Silvio BERLUSCONI - Presidente del Consiglio Maggioranza
XIV Legislatura - Assemblea n. 621 - seduta del 05-05-2005
Informativa urgente del Governo sugli esiti dell´indagine relativa alla morte del funzionario del SISMI dottor Nicola Calipari
2005 - Governo III Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 621
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , l' impossibilità di raggiungere conclusioni condivise sullo svolgimento dei fatti di quella tragica sera del 4 marzo significa certamente che l' inchiesta congiunta, avviata d' accordo con il presidente Bush, non è riuscita a portare a compimento sino in fondo il suo compito. conviene tuttavia ricordare che la decisione americana di condividere con il governo italiano l' attività di accertamento di cause e di responsabilità del tragico incidente in cui ha perso la vita il dottor Calipari è una decisione senza precedenti, che il governo di Washington ha assunto in adesione ad una nostra richiesta precisa. i contenuti della nostra posizione e delle nostre aspettative, all' indomani di quella tragedia, erano stati enunciati con chiarezza dal ministro degli Affari esteri , Gianfranco Fini, nel suo intervento in questa stessa Aula l' 8 marzo scorso: il dovere di fare luce sui punti ancora oscuri, il dovere di individuare le responsabilità e, nel caso del loro accertamento, di chiedere la punizione dei colpevoli. la Commissione ha lavorato intensamente ed ha lavorato con la partecipazione attiva della delegazione italiana, affidata ad alti funzionari di riconosciuta competenza ed autonomia di giudizio, i quali hanno dato prova del loro elevato valore morale e professionale nel corso delle indagini. le indagini, oggettivamente condizionate dalla mancanza della preservazione dello scenario del luogo dell' incidente, si sono tuttavia svolte, com' è stato riconosciuto a conclusione dei lavori — cito testualmente dal comunicato congiunto e ne sottolineo ogni parola — , in un clima di grande collaborazione reciproca e con piena facoltà operativa di accesso e di acquisizione di informazioni da parte dei rappresentanti italiani, la stessa identica facoltà che è stata accordata ai loro omologhi stranieri. ciononostante, alcuni punti, profilatisi come controversi sin dall' inizio dell' indagine, sono rimasti tali. la delegazione statunitense e quella italiana hanno redatto i rapporti, che sono stati resi pubblici nei giorni scorsi. sono certo che li conoscete e che li avete già esaminati con cura. avrete avuto modo, in particolare, di analizzare in ogni dettaglio il rapporto presentato dai rappresentanti italiani, che ho tenuto a trasmettere immediatamente ai presidenti dei due rami del Parlamento: un rapporto in cui è contenuta un' accurata e, direi, meticolosa ricostruzione di quella drammatica vicenda. dal raffronto fra i due testi emerge in tutta evidenza la misura di una discrepanza, che tocca aspetti tutt' altro che secondari, relativi alla dinamica del fatto, alle regole di ingaggio, al coordinamento con le autorità competenti in Iraq. da entrambe le parti viene riconosciuta la fatalità di un incidente che è costato la vita ad uno dei più validi servitori su cui poteva contare lo Stato italiano, un professionista ritenuto alleato leale e fidato anche dagli USA. si riconosce, altrettanto concordemente, la necessità di porre in essere misure operative concrete per scongiurare il rischio che incidenti del genere abbiano a ripetersi. ma la discrepanza sulle cause e le modalità di svolgimento di questo tragico incidente si è rivelata irriducibile, rendendo impossibile la definizione di conclusioni congiunte; e non sarò certo io a minimizzare la portata del disaccordo. taluni lo hanno fatto, nel mondo politico come sulla stampa, osservando che, nella sostanza, i contenuti del rapporto italiano si specchiano in quello americano. anche se osservazioni di questo tipo confermano indirettamente il clima di grande collaborazione in cui l' inchiesta si è svolta e di cui sono certamente espressione i molti punti di convergenza tra i due rapporti, non posso essere d' accordo. per limitarmi ad un aspetto essenziale in cui le conclusioni rispettive divergono, un conto è concludere, come hanno fatto gli americani, per l' assenza di responsabilità disciplinari ed un altro è rilevare, come abbiamo fatto noi, e — cito tra virgolette — « sulla base delle evidenze acquisite » , l' assenza di volontarietà. non occorre essere degli esperti di diritto penale per lamentare che l' assenza di dolo — la volontarietà, appunto — non esclude affatto la colpa, che è ascrivibile a negligenza, a imprudenza o anche a semplice imperizia: non è affatto questa — ne converrete — una differenza di