Nichi VENDOLA - Deputato Opposizione
XIV Legislatura - Assemblea n. 152 - seduta del 03-06-2002
2002 - Governo I Fanfani - Legislatura n. 2 - Seduta n. 83
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , signor sottosegretario mi toccherà ripetere argomenti che ella conosce, poiché questo dibattito rischia di essere semplicemente una replica. curiosamente, la crisi dell' acqua, in qualche maniera, rimanda alla crisi della politica e alla refrattarietà della stessa ad affrontare in maniera robusta i temi cruciali del nostro tempo come la crisi del bene fondamentale della vita e dell' economia. questo che ho in mano è un bicchiere di acqua minerale. quanto costa? la bottiglia (non faccio pubblicità) costa dalle 1.200 alle 1.800 lire al litro, a seconda dei supermercati, e in un ristorante può costare dalle 3.000 alle 5.000 lire al litro. le grandi multinazionali, che hanno il diritto di sfruttamento delle acque minerali e delle acque sorgive, pagano 0,01 lira al litro (uso le antiche lire, perché rendono più efficace e plastica l' idea) e, cioè, pagano una lira ogni dieci litri. in altri termini, per 10 litri, che a noi costano dalle 12.000 alle 18.000 lire, le grandi multinazionali pagano una lira. introduco questo argomento, apparentemente stravagante rispetto al tema che stiamo affrontando, perché sarebbe interessante chiedere agli argentini, che hanno privatizzato tutte le loro reti acquedottistiche (in realtà, hanno privatizzato l' intero paese, svendendolo sulle bancarelle del neoliberismo selvaggio che hanno praticato in questi anni), quanto pagano l' acqua potabile, l' acqua di rubinetto e l' acqua per gli usi irrigui. signor sottosegretario, in questo dibattito rischia di esservi una divergenza o, addirittura, una convergenza, a prescindere da un tema che considero cruciale. è un tema su cui è difficile scorgere differenze di fondo tra gli schieramenti politici che si contrastano in quest' Aula o, grosso modo, anche in Europa. mi riferisco al grande schieramento neoliberista ed a quello riformista: entrambi, in qualche maniera, hanno favorito o proposto le politiche di privatizzazione dell' acqua, delle reti acquedottistiche e di tutta la rete infrastrutturale. ciò rende un po' finto il dibattito che vi è nel mondo politico ufficiale e ovunque, su scala planetaria, concernente il tema dell' acqua. si tratta, infatti, di un dibattito che mette a fuoco il tema della carenza, della povertà e della finitezza di questa risorsa; non investa, invece, l' altro corno del problema, quello riguardante la monetizzazione, la mercificazione e la misura in cui il combinato disposto di deficit di materia prima e di monetizzazione della stessa sia la causa di un fenomeno che non si può descrivere come una sorta di piaga naturale: un miliardo e mezzo di esseri umani privati dell' accesso al diritto fondamentale all' acqua e un essere umano che muore di sete ogni 20 secondi. tale fenomeno, che è davvero di proporzioni gigantesche, si inscrive in questo doppio movimento di una carenza idrica le cui cause dovremmo analizzare attentamente e, complementarmente, dei processi di mercificazione, monetizzazione, privatizzazione. il caso più clamoroso è quello relativo alla privatizzazione dell' acquedotto pugliese. in realtà di nascosto, o senza che questo susciti dibattito e consapevolezza nella pubblica opinione , si sta procedendo alla privatizzazione dell' intero parco acquedottistico italiano, dall' alta Italia fino alle lande più meridionali. la prima notazione che vorrei fare, signor sottosegretario, non è tanto politica, ma culturale. lei sa che sulla costruzione delle reti acquedottistiche e sulle forme utili a portare soddisfazione ai territori sitibondi si erano già cimentati i grandi riformatori illuministi nel Settecento che diedero l' impulso fondamentale ad un percorso che, a fine Ottocento, determinò scelte di straordinaria portata industriale, economica e sociale. si tratta di scelte che coincisero con i processi complessivi di incivilimento del Mezzogiorno d' Italia. resto stupito dinanzi al fatto che sulla storia dell' acquedotto pugliese — non lo dico per ragioni di campanile, ma è il secondo acquedotto più grande del mondo ed il primo d' Europa: si tratta davvero di una storia macroeconomica — si siano messe insieme intere biblioteche. il dibattito ha coinvolto tutte le compagini governative e tutta la classe intellettuale; è stato uno dei punti di riflessione della « intellighenzia » meridionalista nel corso di un secolo. per privatizzarlo, invece, è sostanzialmente bastato un atto su cui si è discusso dieci minuti: mi riferisco ad un emendamento alla legge finanziaria . per fare i conti, in maniera forse definitiva, con questa grande azienda pubblica si è compiuto un atto di pura amministrazione, anche da parte del centrosinistra, non solo del centrodestra. avrei voluto leggere tanti libri e saggi che spiegassero in maniera argomentata quali fossero le convenienze e le necessità per spingere verso la privatizzazione. infatti, non sono poi così trinariciuto da non comprendere che, talvolta, costruire dinamiche di mercato e favorire lo sviluppo della concorrenza possa produrre un utile sociale, addirittura il miglioramento dei prodotti in competizione tra di loro sulla qualità e sul prezzo. però, la privatizzazione di un acquedotto è un tema un po' diverso dalla privatizzazione dei classici panettoni o di altri prodotti. considero tale assenza di dibattito e di coscienza culturale e storica la causa principale della povertà politica che ha istruito gli ultimi anni di penoso dibattito sul tema dell' acqua. dunque, ci troviamo anche noi in Italia ad affrontare questa drammatica questione, questa drammatica crisi. il ministro Matteoli, parlando in Commissione ambiente, ha svolto un discorso più consapevole di quello, ad esempio, del presidente del Consiglio o di taluni altri politici che proponevano il bombardamento delle nuvole. in quel caso, probabilmente c' era il passaggio dalla crisi idrica a quella alcoolica perché era un po' difficile misurarsi con questo livello di proposizioni politiche. invece, devo onestamente riconoscere che, partendo dal dato che si rimuove completamente quella che viene evidentemente considerata una scelta non revocabile in dubbio, in discussione, cioè la scelta della svendita, si propone un quadro di interventi su cui si può proficuamente ragionare ed utilmente cercare le soluzioni che consentano non soltanto di passare l' estate — che sarà già abbastanza impegnativa per i territori pugliesi, lucani, sardi, siciliani e anche per talune campagne del nord d' Italia — ma anche di guardare con un po' più di respiro al futuro di questa risorsa in Italia. signor sottosegretario, ho la seguente idea e gliela dico con una formula giornalistica: penso che in questo Governo il ministro che conti sia Lunardi — che, come sa, considero l' incarnazione di un miracolo, quello della Santissima Trinità , essendo un ministro uno e trino per le sue triplici competenze di progettista, di imprenditore e di ministro appaltatore a sé medesimo delle grandi opere — e che, invece, il ministro dell' Ambiente Matteoli, gravido di buone intenzioni, rischi suo malgrado, malgré lui , di essere il ministro delle chiacchiere ambientali perché, poi, ciò che conta non è la propaganda ambientalista o la cartolina illustrata ecologista ma il modello di infrastrutture e di grandi opere. naturalmente, se la grande opera per il sud non è il riassetto idrogeologico del territorio ma quel ponte di mafia e cemento, che piace, naturalmente, al direttore della Gazzetta del sud e che verrà costruito su terreni che sono già tutti comprati dal clan del « tiradritto » , di Morabito, dal capo clan della ndrangheta e che, come tutti sanno, produrrà un cono d' ombra che divorerà tutta la costa orientale della Sicilia (addio Taormina e quelle bellezze) e distruggerà un parco marino unico al mondo, ebbene, se quello è il modello, capisce bene che discutere di ambiente o di ambientalismo rischia di essere un esercizio della domenica. tuttavia, noi vogliamo affrontare tale discussione. qual è la natura della crisi idrica in Italia e, in realtà, nel mondo? quelle osservazioni che ci vengono fornite anche dal Governo sugli indici pluviometrici di che cosa ci parlano? ci parlano del mutamento climatico, della desertificazione di porzioni crescenti del pianeta e, quindi, di quel fenomeno combinato che è relativo all' impatto