Ciriaco DE MITA - Deputato Opposizione
XIV Legislatura - Assemblea n. 506 - seduta del 14-09-2004
Riordino, coordinamento ed integrazione della legislazione in materia di ambiente
2004 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 551
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , certo il rituale di questo dibattito è singolare e la stessa assenza del rappresentante del Governo, più che un difetto, riproduce plasticamente un dato oggettivo. la discussione, infatti, avviene non su una proposta, ma su un qualcosa in corso d' opera, per cui ogni rilievo, obiezione, suggerimento rischia di non incrociare il corrispettivo. non utilizzerò il tempo che mi è stato concesso per addentrarmi in una osservazione analitica sulla quantità di norme che, da quello che si legge, sembra una disciplina di condominio. mi sforzerò, invece, di interloquire con il presidente della Commissione — istituzionalmente l' intelligenza più rilevante nel dialogo su tale questione — e di riflettere sulle ragioni delle norme. infatti la prima differenza, onorevole Bruno, tra la proposta che il Governo avanza e le osservazioni che si possono fare è che le norme messe insieme hanno una razionalità contraddittoria. le norme non sono mozioni di partito; le norme, soprattutto quelle costituzionali, non possono essere rinchiuse dentro forme di compromesso non spiegate, soprattutto quando il compromesso avviene non a livello di una qualità tecnica raffinata, ma attraverso la rozzezza della necessità dello stare insieme perché diversamente tutto si sfascerebbe. dico queste cose — vorrei mi credeste — non con l' alterigia di chi dà un giudizio sulla parte opposta, ma con preoccupazione, perché le cose di cui stiamo discutendo coinvolgono tutti, non solo la maggioranza o l' opposizione. noi stiamo discutendo di come dare risposta ad una domanda che ha radici antiche — soprattutto per quanto riguarda l' ordinamento del governo delle autonomie — ma ha anche radici profonde più recenti nel grande sconvolgimento che la realtà del nostro paese ha attraversato: il non essersi fermati ad analizzare con molta serenità le ragioni della rottura dell' equilibrio politico, l' atteggiamento con il quale tutti, da destra a sinistra — dico questo con molta serenità senza la presunzione di dare giudizi — , siamo arrivati alla semplificazione delle soluzioni più nella logica del conflitto tra le parti, anziché con la preoccupazione di trovare la norma condivisa. la democrazia, la convivenza all' interno di una comunità, se non recupera valori e norme condivise, difficilmente uscirà dalle difficoltà. perché le norme devono essere condivise? non ha senso che debbano avere l' unanimità del voto; infatti, chi ha letto, chi ricorda, chi ha seguito i lavori della Costituente, sa che molte norme furono votate con lo scarto di qualche voto. ad esempio, ricordo che la norma sull' indissolubilità del matrimonio passò per soli tre voti e con l' assenza involontaria di alcuni parlamentari della Democrazia Cristiana , tra i quali c' era Giorgio La Pira , e quindi non si può immaginare che l' orientamento di La Pira su questo argomento potesse essere incerto. ma non ci fu dramma perché i costituenti non ricercarono l' accordo sulla soluzione che, essendo tecnica, è opinabile, ma l' accordo, la convergenza sull' individuazione della questione. l' unità passa non attraverso il voto unanime, ma attraverso la convinzione che la questione da affrontare è quella, mentre nella proposta che si avanza la questione non viene definita, ma è un miscuglio di cose. non a caso, un parlamentare di Alleanza Nazionale — che, fra l' altro, io stimo — , il senatore Nania, un giorno, in televisione, spiegò con molta semplicità che la soluzione era il compromesso tra il presidenzialismo che vuole Alleanza Nazionale , ma, non potendolo avere, si accontenta del premierato, la devolution che vuole la Lega, che affronta un problema vero solo che lo risolve in maniera sbagliata, e la proporzionale che è l' ultimo fortino dell' UDC sulla battaglia, molto alta, iniziata sull' incongruità della norma, che poi si è chiusa con il dovere di tenere insieme la maggioranza. questa