Silvio BERLUSCONI - Presidente del Consiglio Maggioranza
XIV Legislatura - Assemblea n. 268 - seduta del 19-02-2003
Sugli sviluppi della crisi irachena
2003 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 268
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , come ho già avuto modo di dire questa mattina al Senato, nel tempo trascorso dal mio ultimo intervento in Parlamento, il Governo ha continuato a lavorare per la pace, con determinazione e con assoluta, assoluta coerenza sulla linea che qui avevo esposto e che ho riassunto in pochi punti. primo: puntare al disarmo del regime iracheno in tempi stretti e con mezzi pacifici. secondo: sostenere la dissuasione politico-militare che ha già riportato in Iraq gli ispettori delle Nazioni Unite . terzo: salvaguardare la credibilità dell' Onu dopo 12 anni di sfide dell' Iraq alla legalità internazionale. quarto: mantenere saldamente unita la coalizione mondiale contro il terrorismo che si è formata intorno agli USA dopo l' 11 settembre. quinto: mantenere saldamente unita l' Europa, restituendo all' Unione Europea una sola voce ed un peso effettivo sulla scena internazionale. l' Italia, per la sua tradizione e per la sua politica attuale, per il suo impegno diplomatico e per la sua capacità di tenere insieme interesse nazionale ed alleanze di valore storico era e, soprattutto, oggi è in posizione favorevole per lavorare seriamente e per trovare ascolto intorno a queste cinque linee guida della sua politica estera . ringrazio il Capo dello Stato per avere apprezzato questo sforzo, così come sarei stato felice di ringraziare l' opposizione parlamentare se avesse dato, almeno al Senato, un contributo fattivo, con il dibattito e con il voto, all' approvazione di una mozione che si muove sulla linea concordata ed approvata nell' incontro di Bruxelles dai capi di Stato e di governo dell' Unione Europea . l' opinione pubblica mondiale è preoccupata ed ha chiaramente e legittimamente espresso questa sua preoccupazione nelle manifestazioni che si sono svolte in Italia in molte importanti capitali d' Europa e nel mondo sabato scorso. avevo già rilevato nel mio ultimo intervento in quest' Aula che non ho mai messo in dubbio la buona fede o l' ispirazione ideale del movimento per la pace, ma — come tutti sanno — la preoccupazione non basta a risolvere i problemi e non bastano neppure le manifestazioni, anche se sono manifestazioni importanti. i « no » alla guerra senza « se » e senza « ma » non bastano di per sé a costruire la pace. vi è, anzi, il pericolo, quando si gioca irresponsabilmente con la preoccupazione della gente di fronte ai rischi di un intervento militare paventato, di rendere più difficile la realizzazione di un obiettivo sacrosanto qual è quello di disarmare l' Iraq. si tratta di un obiettivo che, forse, si potrebbe raggiungere con mezzi di persuasione politici, diplomatici, militari senza la necessità di ricorrere alla forza, ma in una situazione di assoluta concordia e di assoluta compattezza della comunità internazionale . l' uso della forza — così è scritto nel documento approvato l' altra sera dai capi di Stato e di governo dell' Unione Europea — dovrebbe essere solo l' ultima risorsa. questa stessa identica formula è quella usata da questo Governo in Parlamento ogniqualvolta il Governo è stato chiamato ad intervenire sulla grave crisi internazionale in corso . questa formula — accettata nero su bianco da tutti i 15 paesi dell' Europa, comprese Francia e Germania, cui si sono aggiunti altri 13 paesi, di cui dieci entreranno tra poco in Europa e gli altri tre si sono candidati all' Unione Europea — è il cardine della mozione della maggioranza sulla quale mi è parso, questa mattina, incomprensibile che non vi sia stato anche il consenso dell' opposizione. questa mattina, in qualche intervento, i leader dei gruppi dell' opposizione hanno accreditato al Governo un andamento a zig-zag per quanto riguarda l' attività del Governo stesso e le sue dichiarazioni su questa crisi. ora, sfido chiunque lo voglia fare a trovare una sola parola, una sola frase, un solo ragionamento che sia non coerente, che non si tenga da quando la crisi è cominciata, a partire dai miei interventi all' Assemblea delle Nazioni Unite , agli interventi in questa Camera, alle pubbliche