Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 563 - seduta del 07-07-1999
1999 - Governo II Segni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 105
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , colleghi deputati, vorrei innanzitutto ringraziare il Parlamento per la discussione ampia, seria sulle comunicazioni del Governo e per le molte indicazioni che sono emerse, utili ad arricchire la piattaforma politica e, in particolare, di politica economica con la quale il Governo intende affrontare le sfide che il paese ha di fronte a sé. prima di passare ad alcune questioni nel merito degli indirizzi di Governo, vorrei affrontare con priorità la drammatica vicenda del presidente del Pkk Abdullah Ocalan, della sua condanna, riprendendo le parole di preoccupazione e di turbamento che sono state espresse nel corso del dibattito. di questi sentimenti il Governo si rende interprete con la propria azione politica sulla scena internazionale. vorrei dire qui che io credo sia stato molto grave il modo in cui le autorità della Turchia si sono riferite al Parlamento della Repubblica italiana ; il Parlamento della nostra Repubblica, come è del tutto evidente, non soltanto ha pieno diritto di occuparsi della vicenda di Ocalan e della etnia curda che vive nel sud est della Turchia, ma proprio nei confronti della Turchia, e sulla base di un sentimento di amicizia verso quel popolo e verso quel grande paese, che chiede legittimamente di entrare a far parte dell' Europa, noi rivendichiamo il diritto ed il dovere di discutere del problema dei diritti umani , della pace, della guerra, della violenza, dei diritti delle minoranze, alla luce dei principi che ispirano l' Europa unita. questi problemi si manifestano in ogni paese del mondo, in particolare in quelli più vicini a noi, le cui crisi si riflettono più direttamente anche sulla nostra realtà. per questo vorrei ribadire che il sentimento che ci anima non è di ostilità verso la Turchia. noi vorremmo, anzi, vedere presto questo paese congiunto all' Europa e proprio per questo auspichiamo che esso, sulla base di quei principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle minoranze, che sono i principi costitutivi dell' unità europea, sia capace di risolvere il sanguinoso conflitto che tocca in modo così drammatico le popolazioni di etnia curda. noi vorremmo che si spezzasse una spirale tragica di repressione, guerra e terrorismo. l' Italia — anche a questo proposito vorrei essere chiaro — non ha alcuna simpatia, né alcuna solidarietà verso gli atti di terrorismo. il terrorismo non è mai un buon mezzo per affermare i diritti dei popoli. tuttavia, quel terrorismo è l' altra faccia di una repressione e di una guerra che da molti anni vengono condotte contro un popolo — non contro un gruppo terroristico — ed è questa spirale che occorre spezzare. ritengo che a tale scopo occorra una forte iniziativa europea. in questo senso, ho chiesto al presidente di turno dell' Unione Europea , il Primo Ministro finlandese — il quale, tra l' altro, è in visita nel nostro paese — , di farsi protagonista di un' iniziativa dell' Unione Europea verso la Turchia, che deve essere — io credo — forte e non reticente: forte nel chiedere, ma anche nell' offrire alla Turchia, dall' altra parte, la possibilità concreta di superare le remore e gli ostacoli che sin qui si sono frapposti ad una sua piena associazione all' Unione Europea , a condizione che, a partire dalla cancellazione o, comunque, dalla non esecuzione della condanna a morte di Ocalan, si avvii la ricerca di una soluzione pacifica e negoziata del conflitto che insanguina il sud est della Turchia. penso che l' Europa non possa avere una posizione sommessa e che debba, con voce forte, pretendere il rispetto dei principi che ci ispirano, offrendo, sull' altro piatto della bilancia, la prospettiva concreta di un avvicinamento della Turchia all' Europa, come scelta matura e possibile. questo tema, che giustamente è tornato nel nostro dibattito e forma oggetto di risoluzioni presentate alla Camera, mi introduce ad una questione più generale che è stata posta nella discussione in forma interrogativa o critica o anche, invece, in forma di sottolineatura e apprezzamento: è il tema della politica estera dell' Italia, del profilo internazionale del nostro paese, del ruolo che l' Italia, dopo anni difficili nei quali la politica italiana è stata ripiegata sulle