Gianfranco FINI - Deputato Opposizione
XIV Legislatura - Assemblea n. 570 - seduta del 18-01-2005
Sviluppo economico, semplificazione, competitività stabilizzazione della finanza pubblica
2005 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 37
  • Attività legislativa

la ringrazio, presidente. onorevoli colleghi , il fatto che si sia dibattuto molto — ed altrettanto si sia scritto — circa il contenuto di un trattato per una Costituzione europea; il fatto che il Parlamento, la nostra Camera, tante volte abbia avuto modo di riunirsi, soprattutto in Commissione, per confrontare le opinioni delle forze politiche e dei parlamentari sul testo che è stato successivamente ratificato dal Consiglio dei capi di Stato e di Governo; non ultimo, il fatto che la relazione ampia, approfondita, appassionata del presidente della Commissione affari esteri abbia trattato fin nei minimi particolari alcuni degli aspetti del trattato, sono tutti elementi che credo oggettivamente autorizzerebbero il rappresentante del Governo a pronunciare poche parole. non abuserò della vostra pazienza, tuttavia, per l' importanza oggettiva che l' atto politico che ci accingiamo a compiere riveste non soltanto per le generazioni future, ma anche per le conseguenze che determinerà, se sarà accompagnato da comportamenti analoghi da parte degli altri parlamenti o dalle altre pubbliche opinioni, credo che qualche riflessione aggiuntiva il Governo debba svolgerla, partendo dalla considerazione che, come viene giustamente sottolineato da coloro che la sostengono — mi rivolgo, in particolar modo, agli onorevoli Deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana — , occorre un dibattito, è necessario un approfondimento ed occorre che i mille aspetti contenuti all' interno del trattato siano conosciuti dalla pubblica opinione . ciò è certamente vero; tuttavia, è altrettanto vero che l' Italia — che non ha un europeismo recente o di facciata, e non che ha conosciuto l' europeismo, come pure hanno fatto altri paesi, soltanto in ragione di recenti vicende storiche, ma che, al contrario, è parte sostanziale ed ineliminabile della cultura europea ed europeista del vecchio continente — , nello stesso momento in cui si confronta con il trattato in esame, ha un dovere in più. essa ha sicuramente il dovere di approfondire, ha l' obbligo di evidenziare eventuali elementi che meritano un' ulteriore riflessione — e, perché no, anche qualche valutazione apparentemente critica — , ma ha anche, e direi soprattutto, il dovere di essere esempio per gli altri parlamenti e per gli altri popoli. credo che i colleghi ricordino che, in occasione della firma del trattato costituzionale — che non casualmente si svolse a Roma, dopo tanti anni dalla sottoscrizione del trattato di Roma — , il Governo formulò l' auspicio di vedere il nostro Parlamento tra i primissimi ad approvare tale trattato. ciò non per eccesso di zelo o per europeismo acritico, bensì unicamente perché, in materia di unificazione dell' Europa, l' Italia è percepita, e lo è realmente, come un esempio. non siamo stati i primi, poiché altri sono stati più solerti di noi; tuttavia, possiamo comunque essere tra i primissimi a ratificare un trattato che, oggettivamente, segnerà un punto di svolta. si tratta di un trattato che — e voglio dirlo anch' io, con tutta la chiarezza di cui sono capace — porterà dei cambiamenti certamente positivi, non fosse altro per il fatto che ipotesi che, fino a qualche anno fa, sembravano in qualche modo utopiche, o addirittura collegate soltanto al forte desiderio — qualcuno diceva privo di consenso politico — che animava i circoli europeisti più convinti del nostro paese, adesso sono diventate realtà. voglio riferirmi, in particolar modo, al fatto che venticinque (tra qualche giorno potremmo dire ventisette) popoli e Stati, che nel corso del secolo scorso hanno passato più anni a combattersi, o comunque a non capirsi, che a lavorare insieme, di qui a qualche settimana o tra qualche