Gianfranco FINI - Deputato Opposizione
XV Legislatura - Assemblea n. 27 - seduta del 18-07-2006
Ristrutturazione di grandi imprese in crisi
2006 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 66
  • Comunicazioni del governo

la ringrazio, signor presidente . onorevole ministro degli Affari esteri , desidero anzitutto darle atto, ringraziandola, della solerzia e della tempestività con le quali ha inteso riferire a questa Assemblea sulla situazione attualmente in atto nel Medio Oriente e sulle linee guida che il nostro Governo intende perseguire. la ringrazio non solo per la tempestività e la solerzia, ma anche per l' ampiezza della relazione che — dichiaro subito — è per molte parti condivisibile, anche perché vi è una sostanziale continuità con quanto operato, in altri momenti, in quell' area, dal precedente Governo. non so se tale affermazione renda lieta tutta la sua maggioranza, ma si tratta di un aspetto che, come ha dichiarato il presidente Prodi, attiene alle questioni di politica interna , e non è su tali elementi che intendo soffermarmi. vi è certamente, nella relazione, una lodevole volontà espressa in modo ripetuto, la volontà di operare perché cessi il conflitto e perché — uso le sue parole — si arresti la spirale di violenza e di ritorsioni. è un dovere che credo venga avvertito da tutti, al di là delle distinzioni e delle divisioni politiche, che pur ci sono. non intendo nascondermi dietro un dito al riguardo e spero, nei minuti che ho a disposizione, di spiegare in cosa sussistano oggettive, diverse valutazioni in ordine a quanto sta accadendo e alle responsabilità pregresse. ritengo altresì doveroso esprimere il cordoglio della mia parte politica per tutte le vittime civili e innocenti. credo che sia l' unica « equivicinanza » doverosa: è possibile essere contemporaneamente vicini alle popolazioni civili, siano esse colpite ad Haifa o a Beirut. infine, anche da parte mia, avendo avuto modo di registrarne la capacità, va il ringraziamento all' unità di crisi per il modo con cui, ancora una volta, di fronte ad una emergenza nazionale, ha contribuito ad alleviare i disagi dei nostri connazionali. lei si è chiesto, signor ministro degli Esteri , il perché di questa escalation di tipo terroristico-militare che è sotto gli occhi di tutti. credo che la prima risposta che debba essere fornita è relativa alla strategia dell' integralismo e a quella di tipo politico del fondamentalismo musulmano. quest' ultimo è all' opera, e non soltanto dall' 11 settembre 2001, in diverse aree del pianeta e credo di non andare molto lontano dal vero dicendo che individua nel conflitto israelo-palestinese quella che può essere considerata — per usare un' espressione che fu usata da Saddam — la madre di tutte le guerre. in altri termini, il fondamentalismo musulmano ha ben chiaro che, se riesce a chiudere quella finestra di opportunità che fu aperta non più tardi di qualche mese fa, per decisione unilaterale del premier Sharon, di ritirare le truppe da Gaza — se riesce a farlo — può raggiungere l' obiettivo strategico del fondamentalismo islamico, che è quello di incendiare il mondo intero e di alimentare lo scontro tra civiltà. in altri termini, credo che si possa dire che l' escalation derivi da una precisa strategia politica del fondamentalismo e che in essa il popolo palestinese è la prima vittima di un' autentica follia. infatti, non soltanto il popolo palestinese vede allontanarsi il sacrosanto diritto ad avere una patria e uno Stato, ma soprattutto perché anch' esso vive in queste ore momenti drammatici. coloro che soffiano sul fuoco e dimostrano di volere lo scontro di civiltà, sanno perfettamente che, per alimentare il fanatismo delle masse arabe, è indispensabile dimostrare che la pace non si raggiunge attraverso il dialogo e che, per garantire ai palestinesi il diritto ad uno Stato, non servono uomini come Sharon, da un lato, e Abu Mazen , dall' altro, bensì altri attori ed altri protagonisti. questa strategia integralista e dello scontro — lo ripeto — determina danni in particolar modo per il popolo palestinese , e non soltanto per il popolo israeliano , che giustamente — come dirò — rivendica il diritto alla sicurezza. questa strategia è, come anche in molti altri casi, agevolata ma non — lo dico subito — a causa dell' azione del governo israeliano. credo che non si possa dimenticare che il Governo uscito dalle elezioni israeliane non può essere giudicato come un Governo di falchi o di estremisti. il movimento Kadima è certamente un movimento politico