poco conto . inoltre, ed indipendentemente da valutazioni di volontarietà e dalla concomitanza di circostanze fortuite oggettivamente sfavorevoli (la visibilità resa precaria dalle cattive condizioni del tempo, il tragico imprevisto dell' ambasciatore americano Negroponte, che ha reso necessario l' allestimento senza preavviso del posto di blocco, la difficoltà di comunicazione tra il centro di coordinamento e l' unità operativa), non abbiamo potuto non rilevare l' irregolarità di una postazione di blocco che è risultata sprovvista di meccanismi di segnalazione che la rendessero chiaramente visibile; una postazione allestita senza istruzioni scritte o comunque precise, il cui funzionamento era, pertanto, affidato alla discrezionalità dell' unità operativa che vi era preposta; una postazione collocata al buio, a breve distanza dall' uscita di una curva, in condizioni certo poco indicate per tutelare la sicurezza tanto dei militari quanto dei conducenti dei veicoli civili in avvicinamento. la divergenza sulle conclusioni dell' indagine va però presa per quello che è: l' impossibilità di ricondurre entro una prospettiva unitaria la ricostruzione dei fatti di parte — la parte italiana e la parte americana — porta a conclusioni divergenti. da parte americana sono stati ritenuti attendibili deposizioni e dati che non coincidono con i riscontri che abbiamo raccolto noi e che sono a noi risultati attendibili. più in particolare, le dichiarazioni rese dai due italiani superstiti contrastano con quelle rese dai militari statunitensi. posto che imparzialità e buona fede degli inquirenti statunitensi non possono essere messe in discussione (credo che, a tale riguardo, siamo tutti d' accordo), non possiamo che rispettarne le conclusioni, rilevando che non coincidono con le nostre. è questa l' opinione degli stessi americani sul conto delle nostre risultanze e, del resto, anche il rapporto americano — in questo, sì, converge con il nostro — riconosce che non tutto ha funzionato come avrebbe dovuto nella predisposizione e nel funzionamento di quel posto di blocco. le raccomandazioni del rapporto statunitense, alla redazione del quale hanno contribuito anche, e attivamente, i nostri rappresentanti, si soffermano, infatti, diffusamente sulla necessità di rivedere a fondo segnaletica, regole di ingaggio e procedure post-incidenti per prevenire il ripetersi di errori che, nella circostanza, anche gli inquirenti americani non hanno potuto fare a meno di rilevare. se tu cambi le regole, vuol dire che riconosci implicitamente che le regole di prima non andavano bene. in particolare, le raccomandazioni prevedono: una più precisa segnaletica per i posti di blocco, includendo anche simboli internazionali, segnali di avvertimento di maggiore visibilità e di più facile collocazione; l' impiego di altre misure non letali, con l' intento di ampliare il ventaglio delle opzioni disponibili ai militari, in alternativa all' uso delle armi da fuoco; una revisione delle modalità operative delle postazioni, una campagna di pubblica informazione; un riesame dei siti più frequentemente adibiti a posto di blocco. infine, è stata raccomandata una guida di riferimento che definisca una procedura post-evento, onde preservare i luoghi degli incidenti per le successive indagini che si rendessero eventualmente necessarie. anche se ci rendiamo conto che, essendo quella la strada principale di Bagdad e con un traffico notevole, era difficile conservare i luoghi dell' incidente senza deviare il traffico. sarebbe quindi falso affermare che l' inchiesta congiunta sia rimasta del tutto priva di esiti. nessuno pretende, tuttavia, di avere la verità in tasca e immaginare che il doveroso accertamento della verità sulla tragedia del 4 marzo debba equivalere ad una ricerca aprioristica di capri espiatori ovvero ad una altrettanta aprioristica assoluzione di ogni eventuale responsabile. ciò significherebbe avere una visione distorta del significato e degli scopi dell' inchiesta. mi sembrano quindi del tutto fuori luogo espressioni come « schiaffo » , « strappo » , « rottura » , impiegate da diverse parti per commentare l' esito di questa indagine congiunta. accuse almeno altrettanto paradossali quanto le critiche rivolte al Governo per il suo coinvolgimento nella gestione della vicenda del rapimento e della liberazione di Giuliana Sgrena, che alcuni autorevoli commentatori giudicano adesso eccessivo. un' accusa di aver fatto troppo, che, in un certo senso, ci fa onore perché ci viene rivolta da parte di chi, evidentemente, avrebbe preferito rimproverarci di non aver fatto abbastanza. con l' esito di questa inchiesta non ha nulla a che vedere la qualità dei nostri rapporti