mese, democraticamente e liberamente, per sovranità parlamentare o popolare, diranno al mondo intero di avere valori, principi, istituzioni e politiche comuni. se non è una svolta epocale questa, allora credo che non si possa usare l' aggettivo « epocale » in altre circostanze, perché quel passo che ci accingiamo convintamente a compiere, non a caso con una maggioranza che va molto al di là della dialettica tra la maggioranza che sostiene il Governo e l' opposizione, segna davvero la fine di un' epoca storica. in altre occasioni è stato detto che era finito il dopoguerra. credo che il lungo Novecento che qualcuno, ironicamente ma non tanto, chiamò « il secolo breve » , « il secolo delle ideologie » , « il secolo dei totalitarismo » oppure, come ha ricordato poc' anzi l' onorevole Mattarella, il secolo delle incomprensioni, delle divisioni, dei muri e delle guerre, si sia certamente concluso con l' ultimo scorcio degli anni Novanta . tuttavia, in termini politici ed istituzionali, il Novecento si conclude nello stesso momento in cui popoli e Stati d' Europa certificano, di fronte al mondo intero, di avere valori comuni e di non limitarsi a declamare tali valori, ma di attuare una politica attraverso la quale interventi comuni dei venticinque popoli e Stati saranno volti a garantire il rispetto di quei valori. ciò avverrà nell' ambito di istituzioni che, ovviamente, non sradicano la sovranità nazionale, ma in qualche modo daranno vita a quella sovranità condivisa, vale a dire a quella quota comune di sovranità che ha rappresentato, come sanno i colleghi che partecipavano con me alla Convenzione europea , l' elemento forse più intellettualmente innovativo del lavoro svolto da quel forum presieduto da Giscard d'Estaing . allora, non è retorica dire che, per davvero, siamo alla vigilia di un momento che entrerà negli annali della storia repubblicana, ed il fatto che in altri paesi vi sia una discussione che in Italia non c' è, significa non che in Italia non si discuta, ma che su tale aspetto l' Italia è certamente più avanti rispetto ad altri paesi. nel nostro paese, infatti, vi è una condivisione molto maggiore del rapporto che vi deve essere tra la maggioranza e l' opposizione. la circostanza che in altri paesi, in altri parlamenti, non vi sia la larga condivisione che vi è, al contrario, da noi, deve essere valutata come un elemento che dimostra la capacità della classe dirigente italiana e della nostra società di comprendere chiaramente come oggi vi sia necessità di un peso maggiore dell' Europa, soprattutto se si vuole fare in modo che, da un lato, siano garantiti i legittimi interessi dei popoli e, dall' altro, vi sia una politica attiva della comunità internazionale per garantire i valori della pace, della democrazia e del progresso. spendo alcune parole per illustrare ulteriormente tale concetto. è stato detto molte volte, non dal rappresentante del Governo, ma dal rappresentante di una parte politica , che ha una storia: ma come potete voi, proprio voi — ed ieri, in Francia, ne parlavo con amici della destra francese — , in ragione della vostra storia, non comprendere che la Costituzione europea, in qualche modo, limita non solo la sovranità nazionale, ma, almeno in teoria, l' identità nazionale? credo che vi siano motivi per i quali nutrire alcuni dubbi sulla Costituzione europea è lecito, ma certamente questo non lo è. la Costituzione che ci accingiamo ad approvare, infatti, è una Costituzione che afferma in modo inequivocabile che un' Europa a 25 o a 27 Stati è innanzitutto un' Europa rispettosa delle identità, che si basa sulla sintesi armonica delle identità. non credo si possa affermare, se non per partito preso, che l' Europa che sta nascendo va a sradicare identità vissute da comunità che, non a caso, hanno ricevuto in eredità dalle generazioni precedenti, lingue, tradizioni, costumi, modi di essere. è un' Europa che, rispettando le diversità — unità nelle sue diversità — , dice chiaramente che le stesse