che, sulla scia della decisione coraggiosa di Sharon, lavora convintamente per la pace. mi permetto di essere in disaccordo con lei, signor ministro, quando dice che Israele intende la sicurezza solo come risposta militare; non è così: basti pensare a quanto è accaduto nella politica israeliana dopo la decisione di Sharon e la nascita di Kadima. la strategia dell' integralismo è agevolata dall' azione concomitante di Hamas e di Hezbollah, ma anche dalla loro rappresentatività. credo che sia arrivato il momento, soprattutto se per ragioni diverse ci si interessa seriamente della questione mediorientale, di dire cose anche apparentemente scomode ma — ahimè — corrispondenti al vero. Hamas ed Hezbollah non sono soltanto delle organizzazioni terroristiche, anche se, certamente, nelle loro ali militari vi sono delle organizzazioni dedite ad episodi, anche pianificati, di terrorismo, ma sono — mi duole dirlo — delle organizzazioni rappresentative di parti consistenti di quella che è l' opinione pubblica sia tra i palestinesi, sia in alcune aree del Libano. che queste organizzazioni godano di solidarietà, di aiuti non solo internazionali e di simpatie è confermato da tanti episodi. almeno a me, questa circostanza è ben chiara da quando, nel corso di uno dei colloqui istituzionali con Abu Mazen , un esponente politico moderato palestinese, Nabil Shaath, mi disse, con grande lucidità, che noi occidentali avremmo dovuto riflettere sul fatto che le comunità arabe aiutano, anche economicamente, non coloro che lavorano per la pace, ma anche e soprattutto coloro che preparano la guerra. Hamas ed Hezbollah sono organizzazioni politiche rappresentative, profondamente diverse tra loro. la prima è a prevalente ispirazione sunnita, la seconda a prevalente ispirazione sciita. tuttavia, si tratta di due organizzazioni che, nella loro diversità, sono accomunate almeno da due elementi. in primo luogo, esse dimostrano una certa ingenuità della comunità occidentale. lo affermo nel modo più diretto che mi è possibile: vogliamo riflettere, onorevoli colleghi , sul fatto che la democrazia non necessariamente coincide e si riassume nelle elezioni? vogliamo prendere atto del fatto che le elezioni sono soltanto il modo con cui si verifica il consenso e non sempre quel consenso è basato su valori? credo di capire l' ironia ed il sorriso di alcuni esponenti della sinistra che, magari, in cuor loro pensano: lo hai detto quando eri ministro degli Affari esteri , a Washington? se ho intuito il sorriso, non soltanto l' ho detto, ma è agli atti. soprattutto, per ragionare su questi temi occorre, accanto alle analisi, avere la coerenza di assumere impegni. fin quando ci limiteremo alle analisi, senza assumere impegni, sarà difficile spiegare agli statunitensi la particolare sensibilità di noi europei. anche per questo, onorevole D'Alema , la discontinuità che reclamate rispetto al precedente Governo, a ben vedere, non lavora per la pace. il secondo aspetto che unisce, a mio modo di vedere , Hamas ed Hezbollah è costituito dal fatto che, accanto ad una certa ingenuità di valutazione di una parte dell' Occidente, le due organizzazioni dimostrano l' impotenza dell' Occidente. lei ha citato — lo hanno fatto tutti — la disattesa risoluzione numero 1559 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite . fin quando la comunità internazionale , con le risoluzione dell' Onu, stabilirà principi che, poi, rimangono solo sulla carta, non si potrà pensare che coloro i quali alimentano la violenza ed il terrorismo e, in alcuni casi, sono dediti ad azioni di terrorismo, dicano che la comunità internazionale è credibile. tutti sappiamo che più volte è stato chiesto ad Hamas, che ha vinto le elezioni, di riconoscere Israele e sappiamo perfettamente che questo appello della comunità internazionale è destinato a cadere nel vuoto. allora, se la citata risoluzione numero 1559 è disattesa, vogliamo chiederci in che cosa consista la sovranità del Libano? il premier Siniora controlla davvero il territorio dello Stato libanese ? infatti, se non lo controlla, allora non è uno Stato sovrano; se, al contrario, lo controlla, è in quello Stato sovrano, nella sua fascia meridionale, che sono ospitate le sedi di Hezbollah ed è da quella fascia di territorio che partono i razzi katiuscia che colpiscono quotidianamente la parte nord della Galilea. in entrambi i casi, non soltanto non si può negare ad Israele il diritto di ricorrere all' articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e il diritto all' autodifesa, ma