unità non c' è; il ministro mi ha sorpreso per i toni, il modo e la gentilezza con cui si è presentato alla Camera, ma ha richiamato alla mia memoria la favoletta di « cappuccetto rosso » che si presenta con grande disponibilità, pur trattandosi di una disponibilità basata sul niente. voi, in realtà, che fate? fate un compromesso disdicevole — disdicevole per la qualità delle proposte e per il modo in cui pensate di risolverlo; il giorno in cui i costituzionalisti veri, quelli che hanno il senso delle istituzioni, non i politologi, si occuperanno della congruità di queste norme, udremo critiche feroci, non di poco conto ! — e pretendete che il rapporto con l' opposizione si svolga secondo la seguente logica: « noi abbiamo deciso; se voi ci suggerite di migliorare la decisione, noi siamo pronti a discutere » . non è questo! né questo conflitto e questa incomunicabilità tra maggioranza ed opposizione possono trovare spiegazione nel fatto che esse sono su posizioni diverse. nella mia memoria, onorevole Bruno — ritengo che lei sia molto più giovane di me, sebbene faccia fatica a stabilire la differenza sulla base dell' apparenza — , vi è un ricordo: quando si ruppe la solidarietà dei governi del CLN, nel corso dell' elaborazione della Costituzione, i lavori qui dentro continuarono come se nulla fosse, non per un pasticcio, ma perché l' oggetto, sul quale la convergenza si realizzava, riscontrava un comune interesse. voi vi muovete per fare una Costituzione della maggioranza. provate a riflettere che, se passasse questo principio, daremmo vita ad un processo di disordine e non di ordine. oggi avete vinto voi e, probabilmente, vincerete anche la prossima volta (non me lo auguro, ma non lo escludo); però, verrà un momento in cui andrete all' opposizione (mi auguro presto, ma la decisione sarà rimessa agli elettori). ma con questa logica dove si va? onorevole Bruno, il costituzionalismo moderno nasce per frenare il potere del re; nella logica della vostra proposta, l' ordinamento è tutela del sovrano, che non è neanche sovrano, ma maggioranza. il collega Tabacci è stato molto attento nell' analisi della questione, anche se non mi pare che il discorso complessivo vada oltre la lamentela. nella storia politica del costituzionalismo europeo — e, quando parlo di costituzionalismo europeo, vi includo anche quello degli USA — si conoscono due vie. una, quella che io condivido e che è stata richiamata dal mio amico Bressa, quando ha citato Bagehot (che non era un costituzionalista, ma un giornalista), dimostra che le norme costituzionali sono la politica che si fa regola, non la tecnica giuridica che si sovrappone alla realtà. affrontare le questioni ed introdurre una norma per regolarle: è questo che riassume la politica. rispetto alla realtà, la politica è l' ambizione di regolarla. non a caso, onorevole Bruno, coloro che hanno fondato la tecnica giuridica, cioè i Romani, affermavano: ex facto oritur jus . ricordo di aver perso la lode all' esame di diritto romano perché dissi: « i Romani definivano... » . non l' avessi mai detto! in realtà, le norme giuridiche romane non definivano: erano dentro i processi; erano, insieme, la capacità di cogliere gli eventi ed il tentativo di regolarli. esiste anche un' alternativa a questo procedimento. nella Storia del liberalismo europeo , opera pregevole di De Ruggiero , soprattutto nella parte iniziale, le due vie sono descritte con grande efficacia. una è quella che potrebbe apparire meno ambiziosa, più pragmatica e più modesta, quella che caratterizza il pragmatismo inglese (che non è l' accoglimento delle cose come sono, ma la capacità di identificarsi con gli eventi come sono). l' altra, figlia dell' illuminismo e della storia politica francese, è quella che ha l' ambizione di imporre, sugli eventi, una realtà che prefigura il futuro. la proposta del Governo non fa riferimento né all' una né all' altra cosa: è un pasticcio! mette insieme un presidenzialismo alla siciliana, una devolution a livello di desiderio e non di cultura, e la legge elettorale per la parte marginale della coalizione, la legge elettorale proporzionale. io, proporzionalista da