contraddizioni e sui drammi nazionali, torna indubbiamente a svolgere sulla scena internazionale. io credo che esista un profilo forte della politica estera italiana. la nostra politica estera ha al centro una scelta fondamentale e qualificante, che è quella dell' unità europea. siamo uno dei paesi più impegnati nel cammino verso l' unità dell' Europa; siamo uno dei paesi che con maggiore forza pone l' esigenza di un' integrazione delle politiche economiche e sociali dell' Europa, considerando la moneta una base necessaria, ma insufficiente a qualificare l' unione economica dell' Europa. siamo uno dei paesi impegnati affinché in Europa si proceda ad una politica di armonizzazione fiscale, affinché si costruisca un modello sociale europeo, affinché si promuova in modo assai più incisivo una politica europea degli investimenti nelle grandi reti, nella formazione, nell' educazione, convinti come siamo che la stessa sfida della crescita e dell' occupazione per l' Italia si vince solo in un contesto europeo in cui non si rinunci alla stabilità monetaria. quest' ultima infatti è una condizione fondamentale dell' unità europea ed è una condizione della crescita e della competizione; la stabilità monetaria, però, deve diventare il contesto necessario per politiche di sviluppo, che non verranno da sole senza un forte impulso ed una forte e coesa volontà politica. l' Italia è anche il paese che in Europa è maggiormente impegnato per le riforme istituzionali , per un' Europa politica più democratica e più capace di prendere decisioni comuni; l' Italia è il paese che vuole una politica estera e di difesa dell' Europa. abbiamo salutato come un fatto positivo l' indicazione, finalmente, di un responsabile della politica estera e della sicurezza europea ed il documento approvato nell' ultimo Consiglio europeo di Colonia con le scelte. un intellettuale di sinistra è stato a lungo esule durante il fascismo. ho capito ma di questo poi parlerò. le decisioni assunte a Colonia sono importanti perché disegnano un sistema europeo di difesa in grado di affermare un' identità dell' Europa anche in questo campo, non in termini contrapposti ma sicuramente di forte bilanciamento della responsabilità europea, a fianco di quella americana. quest' Europa politica più forte, più capace di decidere, di avere iniziativa, più democratica, è la prima grande scelta della nostra politica estera : è la scelta che identifica il paese — io così spero — ma certamente la coalizione che sorregge questo Governo. quest' Europa che vogliamo unita è un' Europa aperta, non chiusa alla costruzione di un nuovo sistema di relazioni internazionali; è un' Europa che guarda al Mediterraneo come ad un' area che deve essere di pace e di cooperazione. oggi è giusto salutare la costituzione del nuovo Governo in Israele e tutte le speranze che tale governo, frutto di una svolta politica, porta con sé per quanto attiene alle possibilità che si rimetta in movimento il processo di pace. naturalmente questo, oltre a suscitare speranze, implica una responsabilità nostra, che di questo processo di pace vogliamo essere interlocutori attenti, attivi e capaci anche di aiutare l' autonomia palestinese ad ottenere risultati dal punto di vista delle condizioni di vita del popolo palestinese e dell' affermazione concreta dei suoi diritti. quest' Europa che vogliamo più unita è un' Europa aperta alle relazioni con altre aree del mondo: penso all' importante riunione tra l' Europa e l' America Latina ed ai passi in avanti che si sono compiuti — anche qui — con un forte impulso dell' Italia sul terreno dell' apertura del negoziato tra l' Unione Europea e Mercosur per costruire relazioni economiche più aperte e cooperative. badate, dopo il Mediterraneo e l' Europa centrale e orientale — verso la quale devono allargarsi i confini dell' Europa politica — , l' America Latina è un' altra grande scelta della politica estera europea e, se consentite, italiana, dato il ruolo così rilevante che siamo in grado di svolgere in quella parte del mondo nella quale, tra l' altro, la vita civile, politica e culturale è segnata dalla presenza di comunità italiane che hanno un peso straordinario in quelle società. si è giustamente detto, nel corso del dibattito, che dobbiamo legare di più l' azione politica di Governo e l' ispirazione della maggioranza di centrosinistra ad una visione anche di lungo periodo, degli obiettivi, delle