Fausto BERTINOTTI - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 648 - seduta del 23-12-1999
1999 - Governo II D'Alema - Legislatura n. 13 - Seduta n. 648
  • Comunicazioni del governo

signori presidenti, signore e signori deputati, noi abbiamo dato un giudizio molto severo su questa crisi così scarsamente comprensibile, una crisi che, anche alla luce delle parole del presidente del Consiglio che oggi ex-post ha cercato di dare ad essa un senso, continua ad essere largamente incomprensibile, non solo a noi ma al paese. è una crisi senza né capo né coda. quando il presidente del Consiglio ha annunciato qui le sue dimissioni veniva da chiedergli perché, visto che non aveva risuonato in quest' Aula la parola che glielo chiedeva. oggi sentiamo una spiegazione che non convince e, in ogni caso, contraddice quello che il presidente del Consiglio ebbe a dire il 14 dicembre quando dichiarò: « o nasce un Governo più forte o vado via » . con tutta evidenza oggi non nasce un Governo più forte, ma un Governo che, dopo aver impresso al paese molta precarietà, si vede per la legge del contrappasso investito da un' analoga precarietà. e la sua stabilità risiede più nella rete di protezione dei poteri forti e nella crisi della politica che non in una capacità di consenso. del resto, come potrebbe vivere la politica nel paese in una condizione in cui nessuna realtà sociale riesce a riconoscersi in questa politica? lei stesso, signor presidente , ha detto che nella crisi non è entrato nessun elemento programmatico. oggi addirittura non si riescono a capire le ragioni di chi entra e di chi esce dal suo Governo, perché esca l' onorevole Jervolino e perché entri l' onorevole Misserville. non si capisce: questa è la chiave principale della crisi. e non si capisce neanche la novità prevalente del suo insediamento, questa Commissione d' inchiesta che lei ed il suo Governo proponete: davvero non si capisce perché oggi la proponiate dopo averla rifiutata ieri. oggi che ancora il giudizio storico su Tangentopoli, cioè su un gigantesco processo di corruzione che ha investito la classe dirigente italiana, è così consolidato che un autorevole esponente del mondo imprenditoriale come Leopoldo Pirelli ha detto che, se di una cosa si pente, è di non aver chiamato alla rivolta gli imprenditori contro quel sistema. allora, perché farla? noi siamo contrari per come ci si arriva, siamo contrari perché avviene in un clima di restaurazione così profonda, segnato anche da un degrado della politica come quello messo in luce dallo stesso giurì d' onore dei giorni scorsi. davvero, signor presidente della Camera, è credibile che un singolo parlamentare si disponga ad acquisire consensi come merci di scambio? è possibile che questo non segnali un degrado della politica? e cosa capita a questo deputato? viene forse fatto decadere dal suo ruolo? qui, sì, ci vorrebbe una Commissione d' inchiesta sulle condizioni ambientali! il presidente del Consiglio dice che questa è la transizione: no, questo è il trasformismo. e non nasce, signor presidente del Consiglio , da regole incerte e incompiute: nasce dalla crisi della politica, nasce dalla crisi delle idealità, nasce dal colpo inferto all' ideologia come grande idea di organizzazione della società. quando la politica si affolla al centro, le trasmigrazioni avvengono nel centro, sotto la calamita del potere esecutivo . questa era la realtà di Giolitti e questa è la realtà di oggi! ecco perché noi salutiamo come una novità buona, invece, la riflessione che si è aperta in tante forze politiche di diversa collocazione, che sembra uscire dall' ubriacatura del maggioritario; questo maggioritario che dà così pessima prova di sé riproponendo proprio il vizio più antico di questo paese: il trasformismo. si fa strada l' idea di un sistema elettorale possibile che favorisca, insieme alla stabilità del Governo — che noi speriamo quello buono — , un pluralismo politico, una possibilità per gli elettori di scegliere secondo coscienza programmi, uomini, partiti e formazioni di Governo perché oggi il deserto è quello programmatico. oggi, signor presidente del Consiglio , non abbiamo potuto capire che cosa aspetti il paese dai 400 o 500 giorni del suo prossimo Governo; l' impressione è che lei intenda tirare a campare. lei conta sì su una possibile crescita, peraltro non esaltante, dell' economia e conta su risorse che sono andate accumulandosi, nonché su una possibilità di spesa ma, onorevole D'Alema , questo non è Keynes! il keynesismo realizza la ripresa, non si affida ad essa se e quando verrà. lei sembra non vedere: quello di cui ha bisogno il paese oggi non è solo una qualche politica che elargisca una nuova distribuzione di risorse. no, vi è una crisi più profonda; non ci faccia diversi da quelli che siamo! noi non pensiamo ad un paese arretrato e povero, noi pensiamo che questo paese così fortemente dinamico crei una povertà nella qualità del lavoro, della vita della gente e dell' ambiente. vada a vedere e pensi a come si vive oggi nelle grandi periferie urbane, provi a pensare come vive un ammalato in un ospedale, provi a vedere che povertà viene dalla nostra scuola! lei si affida a qualche trionfalismo statistico, ieri sulla povertà, oggi sull' occupazione. vede la pagliuzza, non la trave. l' 85 per cento di nuovi posti di lavoro sono lavori atipici, quelli che generano infortuni mortali che, signor presidente , aumentano malgrado le commissioni del Governo. lei non vede che la disoccupazione giovanile è al 33 per cento , di cui il 56 per cento nel Mezzogiorno. lei non vede che l' Italia detiene in Europa il record della disoccupazione giovanile e della disoccupazione di lunga durata. lei finalmente si è accorto oggi che esiste una posizione di sinistra. si era distratto ieri, signor presidente del Consiglio , quando abbiamo avanzato, durante tutta la discussione della legge finanziaria , proposte di merito e di contenuto per correggere le ingiustizie. sa quale è stato il ceto sociale più favorito dal fisco? non i poveri, come lei dice, ma la grande impresa che ha lucrato su un' altra gigantesca rendita di posizione . e allora noi vogliamo contribuire — ho finito — ad un confronto reale: le proponiamo di istituire una grande Commissione d' inchiesta sul lavoro del Parlamento italiano, come i governi liberali inglesi della fine del secolo scorso, quando istituirono la prima legislazione sul lavoro.