sempre, attento a tale metodo elettorale per il fine che aveva, ossia misurare le opinioni, non ho alcuna difficoltà a affermare che, nel momento in cui il quadro politico le opinioni le ha perse e le grandi motivazioni vengono meno, l' utilizzo del metodo proporzionale mi parrebbe una scelta inadeguata. il problema è come recuperare il pluralismo dal punto di vista sia della cultura e della proposta sia della registrazione. desiderare che ciò accada senza che sia accaduto mi parrebbe un errore. la proposta del Governo non si misura con l' ambizione di ipotizzare un riordino istituzionale da imporre alla complessa realtà per ordinarla entro regole definite. in questa mia riflessione sollevo alcune questioni riguardanti la parte più corposa della riforma, ossia quella del Governo. voi proponete, almeno nelle dichiarazioni, la conservazione del governo parlamentare, ma il governo parlamentare assume come rilevante il ruolo dell' Assemblea. onorevole Bruno, la democrazia rappresentativa nasce, si consolida, cresce e si arricchisce con la valorizzazione di quest' organo. forme diverse di organizzazione della democrazia rappresentativa , culturalmente e storicamente, non ne conosciamo. le forme di governo espresse dalla moderna democrazia rappresentativa sono due: quella del governo presidenziale, che, per la verità, si è realizzato solo negli USA (ovunque è stato esportato si è rivelato un disastro), e quella dei governi parlamentari, che caratterizza la vita delle democrazie europee. è opportuno ricordare che quello del governo nella politica italiana non è un problema reale. abbiamo discusso prevalentemente di Governo e di legge elettorale e poi commettiamo l' errore di immaginare che il problema siano il Governo e la legge elettorale . il Governo e la legge elettorale in realtà sono stati assunti dal dibattito politico perché la non stabilità del Governo non consentiva al Parlamento di affrontare il problema delle riforme, ma le riforme vere che la comunità italiana reclama non sono quelle delle istituzioni rappresentative, sono altre e riguardano la garanzia dei diritti; la trasformazione della nostra società nell' ultimo secolo — che non è un secolo breve — attraverso un percorso contraddittorio — il che conferma l' umiliazione della superbia e dell' intelligenza umana — , che le culture ottocentesche avevano immaginato dovesse concludersi in un' epoca in cui il diritto fosse più garantito, paradossalmente è pervenuta ad un risultato che probabilmente nessuno aveva immaginato. dopo un secolo, i diritti delle persone sono cresciuti, le persone sono più libere, più istruite, garantite nella tutela della salute; esse devono essere garantite in un minimo di protezione sociale. dopo un secolo, siamo in presenza di un arricchimento del diritto di cittadinanza. i sociologi americani, Marshall in maniera particolare, nella storia del diritto di cittadinanza individuano tre epoche: il diritto civile , che avviene con la rivoluzione francese, sostanzialmente si traduce nel fare l' anagrafe, nel registrare l' identità delle persone (non a caso, sono individui che si enucleano dalla massa); il diritto politico , che si ha con il voto, e il diritto sociale, che si ha con la riforma dello stato sociale . la riforma vera da fare, da una parte, è questa; dall' altra, è la riscoperta del governo delle comunità. le due questioni, che la società moderna ha di fronte, sono: da un lato, individuare un governo della comunità, senza sovrastrutture ideologiche; dall' altro, la protezione del diritto di cittadinanza. voi avete puntato sulle riforme, prevalentemente sul Governo, immaginando non di definire un meccanismo. il problema del governo nel sistema parlamentare è la stabilità, onorevole Bruno, non l' inamovibilità; è una norma flessibile, come del resto tutte le norme. le norme non sono sostitutive — tanto più quelle costituzionali — dei comportamenti umani, ma sono sollecitatrici dei comportamenti. la funzione del diritto è questa! voi ci state proponendo un impianto che è una specie di « protesi » dei comportamenti (sul ribaltone, sulla stabilità, sulla omogeneità del Governo, tutte cose che rappresentano