Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 712 - seduta del 19-04-2000
Sulla valutazione dei fatti di luglio
2000 - Governo III Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 364
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli senatori , più volte nel corso di questi anni ho indicato, fuori e dentro quest' Aula, tra i doveri della politica il rispetto delle regole e la ricerca di una sintonia con i sentimenti e gli orientamenti del paese. sono i princìpi che hanno ispirato il mio rapporto con le istituzioni e l' azione dei governi che ho avuto l' onore di presiedere. sono anche i princìpi che mi hanno spinto a rimettere il mio mandato nelle mani del Capo dello Stato , il quale mi ha rinviato di fronte al Parlamento per un chiarimento politico. è un atto di coerenza che ho ritenuto di compiere alla luce dei risultati delle elezioni regionali di domenica scorsa, e in particolare della netta affermazione di quello schieramento di centrodestra che ha chiesto in modo esplicito — lungo tutto la campagna elettorale — un voto anche contro questo Governo. quella richiesta ha politicizzato oltre misura la competizione elettorale, caricando, infine, un voto amministrativo di significati più generali. ne prendo atto, non perché esista un dovere istituzionale che imponga al presidente del Consiglio l' obbligo di dimettersi, ma come espressione di una sensibilità politica e, vorrei aggiungere, con la serenità che mi deriva dall' aver servito in questi diciotto mesi con lealtà e in modo trasparente gli interessi del paese. con la stessa sincerità voglio aggiungere che non considero giusto, né tanto meno obbligato, far discendere dal risultato elettorale uno scioglimento anticipato delle Camere. non esiste, infatti, né può esistere, alcun automatismo tra l' esito del voto amministrativo di domenica e la naturale evoluzione e conclusione della legislatura. un simile automatismo non c' è in alcun paese democratico ed europeo, dove, peraltro, accade frequentemente che il Governo in carica venga sconfitto in elezioni amministrative senza che ciò implichi la convocazione di nuove elezioni politiche . nel nostro caso poi tale automatismo non vi può essere anche per ragioni diverse e non meno rilevanti. mancano soltanto undici mesi alla conclusione naturale della legislatura. è un periodo relativamente breve, ma significativo per le opportunità oggi aperte da una ripresa economica solida e tendenzialmente duratura. c' è, dunque, bisogno di un Governo capace di accompagnare il paese lungo questo cammino e di compiere scelte urgenti e necessarie per consolidare la ripresa economica , favorire la competitività delle imprese e sostenere le già favorevoli tendenze dell' occupazione. un Governo, soprattutto, in grado di garantire tra poche settimane lo svolgimento di sette referendum sottoscritti da alcuni milioni di cittadini italiani e che la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili. non è mai accaduto nel corso di una vicenda politica tormentata come quella italiana — dove pure non sono mancati atti di arroganza da parte del sistema dei partiti — che un referendum già indetto e con la relativa campagna elettorale in corso di svolgimento sia stato sottratto alla libera valutazione dei cittadini. si tratta dunque di una questione democratica, che interroga e responsabilizza il Parlamento, le forze politiche , gli schieramenti. ritengo sia un punto di principio sul quale impegnarmi in prima persona. il 21 maggio i cittadini italiani hanno diritto di recarsi alle urne, a meno che il Parlamento non provveda con una riforma a rendere inutile questo pronunciamento, ed ogni tentativo di negare loro questa opportunità mette in discussione un principio e un diritto garantiti dalla nostra Costituzione. vorrei invitare davvero il Parlamento e i colleghi tutti a valutare il rilievo e la delicatezza di questo passaggio, facendosene carico con il giusto senso di responsabilità . è nostro compito, ritengo, affrontare i problemi politici che il voto ci consegna, ma, al tempo stesso , tutelare quel diritto che milioni di cittadini hanno conquistato sottoscrivendo la richiesta di una consultazione popolare su