dichiarazioni, agli articoli che ho firmato con altri capi di governo europei! le idee giuste, quelle che esprimono la leadership di una classe dirigente , non dovrebbero cedere di fronte alla partigianeria. non è accaduto — voglio ricordarlo — quando questa maggioranza era opposizione in occasione della guerra del Kosovo. speravo che non dovesse accadere ora quando le parti si sono invertite. questo non è un banale argomento polemico perché sono davvero convinto che le forze di opposizione abbiano in sé l' energia politica e la duttilità culturale per esprimere una posizione non propagandistica e per distinguere tra slogan e semplificazioni, da una parte, e motivazioni profonde dell' azione pubblica ed istituzionale, dall' altra. vi sono ancora spazio e tempo in questa situazione internazionale per evitare l' uso della forza. nonostante tutto ne sono ancora persuaso, anche sulla base degli incontri, delle conversazioni e degli scambi diplomatici che continuano incessantemente anche in queste ore. tuttavia, questa possibilità è strettamente legata alla valorizzazione di quella che il documento dell' Unione Europea chiama giustamente la centralità delle Nazioni Unite nell' ordine internazionale. si tratta di una centralità imperniata — cito sempre le parole del suddetto documento — sul Consiglio di sicurezza che si è assunto, con la risoluzione numero 1441, la responsabilità del disarmo dell' Iraq. gli ispettori hanno compiuto un egregio lavoro che, tuttavia, non può durare a tempo indefinito, come hanno concordato i governi europei a Bruxelles. non esistono e non sono mai esistiti piani alternativi a quello approvato in sede di Consiglio di sicurezza con il voto — ricordiamocelo — unanime, ripeto, unanime dei suoi membri. gli strumenti possono cambiare anche nell' ipotesi di una seconda e più dettagliata risoluzione, ma la richiesta della comunità internazionale è e deve essere una sola: l' immediata, totale e senza condizioni cooperazione del regime iracheno sotto pena di serie conseguenze. questa mattina, al Senato, mi sono soffermato sul fatto che questa cooperazione da parte dell' Iraq non esista proprio. non esiste soprattutto se la paragoniamo alla cooperazione fornita agli ispettori delle Nazioni Unite nelle occasioni nelle quali le Nazioni Unite avevano imposto ad alcuni Stati (come il Kazakistan, la Bielorussia o il Sudafrica) di smilitarizzare il loro paese, distruggendo le armi atomiche da loro possedute. in quel caso gli Stati avevano portato gli ispettori sui siti dove erano state distrutte le installazioni e avevano fatto constatare la distruzione delle armi e avevano illustrato i programmi di distruzione che stavano attuando. questo non avviene in Iraq. ho parlato personalmente con chi fa parte delle ispezioni (vi sono 12 italiani tra i 260 ispettori), i quali mi hanno confermato che ogni mattina il regime mette a disposizione i mezzi di trasporto per andare dove gli ispettori chiedono. mai che il regime abbia indicato una possibilità di verifica quasi notarile, quasi fotografica, di armi che esistevano (e il regime stesso aveva dichiarato l' esistenza di queste armi) e che poi sono state distrutte né mai è stato possibile per gli ispettori interrogare i 3.500 scienziati addetti alla fabbricazione di armi chimiche , biologiche o anche di sostanze propedeutiche all' arma nucleare, mai che il regime abbia consentito che alcuno di questi iracheni potesse essere interrogato fuori dall' Iraq; ha consentito soltanto l' interrogazione di 500 di essi, ma in presenza di un esponente governativo. questo deve assolutamente cambiare, perché altrimenti non vi potrà mai essere la certezza dell' esistenza reale (che si suppone esista davvero) di armi che potrebbero essere nascoste in qualunque parte di un paese che — l' ho ricordato questa mattina — è più grande della Francia (quindi sarebbe come andare a cercare il classico ago nel pagliaio). su questo, dopo l' incontro di Bruxelles, non dovrebbero esserci più equivoci di sorta. se ne è parlato ampiamente al tavolo del Consiglio europeo e sono sicuro che non ci saranno equivoci di sorta tra i nostri alleati. come hanno osservato gli analisti più attenti, anche nei giorni più difficili che sono alle nostre spalle, l' Unione Europea non si è mai spaccata, ma certo ha