Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 562 - seduta del 06-07-1999
1999 - Governo II Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 87
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , cari colleghi deputati, il Governo presenta oggi al Parlamento non soltanto le linee e i contenuti del documento di programmazione economico-finanziaria , ma anche le scelte fondamentali che sono alla base della nostra azione amministrativa e riformatrice. del resto siamo alla vigilia di scadenze e sfide impegnative dalle quali dipende in larga misura lo stesso avvenire del paese ed è doveroso da parte nostra indicare una strategia complessiva per lo sviluppo dell' economia e della società italiane e per il completamento di una lunga transizione politica e istituzionale. a noi, quindi, non è consentito rinviare nel tempo o delegare ad altri responsabilità che ci competono ora. dobbiamo affrontare i problemi aperti e tracciare, per quanto è nelle nostre competenze e poteri, la strada da seguire. a questo criterio di sincerità e concretezza si è peraltro sempre ispirata la nostra azione ed il rapporto che abbiamo tenuto con il Parlamento nei mesi passati. né poteva essere diversamente in una fase drammatica, segnata dalla tragedia che si consumava nei Balcani e dalla ricerca costante delle soluzioni in grado di restituire a quella parte d' Europa una prospettiva di pace. alle nostre spalle, dunque, c' è una crisi che ha investito direttamente l' Italia, i nostri interessi, la sensibilità di milioni di nostri concittadini; un passaggio difficile che ha misurato la maturità e lo spessore di una nuova classe dirigente . il paese è stato all' altezza della prova; non si è sottratto ai propri impegni e alle proprie responsabilità. ed oggi anche in virtù di questa coerenza il nostro prestigio nel mondo risulta accresciuto. non è un risultato da poco. merito non solo di chi ha guidato l' Italia in questi anni, ma merito anche — lo voglio ricordare — dell' equilibrio che il Parlamento nel suo complesso ha dimostrato nei momenti più delicati e difficili che il paese ha dovuto attraversare. questo rinnovato prestigio internazionale è dunque motivo di orgoglio per tutti e non solo per una parte; è un prestigio costruito passo dopo passo sulla fiducia acquisita in campo internazionale : fiducia che ha rafforzato la candidatura e successivamente favorito la nomina di Romano Prodi alla Presidenza della Commissione europea; fiducia che ci ha consentito di assolvere un ruolo di primo piano nella ricerca di una soluzione politica per la crisi del Kosovo; fiducia che, ad un livello diverso, ha consentito di raggiungere — dopo anni di tentativi falliti — un accordo con le autorità americane per il rientro in Italia di Silvia Baraldini. fatti e situazioni molto diversi ma che indicano il peso e la nuova funzione del nostro paese. e tutto ciò avviene — questa a me pare, infine, la vera novità e il vero punto di forza — nel rispetto di quei valori di lealtà, solidarietà e autonomia che affondano nella tradizione storica dell' Italia e che oggi ispirano la nostra iniziativa. il richiamo coerente a questi valori ci ha consentito di assolvere pienamente e degnamente i nostri obblighi: sul piano politico e militare — come è avvenuto in Albania, in Macedonia o nel Kosovo — ; sul piano umanitario, con la scelta di mobilitare risorse, mezzi, solidarietà sotto le insegne della missione « arcobaleno » ; sul piano dei diritti umani e della loro difesa. è quella stessa coerenza che ci legittima, oggi, a chiedere con fermezza alle autorità turche di non procedere all' esecuzione di Abdullah Ocalan, per il rispetto dovuto alla vita umana e per le stesse prospettive di pace e di convivenza in quel paese. l' Italia si è mossa con fermezza in questo senso, attraverso una serie di iniziative e di atti in tutte le sedi internazionali competenti. in termini più generali, l' auspicio che è venuto dall' Europa — e che ribadiamo — è che la questione curda venga risolta in modo pacifico sulla base del rifiuto della logica del terrorismo — e io voglio esprimere una ferma condanna verso gli atti di terrorismo che hanno insanguinato la Turchia in questi giorni — , ma nello stesso tempo sulla base del rispetto dei diritti umani e dei diritti delle minoranze, in particolare in