quesiti legittimi e di grande rilievo politico. uno di questi, in particolare, assume — anche alla luce degli avvenimenti più recenti — un valore e un significato specifici. è il referendum in materia elettorale, tema a lungo dibattuto e dalla cui soluzione dipendono in larga misura i destini della nostra lunga transizione istituzionale. la stessa esperienza di questi anni dimostra come, sulla base delle regole attuali, la vittoria elettorale dell' uno o dell' altro degli schieramenti non risolve il problema della stabilità politica : anzi, è un' illusione pensare di risolvere con una spallata politica un tema istituzionale. come è noto, sono in campo ipotesi diverse che muovono da un rafforzamento del principio maggioritario — come nella proposta referendaria o in quella di elezione diretta del Primo Ministro — sino ad un ritorno ad un principio proporzionalistico, come nel modello di cancellierato sostenuto, tra gli altri, da una parte significativa delle opposizioni. il problema, dunque, è conosciuto in tutti i suoi aspetti e sono più che maturi i tempi per una decisione. sarebbe del resto assolutamente paradossale andare a votare con una legge elettorale che tutte le forze politiche , sia pure da posizioni diverse, considerano inadeguata a garantire la stabilità dei governi. e sarebbe ancora più paradossale — a fronte di un rinvio del referendum — correre il rischio, a distanza di pochi mesi dal voto politico , di una delegittimazione del nuovo Parlamento eletto con le regole che quel referendum si propone di modificare. so bene quanto in politica sia comprensibile la logica della convenienza; e tuttavia quando la convenienza di una parte urta così palesemente con diritti costituzionalmente garantiti e con interessi generali, è doveroso che nel pieno rispetto delle regole, questi abbiano la precedenza. ciò tanto più di fronte ad una questione che investe direttamente gli interessi del paese e la cui mancata soluzione ha prodotto un' instabilità permanente e la difficoltà per qualunque governo di esercitare fino in fondo il proprio mandato. perpetuare questa situazione è un rischio per noi, e includo in questo « noi » l' insieme della classe dirigente del paese: un rischio che non possiamo permetterci. ne va della credibilità e del prestigio del ruolo internazionale dell' Italia. in gioco è un patrimonio comune; una prospettiva condivisa della quale è giusto farsi carico. è proprio qui — esattamente a questo livello — il senso della verifica politica che il Parlamento è chiamato a compiere. è un bene che vi sia una maggioranza consapevole di queste ragioni, disponibile a sostenere un nuovo esecutivo che garantisca lo svolgimento corretto dei referendum e che ci consenta di giungere senza traumi alla conclusione naturale della legislatura. personalmente, è un esito che auspico nell' interesse primario del paese e delle sue istituzioni. onorevoli senatori , come ho già detto nel corso dell' ultimo anno e mezzo, ho messo il mio impegno al servizio del paese. ero consapevole fin dall' inizio, da quando si interruppe l' esperienza del Governo Prodi, della responsabilità che assumevo accettando la guida di un nuovo Governo. lo dissi chiaramente (alcuni tra voi lo ricorderanno) nel discorso con il quale chiesi al Parlamento la fiducia. sottolineai allora come la prima volta a Palazzo Chigi di un esponente che proveniva dalla tradizione del comunismo italiano segnasse lo sviluppo ulteriore della nostra lunga transizione e spingesse il paese verso un' effettiva logica dell' alternanza. costituiva un passo importante per fare dell' Italia una democrazia compiuta. aggiunsi che avremmo voluto essere giudicati dai fatti e dai risultati, senza pregiudiziali ideologiche. purtroppo, non è stato sempre così. ma oggi, a diciotto mesi di distanza, credo si possa riconoscere che abbiamo mantenuto quell' impegno. abbiamo servito il paese affrontando prove impegnative e difficili. lo abbiamo fatto sempre con dignità, con serietà e nel rispetto delle regole. lo abbiamo fatto — voglio aggiungere — con la massima attenzione verso il Parlamento e le sue prerogative, come fu — in particolare — durante la drammatica emergenza della guerra