Rosy BINDI - Deputato Opposizione
XIV Legislatura - Assemblea n. 386 - seduta del 10-11-2003
Fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti
2003 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 386
  • Attività legislativa

signor presidente , desidero iniziare il mio intervento con una citazione fresca di stampa, la Lettera sull' Europa che Romano Prodi ha inviato alle forze dell' Ulivo, nella quale credo vi sia un riferimento esplicito al problema che stiamo affrontando. recita la lettera: la tutela della salute sta essa stessa cambiando connotati con l' affermarsi di una popolazione sempre più anziana che pone il problema, e spesso il dramma, delle degenze di lunga durata, delle assistenze familiari e della cura dei malati terminali; nessuno è più debole di chi è malato, nessuno è più debole e bisognoso di chi è vecchio e malato. sulla salute e sull' assistenza agli anziani, l' Europa si gioca il diritto di considerarsi una società civile . credo che queste parole non possano che essere condivise; del resto, non solo l' intervento della relatrice, ma anche quello dell' onorevole Di Virgilio hanno dimostrato un' impostazione culturale e politica simile a quella contenuta in questa citazione. credo che, in ciascuno di noi, vi sia consapevolezza sull' importanza di questo problema e sulla sua posizione strategica nell' ambito della vita della nostra società. lo è in maniera particolare nel nostro paese: siamo, infatti, il paese più vecchio del mondo. consideriamo quello di oggi un grande risultato, e lo riteniamo un elemento con il quale confrontarci e di fronte al quale assumere una posizione politica chiara, non più rinviabile. la relatrice, l' onorevole Zanotti, ha già ricordato le cifre del problema; vale la pena richiamarle. oggi, gli ultrasessantacinquenni sono il 16,5 per cento della popolazione, ma nel 2010 saranno il 20,4 per cento e nel 2030 il 27 per cento : si passerà, quindi, dagli attuali 10 milioni di ultrasessantacinquenni ai 14 milioni nel 2030. nel 2030, per ogni 100 ragazzi al di sotto dei 15 anni, vi saranno 307 persone con più di 65 anni: è una consistenza demografica assolutamente inedita che nessuna società ha fino ad oggi conosciuto. bisogna anche considerare che questa condizione di anziani oggi convive con una situazione sociale spesso molto difficile. mensilmente l' Inps eroga 15 milioni di trattamenti previdenziali e, di questi, ben 11 milioni raggiungono al massimo 559 euro; oltre sette milioni di pensionati vivono al di sotto di quella famosa soglia del milione di lire al mese. gli indici di povertà dimostrano una condizione difficile per gli anziani che vivono al centro nord e nelle aree metropolitane ed un anziano su due vive da solo. bisogna, inoltre, tener conto dell' evoluzione degli assetti familiari e dell' incidenza delle separazioni e dei divorzi che hanno ripercussioni non solo sui bambini, ma anche sull' assistenza degli anziani. la politica degli affitti e del carovita, che oggi costituisce una vera e propria piaga, finisce per pesare in maniera particolare proprio sugli anziani. in questa situazione generale, che riguarda un invecchiamento che non sembra più essere una conquista ed una risorsa nella nostra società, dobbiamo aggiungere il problema della non autosufficienza dovuta all' insorgere di patologie che spesso fanno i conti con un sistema sanitario che continua a sottovalutare l' importanza della prevenzione, anche con uno stile di vita che certamente non ci ha insegnato e non ci sta insegnando ad invecchiare bene. ebbene, in questo momento, nel nostro paese vengono erogati circa 600 mila assegni di accompagnamento. a questa cifra va aggiunto sostanzialmente un milione di persone che non usufruiscono neanche di questo sussidio e che vivono una situazione di non autosufficienza in età anziana. ottocentomila sono i disabili, molti dei quali si trovano in una situazione di grandissima gravità. l' Eurispes dice che sono interessate, circa dieci milioni di persone attraverso il nucleo familiare diretto, il nucleo familiare parentale, da questi problemi: si tratta di un quinto della popolazione, di una famiglia su tre per quanto riguarda, in maniera particolare, gli anziani. la rete dei servizi fa i conti con la difficoltà di convertirsi ad una nuova domanda