finalità e dei valori che intendiamo perseguire. credo che in questo campo appaia con grande chiarezza la necessità di un impegno per far corrispondere alla globalizzazione economica la crescita di istituzioni internazionali e di strumenti capaci di far sì che non si globalizzi soltanto l' economia, ma anche il progresso, i diritti umani , la pace, la democrazia; e la necessità che questa straordinaria trasformazione che il mondo sta vivendo offra opportunità, soprattutto, a quelle grandi masse umane che sino ad oggi sono state escluse dalle grandi opportunità del progresso e del benessere. ritengo che, da questo punto di vista , si stiano compiendo dei passi in avanti, di cui anche l' Italia è partecipe protagonista. se nell' ultima riunione del G8, per la prima volta si è presa la concreta decisione di cancellare i debiti di un gruppo di paesi più poveri — in particolare dell' Africa — lo si è fatto anche sulla base di una proposta italiana. se si è deciso di attribuire all' interim Committee del Fondo Monetario il compito di prevenire le crisi finanziarie, di intervenire e di garantire una stabilità messa a rischio dai movimenti puramente speculativi di capitale, lo si è fatto anche sulla base di un lungo impegno italiano, di cui è stato protagonista il presidente Ciampi nel periodo in cui è stato presidente dell' interim Committee . insomma, vorrei dire al Parlamento che in questi passi in avanti, che si compiono verso nuove e più aperte relazioni internazionali, l' Italia non solo non è assente, ma è protagonista con una sua ispirazione ed una sua visione dei rapporti internazionali, che rappresenta uno dei pilastri e, se volete, uno dei valori costitutivi di questa maggioranza e del Governo che questa maggioranza sostiene. si è parlato qui della necessità di andare oltre la logica dell' amministrazione della cosa pubblica e di lavorare per un progetto-paese: io ne sono profondamente convinto. vorrei, anzi, aggiungere che, se fossimo più generosi verso noi stessi, dovremmo dire che in questi anni, negli anni che vanno dal 1995 ad oggi, quello che sta accadendo è che l' Italia si sta trasformando; si sta trasformando sulla base di principi e di idee guida che con coerenza hanno ispirato l' azione di più governi; e in questo, il Governo che ho l' onore di presiedere si pone in continuità con l' azione di governo sviluppata nell' ambito del centrosinistra, oramai da alcuni anni alla guida del paese. questo processo di trasformazione non è soltanto qualcosa che invochiamo per il futuro. è un cambiamento in atto, è un cambiamento che abbiamo il dovere di portare avanti con coraggio, non arretrando di fronte a sfide anche delicate e difficili. è un cambiamento che già mostra i segni di una novità positiva nella vita nazionale e che già consente di guardare al nostro paese in modo diverso rispetto a come si guardava all' Italia della bancarotta, del Parlamento degli inquisiti: perché da quella veniamo, e non è di molti anni fa. il nostro è ora un paese più forte, più rispettato e più serio, capace anche (vorrei rispondere a sollecitazioni critiche venute da destra), certamente, di avere forze armate più moderne e capaci di integrarsi in modo più efficace in un sistema europeo di difesa. noi non abbiamo affatto rinunciato alla proposta di abolizione della leva e di riforma del servizio militare ; è una proposta che il Governo porterà al più presto in Parlamento e alla quale stiamo lavorando per i necessari approfondimenti e confronti. il nostro è oggi un paese capace anche di garantire meglio la sua sicurezza interna. questa resta infatti una delle scelte di fondo del Governo, la lotta alla criminalità: alla criminalità organizzata , che ha subito dei colpi, ma che resta — lo testimoniano anche fatti recenti — una minaccia nei confronti della quale non si deve abbassare la guardia, e la lotta a quella criminalità diffusa (che non è giusto chiamare « micro » e che tale non è dal punto di vista del cittadino, soprattutto del più debole, del più anziano, che ha il diritto di passeggiare liberamente per le strade della città o di essere sicuro nella sua abitazione) contro la quale abbiamo preso misure organizzative e proposto misure legislative che auspichiamo il Parlamento approvi al più presto. vi è poi la lotta contro nuove forme di criminalità: penso a quei fenomeni di immigrazione clandestina legati spesso allo sfruttamento più odioso