nel Kosovo, nel corso della quale l' Italia ha rispettato i suoi obblighi internazionali, si è battuta per la pace, ha svolto un rilevante impegno umanitario. l' Italia esce da questa stagione rafforzata nella sua credibilità e nel suo prestigio. non vi è in questo — ve lo assicuro — alcuna enfasi. lo dico perché un paese più forte e autorevole rappresenta un valore per tutti, e se oggi possiamo guardare al futuro con maggiore fiducia, ciò è senza dubbio anche il frutto degli sforzi che hanno consentito in questi anni di risanare la finanza pubblica , di agganciare saldamente il paese ai destini dell' euro e di riavviare una dinamica virtuosa dell' economia. non erano obiettivi scontati. abbiamo servito il paese guidando e accompagnando — senza interferenze — un processo tormentato e persino tumultuoso di trasformazione del capitalismo italiano. i risultati sono sotto gli occhi di tutti. chiunque osservi il panorama del nostro sistema produttivo non può che notare la differenza con quel mondo chiuso e in larga misura autoreferenziale prevalente fino a pochi anni fa. naturalmente questi processi dipendono solo in parte dall' azione dei governi, ma nessuno può negare il ruolo attivo e propulsivo che abbiamo svolto in questo campo. è profonda in me la convinzione che un tale processo poteva determinarsi solo in presenza di una nuova classe dirigente e di Governo, libera da vecchi condizionamenti, vincoli, incrostazioni ideologiche. abbiamo aperto la strada ad un mercato più aperto e competitivo spingendo perché si superasse l' assetto chiuso e collusivo che troppo a lungo ha compresso le potenzialità reali della parte migliore dell' impresa italiana. privatizzazioni, liberalizzazioni, rigore, contenimento e riqualificazione della spesa pubblica : abbiamo mantenuto ferma questa barra senza rinunciare mai ad un principio di equità e di solidarietà verso i più deboli. ed oggi restituiamo un paese che ha onorato i suoi impegni internazionali in politica come in economia; ma anche un paese che ha migliorato le condizioni di vita di molti pensionati, giovani e donne. un paese, soprattutto, che ha restituito a molti l' opportunità di un lavoro e con esso il diritto ad una vera cittadinanza. potrei argomentare queste considerazioni in maniera diffusa e con l' avvallo di poche cifre essenziali. ma non è questa l' occasione né la sede. altre riflessioni meritano invece di essere avviate; anche perché ogni ulteriore rinvio renderebbe poco comprensibili per il cittadino comune il senso e le ragioni di questo intervento e della crisi che si è aperta. una, in particolare, riguarda il modo stesso di essere della politica. sono davvero convinto che per il bene del paese dovremmo impegnarci tutti affinché si eviti in futuro il ripetersi di una campagna elettorale simile a quella che si è appena conclusa. passeranno molti mesi prima che le tossine accumulate in un confronto troppe volte degenerato in aggressione ed insulto lascino il posto al dibattito sulle idee e sui programmi di schieramenti contrapposti. è un obbligo di tutti, in una democrazia moderna, considerare il rispetto per gli avversari politici come una delle garanzie fondamentali per una competizione civile e corretta. né francamente si può immaginare che la politica — in termini generali — possa recuperare il profilo autorevole ed elevato che le compete, se il suo linguaggio e i toni che si usano continuano a demonizzare chiunque ragioni in modo diverso. una seconda riflessione investe, invece, più direttamente l' identità e il modo di concepire la politica da parte del centrosinistra. è del tutto evidente che il grado di coesione di una coalizione e la sua affidabilità sono componenti essenziali di una proficua azione di governo , ma sempre di più sono anche — e giustamente — elementi determinanti nel giudizio degli elettori. la capacità di una coalizione di organizzarsi non soltanto come sommatoria di partiti, ma di riconoscersi in un progetto comune e di condividere il coraggio di scelte innovative, è, dunque, la sfida fondamentale che il centrosinistra in Italia ha davanti a sé. ciò non toglie naturalmente che io sia personalmente consapevole — nonostante i