credo sia abbastanza fuori luogo misurare, con una sorta di metro politico, se quella reazione sia o meno commisurata all' offesa. accanto a questo aspetto, la solidarietà di cui godono Hamas ed Hezbollah è di tipo internazionale. il ruolo di Teheran in questa vicenda è centrale. mi meraviglia, signor ministro, che in una relazione comunque ampia non abbia dedicato — contrariamente ad altri — una sola considerazione riguardo al ruolo che il regime iraniano svolge in questa circostanza. la chiave di volta della crisi in Medio Oriente è certamente a Teheran. non voglio ironizzare in alcun modo sulla autodefinizione del nostro presidente del Consiglio di « facilitatore » nei rapporti tra Teheran e la comunità internazionale . mi limito ad affermare che, se non si riesce a facilitare il rapporto tra Capezzone e Diliberto, è difficile facilitare il rapporto tra Teheran ed il resto della comunità internazionale . tornando alle cose serie, è certamente vero che Teheran, lo ripeto, è la chiave di volta della crisi. ed è certamente vero che, per agire a Teheran, occorre essere consapevoli che l' Italia è il primo partner economico, ma occorre utilizzare l' influenza che abbiamo a Teheran per rendere la comunità internazionale ancor più incisiva per chiedere da parte delle autorità di quel paese che vi sia assoluta chiarezza, trasparenza e collaborazione sul progetto nucleare e non, come mi è sembrato in qualche occasione — sarà un processo alle intenzioni — , utilizzare il nostro ruolo di partner economico privilegiato per attenuare la pressione della comunità internazionale . infatti, l' Iran — per la prima volta, dopo molti anni — non dispone di quella dicotomia tra potere teocratico e potere istituzionale che spesso ha rappresentato l' alibi dell' Europa nei confronti di quel paese. oggi, Rafsanjani non c' è più, Khamenei è di fatto superato da una doppia leadership democratica ed istituzionale, vale a dire quella di Amadinejad che, quotidianamente, auspica un nuovo olocausto. non vi è dubbio che la comunità internazionale debba essere unita, non vi è dubbio che l' Unione Europea debba far sentire la propria voce. mi permetto, signor ministro — senza offesa — , di derubricare le ultime sue considerazioni al novero degli atti dovuti, a declamazioni di intenti. tuttavia, mi auguro che l' Unione Europea , nel momento in cui... chiedo al collega di Forza Italia di poter utilizzare due minuti del suo tempo, avendo avuto l' onore di rappresentare il Governo di centrodestra. se il collega Vito me lo consente... dicevo, se l' Unione Europea vuole davvero... io aiuto il suo, lei cerchi di aiutare il mio. era di tutta evidenza che, se ho fatto questa richiesta all' onorevole Vito, eravamo già d' accordo. ma non è l' interruzione che mi impedisce di concludere il mio ragionamento. affermando che l' Unione Europea deve contare di più, ci dobbiamo chiedere per quale motivo per anni l' Unione Europea ha contato poco o nulla. ci dobbiamo chiedere perché Washington è l' unico attore capace di intervenire nella sede mediorientale con reciproca credibilità. la mia risposta è molto semplice: l' Unione Europea in tante circostanze è stata squilibrata. mi rendo conto della necessità che avete, per ragioni politiche, di cogliere gli elementi di discontinuità con il nostro Governo. ma, onorevole D'Alema , attenzione a non mettere in evidenza discontinuità per certi aspetti negative per il raggiungimento della pace, che è l' obiettivo di tutti. se l' Unione Europea , negli ultimi tempi, quando governava il centrodestra, ha avuto un ruolo un po' più attivo nella questione mediorientale, come dimostra il fatto che l' unica presenza dell' Unione Europea in quell' area è guidata da un generale italiano, è perché il nostro Governo riuscì, fermo restando il rapporto privilegiato con il popolo palestinese ... va bene , concludo sottolineando che il dovere della discontinuità non vi può essere quando allontana la pace. l' Unione Europea ha inciso perché l' Italia, amica tradizionale del popolo palestinese , aveva acquistato credibilità agli occhi del popolo e del governo israeliano . attenzione ad affermazioni incaute, attenzione ad espressioni provocatorie! l' onorevole D'Alema aveva il dovere di dire che il Governo non condivide la richiesta giunta da qualche parte della sua maggioranza di ritirare il nostro ambasciatore in Israele: attenzione a non perdere la credibilità che avevamo acquisito, perché così facendo non si lavora per la pace e tutte le sue considerazioni rimarranno sulla carta!