queste Aule. faremo certamente un' opposizione seria e civile — la faremo sicuramente — è opinabile che voi abbiate diritto a questa opposizione, ma noi certamente ne sentiamo il dovere e faremo, lo ripeto, un' opposizione seria civile. faremo un' opposizione che starà al concreto delle condizioni materiali di vita dei cittadini italiani, le condizioni che sono state il vero oggetto di questo confronto elettorale e cominceremo da subito, da oggi, cominceremo cercando una misura per giudicare quello che farete. credo che la prima misura da prendere sia fissare bene il punto da cui voi prendete il testimone. avete davanti una situazione semplice? no di certo: c' è una crescita meno che flebile, ci sono turbolenze internazionali, c' è uno Stato ipertrofico, anchilosato e via dicendo. tuttavia, voi avete oggi margini di intervento più ampi di quelli che lasciaste a noi. credo che un conto sia partire col 4,2 per cento di deficit, un conto sia partire con il 2,3 per cento . un conto è partire con l' avanzo primario pari a zero , un conto è partire con l' avanzo primario al 3, col debito che cala invece di crescere e così via . un conto è partire essendo pienamente dentro un' infrazione comunitaria, un conto è partire essendone usciti. avrei apprezzato, presidente Berlusconi, che lei facesse cenno a questa piccola evenienza visto che siamo in un confronto sereno e civile. cominciamo anche col dire, a proposito del punto da cui partite voi, che dal 1° gennaio di quest' anno succedono alcune « cosucce » . vorrei enunciarle solo affinché rimangano almeno qui, a verbale, perché non mi affido certamente ai meccanismi di informazione. alcune di queste « cosucce » saranno viste dai contribuenti già tra maggio e giugno, altre sono in corso e si vedranno nella fiscalità dell' anno successivo. parlo della riduzione dell' Ires, e dell' Irap; del credito d'imposta del 40 per cento per gli investimenti e ricerca; del forfettone per i contribuenti minimi; del credito d'imposta per il sud e « chiusura » della legge 19 dicembre 1992, numero 488; dei crediti di imposta per la ristrutturazione edilizia e per l' efficienza energetica; dell' abolizione, a partire da giugno, del 40 per cento dell' Ici, ad iniziare dalle case più modeste; della quattordicesima per le pensioni basse; del bonus per gli incapienti e mi fermo qui. da qui parte la vostra avventura, da qui dovete andare avanti. e qui la domanda: avete dei margini per potere andare avanti da subito? sì, li avete! quanti, poi, vedremo, si può discutere, ma li avete e lo sapete bene, perché altrimenti non vi impanchereste a promettere da subito l' intervento sull' Ici, la detassazione degli straordinari e così via . nel merito, naturalmente, discuteremo: togliere l' altra metà dell' Ici è prioritario? non lo so, è da discutere. sono sicuro, però, che voi non rinuncerete a passare alla storia per quelli che hanno tolto l' Ici pagandone solo la metà, perché di questo si tratta. gli straordinari sono un problema? la detassazione sì, sicuramente; siamo pronti a discutere! ma questo tema coincide con quello del potere d'acquisto dei salari? no! questo tema coincide con quello della produttività? no! ne discuteremo: sia chiaro che eravamo e siamo perché queste risorse siano utilizzate per migliorare il potere d'acquisto di salari e pensioni più basse. volete prendere soldi dai petrolieri e dalle banche? benissimo: ci sono bilanci grassi lì, non c' è dubbio! domanda: per darli a chi questi soldi? all' erario o ai consumatori? questa è la domanda, è molto semplice! vi do qualche pista: fate rispettare la legge sulla trasferibilità dei mutui, la legge sui conti correnti , andate a prendervi il provvedimento, che è fermo al Senato, sull' abolizione del massimo scoperto. queste tre cose fanno 1 o 2 miliardi di euro, che vanno verso il potere d'acquisto dei consumatori, perché se invece intendete prenderli e darli all' erario, questi poi li scaricano sui consumatori e voi mettete le mani in tasca ai cittadini per procura. avremo modo di discutere nel merito, ripeto, però adesso, concludendo il mio intervento, voglio toccare un tema di fondo, che accompagnerà questa legislatura, e che, credo, ne sarà la cifra. sono tante, signor presidente , le ragioni che hanno portato alla nostra sconfitta e alla vostra vittoria; tutte queste ragioni, però, si muovono su uno sfondo, che coinvolge in maggiore o minore misura tutti i paesi sviluppati . questo sfondo è il tumulto indotto dalla cosiddetta globalizzazione, con fenomeni non regolati di insicurezza, di impoverimento, relativo o assoluto, di divaricazioni sociali e territoriali. sono fenomeni indotti da uno sconvolgimento globale che si scaricano alla porta di casa e sono difficilmente affrontabili con gli strumenti democratici e di Governo che abbiamo tutti tra le mani. in questa fase riconosco che mediamente, in Europa intanto, le forze di destra e di centrodestra hanno parole più confortevoli rispetto a questi disagi. a chi ce la fa, ma comunque è nervoso e insicuro, queste formazioni di destra e centrodestra offrono parole di deregolazione, di libertà dai vincoli; a chi vuole difendersi dalle cose