Rosy BINDI - Deputato Opposizione
XIV Legislatura - Assemblea n. 5 - seduta del 20-06-2001
2001 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 5
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , signor presidente del Consiglio , onorevoli colleghi , quasi a dispetto dell' ottimismo e dei toni moderati con cui il Governo chiede la fiducia, il discorso programmatico presentato in quest' Aula suona come una noiosa ripetizione di generiche promesse elettorali; un approccio coerente — bisogna riconoscerlo — con un' impostazione politica e istituzionale che dà per acquisito il passaggio ad un sistema presidenzialista e che vorrebbe rendere in qualche misura già superfluo l' attuale confronto parlamentare. e come ha preteso di vincolare l' incarico affidatole dal presidente della Repubblica ad una diretta investitura elettorale, così oggi lei pretenderebbe di rendere operativo — con quel « lo faremo » così ripetuto e insistito da suonare come monito — un cambiamento della Carta Costituzionale che certifichi non già la normale alternanza di legislatura, ma la presa del potere di forze politiche estranee alla nascita della Costituzione. con la stessa presunzione sorvola sui contenuti dell' azione di governo , rinviando tutti noi al contratto presentato in campagna elettorale . nel suo intervento, non c' è, in realtà, un' indicazione concreta di come il Governo intenda affrontare i problemi dello sviluppo, della crescita del paese, della sua coesione sociale. francamente, non ci bastano le indicazioni generiche su progetti in gran parte avviati nella precedente legislatura, come quelli sul federalismo, sull' innovazione e l' informatizzazione della Pubblica Amministrazione . ci inquietano, inoltre, gli annunci di controriforma come quelli della scuola, della sanità e del fisco. nella vaghezza e contraddittorietà delle parole d' ordine — grandi opere e compatibilità ambientali, riduzione della pressione fiscale e mantenimento dei benefici del sistema previdenziale , sanitario e assistenziale — non è spiegato, per esempio, quali siano le compatibilità finanziarie tra una graduale diminuzione della pressione fiscale e il mantenimento delle garanzie dello stato sociale . mi riferisco, in particolare, alla sanità. ci fa piacere sentire che lo Stato deve garantire ai cittadini il diritto alla salute a prescindere dalle condizioni sociali. per questo vorremmo sapere — senza facili frasi d' effetto sull' accesso ai servizi, la qualità e l' umanità dei trattamenti — se il Governo intenda preservare o meno i principi di universalità e solidarietà del servizio sanitario nazionale. questi principi, infatti, non sono compatibili con il modello sanitario anticipato dal nuovo ministro della Sanità in un articolo pubblicato il giorno del suo giuramento e con il programma presentato in campagna elettorale , unici riferimenti di cui oggi disponiamo. nell' articolo firmato dal ministro Sirchia si elencano i seguenti interventi: « ridurre la copertura universale gratuita all' essenziale; attivare un' assicurazione contro i rischi della malattia cronica; sollecitare un' assicurazione facoltativa contro i rimanenti rischi » . un modello — aggiunge — che non può prescindere da altri fattori che vengono prontamente indicati: il concorso alla spesa del cittadino, a meno che si tratti di gravi indigenti (e quindi leggasi reintroduzione pesante del sistema dei ticket); l' esistenza di piani assicurativi tra loro in concorrenza, gestiti da enti privati; la progressiva fuoriuscita delle istituzioni dalla gestione dei servizi; la gestione dei servizi sanitari e sociali, perfino quelli dei distretti, appaltata ai privati e la gestione privata o di fondazioni non direttamente pubbliche degli stessi ospedali. è un modello assicurativo — per inciso mi chiedo se nella soluzione complessiva del conflitto di interesse verrà coinvolta anche la Mediolanum, nel caso in cui questa non intenda rinunciare ai servizi alla salute — che fa perno sulla drastica privatizzazione delle prestazioni e dei servizi, presentata dalla Casa delle Libertà con il suggestivo termine di « buono salute » . è un modello che non garantisce equità, perché discrimina in base alle possibilità economiche dei cittadini che potranno tutelare la propria salute solo in ragione del premio pagato e delle condizioni in cui versano. nessuna assicurazione è in grado di coprire dal medico di famiglia al trapianto. è un modello che non garantisce la libertà di scelta perché le assicurazioni permettono l' accesso solo a quei servizi ed a quei professionisti con cui concludono i contratti. oggi il servizio sanitario nazionale permette il libero accesso di qualunque cittadino a ben 1.600 ospedali pubblici o privati accreditati. nessuna assicurazione potrà avere una rete di fornitori così ampia, tanto meno se verranno privatizzati i servizi. il modello prospettato ha costi di gestione molto più onerosi del servizio sanitario nazionale e non conviene neppure sotto il profilo finanziario. è stato calcolato che, nei sistemi