ambientale dovuto agli scarichi inquinanti della grande industria , all' inquinamento che le industrie fanno delle falde acquifere e dei corsi d' acqua, al modello di agricoltura fondato sull' abuso della chimica — che costituisce un altro degli elementi dell' inquinamento delle falde e dei corsi d' acqua — e all' inesistente politica di contenimento delle emissioni di gas serra . a tutto ciò si aggiunga il tasso di devastazione territoriale perché, poi — è inutile farci le battute, come talvolta è successo tra i poli e gli schieramenti, su chi debba fare la danza della pioggia — , la verità è che, se piove male, cioè in forma concentrata ed alluvionale, e se questa pioggia trova il terreno abbondantemente impermeabilizzato, quell' acqua non diventa una risorsa ma una bomba di fango. dopo le solenni promesse di Stato fatte sui 183 morti di Sarno, non so quanto tutti noi abbiamo riflettuto su quali fossero esattamente le origini territoriali ed ambientali di quella che non è una calamità naturale ma una tipica calamità artificiale. allora, la mia preoccupazione è su questo piano e, signor sottosegretario, gliel' ho esposta concludendo l' altra volta e gliela ripeto in questi termini e penso che, se lei fosse sottosegretario di un Governo di centrosinistra, gliela formulerei nella stessa maniera. io temo che per porre rimedio ad un' emergenza idrica che rischia, naturalmente, di travolgere i governi regionali e il ceto politico, in quanto può esplodere in dimensioni inusitate, si ponga mano al peggiore dei rimedi: quella che io chiamo la via ingegneristica, vale dire quella che guarda alla moltiplicazione di opere — curiosamente ad elevato impatto ambientale — che, dal punto di vista territoriale, non fanno che dilatare le cause che portano, in tempi lunghi, a quei processi di desertificazione che poi mutano il clima e che fanno piovere così poco e così male. questo è il sospetto. cosa si fa per l' acqua? non si può che mettere mano ad una radicale politica di disinquinamento delle falde dei corsi d' acqua, di bonifica del territorio, di ristrutturazione idrogeologica del nostro suolo e, contemporaneamente, non si può non attivare una politica di uso sobrio dell' acqua, di stop allo sperpero. si pensi allo sperpero dell' acqua che avviene negli usi irrigui, dove tanta parte di quell' acqua viene perduta a causa dell' evaporazione; si pensi alla non utilizzazione di acque reflue depurate per usi irrigui. dunque, una grande quantità di acqua che viene persa e, naturalmente, ciò avviene in un contesto in cui quelle reti acquedottistiche, che evidentemente furono considerate dei beni monumentali e vincolati, non sono state per decenni oggetto di nessuna manutenzione. infatti, in Italia, i tassi di perdita delle reti acquedottistiche vanno dal 40 fino a picchi dell' 80 per cento , quindi un altro straordinario spreco. dunque, occorre: una razionalizzazione di questa risorsa; la costruzione di politiche coordinate tra i diversi enti locali e tra le regioni; accordi di programma che possano, appunto, costruire una cultura della programmazione di questa risorsa. signor sottosegretario, che parola magica è: « programmazione » ! e tocca a me, che sono culturalmente il più nemico dei riformismi, doverla risuscitare, in tempi in cui il riformismo se ne è dimenticato. tuttavia, la programmazione, quando si tratta della leva fondamentale della crescita economica di un territorio, cioè dell' acqua, costituisce una parola chiave . a me riesce difficile immaginare come il pubblico possa essere fino in fondo programmatore quando dovrà accordarsi, ad esempio, con la Danone o con la Nestlè, a proposito della gestione privata delle reti acquedottistiche. speriamo non sia la Nestlè ad essere la proprietaria dell' acquedotto pugliese, altrimenti dovremo immaginare che, quando dai nostri rubinetti — come già accade — uscirà acqua marroncina, probabilmente ci diranno che quello è cacao. mi fermo qui, signor sottosegretario, ma ritengo che questo colloquio, che già ha avuto momenti utili, possa continuare, allargando la propria platea e con la possibilità di non avere posizioni di difesa fanatica di niente, neppure di quest' ultima privatizzazione, che è la più sciagurata.