con gli USA. se si ritiene attendibile una visione dei fatti piuttosto che un' altra, non può essere evidentemente l' amicizia a far cambiare idea. è una constatazione elementare che vale tanto per gli USA quanto, ovviamente, per l' Italia. l' amicizia degli USA verso l' Italia è fuori discussione. ne hanno dato testimonianza a più riprese le massime autorità degli USA, dal presidente Bush al segretario Rice che, sin dai momenti immediatamente successivi alla tragica scomparsa del dottor Calipari, hanno tenuto ad esprimere il loro più profondo dolore e il loro più profondo rammarico per l' accaduto. e, ancora ieri — lo sapete — il presidente Bush, alla vigilia di questo dibattito parlamentare , ha voluto ribadire questi suoi sentimenti. rimane altrettanto fuori discussione l' amicizia e la lealtà del governo italiano e dell' Italia verso gli USA. non dovrebbe nemmeno esserci bisogno di evidenziare le ragioni, oggi più che mai attuali, di un' alleanza che poggia su fondamenta incrollabili. il suoi pilastri sono i principi comuni di democrazia e di libertà, principi che l' Italia e l' Europa possono oggi annoverare tra i loro valori fondanti anche grazie al sacrificio generoso di decine di migliaia di giovani americani che, nella seconda guerra mondiale prima e poi in quel terribile conflitto non dichiarato che è stata la guerra fredda , li hanno affermati proteggendoli dalla minaccia dei totalitarismi che imperversavano nel nostro continente. principi comuni che siamo ora impegnati a consolidare ogni giorno, lavorando fianco a fianco dei nostri amici americani, contro la minaccia del totalitarismo del nuovo millennio, quella del terrorismo fondamentalista, che ha svelato il suo volto più crudo e spietato in quella tragica mattina dell' 11 settembre 2001, che portò persino il quotidiano Le Monde a pubblicare in prima pagina il titolo: « siamo tutti americani » . un proclama che conserva per noi, tutto intero, il suo valore e il suo significato. la nostra amicizia, l' amicizia tra l' Italia e gli USA ha superato prove più difficili di questa. è un' amicizia sincera, leale e non subalterna; lo dimostra anche il fatto che, in questo caso, non abbiamo inteso accettare conclusioni dell' inchiesta che erano in contraddizione con la nostra ricostruzione dei fatti e nelle quali non potevamo quindi riconoscerci. rimane immutato il nostro impegno a fare il possibile per accertare la verità su tutte le circostanze e le eventuali responsabilità dalle quali è dipesa la tragica scomparsa di un eroico servitore della Repubblica, che ha sacrificato la vita nello svolgimento di una missione delicata e pericolosa e al quale, italiani ed americani, hanno reso unanimemente omaggio. si tratta di un impegno che intendiamo onorare per il riguardo che dobbiamo alla memoria del dottor Calipari, un dovere che sentiamo di avere anche nei riguardi dei familiari, ai quali la sua morte prematura lo ha strappato anzitempo. la magistratura italiana ha avviato un' inchiesta per arrivare ad un accertamento quanto più possibile puntuale e scrupoloso dei lati ancora oscuri della vicenda. l' azione dei nostri magistrati potrà contare sul fermo sostegno del Governo. offriamo un sostegno consapevole delle difficoltà obiettive che si frappongono alle indagini e dei rischi che le accompagnano: un sostegno risoluto a superare le prime e ad affrontare senza tentennamenti i secondi. passo adesso ad un punto su cui nei giorni scorsi si è concentrata l' attenzione di alcune forze politiche , in particolare dell' opposizione; in realtà, non di tutta l' opposizione, come è doveroso dare atto. mi riferisco al rapporto tra l' inchiesta sulle circostanze della morte del dottor Calipari e la continuazione dell' impegno italiano per la ricostruzione dell' Iraq. su questo punto credo che sia bene sgomberare il campo da ogni equivoco: non abbiamo alcuna intenzione di stabilire alcun nesso tra la valutazione della vicenda in cui ha perso la vita il nostro funzionario ed il ruolo del nostro paese in Iraq. è forse il caso di rammentare a coloro che se ne mostrano immemori o inconsapevoli che l' Italia è presente in Iraq in adempimento ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell' Onu. ricordo anche che, lungo tutto il corso della crisi irachena, la diplomazia italiana si è adoperata assiduamente per assicurare che all' Onu fosse restituito il ruolo centrale che ad esso compete. la risoluzione 1546, adottata dal Consiglio di sicurezza l' 8 giugno del 2004, riconosce come importante ed essenziale per la libertà, l' ordine e la sicurezza degli iracheni il sostegno internazionale al ripristino, appunto, della sicurezza e della stabilità in Iraq. tale risoluzione