di salute. è inutile nascondere che il sistema sanitario nel suo complesso fatica a convertirsi da un sistema di cura della fase acuta della malattia ad un sistema che sa farsi carico delle disabilità e delle cronicità, che, anziché porsi solo il problema del guarire, si pone anche l' obiettivo del prendersi cura e dell' accompagnare la persona per tutta la sua esistenza. a tutt' oggi, la rete della riabilitazione è la cenerentola del sistema sanitario nazionale e, per quanto in questi anni siano state investite enormi risorse anche nella riconversione delle strutture, in molte parti d' Italia le strutture destinate all' accoglienza degli anziani non autosufficienti, le RSA, costituiscono una rete tuttora insufficiente. la famiglia resta, in qualche modo, il centro dell' assistenza e della presa in carico, con un costo psicologico, sociale e finanziario molto forte. si considera che, per ogni anziano non autosufficiente, per un disabile, una famiglia sostenga un costo che va dai mille ai duemila euro mensili. se consideriamo che ciò tocca un quinto della popolazione italiana, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un problema sociale di portata enorme, innanzi al quale è chiaro ed evidente che il nostro sistema di welfare è a rischio. quest' ultimo è a rischio anche in quei capisaldi, in quelle colonne forti, rappresentati dal sistema sanitario e dal sistema previdenziale e non riesce a compiere i primi passi nel suo sistema ancora debole: quello dei servizi e delle politiche sociali , della rete dell' assistenza. oggi si parla di nuovo welfare, ma questo non può non fare i conti con tale dato strutturale, oggettivo, innegabile. se posso aggiungere un elemento ancora più preoccupante credo che la nostra società sia a rischio. vi è molta demagogia nelle espressioni che sembrano ispirare le riforme di questa stagione: bisogna togliere ai nonni per dare ai nipoti. semmai è stato possibile costruire uno stato sociale nel conflitto tra le generazioni, certamente questo non è il momento di togliere ai nonni per dare ai nipoti. infatti, una società che invecchia e ha quella struttura demografica non può che chiedere più risorse per l' età anziana. ciò a meno che — abbiamo il coraggio di dirlo, come alcuni demografi hanno avuto il coraggio di affermarlo negli ultimi mesi — vi sia assuefazione ad un atteggiamento della società e, ahimè, anche della politica che finisce per accettare una sorta di eutanasia sociale come elemento quasi inevitabile per dare una soluzione che non si trova ad un problema così drammatico. ho colto del cinismo profondo quest' estate quando abbiamo tenuto nascosti settemila morti in più: li abbiamo conosciuti in un sottotitolo di giornale solo qualche settimana fa. mi vengono in mente i demografi del Settecento che consideravano le guerre, le pestilenze, le carestie qualcosa di provvidenziale che riequilibrava automaticamente, senza alcun bisogno di intervento, l' andamento demografico che diventava, anche allora, pesante. vi è questo rischio se non si ha il coraggio di dare una soluzione seria a tale problema. non abbiamo intenzione di fare polemica su un provvedimento che portiamo in Aula tutti insieme, che ha avuto una sorta di voto unanime, anche ricorrendo a qualche artifizio, da parte della Commissione affari sociali, dopo due anni di lavoro il cui merito va dato in maniera particolare alla relatrice, ma anche a tutti coloro che vi hanno lavorato, non solo a chi ha presentato le proposte di legge . non è una soluzione seria quella circolata in questi giorni che parla di 203 miliardi di euro messi a disposizione, in finanziaria, per un bonus di 20 euro al giorno per ciascuna famiglia. va dato atto alla sottosegretaria Sestini di averlo affermato ieri in un' intervista a La Repubblica . non è una proposta seria perché andrebbero a beneficiarne coloro che tengono gli anziani in casa. in questo momento sono quattrocentomila i ricoverati nelle RSA ed un milione e mezzo sono le famiglie interessate. bene, se questa è la cifra messa a disposizione ne potrebbero usufruire appena 18 mila. è chiaro che si tratterebbe di una lotteria molto ma molto più cinica di quella dell' aumento delle pensioni minime. non è una proposta seria. in questi giorni non ne abbiamo più sentito parlare e ci