Ciriaco DE MITA - Presidente del Consiglio Maggioranza
XV Legislatura - Assemblea n. 6 - seduta del 23-05-2006
Sull'incontro a Parigi tra il ministro De Michelis e il latitante Oreste Scalzone
2006 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 259
  • Comunicazioni del governo

signor presidente della Camera, signor presidente del Consiglio , onorevoli colleghi , le regole, anche quelle elettorali, non sono verità da rispettare, ma riferimenti a misure di comportamenti. perciò, la discussione sul risultato elettorale è oziosa e inutile. il sistema previsto, per un' ironia della storia, è stato predisposto da chi oggi lo delegittima. viceversa, questo sistema va rispettato. c' è, invece, una questione da sollevare subito, onorevole presidente del Consiglio : poiché il sistema elettorale che ci ha portato al voto era non una riforma di sistema ma un espediente elettorale, va immediatamente riformato. non è irrilevante l' obiezione, che da qualche parte potrebbe venire, che il sistema elettorale mutato delegittimerebbe il Parlamento. il modo pratico per ovviare a questo inconveniente è che la modifica del sistema elettorale avvenga rapidamente in un ramo del Parlamento e che l' altro ramo la voti alla scadenza elettorale, in modo da liberare la discussione da un ingombro che, io vorrei sperare, è soltanto un residuo del passato. Berlusconi perciò prenda atto del risultato e s' impegni, viceversa, a modificarlo in senso corretto. l' Unione e lei, onorevole Prodi, non si distraggano sull' opportunità di leggere il risultato, non tanto per la quantità (quello ha legittimato una parte a governare), ma per il suo significato. che il risultato elettorale distribuisca, in maniera quasi equa, la rappresentanza tra l' una e l' altra parte, non deve sfuggire alla nostra considerazione. il voto non è la risposta referendaria al sì o al no, cosicché poi il sì è motivato dalla ragione della richiesta. la richiesta del voto intreccia un percorso singolare tra la capacità di proposta di chi chiede il voto e la motivazione dell' elettore nella scelta. l' elettore ha posto di fronte al sistema politico una domanda di unità, non in termini di spartizione di cariche, ma in termini di recupero di ragioni condivise, perché se non nasce nel dibattito politico e nella pratica della politica del nostro paese una condizione condivisa, non saremo in condizioni di affrontare con successo i problemi che il paese presenta. a lei, onorevole Prodi, vorrei ricordare che nel 1953, quando la legge elettorale allora definita « legge truffa » (oggi, credo, rivalutata per eccesso di democrazia) non scattò, nella classe dirigente si aprì una discussione tra chi voleva non contare le schede (anche allora c' era il problema di contare le schede), ma di riandare al voto e chi, viceversa, si sforzò di interpretare il voto. ci fu un intervento dell' onorevole Moro, sempre acuto osservatore delle vicende politiche, il quale disse che il voto degli elettori era un voto intelligente perché, da una parte, confermava con un giudizio positivo l' attività di Governo ma, dall' altra, sollecitava il Governo a tener conto del nuovo. la similitudine non è meccanica, ma sta nella circostanza che, a mio avviso, nello scontro elettorale, a parte le strumentalizzazioni, i sondaggi, le tecniche mediatiche, in realtà, la pubblica opinione , l' elettore semplice (quello che non legge i giornali ma che stranamente capisce) ha percepito uno scontro con una parte, quella del centrodestra, che bene o male ipotizzava un modello di riferimento nel quale il perno dell' egoismo era l' equilibrio della conservazione del sistema (posizione, questa, non conservatrice ma, paradossalmente, eversiva dell' ordinamento democratico del paese). parlo in prospettiva, per il recupero delle ragioni dell' ordine. diciamoci, comunque, con franchezza che il centrosinistra non è stato in condizione di offrire un modello tranquillo, poiché è apparsa all' occhio dell' elettore più una posizione minacciosa che una posizione alternativa. la politica non è elenco arido di cose da fare; pertanto, immaginare che la ricomposizione e la convergenza nascano indicando analiticamente la risoluzione di questo o quel problema, a mio avviso, non ci fa uscire dalle difficoltà. non a caso gli osservatori più acuti, ma credo anche l' onorevole Prodi in qualche circostanza, hanno affermato che, per uscire dalle difficoltà, occorrono uno scatto di attenzione, la creazione di una speranza. diversamente, il meccanismo non si mette in moto. il paradosso è che