richiede espressamente agli stati membri di offrire un contributo secondo forme e modi da concordare con il governo iracheno . infatti, i nostri uomini e le nostre donne sono impegnati al fianco di uomini e donne di paesi nostri alleati a concorrere al ristabilimento di queste condizioni di stabilità e sicurezza, in adesione ad una precisa richiesta del governo iracheno . si tratta di un Governo cui ora non bisogna più aggiungere la postilla limitativa dell' aggettivo « interinale » perché ormai, pur nell' ambito di una transizione politica ed istituzionale ancora da portare a pieno compimento, dopo il voto di fiducia della assemblea nazionale irachena della settimana scorsa ed il suo formale insediamento di pochi giorni fa, il governo iracheno è il governo iracheno tout court . questo vuol dire che si tratta di un Governo pienamente ed indiscutibilmente legittimo, espressione diretta della volontà di libertà e di democrazia che gli iracheni hanno manifestato con straordinario coraggio, recandosi a votare lo scorso 30 gennaio. la formazione del nuovo governo iracheno è lo specchio del procedere del nuovo Iraq sul cammino dell' ordine e della democrazia. si tratta di una strada ancora tutta in salita, disseminata di insidie e trappole, purtroppo spesso più reali che metaforiche. un percorso impervio, dunque, lungo il quale sono stati compiuti innegabili passi avanti. la recrudescente ondata di violenza degli ultimi giorni, la cui coincidenza con il varo del nuovo Esecutivo non va certo considerata casuale, ci rammenta che la situazione della sicurezza e dell' ordine pubblico in Iraq è ancora ben lontana da un minimo di accettabile stabilità. occorre, quindi, insistere nell' impegno ed assistere le forze del nuovo Iraq, libero e democratico, in quello che adesso, nell' approssimarsi della redazione di una nuova Carta Costituzionale che rifletta adeguatamente gli equilibri compositi della società irachena, si preannuncia come un passaggio particolarmente delicato, e non solo sotto il profilo della sicurezza. il consolidamento, sul piano sia istituzionale che politico, di una cultura del dialogo inclusiva e rispettosa della ricchezza delle articolazioni della società civile irachena va considerato altrettanto vitale, e l' Italia si adopera attivamente per assicurare che nel nuovo Iraq questa cultura metta radici profonde e durature. l' azione dell' Italia per la ricostruzione dell' Iraq — un' azione, occorre sempre averlo presente, che è coerente con il nostro fattivo appoggio agli sforzi di democratizzazione e di modernizzazione in atto in altre parti del mondo, dall' Afghanistan al Medio Oriente , per non dimenticare i vicini Balcani — è un' azione non isolata. sono impegnati nell' assistere la formazione delle istituzioni e delle strutture civili e militari del nuovo Iraq non solo gli alleati della Forza multinazionale , ma anche la NATO e la stessa Unione Europea . e desidero ricordare come proprio l' Italia si sia adoperata per ottenere un coinvolgimento attivo dell' Europa, a definitivo superamento delle divisioni del passato. il nostro impegno sul piano internazionale troverà presto un nuovo significativo coronamento con la convocazione di una conferenza internazionale, sulla quale abbiamo insistito e insistiamo da tempo. non c' è quindi alcun motivo di pronunciare oggi un « tutti a casa » , che suonerebbe ancora una volta tanto irresponsabile quanto incomprensibile. rimane, certo, sul nostro orizzonte la prospettiva di un graduale disimpegno dall' Iraq delle truppe italiane che vi sono presenti. si tratta di una prospettiva che potrà tuttavia concretarsi solo a misura che l' evoluzione della situazione sul terreno lo consentirà, a misura che il nuovo Iraq sarà in grado di provvedere da solo al suo ordine e alla sua sicurezza e il suo nascente Governo ci dirà di non avere più bisogno della nostra assistenza. in ogni caso, questa prospettiva si dispiegherà in modo certo non unilaterale, bensì nei tempi e nei modi che concerteremo con i nostri alleati, ad iniziare dai nostri amici iracheni. oggi come ieri — direi oggi più di ieri — riteniamo sia doveroso perseverare nell' opera che abbiamo intrapreso per aiutare l' Iraq e il Medio Oriente a costruire un futuro di democrazia e di pace. una pace vera, basata sulla fratellanza dei popoli e non sull' equilibrio del terrore. l' impegno concorde, al di là delle legittime differenti opinioni, l' impegno di tutti per la realizzazione di questo sogno — un progetto ambizioso, ripeto, non un' utopia — sarebbe l' omaggio migliore e più degno al sacrificio di Nicola Calipari e degli altri nostri connazionali che a questo progetto ambizioso hanno offerto la loro vita. vi ringrazio.