auguriamo che non proceda. non è una soluzione seria tagliare in finanziaria, per tre anni consecutivi, le risorse al sistema di welfare, al servizio sanitario nazionale, al fondo sociale e, soprattutto, al trasferimento agli enti locali . non sono proposte serie quelle circolate in questi anni per bocca del ministro Sirchia (le mutue, le assicurazioni), ma non è una proposta seria neanche il silenzio del Governo nel suo complesso perché la politica dello struzzo, certamente, non dà soluzione ad un problema così grave. credo, invece, che questo testo unificato sia una soluzione seria, che abbiamo voluto tutti insieme, ma che certamente ha voluto in maniera particolare l' opposizione: la prima proposta di legge presentata è a firma dell' onorevole Battaglia; il provvedimento è stato calendarizzato per richiesta del gruppo della Margherita e la relatrice appartiene ad un partito dell' opposizione. ad ogni modo, vi abbiamo lavorato tutti insieme. è una soluzione seria, in quanto è una soluzione strategica, che veramente fa i conti con le esigenze del nuovo welfare ed è una proposta coraggiosa, come lo sono sempre le proposte e le soluzioni universalistiche. noi partiamo, infatti, dalla consapevolezza che, se alle parti più deboli della popolazione non si dà una risposta ispirata dalla solidarietà e dall' universalità, non solo si crea un' ingiustizia in quella parte più debole, ma si rischia di scardinare tutto il sistema di welfare — ispirato in qualche modo all' universalismo — e in maniera particolare la risposta del servizio sanitario nazionale. crediamo, dunque, che sia arrivato il momento di assumersi la responsabilità di dire agli italiani — i quali peraltro oggi preferiscono sentirsi dire: più servizi, piuttosto che meno tasse; sta cambiando, infatti (come appunto dimostrano anche le recenti ricerche, prima ricordate dalla relatrice), il clima nel paese, dopo due anni e mezzo di cura da parte di una destra, che non potendo in qualche modo venire meno a qualche slogan elettorale, ha indebolito il sistema di sicurezze — che si aumenta l' addizionale Irpef. certamente ci vuole coraggio, ma sarebbe un gesto nobile da parte di un Governo che, pur avendo vinto le elezioni con lo slogan « meno tasse » , avesse il coraggio di dire agli italiani: per far fronte ad una necessità che tocca una famiglia su tre noi abbiamo il coraggio, insieme a tutti, di chiedere una tassa di scopo (perché di questo si tratta), ricorrendo fra l' altro al sistema più equo; infatti sono circolate altre soluzioni (esistenti in altri paesi), come ad esempio l' assicurazione obbligatoria, ma sappiamo perfettamente che toccherebbe il costo del lavoro , che nel nostro paese è già molto alto e inciderebbe in maniera meno equa: essa interesserebbe una quota di contribuenti molto, ma molto più bassa di quella che invece fa riferimento ad un' addizionale Irpef media dello 0,75 per cento , che naturalmente solleverebbe dal pagamento coloro che non hanno nessuna imposizione fiscale e che sarebbe applicata secondo il principio costituzionale che noi riteniamo ancora valido, della gradualità, della proporzionalità e della progressività. ci vuole certamente coraggio, però credo che questo coraggio verrebbe capito, in quanto troverebbe consenso tra gli italiani. noi interpretiamo il parere della Commissione finanze come una sostituzione nel caso in cui il Governo non intendesse approvare e dare parere favorevole su questa nostra proposta di legge . tuttavia, diciamo subito anche ai nostri colleghi, che forse potrebbero anche avere — non lo nascondiamo, perché c' è — un atteggiamento trasversale da questo punto di vista , che noi che vi abbiamo lavorato ci sentiamo di difendere questa proposta, perché è una proposta seria, che offrirebbe una soluzione cominciando ad avviare un fondo di circa 8 mila miliardi di vecchie lire , che aggiungendosi agli 8 mila miliardi degli assegni di accompagnamento consentirebbe di unire una risposta fondata sul trasferimento monetario ma anche una risposta fondata sul finanziamento di una rete di servizi nel territorio. c' è infatti un altro aspetto da sottolineare: in questo momento non solo c' è la solitudine delle famiglie di fronte al costo enorme di questo problema, ma c' è anche una risposta privata — oggi ogni famiglia è