Gianfranco FINI - Deputato Opposizione
XV Legislatura - Assemblea n. 36 - seduta del 02-08-2006
Ristrutturazione di grandi imprese in crisi
2006 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 70
  • Comunicazioni del governo

onorevole presidente , signori del Governo, onorevoli colleghi , l' onorevole Tabacci qualche momento fa ricordava, secondo verità, che non è certo la prima volta che il Governo pone la questione di fiducia e, di conseguenza, non è certo la prima volta che l' opposizione esprime la sua protesta di fronte ad una prassi che, del resto, la nostra Costituzione prevede. se in questa circostanza, però, l' opposizione ritiene di esprimere una motivata e, per certi aspetti, reiterata indignazione, tale da avere portato nella giornata di ieri i capigruppo delle forze di opposizione a chiedere al Capo dello Stato di intervenire al riguardo, è perché, onorevoli colleghi , riteniamo di trovarci in presenza di una situazione che va al di là del fisiologico dibattito tra un Governo che pone la fiducia ed una opposizione che protesta. in altre parole, riteniamo di trovarci in una situazione politicamente nuova. siamo in presenza di una degenerazione patologica di un' ipotesi che la Costituzione prevede nello stesso momento in cui la maggioranza che sostiene un Governo ritiene di porre all' Aula la questione di fiducia . e, badate, non mi riferisco tanto alla scansione temporale, che è stata ampiamente messa in evidenza: sette volte la questione di fiducia in 75 giorni di attività parlamentare rappresenta una scansione che denota un evidente problema di tipo politico. mi riferisco al fatto, onorevoli colleghi , che si tratta dei primi 75 giorni della legislatura. credo che, almeno a mia memoria, mai in precedenza fosse accaduto che un Governo — eccezion fatta, forse, per i governi balneari , per i governi a tempo, per i governi di breve e corto respiro — , in poco più di 70 giorni di lavoro parlamentare, consumasse a tal punto il credito di fiducia di cui godeva all' inizio da rendere indispensabile per ben sette volte porre la questione di fiducia . si può dire, e credo che gli italiani che ci ascoltano se ne siano resi conto, che il Governo Prodi non soltanto non ha vissuto la luna di miele che solitamente caratterizza gli esecutivi quando escono da un confronto elettorale ma, anzi, ha dato vita, nel corso di queste settimane, ad uno spettacolo di distinguo, di polemiche, di litigi, di minacce di dimissioni, di pressioni politiche e di ricatti tra i ministri della coalizione e le forze politiche tale da determinare uno spettacolo non soltanto politicamente poco in sintonia con le aspettative di buona parte della maggioranza medesima, ma soprattutto uno spettacolo che ha già prodotto due effetti. il primo effetto è la ragione della nostra polemica di quest' oggi: il Governo è già in affanno. è un Governo che mostra la corda, un Governo per certi aspetti allo stremo. mi rivolgo con rispetto ai colleghi della maggioranza: non è un caso — in tanti anni mai mi era capitato — che anche coloro che votano la fiducia poi, un attimo dopo, dicano che così non si può andare avanti, che è evidente che i problemi politici ci sono. spero che il ministro Chiti avvisi il presidente del Consiglio che anche autorevoli esponenti della sua maggioranza oggi gli votano la fiducia e, contemporaneamente, chiedono all' opposizione cosa si può fare per uscire da una situazione certamente di grande imbarazzo politico. l' altra conseguenza delle polemiche delle scorse settimane è che il Governo è oggettivamente un Governo debole. è un Governo politicamente molto più debole di quello che era lecito pensare, se si considera il fatto che abbiamo votato solo poche settimane fa. come sempre accade quando un Governo è politicamente debole, il presidente del Consiglio pensa di rafforzare la sua maggioranza ricorrendo in modo sistematico alla questione di fiducia . si parla, a dire il vero più dalle colonne dei giornali che tra di noi, di ipotesi di allargamento della maggioranza: credo che il presidente del Consiglio debba riflettere sul fatto che pone ripetutamente la questione di fiducia perché teme lo sfaldamento della maggioranza. nessuno pensa di salire oggi su una zattera della Medusa, dato che non è certamente una scialuppa di salvataggio! in molte circostanze la maggioranza è costretta a fare quadrato ed a difendersi da se stessa con un ricorso massiccio e reiterato alla questione di fiducia . credo che gli italiani debbano sapere anche che non si è potuto discutere ed emendare un provvedimento che ha scatenato la protesta di tutte le categorie interessate. è un altro brutto record, onorevoli colleghi della maggioranza: mai era accaduto che tutte le categorie interessate da un provvedimento protestassero congiuntamente. si tratta di un provvedimento che avvia una stagione di vessazioni fiscali, un provvedimento che era lecito discutere e, forse, era opportuno emendare anche perché — ricordiamolo — non era stato possibile discuterlo ed emendarlo al Senato. il problema che rende poco credibile l' azione del governo non è la scarsa consistenza numerica della