risultati conseguiti in questi anni — dei limiti nell' azione del governo e dei problemi tuttora aperti nel paese. problemi di fondo che coinvolgono attese e aspettative di una parte rilevante della società italiana . il voto di domenica — più che in altre occasioni — ha evidenziato anche questo: l' insoddisfazione di un numero elevato di persone verso un' azione di governo considerata ancora insufficiente. non è saggio ridurre il significato di questi segnali. certo, in parte, sono problemi che derivano dalla diffusione ancora parziale dei benefici della crescita e del risanamento finanziario, come è evidente in particolare nel Mezzogiorno. ma esistono anche nel paese — e in misura più che evidente al nord — umori e sensibilità che chi svolge una funzione di Governo deve saper comprendere e interpretare. da un lato, una richiesta crescente di sicurezza per sé, per le proprie famiglie, per il territorio nel quale si vive; dall' altro, la necessità di riforme che favoriscano più concretamente la competitività delle nostre imprese, rimuovendo impedimenti e vincoli che ne ostacolano l' attività e la crescita. si tratta di umori che possono anche assumere toni e forme regressive, di chiusura, di difesa di interessi localistici e corporativi; ma spetta ad una politica concreta e coraggiosa saperli intercettare e ricondurre al confronto e ad una dialettica democratica. tutto questo non implica — a mio parere — una bocciatura dell' operato del Governo. pure, ciò non toglie che gli ammonimenti dell' elettorato vadano colti e compresi, pena l' isolamento e l' arroccamento su posizioni sterili. ho sempre avuto rispetto per gli orientamenti dell' opinione pubblica e credo sia un valore fondamentale della politica conservare, in ogni passaggio, una visione critica dei problemi. proprio per questa ragione è importante che la maggioranza che ha sostenuto il Governo finora si sforzi di ricostruire un legame con parti della società che oggi guardano altrove. personalmente considero questa una sfida culturale e politica; una prova di maturità e coraggio che il centrosinistra deve saper affrontare senza reticenze. l' esperienza di questi anni è un patrimonio prezioso. una nuova classe dirigente è stata messa alla prova e ha dimostrato di essere in grado di affrontare il compito. il punto è che il Governo, da solo, non basta; e non basta soprattutto quando le trasformazioni delle aspettative individuali di vita, del mercato del lavoro , degli orientamenti culturali avvengono con grande rapidità e, spesso, fuori dalle vecchie mediazioni che la politica ha saputo costruire. ancora una volta, dunque, è la politica ad essere in ritardo nei confronti della società, ed è la politica quindi — e in primo luogo la cultura di chi governa — che deve ricostruire una base ed un consenso sociale per la propria iniziativa. per farlo, occorre comprendere come stanno cambiando le cose intorno a noi; occorre approfondire i caratteri di nuove scelte professionali e di vita che si moltiplicano, che sostituiscono progressivamente valori e relazioni tipiche di un' altra stagione, e di cui dobbiamo rispettare l' autonomia e l' identità. occorre capire che soltanto una forte innovazione, politica e culturale, può ricostruire una sintonia tra un mondo che accelera il passo e una politica che, troppe volte, lo rallenta. è una sfida aperta, nella quale saremo giudicati anche — e forse soprattutto — per il coraggio che sapremo dimostrare. personalmente sarò a disposizione di questo progetto, nelle forme che saranno ritenute utili. sarò al servizio di quel centrosinistra che ha consentito all' Italia di salvarsi dopo anni difficili e bui, avviando un rinnovamento profondo — ma evidentemente ancora insufficiente — delle sue istituzioni, della sua economia e della società. per formazione e carattere sono portato a considerare la politica come una sfida, stimolante e vitale, non come un cursus honorum , bensì come un cammino di pensiero e di azione che può conoscere sconfitte e riprese, ma che non si interrompe se è sospinto da profonde convinzioni e motivazioni ideali. con questo spirito intendo proseguire il mio impegno, serenamente, al servizio del paese.