un' idea è il fatto più concreto nell' evoluzione del sistema politico del nostro paese. dobbiamo costruire l' unità — lo dico con grande convinzione e non da oggi — , perché la lettura del sistema bipolare , fatto da tutti — non uno « sì » e l' altro « no » — a turno (una volta il centrodestra e una volta il centrosinistra) ed improntato sulla quantità come condizione di Governo, mostra la propria fragilità. non a caso, è tutto il sistema che si trova in questa condizione. le maggioranze si sono composte, ottenendo l' unità marginale per peso, non per qualità. viceversa, le coalizioni sono altro: sono la messa insieme di una pluralità di aspirazioni tra di loro diverse, perché il pluralismo politico è una ricchezza. le coalizioni unitarie non esistono. esiste la mediazione politica che rende unitaria la coalizione nella gestione della politica e dell' attività di Governo. noi, lei, la maggioranza dovrebbero avviarsi a cominciare a fare tutto ciò. scelgo alcune questioni che ritengo rilevanti, la prima, che non sembri marginale né secondaria, quella della laicità della politica. quando osservo che uno degli scrittori più attenti e più acuti come Rusconi, su tale questione, mai banale, è sempre acuto ed attento, in realtà mi viene da recuperare un' osservazione del professor Paolo Prodi, storico acuto ed intelligente, in un saggio pubblicato nel bel libro « potere e religione » , nel quale afferma che non basta più una laicità che si limita ai problemi dell' etica economica o alle controverse giurisdizionali tra Chiesa e Stato. le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche ci pongono di fronte oggi ad un interrogativo nuovo e drammatico. oggi la comunità ci pone di fronte al conflitto sul destino dell' uomo e della natura dell' uomo. si tratta di una questione non risolvibile con l' affermazione della distinzione tra il ruolo dello Stato e quello delle comunità religiose. è una questione che esige una risposta. il rifiuto di un valore non è fatto con la negazione del valore, ma con l' affermazione di un valore alternativo e diverso che concorra a risolvere lo stesso problema in maniera più adeguata e più convincente. è questa la questione all' origine della nostra discussione politica e della nostra riflessione. non sarebbe male se riprendessimo con serenità la riflessione che già Max Weber aveva sollevato quando, con riferimento alla tradizione religiosa in Europa, scopriva che era stato il cattolicesimo romano a consentire in Europa l' organizzazione dello Stato, a differenza di quanto era avvenuto ove si era diffusa la religione ortodossa o nei paesi dell' Asia, dove la posizione che si indica con il potere crea oggettivamente problemi di libertà. quindi, il rapporto tra la dimensione religiosa e la politica non è risolvibile con il principio della separazione, ma con il dialogo, con il confronto di opinioni, con l' affermazione di valori condivisi, tutti volti a garantire l' arricchimento della coscienza umana e della libertà concreta della persona nella comunità. non a caso, riflettendo su queste considerazioni, mi tornano alla memoria pezzi di storia del nostro paese. la verità, infatti, non si trasferisce in norma e questo rischio noi oggi lo corriamo! oggi, noi siamo in presenza di due rischi contrapposti e non so quale sia il maggiore. ve n' è uno, di quelli che con riferimento alla verità... i nuovi devoti, i credenti atei, chiamateli come volete (però non mi libererei dalla questione liquidandola con un aggettivo, sia pure simpatico: è una esigenza a cui l' intelligenza tenta di dare una risposta). il trasferimento del valore nella norma diventa un fatto intollerabile. chiedo scusa. lo consegnerò agli atti: vi era qualche considerazione anche per lei, signor presidente . in coda e fuori tempo, vorrei cogliere questa occasione per svolgere una riflessione. il Parlamento non può funzionare più come ha funzionato. e dico questo non da oggi: tale considerazione l' ho portata avanti dal 1963 quando, parlando per la prima volta in quest' Aula, dissi al presidente della Camera di allora, l' onorevole Bucciarelli, che probabilmente sarebbe stato difficile per il presidente della Camera iscrivere all' ordine del giorno la crisi delle istituzioni: in realtà, la crisi delle istituzioni c' era perché le istituzioni, così come funzionavano, erano inadeguate. ora, risulta sempre più incomprensibile come i lavori dell' Aula, che dovrebbero essere il momento di riflessione sulle questioni generali, siano ridotti al silenzio dalla contingenza del tempo.