assicurativi, il 28 per cento della spesa sanitaria viene trattenuto dalle compagnie di assicurazione, per rientrare dei costi e realizzare margini adeguati. se anche in Italia le assicurazioni fossero più efficienti, saremmo comunque molto lontani dai costi amministrativi del servizio sanitario nazionale, stimati tra il 6 e il 10 per cento della spesa sanitaria totale. chi in Europa si è avviato negli anni scorsi su questa strada, come l' Olanda, ha già deciso di fare marcia indietro . signor presidente del Consiglio , come si concilia questo modello con il diritto di tutti, ricchi e poveri, alla salute, di cui lei si è così solennemente impegnato ad essere garante? in realtà la vostra è una finzione linguistica: allora smentisca il suo ministro ed il suo programma elettorale oppure ci dica che, con questa finzione linguistica, sta nascondendo in realtà agli italiani che si vuole privatizzare progressivamente e, quindi, smantellare il servizio sanitario nazionale. altro che sussidiarietà e federalismo! del resto, nel settore della sanità, la devoluzione — per usare un termine caro ai lombardi — è già realizzata, salvo battere cassa quando i conti non tornano per responsabilità dei modelli organizzativi e della cattiva gestione regionale. sussidiarietà e federalismo, in sanità, per noi equivalgono a responsabilizzare nel vincolo della solidarietà le energie sociali e ad indirizzare le autonomie regionali verso un rafforzamento dei principi unificanti il servizio alla salute. siamo ben lontani da una devolution che spezzi il vincolo della solidarietà nazionale, magari invocando l' autonomia organizzativa delle singole regioni e l' abbandono delle responsabilità pubbliche nella tutela dei diritti della persona . ma c' è un altro passaggio che lascia margini a dubbi, sul quale vorremmo chiarezza: è quello del rapporto tra medici e aziende sanitarie. forse si pensa di eliminare il rapporto esclusivo? forse si pensa di tornare ai tempi in cui i medici facevano la spola tra l' ospedale pubblico, il loro reparto e la clinica privata? siete così sicuri che la maggioranza dei professionisti chieda proprio questo? e non domandi, piuttosto, la piena attuazione delle norme contrattuali con finanziamenti adeguati, che nel passato sono stati garantiti? su tale questione, prima ancora dei medici, vanno sentiti i cittadini, gli ammalati, gli utenti del servizio sanitario nazionale che hanno già giudicato positivamente l' introduzione del rapporto esclusivo e che chiedono che vengano applicati lo spirito e la lettera della legge e del contratto, che affidano alla libera professione intramoenia la funzione di abbattere liste di attesa e non quella di servirsi delle liste d' attesa per procurarsi i clienti in attività libero professionale. ma sono le regioni, del centrosinistra e del centrodestra, ed i direttori delle aziende che devono attuare le norme, perché anche qui c' è da tempo una grande autonomia, rafforzata e ampliata dalla riforma. nessuno ha mai negato che i medici fossero dei professionisti, non a caso hanno lo status di dirigenti. proprio per questo è stato chiesto di fare una libera scelta: o dentro il sistema o fuori del sistema, in attività privata. l' 85 per cento — non una minoranza — ha scelto il rapporto esclusivo. quella scelta non può essere cancellata se non a danno esclusivo dei malati e di quei professionisti — che sono molti e sono i migliori — che hanno dedicato la loro vita esclusivamente all' ospedale, all' università, ai distretti sanitari e che per anni si sono sentiti umiliati da una valutazione delle professionalità in base alle ricchezze accumulate nel mercato della salute. vigileremo con attenzione sulle prossime mosse e decisioni del Governo, sia sul versante del finanziamento sia su quello dell' organizzazione del sistema. la sanità italiana non ha bisogno di controriforme, ha bisogno invece di forti finanziamenti, di investimenti, di programmazione, di rilancio dell' immagine e della forza di un grande servizio pubblico . forse non l' hanno informata, signor presidente del Consiglio , ma il nostro sistema sanitario non è proprio quello che lei ha descritto! mi permetto di suggerirle la lettura della relazione sullo stato sanitario del paese, presentata nell' anno 2000, ma relativa agli anni del Governo del centrosinistra. « l' Organizzazione mondiale della sanità » — si legge nella prefazione di Veronesi — « nel suo ultimo rapporto mondiale ci assegnava, relativamente alla capacità di soddisfare equamente i bisogni di cura dei cittadini, il secondo posto tra tutte le nazioni del mondo e il primo in Europa nel rapporto tra il livello raggiunto e quello raggiungibile dal sistema sanitario migliore. questo ci consente di affermare che l' Italia possiede un' organizzazione sanitaria non solo ben funzionante, ma anche giudiziosa per quanto riguarda l' uso dei finanziamenti » . vigileremo con attenzione perché non vorremmo che l' Italia, tra qualche anno, venisse declassata agli ultimi posti tra i paesi sviluppati , magari insieme agli USA.