maggioranza al Senato, ma l' evidente debolezza politica della maggioranza. prova ne è il fatto che, se avessimo discusso gli emendamenti che abbiamo presentato, probabilmente qualcuno di quegli emendamenti, ritenuto meritevole di apprezzamento anche dai colleghi della maggioranza, sarebbe stato approvato, come sempre accade. se ciò fosse accaduto, il provvedimento sarebbe dovuto tornare al Senato dove è di tutta evidenza, e non per ragioni connesse al calendario e alle ferie, che la maggioranza non è in grado di governare. sottolineo questo aspetto: non è un problema numerico, ma un problema politico. se non ricordo male, il cancelliere Kohl governò la Germania per tre anni con due voti di maggioranza. non si tratta di due-tre-quattro voti in più o in meno, si tratta di coesione della maggioranza. l' attuale spettacolo che dà la maggioranza che sostiene il Governo Prodi è tutto tranne che uno spettacolo di coesione. da ciò — e mi avvio alla conclusione — alcune considerazioni. la prima è che siamo stati buoni profeti nel dire, in campagna elettorale , che l' Italia correva un rischio qualora avesse dato fiducia ad una maggioranza numericamente molto ampia, almeno in teoria, ma politicamente estremamente variegata. quello che è accaduto in queste settimane ha dimostrato chiaramente che non c' è argomento su cui all' interno della sedicente maggioranza non ci siano delle divisioni, dei distinguo, delle opinioni in qualche modo diverse. il mitico programma dell' Unione è una coperta troppo corta per coprire le tante divisioni; di qui, la necessità di un ricorso smodato al voto di fiducia . la seconda considerazione è ancor più attuale: l' opposizione sa che, quando si pone la fiducia sette volte in settanta giorni, si è in presenza di un Governo debole e che mostra, con l' arroganza del voto di fiducia , tutta la sua inconsistenza. sappiamo però anche che questa debolezza non significa necessariamente che il Governo cada domani. non siamo così ingenui. ci auguriamo che nessuno nella maggioranza sia così ingenuo da pensare che, in queste condizioni, qualcuno dell' opposizione possa dare man forte ad una maggioranza che oggi c' è e domani non si sa se ci sarà. non appartiene alla categoria della politica l' ingenuità. in attesa — e questa è la terza considerazione — che in qualche modo la stagione del Governo Prodi si consumi (e non crediamo che sia un' attesa troppo lunga: potete ricorrere alla fiducia altre due, tre o quattro volte, ma le contraddizioni politiche prima o poi esplodono), è evidente che ci comporteremo così com' è nostro dovere comportarci, senza dare stampelle, senza fare sconti ma, al tempo stesso , senza commettere l' errore di votare un « no » a prescindere dal contenuto dei provvedimenti presentati. lo abbiamo dimostrato con il voto sulle missioni in Afghanistan, dove, ancora una volta, avete messo la fiducia per nascondere le divisioni della vostra maggioranza; lo abbiamo dimostrato nel dibattito sul Dpef, e voglio ringraziare il ministro Padoa Schioppa per avere dato atto — con onestà intellettuale — di non aver contestato la consistenza numerica della prossima legge finanziaria . ecco, vi attendiamo, onorevoli colleghi della maggioranza, alla prova della legge finanziaria : siamo curiosi fin d' ora di verificare come riuscirete a conciliare quello che è il giusto rigore nella spesa pubblica , in particolar modo per quel che riguarda la sanità e la previdenza, un rigore indispensabile per la politica di sviluppo e di rilancio, con le richieste da « socialismo reale » — e spero che nessuno si offenda — che vengono da alcuni ministri nostalgici, e non soltanto dell' opposizione (espresse con diverse dichiarazioni), di regimi come quelli di Fidel Castro. non credo sia agevole tenere insieme il rigore dei conti pubblici e la nostalgia del socialismo reale , più o meno realizzato in qualche isola dei Caraibi. a proposito di demagogia, qualcuno ha fatto i conti — mi rivolgo a lei, ministro Chiti o a lei, ministro Bersani, perché altri ministri non hanno avuto la sensibilità di essere presenti — di che cosa significa una politica come quella sull' immigrazione, che prevede un ricongiungimento più facile o la possibilità che rimanga anche chi non ha un reddito certo? quanto costa al nostro welfare? chi pagherà il conto di una demagogia che non ha nulla a che vedere con la solidarietà? vi attendiamo, allora, alla prova della legge finanziaria e concludo ricordando una cosa politicamente rilevante detta ieri dall' onorevole Giovanardi: se anche sulla legge finanziaria chiederete la fiducia, vi assumerete una grave responsabilità, perché se il Parlamento non discute e gli emendamenti non vengono votati...... non si ha la certezza che qui esiste la sovranità popolare e lo scontro si trasferisce nelle piazze. siamo responsabili — non auspichiamo un autunno caldo — , ma facciamo una proposta: Alleanza Nazionale presenterà pochi emendamenti qualificati sulla legge finanziaria ...... ma il Governo non chieda la fiducia sulla finanziaria, perché, in caso contrario, andremo verso una stagione di scontro politico che non si svolgerà in Parlamento.