questioni politiche). lo dico anche a Tabacci: la coalizione è un fatto politico; se si rompe la coalizione, il problema non è risolvibile con la norma tecnica. voglio vedere chi rimane a governare nel momento in cui la maggioranza del Parlamento non lo sostiene! voi volete « imbalsamare » il sistema. lo dico anche a chi ha riletto la storia italiana dal 1948 al 1968 in maniera frettolosa e incomprensibile. noi abbiamo avuto, dal 1948 al 1968, una mobilità dell' equilibrio politico italiano impressionante. mica è rimasta la condizione di equilibrio politico dal 1948 al 1968! mica sono state cambiate le norme! si è tanto deriso sulla teorizzazione di Moro delle convergenze parallele ; in realtà, si trattava dell' intelligenza di cogliere e dominare gli eventi, orientandoli verso la forma dell' allargamento del consenso democratico nel nostro paese. voi, viceversa, siete presi dalla paura! siccome il presidente del Consiglio non ha più l' autorevolezza che aveva con il fanatismo del primo momento delle elezioni, pensate di dargli il potere eleggendolo a riferimento unico. di questo passo dovreste arrivare ad ipotizzare il Governo di una persona. ma attenti che, quando e se — lo dico in termini paradossali — si arrivasse al Governo della persona, poiché questa deve governare delle persone, entrerebbe in conflitto con esse e allora voi dovreste distruggere le persone. onorevole Bruno — lo dico in termini un po' paradossali — , spesso la logica deve forzare gli eventi per rendere comprensibile il fenomeno, ma in realtà io colgo in questo movimento disordinato una logica che purtroppo prevale dentro il dibattito politico, nella realtà italiana, sia nel centrosinistra sia nel centrodestra. lo dico con molta serenità. rispetto alle difficoltà che incontriamo, inavvertitamente, stiamo spostando l' attenzione dalle condizioni della partecipazione — la domanda oggi è di maggiore partecipazione, non di maggiore rigidità dei centri di Governo — a quelle del sistema di potere, ipotizzando che esso sia una soluzione, solo che è in contrasto con la democrazia! è machiavellica la soluzione! con la differenza che Machiavelli descriveva quel fenomeno, ma non escludeva il resto. voi, viceversa, vi fermate a cristallizzare soltanto una soluzione, nella quale il tutto si riduce dentro la razionalità del potere, e nella razionalità del potere recuperate in maniera astratta la tutela dell' interesse generale, sapendo che storicamente non è così. infatti, il potere razionalizzato c' era prima dell' avvento della democrazia partecipativa e poi si è scoperto che non funzionava. la motivazione che è al fondo della vostra proposta ha una qualche logica: si candida il premier, egli riceve il voto, governa e poi torna dagli elettori per avere un giudizio. badate bene, questo meccanismo c' era nell' Ottocento, e non funzionò! sulla crisi di questo meccanismo sono sorti da una parte il nazifascismo e dall' altro il socialismo e il comunismo. su queste difficoltà sorse e si alimentò, con riflessioni di grande rilievo — mica erano cose banali! — , la costruzione di una soluzione che risolvesse questo problema. voi volete tornare a quella condizione, ma senza neppure tentare una riflessione che ipotizzi come un meccanismo del genere possa recuperare la tutela dell' interesse generale. la proposta che avanzate è mostruosa: eleggete il presidente del Consiglio , e chiunque viene eletto non può essere sfiduciato. giuridicamente, le basi di legittimazione sono diverse, perché il presidente del Consiglio è eletto — non a caso, voi affermate che ha la « fiducia presunta » del Parlamento, ed in questo avete il pudore di nascondere l' imbroglio — , mentre dall' altra parte c' è il Parlamento. ma nel Governo parlamentare, nella democrazia moderna, l' alimento della vita del Governo è data dal Parlamento! quella che voi ritenete incertezza, lentezza, impazienza del decidere, è invece la ricchezza della democrazia. le assemblee elettive, infatti, sono sorte per fermare l' impazienza del sovrano! voi, viceversa, immaginate ciò perché lo impongono i problemi moderni, ma vorrei osservare che i problemi sono stati sempre così! io, insomma, non