registrato un dissenso di notevole portata (è stato sotto gli occhi di tutti) e lo ha ora parzialmente, ma — come partecipante diretto a quella riunione posso dire — sinceramente risolto, ricostruendo una sua unità di intenti e un suo linguaggio comune. lo ha risolto anche con il contributo che definirei decisivo del documento con cui molti paesi europei hanno riequilibrato, nel senso della solidarietà euro-atlantica, una tendenza all' autosufficienza che rischiava di essere percepita come egoismo nazionale e come un venir meno del sentimento stesso della solidarietà atlantica. noi siamo molto soddisfatti ed anche orgogliosi di poter portare oggi al dibattito delle Camere una situazione decisamente migliorata sotto il profilo della credibilità delle principali istituzioni (dall' Onu alla NATO, all' Unione Europea ), sulle quali si è retto per decenni il più lungo periodo di pace e di prosperità che la storia europea e mondiale ricordi e continuiamo a pensare che dalla logica dei veti e degli egoismi nazionali i cittadini non abbiano niente, proprio niente, da guadagnare. ai nostri amici ed alleati americani, e personalmente al presidente degli USA, ho parlato nei giorni scorsi in quel modo franco e leale che è proprio dei rapporti di vera amicizia (non sudditanza, come qualcuno stamattina al Senato ha voluto definire il rapporto che il presidente del Consiglio cerca di instaurare con tutti coloro che hanno responsabilità di Governo e che sono protagonisti nel mondo). li ho invitati dal guardarsi dal coltivare la solitudine, perché il vero capolavoro successivo alla tragedia dell' 11 settembre e all' emergenza del terrorismo internazionale è stato la costruzione della grande coalizione che ha liberato il mondo dal regime dei talebani e dai campi di addestramento di Al Qaeda . ho anche garantito che, per quanto sta in noi e non solo per un dovere storico di riconoscenza delle democrazie europee nei confronti della grande democrazia americana, gli USA non resteranno soli nell' impresa di impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa , soprattutto quando sono in mano a chi ha già violato, con un comportamento durato 12 anni, la legalità internazionale e a chi queste armi le ha già usate contro il suo stesso popolo. per questi motivi il Governo ha autorizzato, secondo i trattati bilaterali e lo spirito delle alleanze liberamente contratte dall' Italia e ribadite nel tempo da tutti i governi — compresi gli ultimi governi di centrosinistra — , tutte le misure necessarie ad assicurare, dal punto di vista logistico, la possibilità della pressione militare sull' Iraq. pressione che ha già conseguito — come ho ricordato all' inizio del mio intervento — un primo successo, riportando a Bagdad gli ispettori delle Nazioni Unite . vorrei ripetere questo passaggio in quanto, questa mattina, si sono levate molte voci di dubbio su cosa volesse davvero significare questa garanzia di non lasciare soli gli USA. ciò significa non lasciarli soli in questa azione tesa alla pressione psicologica, diplomatica e militare sull' Iraq, al fine di convincere il dittatore iracheno a disvelare il possesso e le postazioni delle sue armi di distruzione di massa . signor presidente , onorevoli colleghi , il voto che oggi il Parlamento è chiamato ad esprimere è un voto di grande rilevanza. dobbiamo offrire un chiaro segnale politico alle diverse tendenze che preoccupano l' opinione pubblica , dobbiamo essere capaci di parlare un linguaggio di pace, ma non di resa. spero che questo voto possa essere libero da ogni pregiudizio, spero che la ritrovata unità europea possa aiutare tutti a ragionare con serenità e a non privare la nostra azione diplomatica del sostegno di tutto il paese e del Parlamento repubblicano. l' articolo 11 della Costituzione afferma che l' Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli. è proprio in nome della libertà dei popoli e della sua difesa attiva dalle minacce del terrorismo e delle armi di distruzione di massa che il nostro Governo, con il sostegno del Parlamento, intende perseverare nella sua linea responsabile ed attiva, nel suo obiettivo di disinnescare le minacce alla sicurezza e alla pace, unendo il suo impegno a quello di tutti gli uomini e di tutti i paesi che hanno a cuore la libertà. vi ringrazio.