Pier Luigi BERSANI - Deputato Opposizione
XIV Legislatura - Assemblea n. 184 - seduta del 25-07-2002
Documento di programmazione economico finanziaria per gli anni 2003 - 2006
2002 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 184
  • Attività legislativa

signor presidente , c' è un curiosum — come direbbe il ministro dell' Economia e delle Finanze presente qui in spirito — , perché abbiamo un ministro dell' Economia e delle Finanze che dedica le migliori energie a dei sofismi difensivi, a togliersi nervosamente e saccentemente dei sassolini dalla scarpa (viene il dubbio che il ministro a scuola fosse da solo al banco). noi abbiamo bisogno di un ministro più sereno, che abbia uno sguardo più ampio, che sappia dialogare con un paese che ha dei problemi e non parli solo con le sue idiosincrasie e con le sue acredini, in una sorta di solipsismo polemico. a tal proposito, il ministro Tremonti aveva detto che, in assenza del pareggio di bilancio nel 2003 si sarebbe dimesso. ora dice che nel 2003 vi sarà un pareggio virtuale. si potrebbero avere almeno delle dimissioni virtuali! con le polemiche mi fermo qui, perché non intendo seguire Tremonti nel labirinto di micropolemiche. vorrei invece cercare di sintetizzare il senso della nostra preoccupazione e del nostro voto contrario, cercando di ragionare, così come si è ragionato prima dell' intervento del ministro. dall' ultimo Dpef è passata parecchia acqua sotto i ponti e tutti ormai avvertono — ci avessero creduto o no — che miracoli non ce ne saranno. le cose sono complicate e sono difficili. di fronte a ciò, come si atteggia l' opposizione? vogliamo criticare il Governo per non essere riuscito ad invertire le tendenze economiche internazionali? no. semmai è il Governo che ha lasciato credere di poterlo fare. noi rimproveriamo al Governo di aver scelto, dall' inizio, una linea economica francamente un po' à la carte , molto consona alle proprie corde politiche ed elettorali, ma altrettanto dissonante dalla realtà economica, così come chiaramente si vedeva già lo scorso anno . questa linea l' abbiamo denunciata molte volte. si tratta di una linea fatta di aspettative, di previsioni che dovrebbero autoadempiersi, di psicologia delle briglie sciolte sul piano normativo e fiscale, di indebolimento del lavoro, di tecniche finanziarie e contabili capaci di usare oggi le risorse di domani con l' idea che, poi, lo sviluppo di dopodomani possa ricostituirle, rimpinguarle. vorrei dire al ministro che non si tratta di un problema di questa o di quella misura di cartolarizzazione o di una tantum , qui vi è una filosofia delle cartolarizzazioni, delle una tantum e dei condoni. com' era ovvio che fosse, con questo tipo di avviamento, il motore non è partito; la finanza pubblica è finita nei guai e, del resto, quella ricetta — con buona pace di tanti commentatori condiscendenti della prima ora — da tempo, ormai, è tra gli attrezzi in disuso delle politiche economiche del mondo. oggi, dunque, occorrerebbe un ripensamento vero, una presa di contatto meno volontaristica, con i dati reali dell' economia attuale. ecco, nel Dpef questo ripensamento non c' è; questa è la nostra preoccupazione, che comincia a farsi seria e che sentiamo come cittadini, prima che come oppositori. da questo Dpef viene, sostanzialmente, una conferma della linea economica, sia pure con toni e numeri meno baldanzosi ed enfatici. insomma, non c' è più la favola di un anno fa, ma la storia più o meno è la medesima, per questo siamo preoccupati. il patto per l' Italia ha segnato un punto politico per il Governo: gli ha consentito di prendere tempo con le forze economiche e sociali e di tentare l' isolamento, la marginalizzazione — nelle intenzioni del Governo — del sindacato più forte e più critico. un risultato politico — dicevo — che il Governo vuole trasferire, oggi, nel Dpef e, domani, nella legge finanziaria , ma non ci riuscirà. si aprirà un cuneo, perché i problemi sono altri e a risolverli non bastano le parole ancorché sottoscritte. qualche esempio. questo non è un momento semplice per le piccole e medie imprese italiane, per i distretti, per il made in Italy . l' euro c' è, tende a rafforzarsi, ci sono nuove aggressioni dei concorrenti e si fa presto a trovarsi fuori prezzo e fuori mercato . sono necessari ed indilazionabili nuovi salti tecnologici ed organizzativi, ma innovazione, ricerca e sviluppo sono insufficienti. finanza, management, servizi per l' internazionalizzazione delle piccole imprese scarseggiano; i soldi delle banche sono affaccendati, sempre di più, altrove. quanto al lavoro, i bacini di manodopera dei distretti, in molti casi, sono ormai prosciugati, mancano profili professionali, non c' è una legislazione amichevole per l' immigrato che lavora e si inserisce. quali risposte vengono fornite? bisognerebbe intervenire, probabilmente, sugli oneri sociali , ma si pensa solo e malissimo al fisco. si vorrebbero risorse per l' innovazione e, invece, migliaia di domande aspettano le leggi a sostegno dell' innovazione, mentre impariamo da Il Sole 24 Ore — non dalla Gazzetta dello sport — che, con la legge Tremonti , si possono finanziare le compravendite di calciatori. faccio notare ai colleghi che la legge Tremonti , dopo l' unico decreto, è l' unica legge che può vivere senza plafond. può darsi che ciò avvenga per meriti acquisiti sul campo, visto che con la legge Tremonti , ci sono investimenti che rappresentano un terzo di quelli che avevamo senza questa legge. e non si preoccupi il ministro, non ho parlato a casaccio! la Tremonti costerà lo stesso, in quanto apre varchi enormi a spese ordinarie, non di crescita e non di sviluppo, come ad esempio con riferimento alla formazione; quindi, costerà senza avere efficacia. quanto al lavoro, bisognerebbe occuparsi di come si entra nel mondo del lavoro , di come si acquisisce la professionalità anche nel lavoro a termine, di come ci si qualifica sul lavoro. invece, si discute soltanto di come se ne esce. bisognerebbe mobilitare credito per l' internazionalizzazione delle piccole imprese , fare leggi diverse sull' immigrazione e smettere, finalmente, con la tela di Penelope delle politiche per il Mezzogiorno, sulle quali già si è aperto un problema con i firmatari del patto. bisognerebbe, ma non si fa. si fa, allora, qualcosa di risolutivo dal lato dei consumi? dal lato dei consumi, come si può pensare di dare qualcosa con una mano — il fisco — e di togliere, poi, con l' altra dal salario, stabilendo un tasso di inflazione largamente irrealistico, come si è visto dai dati di questi giorni? si fa, allora, qualcosa di vero sulla finanza pubblica ? ma come pensiamo di tenere in equilibrio i fondamentali della finanza pubblica ? da quale conto salta fuori il 100 per cento debito-PIL? pensiamo davvero che l' Europa ci creda e che ci crederanno Francia e Germania, quando si discuterà davvero sulle condizioni di adempimento dei parametri? e visto che il deficit viaggia piuttosto velocemente, in che modo si pensa di cambiare le carte in tavola ai firmatari del patto? perché cambiare le carte si dovrà. per che verso? si pensa di farlo aggredendo i grandi comparti sociali, quali sanità o pensioni? qualcosa abbiamo sentito ed abbiamo capito da quel che ha detto oggi Tremonti: l' istruzione, il pubblico impiego oppure la sicurezza. si pensa di farlo, invece, con ulteriori misure condonistiche, magari in materia fiscale? si pensa di farlo con una colossale partita di giro sulla fiscalità regionale e locale? e, ancora, sugli investimenti pubblici si ritengono sufficienti le inquadrature di sei telegiornali al presidente del Consiglio che reinaugura opere del centrosinistra o si pensa di fare qualcosina di più? e come si pensa di fare qualcosina di più, quando si prevede un andamento piatto o, forse, addirittura calante delle spese per investimenti? guardate la relazione tecnica degli uffici della Camera. come si pensa di fare, quando i margini chiesti a Bruxelles vengono impegnati non per investimenti ma per riduzione finanziata in disavanzo del carico fiscale? a questi interrogativi e ad altri il Dpef non dà risposta. attenzione: la finanziaria qualcosa in più dovrà dire. e noi vi invitiamo serenamente e ragionevolmente ad un' assunzione di responsabilità, ad un gesto di concretezza e di verità, perché la realtà — ne sono certo — voi la vedete come noi: la produzione è ancora stagnante; la ripresa è molto debole e ancora incerta; gli investimenti sono bassi; i consumi sono bassi e così la fiducia delle famiglie e delle imprese; gli equilibri competitivi si modificano, e non in meglio, per le nostre imprese. l' inflazione non sarà quella che è scritta. il debito non calerà come è scritto. le aspettative di molte categorie sociali sono alte, nonostante questo, e voi non le avete selezionate; le avete, anzi, suscitate per convincere e per vincere le elezioni. tutto quanto sto dicendo era già vero un anno fa e lo avevamo denunciato. si poteva reagire. e io vi dico: si può reagire. perbacco, abbiamo affrontato momenti cento volte più difficili di questo! sto parlando di problemi, non sto parlando di drammi. ma il Governo per tutto l' anno ci ha fatto parlare d' altro. per tutto l' anno il paese è stato stressato su altro; è stato stressato su problemi non centrali e, invece, è stato falsamente rincuorato sui problemi veri e seri. ed è ancora così. in questi stessi giorni si è cercato di far parlare d' altro, introducendo confusamente temi rilevanti come quelli istituzionali. non è un segno di forza. ho concluso, signor presidente . nel paese tornano elementi di inquietudine e di insicurezza sulle prospettive economiche e sociali. se il Governo scendesse dal piedistallo, smettesse di ascoltare solo le sue stesse parole, come ha fatto oggi, e mettesse l' orecchio a terra, potrebbe percepire questa inquietudine. non è così. si prosegue imperterriti e si rubrica tutto sotto la voce: propaganda delle opposizioni. e noi, invece, siamo qui, signor presidente , con il timore non propagandistico ma sincero, che cresce ogni giorno, il timore che il Governo ci porti tutti al largo e poi non sappia più cosa fare.