diventata una piccola casa di riposo — ed un dispendio di risorse che vengono erogate privatamente, ma anche perché solo privatamente vengono utilizzate, quando unite alle risorse di tutti e soprattutto trasformate in una rete di servizi per tutti potrebbero costare meno e rendere molto di più, certo, dando più importanza all' assistenza domiciliare, ma non dimenticando che in certe situazioni la famiglia, pur assistita, non può prendersi carico di un problema come questo. quindi, il nostro fondo aiuterebbe anche le famiglie per quella quota che è a loro carico nel ricovero degli anziani e dei disabili nelle strutture ad assistenza sociosanitaria. per tutti questi motivi, riteniamo che questa sia una proposta seria, anche per il quadro di cooperazione istituzionale che vi è contenuto. spetta allo Stato individuare i livelli essenziali di assistenza — peraltro già individuati nell' articolo 15 della legge numero 328 — ma, come dice la Costituzione, spetta sempre allo Stato finanziare tali livelli. c' è una cooperazione con le regioni, che non sono soltanto le destinatarie del fondo in quanto, a loro volta, possono essere restituite alla loro autonomia impositiva, che è un altro mistero di questa stagione. come si fa per la terza finanziaria a legare le mani nelle entrate fiscali a comuni e regioni? se, in sanità, si approva l' accordo dell' 8 agosto 2001, non si può l' anno successivo togliere alle regioni la possibilità di una autonomia impositiva nell' aumento dell' addizionale Irpef per coprire i propri debiti. Lazio, Campania e Sicilia non ce la faranno più a risollevarsi dalla situazione dell' indebitamento e dell' impossibilità di qualunque sviluppo del sistema di welfare! almeno — faccio appello alla componente più sensibile esistente nella maggioranza — restituiamo l' autonomia impositiva a regioni e comuni. con questa legge sarebbe possibile anche ciò. esiste una collaborazione istituzionale con i comuni e con le unità sanitarie locali, che sarebbero il momento, la responsabilità istituzionale dell' organizzazione della rete dei servizi. questa è una proposta seria, in quanto potrebbe costituire anche un aiuto indiretto al servizio sanitario nazionale di questo paese, sul quale la non autosufficienza senza assistenza pesa in maniera forte ed è un vincolo all' appropriatezza del sistema, dei ricoveri, dell' uso dei medicinali, del ricorso ad interventi di tipo sanitario nonché all' utilizzazione dei medici di famiglia e quant' altro. una rete assistenziale, vera e autonoma rispetto al servizio sanitario nazionale, in grado di facilitare l' integrazione sociosanitaria, costituirebbe anche un modo indiretto di finanziare il servizio sanitario nazionale senza dover destinare una lira allo stesso servizio. ci auguriamo che questa fatica comune venga presa sul serio dal Governo. saremo disponibili a svolgere la nostra parte — come abbiamo fatto fino ad adesso — allo stesso modo di tutte quelle organizzazioni sociali che hanno richiesto questa soluzione (sindacati confederali , organizzazioni produttive). oggi, infatti, il commerciante, il piccolo imprenditore , l' artigiano hanno la consapevolezza di non poter svolgere bene il proprio lavoro in presenza di un carico assistenziale familiare che diventa anche per loro insostenibile finanziariamente e socialmente. tali soggetti hanno richiesto la tassa di scopo in quanto, se può essere in crisi il patto fiscale tra cittadini e istituzioni, tale tassa diventa anche un modo per ricreare fiducia in un piccolo contratto, in un piccolo patto. raccogliamo il contributo di tutti, lo traduciamo in questo servizio e valutiamo il modo con il quale ci si comporta nel tradurre in servizi le energie messe a disposizione. quindi, non solo i sindacati confederali , ma l' Italia della produzione, l' Italia dell' imprenditoria, delle aziende e delle imprese, chiede questo. lo chiedono le associazioni dei disabili, lo chiedono le associazioni di volontariato, lo chiedono quegli italiani che sono disponibili anche a contribuire di più, pur di avere una risposta efficiente e solidale a un problema che ha una portata così forte e così importante. per questo motivo, ci auguriamo che il provvedimento in esame non finisca con la discussione di questa sera e non abbia un rinvio di furbizie: si evita di dire come la si pensa e si continua con la politica del silenzio. ciò, infatti, vorrebbe dire rendersi complici di questa cultura, che dopo aver fatto tanto per restare un po' più in vita, decide che questa non è più una ricchezza e una conquista, ma è un peso, e che quindi si può cinicamente interrompere. signor presidente , intervengo per dichiarare il voto favorevole su questo emendamento sul quale, peraltro, chiedo di aggiungere anche la mia firma. a mio parere, non si tratta semplicemente di un fatto nominalistico; usare il termine « sperimentali » anziché « innovativi » significa infatti dare alle regioni, alle realtà locali, ai privati e ai ministeri competenti, che istituiranno questi nuovi servizi, non solo la possibilità di creare nuovi servizi, ma soprattutto quella di individuare criteri di qualità per questi stessi servizi per arrivare ad una sorta di accreditamento degli stessi, di riconoscimento della qualità e della validità degli stessi. ciò che ci preoccupa molto di quello che viene definito con questo provvedimento con il termine « innovativi » e che, in realtà, non ci troviamo di fronte ad un asilo nido con le caratteristiche educative e sociali dell' asilo nido collocato e dislocato in parti diverse del territorio, ma lo si descrive come qualche cosa, che si definisce innovativo, ma che in realtà si presenta essere altro rispetto all' asilo nido . non ci sentiamo sicuri sulla reale proposta educativa che verrà offerta ai bambini, sugli standard professionali che saranno assicurati, sul controllo che dovrà essere verificato, e non ci sentiamo sicuri neanche sulla portata sociale. è un salto nel buio, propagandistico, certo, ma, un salto nel buio. allora, credo che sarebbe cosa saggia da parte del Governo accettare questo emendamento il quale consentirebbe di avviare queste nuove esperienze e, al tempo stesso , di ricollocarle all' interno della proposta educativa e sociale dei veri e propri asili nido che, così come è stato formulato questo articolo e questo provvedimento, non sembra essere. noi temiamo molto perché riteniamo che questi servizi innovativi rischino di essere delle forme di parcheggio per i bambini e non delle vere e proprie proposte educative; rischino di essere, per carità, un servizio utile reso alle lavoratrici e alle famiglie, ma non ai bambini perché verso di loro non vi è la sicurezza di una proposta educativa e sociale e, soprattutto, non vi è la responsabilità della verifica della qualità. pertanto, noi voteremo a favore di questo emendamento e invito sia il Governo sia la relatrice, dato che sono ancora in tempo per farlo, a cambiare il loro parere su questo emendamento. si intuisce che nella visione del legislatore e del Governo l' articolo 2 voglia dettare i criteri generali sull' offerta dei servizi e sull' accesso agli stessi. allora, sentiamo la necessità di esplicitare garanzie per alcune particolari condizioni umane delle famiglie e dei lavoratori. il precedente emendamento, che è stato respinto, sottolineava il riferimento alle famiglie particolarmente bisognose che vivono nella soglia della povertà. con il mio emendamento 2.3 chiediamo che vengano esplicitate la tutela e l' integrazione per tutti i lavoratori, in maniera particolare per le lavoratrici interessate alle nuove tipologie contrattuali flessibili che si trovano sicuramente in una situazione economica e familiare molto complessa. anzi, si potrebbe dire che — se uno degli obiettivi di questa legge è quella di creare dei servizi per la donna, per la riconciliazione tra il tempo del lavoro e il tempo della famiglia, tra la sua funzione di madre, di educatrice e di lavoratrice — questo deve essere particolarmente vero per chi vive una situazione di lavoro precario , flessibile, che non ha in sé le tutele e le garanzie che sono assicurate ad altri rapporti di lavoro. infatti, quella del lavoro è una riforma monca perché ignora un elemento molto importante, quello che i diritti non sono legati al rapporto di lavoro ma sono diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. l' Istat ci dice e il Cnel sottolinea che le donne sono interessate in maniera particolare alle tipologie contrattuali flessibili senza tutele e senza riconoscimento dei diritti. vorremmo che il sottosegretario al welfare