sono parmenideo, ma questa impostazione, che si incontra spesso, per cui il cambiamento impone comportamenti disinvolti, sul piano dell' agire politico, non la trovo condivisibile. il Parlamento, pertanto, andrebbe rafforzato in questo ruolo di « rallentatore » , perché solo il « rallentatore » consente l' approfondimento della decisione; lo stesso bicameralismo è funzionale, ma non alla ripetitività del rito! noi, purtroppo, abbiamo adottato un bicameralismo perfetto (ciò andrebbe precisato, ed onestamente lo avevano notato i costituenti, poiché nessuno ha immaginato che si trattava di un sistema perfetto). voi, viceversa, ipotizzate una sorta di parlamentarismo rituale, un po' come Forza Italia — me lo consentano i colleghi del gruppo di Forza Italia — , dove nelle assemblee si parla, ma la conclusione è che poi decide uno. no: la democrazia è fatta, evidentemente, di scontri di opinione, di misura delle opinioni che si contrappongono e, alla fine, la leadership è conquistata da chi riesce a ricomporre, in un disegno comune, le soluzioni proposte. quella che volgarmente viene liquidata come la mediazione rappresenta la nobiltà della politica: si tratta, infatti, dell' attenzione della politica alla ricomposizione dei diversi interessi che si amministrano. voi pasticciate e non fate nessuna scelta, come ad esempio a favore della forma di governo parlamentare, che è quella più seria, anche se vi sono alcuni problemi da risolvere. per quanto concerne l' unità di indirizzo, a differenza delle opinioni che ho ascoltato, espresse anche da alcuni amici, non escluderei la possibilità che il Primo Ministro nomini e revochi i ministri. vorrei rivolgermi all' onorevole Tabacci: la pluralità, infatti, è altro dalla frammentazione. il Governo deve avere una unitarietà di indirizzo politico , ma ciò va recuperato politicamente, non stabilendo che parla uno solo! per quanto concerne il cambio di maggioranza, vorrei far presente che i cambi di maggioranza avvengono o con le elezioni o tra un' elezione e l' altra: non si può certo stabilire che avvengono solo durante le elezioni! nel sistema tedesco, il solo modello che registra la possibilità che si verifichino cambiamenti di maggioranza, viene utilizzato un istituto di grande raffinatezza: la « sfiducia costruttiva » . in tale sistema ciò è avvenuto di fatto, senza bisogno di una norma! noi potremmo introdurre nel nostro ordinamento questa norma: se nasce in Parlamento una maggioranza diversa, legata al mutamento di equilibrio politico nella realtà, si potrebbe allora stabilire che la « sfiducia costruttiva » sia accompagnata da due ipotesi. la prima è che il premier sfiduciato si appelli al popolo, perché potrebbe essere un ribaltone: allora, la verifica viene data dal corpo elettorale . diversamente, si potrebbe prevedere che, dopo il mutamento di maggioranza, il passaggio elettorale debba svolgersi entro breve tempo: in altri termini, il riscontro dell' orientamento della pubblica opinione potrebbe avvenire così. voi, tuttavia, non avete fatto niente di questo! l' altra forma di governo è il presidenzialismo. bisogna fare attenzione: nel presidenzialismo non vi è maggioranza parlamentare , come ha ricordato anche l' onorevole Tabacci; il presidente è stabile ed inamovibile, ma il rapporto con il Parlamento è dialettico ed il ruolo del Parlamento stesso è salvaguardato. voi, invece, ipotizzate una forma in cui il presidente è eletto abbastanza « all' italiana » ma la maggioranza è disciplinata, non ha nessuna possibilità di articolare il rapporto dialettico del Governo, pena il rischio dello scioglimento del Parlamento. come si fa ad immaginare che vi sia la libertà del Parlamento, fondamento della democrazia rappresentativa , con tale sistema? ho letto che gli amici dell' UDC si gloriano — in verità, non solo loro, ma anche altri — che in tale tipo di riforma vi è devolution. la devolution è un sistema, discutibile, ma un sistema che, per la sua funzionalità, presuppone il trasferimento di quote di potere tra il governo centrale e quello periferico. in realtà, essa va in direzione opposta al processo reale che dovremo governare, però