diversità non saranno più ragione d' essere per lo scontro, non saranno più motivo per il conflitto. non accadrà mai più, nel futuro, quello che — purtroppo — è avvenuto nel secolo scorso ed ha caratterizzato i secoli precedenti: vale a dire che, nel nome delle nazioni, nel nome delle identità, nel nome dei rispettivi costumi, nel nome delle rispettive lingue, si potesse identificare in un altro europeo il nemico. chi davvero crede nell' identità sa che non esiste un' identità superiore ad un' altra: vi è la differenza; vi deve essere il rispetto, la capacità di integrazione e quell' armonia che credo sia chiaramente individuata fin dal preambolo della Costituzione. l' onorevole Spini, qui presente, sa che nella convenzione si discusse a lungo di cosa significa « Europa unita nella diversità » . è un' Europa che decide, in base al principio di sussidiarietà, di fare insieme ciò che nessuno Stato può pensare di fare da solo. se viviamo, infatti, in una fase di grandi sfide epocali, in cui tutto è globale o globalizzato, se nessun europeo può essere così presuntuoso da pensare di poter appartenere ad una potenza di tale livello da incidere in modo autonomo negli scenari mondiali, se tutto ciò è vero — come, oggettivamente, è — , proprio il principio della sussidiarietà, che stabilisce che l' Europa fa insieme ciò che ogni Stato non riesce a fare da solo, legando tale principio ai valori, a politiche virtuose, è una garanzia che l' Europa offre al mondo intero. è la garanzia di un approccio non unilaterale alle crisi. è la garanzia di un rapporto che un' Europa politicamente forte — l' Europa « potenza civile » , come fu detto — può dare del nostro Occidente soprattutto a quei popoli che occidentali non sono, per cultura, per storia e per tradizione: un rapporto di amicizia e di solidarietà transatlantica, una percezione corrispondente ai valori più autentici dello stesso Occidente. è l' Europa della moderazione, è l' Europa del dialogo, è l' Europa capace di ascoltare, è l' Europa che, in alcuni scenari di crisi, è indispensabile se si vuole garantire una speranza di pace. in tante circostanze si è detto di volere un' Europa che sia protagonista, che sappia parlare da pari a pari in ragione della sua storia, della sua cultura, della sua potenza civile e della sua grande capacità imprenditoriale; tante volte si è detto — e anche io personalmente lo condivido — che l' Occidente non può essere soltanto la medaglia con il Campidoglio di Washington, ma, accanto a quella faccia, vi è l' altra faccia, quella europea: amici miei, se non si approva questo trattato, si rimanda sine die l' ipotesi di un equilibrio che vede l' Europa garante di quei valori, di quei diritti della persona umana e di quegli aspetti sociali che sono sottolineati e innervano la Costituzione. come si fa a dire, se non per partito preso, che si tratta dell' Europa dei tecnocrati e dell' Europa delle burocrazie? è un' Europa che supera la sua dimensione monetaristica ed economica, che non va disprezzata, perché, senza l' intuizione della comunità economica del carbone e dell' acciaio, non saremmo qui oggi a celebrare tale momento storico. se c' è un dato che risulta evidente dalla lettura del trattato costituzionale è che i valori migliori della cultura europea dei secoli scorsi stanno in quel trattato. è il concetto di giustizia sociale , di solidarietà, di sussidiarietà e di partecipazione. sono concetti che, se davvero riteniamo che l' umanità ne abbia necessità nel suo futuro, l' Europa, proprio perché è stata in buona parte autrice e, comunque, elaboratrice di quei concetti, non può non metterli in evidenza nel suo trattato costituzionale. allora, è con convinta adesione che il Governo chiede alla Camera di approvare il trattato, che certamente è un compromesso, ma è un compromesso alto. è un compromesso che, non a caso, ha determinato una larga convergenza nella convenzione, prima, e, successivamente, nelle varie sedi istituzionali europee. come