della persona, delle donne, dei minori, che assumono il carattere di una vera e propria nuova schiavitù, fenomeni contro i quali intendiamo combattere e stiamo combattendo, anche con strumenti più efficaci di quelli usati fino ad oggi. mi riferisco, insomma, all' idea di un paese più sicuro, più rispettato, più forte, più serio. ci è stato detto che questi valori sono contrari alla tradizione della sinistra; io non lo credo. può darsi che io sia stato educato in una sinistra diversa da quella che altri hanno conosciuto, ma credo che la sicurezza e la lotta contro la criminalità, la difesa dei più deboli siano valori che appartengono a grandi forze popolari, che intendono rappresentare il popolo e in particolare le persone più deboli ed indifese. la lotta alla criminalità mafiosa, la lotta alla violenza caratterizzano la storia delle grandi forze popolari di questo paese: non si tratta di una scoperta recente, almeno per me. il secondo obiettivo che ci proponiamo è quello di un paese che torna a crescere. badate, il problema della crescita italiana e della difficoltà dell' economia italiana a crescere viene da lontano... no, no: viene da più lontano. è un problema che viene da lontano e a mio giudizio questa difficoltà a crescere...... nasce dalla crisi di un determinato modello di sviluppo che per lungo tempo ha alimentato anche una competitività del nostro paese. ma noi non possiamo dimenticare che quella competitività si è fondata largamente su una moneta debole che favoriva le esportazioni, su una grande capacità competitiva dei settori cosiddetti « maturi » , che nasceva anche dal basso costo del lavoro e, in molti casi, dall' intreccio con il lavoro nero , con il lavoro sommerso. quel tipo di competitività non è ripetibile. la scelta dell' euro e, quindi, la scelta di una finanza pubblica sana che non pretende più di alimentare lo sviluppo attraverso i debiti, la scelta di una moneta forte che non consente scorciatoie e vantaggi competitivi effimeri hanno messo l' economia italiana di fronte alla necessità di una sfida che si vince soltanto se il paese è in grado di investire sulla qualità. questo è il grande problema e non è sufficiente invocare una maggiore libertà, che è comunque necessaria. noi stiamo lavorando per aprire nuovi mercati competitivi, per liberalizzare settori nei quali vi erano posizioni di monopolio pubblico, di rendita e, spesso, di inefficienza e di danno per i cittadini. ma non basta una politica di liberalizzazioni e di privatizzazioni per promuovere una più elevata competitività del nostro sistema. occorre investire sulla scuola, sulla tecnologia, sull' informazione e sul trasferimento di innovazione, che sono le condizioni per un grande paese per competere sulla scena internazionale. occorre concepire lo sviluppo anche in rapporto ad opportunità che, per lungo tempo, il paese non soltanto non ha considerato tali, ma, anzi, sono state risorse che abbiamo in parte consumato e sprecato. è giusto il rilievo venuto dal dibattito, ad esempio, a concepire in questa prospettiva, di uno sviluppo qualitativo della nostra economia, il tema dell' ambiente non soltanto come un vincolo — e vincolo è, per noi come per tutte le economie avanzate, dato che vi sono risorse che non possono essere distrutte perché hanno a che fare con la possibilità di riproduzione della vita umana — , ma anche come un' opportunità nella visione di uno sviluppo sostenibile, non dannoso per l' ambiente e capace di fare dell' ambiente un elemento di innovazione e di modernizzazione del paese. vorrei sottolineare che da questo punto di vista siamo uno dei paesi che ha preso più sul serio il Protocollo di Kyoto : l' introduzione di una tassazione ecologica è una delle scelte che abbiamo già compiuto, non che intendiamo compiere. vorrei altresì dire che nel programma degli investimenti pubblici che stanno conoscendo una forte accelerazione, quelli in materia ambientale — la tutela e la difesa del suolo, il completamento ed il miglioramento della depurazione delle acque, gli investimenti in materia di gestione del ciclo dei rifiuti — sono tra i più significativi e qualificanti. pertanto, da questo punto di vista credo sia giusto il richiamo, anche se spero che esso si riferisse alle mie parole e non all' azione di governo , nella quale queste scelte sono ben presenti e qualificanti. vorrei dire ancora a questo proposito che in questa strategia di