è un fenomeno. voi introducete il principio di sussidiarietà. il principio di sussidiarietà va in una logica esattamente opposta: la sovranità non è esercitata dallo Stato, ma dalla comunità, che, a mano a mano che organizza istituzioni sovracomunali, delega i poteri. per cui, non vi è conflitto. vi state disperdendo attorno ad una farraginosa regolamentazione perché le logiche sono contraddittorie. molto semplificativamente, per utilizzare il poco tempo che mi rimane, mi avete ricordato un episodio: un tempo facevo l' assistente a Milano e lavoravo a Roma e, quindi, viaggiavo frequentemente in treno. un giorno d' estate, nel vagone ristorante, a fianco a me vi era una coppia di sposini che chiesero il Barolo. il cameriere portò una bottiglia di Barolo e gli sposini chiesero il ghiaccio. a quel punto, il cameriere disse: « mi dispiace, signora, o il ghiaccio o il Barolo » . a voi dico: « o la sussidiarietà o la devolution » . non potete ipotizzare norme contraddittorie. altrimenti, esse produrranno un' esplosione e non vi sarà nessuna soluzione che vi potrà salvare. signor presidente , onorevoli colleghi , parlo a mio nome, pur rappresentando gli amici del gruppo della Margherita, e dico « no » a questa procedura che, prima della riforma, cancella il ruolo del Parlamento come presidio della democrazia. il giorno in cui la stampa, anziché raccogliere battute e pettegolezzi, riflettesse per descrivere la condizione del Parlamento, nel momento in cui si è impegnato in un processo di riordino della convivenza, essa dovrebbe scoprire che esso è un luogo ormai finito. non discutiamo tra noi: vi sono i « saggi » , che si riuniscono da qualche parte e decidono. voi non avete avuto neppure il pudore di rinviare — sarebbe stato già un aspetto di qualche decenza — ma ci avete comunicato: « discutete, perché noi vi comunicheremo in seguito le nostre decisioni » . in questa procedura, l' istituzione più alta della democrazia, il Parlamento, è delegittimato e reso squallido. riflettiamo su ciò. diciamo « no » alla proposta, perché essa mette insieme esigenze contrapposte: onorevole Bruno, non funzionerà! voi le ordinate con il desiderio, ma le norme hanno una loro razionalità. la logica dei processi istituzionali, l' intelligenza umana la può prevedere e organizzare, ma non la può sostituire. voi, invece, introducete un meccanismo che non funzionerà o, se funzionerà, farà saltare il sistema della democrazia rappresentativa . diciamo « no » — l' ho accennato in precedenza — perché il problema oggi non è il rafforzamento del Governo — quando parlo del Governo, parlo in termini generali — ma la domanda di partecipazione. questo problema ha messo in crisi le istituzioni della democrazia liberaldemocratica nel nostro paese e le ha rimesse in crisi oggi. la Lega, che alla fine del Novecento è stato il fenomeno più rilevante nei comportamenti sociali del nostro paese, ha registrato un dato e l' ha letto male. il movimento della Lega è una grande domanda di partecipazione che non può essere ricondotta soltanto al voto. la partecipazione, onorevole Bruno, è la possibilità di consentire all' elettore di contare anche dopo che ha votato, perché il sistema che riduce il potere del cittadino al momento del voto non funziona. le istituzioni liberaldemocratiche nell' Ottocento saltarono per tale ragione. questa è la domanda e la vostra proposta di riforma non solo non risponde a questa domanda, ma la ignora. io sono preoccupato che, se dovesse permanere (mi auguro di no) questa cecità assoluta nell' osservazione dei fenomeni, incontreremo grandi difficoltà. ma guardando alla storia della democrazia italiana, soprattutto nel dopoguerra, ho la sensazione che vi sia un' intelligenza straordinaria dei cittadini e degli elettori. dico questo a chi mi ascolta adesso, ma questa valutazione l' ho espressa anche quando, nel 1983, gli elettori non premiarono la Democrazia Cristiana . non è una valutazione di comodo, è una valutazione oggettiva. se voi andate avanti con la vostra arroganza, noi coinvolgeremo il popolo, essendo sicuri che quest' ultimo vuole un arricchimento della democrazia e non un impoverimento del potere!