nuove offrono parole di difesa, di tutela e di conservazione; a chi è escluso o si impoverisce offrono una critica forte e spregiudicata allo stato di cose esistenti, senza temere la demagogia, e compaiono anche nuove idee, per esempio, lavorare di più per guadagnare di più (in Francia), e compaiono nel profondo della società. emergono dei bersagli facili: l' immigrato, il burocrate, il mercatista, il vampiro fiscale , Roma più o meno ladrona. sono parole confortevoli, anche efficaci, ma, signor presidente , pur sempre parole. la domanda è: con i fatti che derivano da quelle parole è davvero possibile, sarà davvero possibile dare sicurezza di vita, ricostruire il potere d'acquisto , ridurre la forbice sociale e territoriale? credo che i fatti fin qui ci dicono che non è così, non sembra così; a meno di non pensare, per esempio, che il presidente Sarkozy abbia perso le elezioni amministrative in Francia per il suo matrimonio. non credo sia stato questo. può darsi dunque, presidente, che si tratti in Europa e da noi non tanto di svolte politiche, ma di accorciamento dei cicli politici perché nessuno ancora trova la chiave risolutiva dei problemi. ecco allora la mia tesi: se è così, la vostra vittoria è legata certamente a una questione di fondo, ma non è scritta sulla pietra. anche nella vostra vittoria c' è un' insicurezza, un timore per la sfida, una prudenza; e forse è questo che ha portato a quelle tre cose, a quel suo intervento, a parole diverse da quelle del 2001 e del 2004. voi sapete come noi che la sfida vera è aperta, la partita vera è aperta, sta nella società. gli interrogativi sono ancora aperti e riguardano certamente noi, noi più di voi perché siamo stati sconfitti; ma riguardano anche voi in questi anni decisivi che avrete da governare, decisivi per il posizionamento dell' Italia nel mondo nuovo e per le nostre nuove generazioni. voi, presidente, lo sapete bene che paese avete alle mani, non potete non saperlo. un paese che vive da mille anni sulla trasformazione di materie prime che non ha, un paese esportatore di prodotti e importatore di materie prime , il primo paese a morire se scattassero improvvisamente dei riflessi protezionistici nel mondo. un paese — sapete anche questo — con la demografia peggiore del mondo, che non potrebbe sostenere né crescita né welfare senza l' immigrazione! un paese esposto di suo, per ragioni storiche sue, ad un eccesso di meccanismi difensivi, per l' organizzazione particolare di reti corte, familistiche, relazionali, localistiche, corporative, che bloccano la mobilità sociale , che frenano le nuove generazioni. è un paese, infine, che ha un sacco di debiti e che spende le sue risorse in interessi, e che per ricavare risorse da spendere per la modernizzazione deve riqualificare la spesa pubblica , non quindi ridurla perché siamo nella media europea, e deve riconvertirla. le risorse le puoi prendere solo portando la fedeltà fiscale alla media degli altri paesi sviluppati . allora, presidente, le parole confortevoli non possono eludere questi dati di realtà: quindi ci vogliono cambiamenti. non ho sentito questa parola nel suo intervento! ci vogliono cambiamenti in questo paese! e allora noi ripartiremo da lì, da questa esigenza di cambiamento, come si conviene a un partito riformista. certo, lo faremo con meno ingenuità di quella che abbiamo avuto fin qui, cioè con una più acuta consapevolezza che il cambiamento ha bisogno di rassicurazione. se vuoi la società aperta devi mettere dei paletti, fatti comunque con la nostra impronta, che non è la vostra. in poche parole, concludendo: il nostro riformismo parte da un riconoscimento non umanitario, ma direi quasi tecnico: nel mondo nuovo uno non sta bene se anche l' altro non sta un po' bene, e che non si può star bene da soli. e che questo stare bene assieme richiede un certo modo di organizzare il mercato e un certo modo di fare le politiche sociali : un mercato privo di condizionamenti, senza rendite improprie, senza monopoli, senza conflitto di interessi , in cui cittadino non sia un suddito né del mercato né della Pubblica Amministrazione , la Pubblica Amministrazione al servizio e non al comando del cittadino e dell' impresa, l' idea che per pagare meno tasse dobbiamo pagarle tutti. ho finito, signor presidente . politiche sociali che non lascino al mercato le risposte a problemi fondamentali, come sicurezza, salute e istruzione: perché davanti a un problema vero di salute non c' è né povero né ricco, questa è l' ispirazione del nostro riformismo. e allora, un riformismo che riconosca anche che è necessaria la progressività fiscale e che si deve fare una forte redistribuzione per tenere assieme la società. l' idea che, se cambiamo un po' tutti, stiamo meglio un po' tutti: sì, sapendo che queste nostre idee che ho elencato devono essere anche corrette e meglio definite attraverso elementi di rassicurazione che incoraggino e aiutino il cambiamento. e ciò meglio di quanto non abbiamo saputo fare fin qui, poiché abbiamo noi commesso i nostri errori. con questa ispirazione, negando naturalmente la fiducia al vostro Governo, siamo però pronti ad aprire un confronto con voi.