sviluppo c' è un paese che torna a crescere e che offre nuove opportunità, in particolare, alle nuove generazioni. assume un peso centrale la questione del Mezzogiorno . ho parlato di ciò nella mia introduzione: questo tema è fortemente presente nel documento di programmazione economica e finanziaria. l' onorevole Cherci ci ha ricordato qui, richiamandosi a quel documento, che il quadro degli impegni finanziari europei e nazionali, da qui al 2006, per il Mezzogiorno d' Italia (quadro che per la prima volta viene presentato in termini chiari), è un quadro assai rilevante. le disponibilità di risorse pubbliche per investimenti qualificati e il modo in cui noi stiamo costruendo il piano comunitario di sostegno, raccogliendo e selezionando dal basso progetti, è un modo fortemente innovativo e che ci consentirà finalmente di utilizzare le risorse europee: un impegno, questo, in ordine al quale abbiamo compiuto grandi passi in avanti. il quadro degli investimenti pubblici nei prossimi sei, sette anni è di circa 400 mila miliardi e si tratta di un volano straordinario, certo non esclusivo, perché questi investimenti devono essere volti a sollecitare gli investimenti privati e la crescita di un tessuto imprenditoriale, anche piccolo e medio, che si fondi sulle risorse del Mezzogiorno e non su una vecchia logica di esportazione al sud di grandi impianti industriali spesso inquinanti o « maturi » , di cui restano troppe volte soltanto le macerie. credo che si tratti di una grande opportunità per il Mezzogiorno, in una fase di crescita come vogliamo che sia e come è ragionevole che sarà, anche nel quadro europeo di una prevista crescita nei prossimi anni. crescita e bassa inflazione sono le condizioni migliori perché il Mezzogiorno possa fare un salto di qualità . questo è comunque uno degli impegni prioritari dell' azione di governo . ho dunque parlato di un paese più serio, più forte, un paese che torna a crescere, un paese più giusto. a tale riguardo vorrei dire che quando parliamo dello stato sociale ne parliamo come di un qualcosa che sta cambiando e non come di un qualcosa che vogliamo cambiare. ho detto che credo che si debba affrontare senza tabù il confronto con le forze sociali su tutti i temi. intendiamo portare avanti questo confronto con serenità, senza forzature ma anche con la necessaria determinazione. vorrei però anche ricordare che questo è un confronto che ha già dato dei risultati per il paese. ci si è riferiti alla Banca d'Italia e al governatore della Banca d'Italia . è pur vero che il governatore della Banca d'Italia ha sottolineato nella sua ultima relazione, nelle sue considerazioni, la necessità di prevenire il rischio di una impennata della spesa previdenziale (come egli ha detto) nella seconda metà del prossimo decennio, ma è anche vero che prima di questa considerazione il governatore ha sottolineato come la riforma del 1995, concordata con i sindacati e non fatta contro di loro, e gli interventi del 1997 hanno consentito in questi anni di contenere la crescita della spesa previdenziale. penso quindi che quello che noi vogliamo aprire non è un conflitto ideologico e meno che mai un processo lacerante per un patto sociale che è stato la condizione che ha consentito al paese il risanamento finanziario e anche l' avvio di una riforma del welfare. noi non avremmo mai vinto la sfida dell' Europa se non avessimo avuto un sindacato che — unico caso in Europa — ha accettato che per risanare il paese le retribuzioni crescessero meno dell' inflazione, con una scelta di responsabilità nazionale di cui credo sarebbe sbagliato non dare atto. il problema vero non è quello di andare ad uno scontro frontale con questa grande realtà sociale, ma di riprendere il filo di un dialogo, di una comune opportunità, perché sull' altro piatto della bilancia noi mettiamo non il taglio della spesa sociale, ma una politica sociale del Governo e della maggioranza di centrosinistra fortemente e coraggiosamente innovativa: la legge sull' assistenza, la legge quadro sugli anziani, la legge sulle nuove opportunità giovanili, la legge per l' infanzia. siamo in una fase in cui il tema della riforma del welfare si pone non nei termini di un taglio, ma in quelli di una spesa sociale più inclusiva, più attenta alle categorie effettivamente più deboli, capace di rimediare a squilibri e ad ingiustizie che si sono sedimentati in lunghi anni in cui ha troppo spesso