e la ministra per le pari opportunità dessero un segnale da questo punto di vista ed incominciassero, la prima, a colmare la carenza degli ammortizzatori sociali e dei diritti dei lavoratori che è contenuta nella legge numero 30 e, la seconda (che naturalmente si caratterizza per non ascoltare), a qualificarsi davvero come ministro delle Pari opportunità , delle pari opportunità tra uomo e donna e, soprattutto, delle pari opportunità tra le donne. infatti, vi è anche una condizione di disparità proprio all' interno del mondo delle donne, delle lavoratrici e dei nuclei familiari. quindi, questo emendamento è volto a garantire che, soprattutto in quei servizi innovativi (i nidi aziendali), non vi saranno discriminazioni nei confronti delle donne che lavorano con un rapporto di lavoro precario e flessibile. esprimerò un voto favorevole su questo emendamento. dal momento che con il provvedimento in esame, di fatto, non assicuriamo un diritto, è evidente che dobbiamo sottolineare coloro che ne hanno particolarmente bisogno e che, quindi, possono godere di un percorso preferenziale. certamente, tra questi vi sono i bambini provenienti da nuclei monoparentali. aggiungo una domanda alla relatrice ed al Governo. ci chiedete di ritirare molti emendamenti, ma siamo alla prima lettura del provvedimento. si invita, eventualmente, al ritiro degli emendamenti quando il provvedimento è in seconda lettura. ora siamo in prima lettura e vi è tutta la possibilità di emendare, dato che il provvedimento deve andare ancora al Senato. se si invita al ritiro, evidentemente, non vi è un atteggiamento pregiudizialmente contrario. per quale motivo, dunque, non si esprime parere favorevole su tali emendamenti che, tra l' altro, vengono richiesti da uno schieramento molto vasto dell' Assemblea e sui quali sappiamo esservi anche una sensibilità fra di voi? la relatrice, nel momento in cui invita al ritiro di tale proposta, sa benissimo di essere ben disposta nei confronti di questo emendamento, quindi le chiediamo di modificare il suo parere. no, presidente, non lo ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto . anche questo è un emendamento che, evidentemente, ha trovato attenzione da parte della relatrice, in quanto è stato formulato un invito al ritiro anziché un parere contrario. ho riletto velocemente il testo al nostro esame e — come è accaduto per le famiglie monoparentali — non ho trovato un riferimento che, in qualche modo, potesse essere considerato assorbente il contenuto di questo emendamento. infatti, con tale proposta emendativa si chiede di aggiungere un criterio per l' accesso ai servizi, attraverso il sostegno e l' integrazione per le famiglie di immigrati aventi regolare permesso di soggiorno . ritengo che approvare o meno questo emendamento costituisca la prova della verità per la Casa delle Libertà con riferimento al tema del voto agli immigrati. infatti, noi che riteniamo che riconoscere il voto agli immigrati — ovviamente regolari e senza barriere di reddito — sia una grande conquista di civiltà, crediamo anche che il diritto al voto sia la sintesi, il simbolo che racchiude la possibilità che vengano riconosciuti ed assicurati tutti i diritti, quelli della persona, quelli fondamentali, quelli di libertà, ma anche quelli sociali. altrimenti, è come una casa con un attico molto bello, ma alla quale manca il primo piano , che è esattamente la legge Bossi-Fini . una legge che, anche quando sarà riconosciuto il diritto di voto agli immigrati, resterà un provvedimento discriminante, che non aiuta l' inserimento e l' integrazione degli immigrati e che non aiuta i ricongiungimenti familiari, la cultura, l' istruzione, la casa. dunque, vorremmo partire dai bambini e quindi esplicitare in questa legge il sostegno e l' integrazione per le famiglie di immigrati aventi regolare permesso di soggiorno . questo è un modo per rendere vero il dibattito sul diritto al voto. rifiutare questo emendamento significa, evidentemente, che anche il dibattito che si è aperto tra di voi è strumentale. per noi non è così, siamo veri sostenitori del diritto di voto per gli immigrati, vorremmo che fosse espressione di molti altri diritti, quale quello al sostegno alle famiglie per poter avere l' accesso dei loro bambini ai servizi per l' infanzia.