tutti i compromessi dovrà ovviamente essere aggiornato con le evoluzioni che la realtà determinerà, ma è davvero un fatto senza precedenti poter celebrare la riunificazione del continente, poter stabilire che i valori e i principi di riferimento sono i medesimi, poter attuare quei principi e quei valori attraverso politiche virtuose e poter richiamare il primato civile dell' Europa. l' Europa non è al momento una potenza, per la sua capacità di difesa e per le sue strutture militari, in grado di rappresentare una garanzia pari a quella che viene rappresentata dagli USA. non c' è ombra di dubbio che, se in prospettiva pensiamo, come è giusto pensare, ad una capacità dell' Unione Europea di avere una politica autonoma di difesa, se pensiamo che sia giusto rafforzare quei meccanismi che fanno della politica europea una politica attiva, non possiamo che partire da quello che nel trattato è chiaramente indicato, vale a dire dal primato civile dell' Europa. vi è — e concludo — un solo rammarico nel Governo e, permettetemi un unico riferimento personale, nel rappresentante del Governo alla convenzione. il rammarico è relativo al fatto che, durante i lavori della convenzione, ma anche successivamente, coloro che sono stati chiamati a redigere questo testo non abbiano avuto la consapevolezza necessaria e sufficiente per indicare con chiarezza l' identità europea, perché il tema dell' identità è un tema dal quale non si sfugge. in tante circostanze Dahrendorf si chiese: se parlate di democrazia europea, cosa distingue il demos europeo? le lingue sono diverse, le tradizioni sono diverse e abbiamo alle spalle decenni e secoli di guerra. cosa unifica nel nome del popolo europeo il contadino che lavora in Portogallo ed il pescatore del Baltico? quello dell' identità è un tema centrale. è mancata purtroppo — questo è il rammarico — la consapevolezza, in alcuni casi il coraggio e l' onestà intellettuale, di dire che esiste un' identità legata ai valori comuni religiosi, quel passo avanti rispetto a Nizza, quando un po' ipocritamente si parlava di valori spirituali. nella tradizione europea l' identità religiosa non è inaggettivata, ma è un' identità precisa che risponde ai valori della tradizione religiosa cristiana. ringrazio fin d' ora quei gruppi parlamentari che al termine del dibattito presenteranno ordini del giorno o, comunque, richieste di impegno per il Governo al fine di continuare, nel dibattito con la società civile e nel confronto nei vari consessi internazionali, a porre in evidenza tale aspetto che, ovviamente, nulla toglie alla laicità delle istituzioni. tuttavia, proprio perché le istituzioni europee in quanto democratiche sono laiche, credo che debbano avere l' onestà di ammettere che se vi è un' identità che oggi rende possibile avere quei valori comuni, quelle istituzioni comuni e quelle politiche comuni, questa è l' identità che un grande europeista come Schumann definì l' Europa delle cattedrali. un europeo, qualsiasi lingua esso parli e quale che sia lo Stato in cui vive, se si vuole sentire figlio di un' autentica comunità di destino non può che riconoscerla nel luogo in cui prega il suo Dio. accanto a tale rammarico vi è la soddisfazione, certamente sincera, per il fatto che l' Italia è stata tra i protagonisti di questo lungo percorso. come ho detto all' inizio, senza il contributo di tanti illustri pensatori italiani, di quasi tutte le parti politiche e del pensiero italiano, oggi l' Europa non sarebbe a questo momento. anche per questo — e mi rivolgo in particolar modo ai colleghi della Lega — oggi abbiamo un dovere in più rispetto ad altri: abbiamo il dovere di continuare ad essere un buon esempio. l' Italia è stato un buon esempio di integrazione e di europeismo. oggi il Parlamento sia un buon esempio per le altre pubbliche opinioni ed approvi sollecitamente e convintamente un trattato che fa certamente compiere un balzo in avanti, nel nome di valori che sono di tutti, al nostro popolo ed al nostro paese.