dominato una logica assistenziale, clientelare o corporativa. questa è una sfida per la sinistra, non contro la sinistra, perché questa riforma si ispira — e deve ispirarsi — a criteri di equità e di solidarietà sociale che sono, o dovrebbero essere, i criteri costitutivi per le forze della sinistra. credo che lungo queste direttrici la coalizione, la maggioranza e il Governo siano certamente chiamati ad una prova. ho sentito dire che questa prova è già fallita o che certamente fallirà. è legittimo pensarlo; d' altro canto, ciò fa parte della dialettica democratica di un sistema che vorremmo sempre di più ispirato ad una logica bipolare e di alternanza. anche il vigore della contrapposizione programmatica e il legittimo contrapporsi di fiducia e sfiducia fanno parte di quella dialettica. quello che, invece, credo resti un problema peculiarmente italiano è il fatto che, mentre si sviluppa questa dialettica — del tutto legittima — , dovremmo riuscire contemporaneamente a fare insieme ciò che non si può che fare insieme: completare il quadro di una riforma istituzionale e costituzionale che dia al nostro paese un sistema politico e uno Stato più moderni. so che non è facile, mentre si sviluppa una necessaria contrapposizione, fare insieme cose molto importanti come sono le riforme costituzionali ; è talmente difficile che fino a questo momento non ci siamo riusciti! e, tuttavia, continuo a pensare che questa è la sfida che misura la qualità di una nuova classe dirigente . penso che per fare questo, nell' affrontare questi temi, siano necessarie una maggiore serenità ed obiettività. mi permetto di dire — spero non venga considerato rituale — che a me non sembra un atto di serena obiettività l' attacco personale contro un ministro della Giustizia che si è reso protagonista, sino a questo momento, di uno sforzo di dialogo, anche con l' opposizione, e di un intenso lavoro per dare maggiore efficienza all' amministrazione della giustizia , rispettando scadenze e impegni non facili e, nello stesso tempo, perché questa giustizia efficiente funzioni in uno spirito garantista. ora, sinceramente, la polemica di queste ore a me sembra forzata ed esagerata. era giusto che si chiedesse al ministro di grazia e Giustizia di fare una verifica sulla riforma — e non metto in discussione il contenuto di quella riforma — , giacché, tutte le riforme che intervengono su un meccanismo delicato, come è quello della giustizia italiana, devono essere misurate anche per i loro effetti sulla situazione reale. e se noi conveniamo — come mi pare inoppugnabile sulla base dei dati che sono stati raccolti — che l' entrata in vigore immediatamente di quel regime di incompatibilità tra Gip e Gup — che si chiede e che, a mio giudizio, in linea di principio è giusto — determina una paralisi dei processi avviati ed il rischio di un ulteriore rallentamento di una macchina della giustizia di cui a ragione già si lamenta un' eccessiva lentezza, credo si debba consentire — si può essere poi d' accordo o meno — che il ministro di grazia e Giustizia si preoccupi di un regime transitorio che eviti questa paralisi. lo ripeto: nessuno è obbligato a consentire, ma quello che secondo me è fuor di misura è fare di questa proposta motivo per una sfiducia di carattere personale. parliamoci chiaro. la suscettibilità su questi temi va oltre la portata reale del contenzioso ed alimenta davvero ogni genere di sospetto e, siccome non abbiamo bisogno di questi sospetti, vorrei che il confronto tornasse nei binari della normalità. c' è una giusta riforma e il Governo deve preoccuparsi dell' impatto di questa riforma sull' amministrazione della giustizia , perché sarebbe irresponsabile non farlo. si può dissentire sulle misure che si propongono, ma sinceramente farne motivo di una sfiducia personale è uno di quegli atti che portano il confronto politico fuori dalla normalità delle democrazie dell' alternanza — perché in nessun paese d' Europa sarebbe pensabile — e che, ritengo, caratterizzano ancora una relativa arretratezza del nostro dibattito. spero — lo dico molto sinceramente — che da queste secche si possa uscire. sono più ottimista di quei colleghi i quali a proposito delle riforme costituzionali hanno detto che nessuna riforma si potrà realizzare, che tutto sarà impedito. non è così. alcune riforme sono in cammino (ne ho parlato e non voglio riprendere questo argomento); altre si possono e si debbono fare. ho trovato interessante, ad esempio, che da parte di un gruppo di opposizione, quello della Lega, si sia ritenuto di presentare un documento sul tema del federalismo, cogliendo innanzitutto nelle parole del Capo dello Stato , ma anche nei riferimenti che erano presenti nella mia introduzione, lo spunto per rilanciare un obiettivo che può essere di tutto il Parlamento. per quanto mi riguarda vorrei ribadire di essere convinto che quella è una riforma necessaria, urgente e possibile. da questo punto di vista vorrei riproporre l' esigenza di un confronto, l' esigenza di un impegno libero e forte del Parlamento. credo che in queste materie il Parlamento debba potersi esprimere con una libertà che travalica anche la logica degli schieramenti, così come avviene su grandi temi che toccano la coscienza ed i principi. l' onorevole Michelini, ad esempio, ha detto che su una questione importante la maggioranza è stata battuta. no, io ho un altro modo di considerare quelle questioni, questioni che toccano la coscienza o la vita. le considero temi che non appartengono alla maggioranza di Governo, ma sui quali si sviluppano liberamente la dialettica, il confronto e la scelta del Parlamento, perché in una democrazia aperta, dove la contrapposizione non è di carattere ideologico, è giusto che ci siano questioni di fronte alle quali il Governo in quanto tale fa un passo indietro e si sviluppa una libera dialettica parlamentare. altra cosa poi è ritenere che quelle soluzioni siano giuste, adeguate ad un grande paese moderno e libero. su questo ognuno ha le sue opinioni e, devo dire, le mie personali non divergono da quelle espresse dai dirigenti del mio partito. ma — lo ripeto — il Governo in quanto tale non può pensare di far valere una disciplina di maggioranza su grandi questioni che toccano l' ordinamento democratico, i diritti civili , di libertà o le concezioni morali e religiose degli individui. anche in questo c' è — se mi consentite — una visione più laica e più libera della dialettica politica. a questo Parlamento più libero io mi rivolgo affinché abbia il coraggio di procedere sul cammino delle riforme costituzionali , che rappresentano una necessità per il paese e che saranno uno dei metri sulla base dei quali saremo giudicati non solo come schieramento, ma ciascuno di noi personalmente, dai nostri elettori. concludo rispondendo alla sua sollecitazione. abbiamo discusso lungamente con la conferenza stato regioni sulle misure riguardanti la sanità ed abbiamo accolto la stragrande parte delle osservazioni formulate dalle regioni italiane. guardi, non c' è dubbio che il provvedimento ha largamente cambiato di segno — com' era giusto — nel suo procedere tenendo conto delle esigenze delle regioni. se faremo una discussione specifica nel merito, credo di essere in grado di documentare la mia affermazione. in conclusione, cari colleghi , vorrei unire il cordoglio del Governo a quello espresso dal presidente Violante per la scomparsa di un nostro caro collega . credo che anche nei momenti di più aspra contrapposizione politica la civiltà dei rapporti umani, che ha sempre caratterizzato il Parlamento della Repubblica italiana , debba essere mantenuta. penso, come ci è capitato in altri momenti, di poter esprimere con assoluta sincerità anche il senso di un cordoglio personale verso un uomo politico che scompare, uno di noi. molte volte noi che siamo il ceto politico di questo paese siamo oggetto di critiche che, talora, ritengo essere ingiuste. qualcuno tra noi è talmente suscettibile a tali critiche che pensa sia saggio travestirsi da società civile ed unirsi ad un certo qualunquismo contro i politici. credo che ciò sia sempre controproducente; la classe dirigente di un paese non si afferma come tale se si traveste da qualcos' altro ma se si assume le proprie responsabilità. noi siamo i rappresentanti del popolo , siamo la politica, quella tanto vituperata politica alla quale spesso i cittadini guardano con sfiducia o con scontento; vinceremo tale sfiducia se produrremo decisioni, se faremo riforme, se faremo funzionare meglio il paese, non se faremo finta di essere la società civile . vorrei che ciò lo ricordassimo in ogni momento, non soltanto nel momento in cui ci rendiamo conto, magari di fronte ad una tragedia personale, di quanto in realtà sia dura e difficile la vita che conduciamo e di quanto aspro sia l' impegno che ci spetta.