quella tormentata regione sud-orientale della Turchia dove vivono le popolazioni di etnia curda. vorremmo dire alla Turchia, che sentiamo come un paese amico, che la ricerca di una soluzione giusta e pacifica di quel conflitto appare come condizione essenziale per avvicinarsi all' Europa, all' Unione Europea , ai valori costitutivi dell' unità europea e per non allontanarsene definitivamente. l' Italia della quale sto parlando, questa Italia protagonista della costruzione europea e delle nuove relazioni internazionali, è un paese che ha già cambiato e che continua a cambiare. con noi si dialoga, nella consapevolezza che possediamo risorse e cultura per affrontare, come parte vitale dell' Europa, quella mondializzazione dell' economia e delle istituzioni che modifica le prospettive e le gerarchie della politica. dietro questi risultati vi sono innanzitutto una coscienza ed una mentalità nuove e un nuovo senso di responsabilità . gran parte di questi obiettivi non sarebbe stata raggiunta se non avessimo compreso che solo uno Stato nazionale moderno, autonomo nei propri valori e principi, credibile sul piano internazionale, poteva continuare a competere in un' Europa più forte. l' Italia ha compreso che l' Europa — la concreta realtà di una sola moneta, di un' economia e di un modello sociale sempre più integrati — determina non solo maggiore cooperazione, ma anche maggiore competizione tra sistemi diversi. abbiamo respinto l' idea dell' Europa come puro vincolo esterno o polizza assicurativa per le nostre debolezze e fragilità. la verità è che l' Europa, mentre si integra, mette a prova le identità nazionali, ponendole di fronte alla necessità di dimostrare la propria vitalità. l' integrazione implica competizione e chi non possiede le risorse fondamentali per competere — umane, tecnologiche, sociali — è destinato a perdere posizioni, influenza e prestigio. questa è la sfida che abbiamo raccolto. in questi ultimi anni, potevamo fingere di non vedere; potevamo galleggiare, nella speranza di prolungare l' agonia di una vecchia concezione della politica, della gestione delle risorse pubbliche, dello sviluppo assistito. ma così il paese non avrebbe avuto futuro. abbiamo, scelto invece, di superare le logiche del passato ed è iniziata una rincorsa difficile. un' azione straordinaria di risanamento dei conti pubblici; il recupero tenace e progressivo di una credibilità sulla scena internazionale; una costante volontà di concertare con le forze sociali , non la ripartizione dei benefici — questo sarebbe facile — ma i costi e le opportunità di una svolta radicale del modo di pensare allo sviluppo e alla crescita della nostra economia. credo che molti risultati abbiano premiato questo coraggio. oggi siamo di fronte ad una prova non meno impegnativa, ma partiamo da risultati acquisiti importanti: siamo parte dell' euro, abbiamo conti pubblici che appaiono sotto controllo rispetto al passato, siamo un paese più solido e meno a rischio. la sfida di oggi è quella di guidare — con una strategia adeguata — la modernizzazione complessiva sul piano politico e istituzionale, su quello sociale ed economico, sul piano culturale. la sfida di oggi è quella di garantire una ripresa stabile dello sviluppo ed una crescita dell' occupazione, creare le condizioni perché l' Italia possa non solo essere partecipe, ma concorrere ad una fase di crescita delle economie europee, dell' economia europea. credo che neanche in questa sfida partiamo da zero. il paese ha ricominciato a camminare e a muoversi, ma sappiamo bene che senza il coraggio di indicare strategie, tappe, obiettivi raggiungibili, strumenti, questa sfida non può essere vinta. l' Italia può ripartire su basi nuove, con regole nuove, con una diversa prospettiva storica per gli anni a venire. ma questo è il tema del confronto — la concreta costruzione di un' identità più moderna della nazione italiana — ed è su questo che non soltanto maggioranza e Governo, ma l' insieme della classe dirigente del paese, saranno giudicati. a noi spetta il compito di essere leali verso l' opinione pubblica , di rivendicare ciò che si è fatto ma, nello stesso tempo, di indicare con chiarezza ciò che stiamo facendo e che faremo. modernizzare l' Italia, quindi. completare la sua lunga transizione istituzionale. incardinare lo sviluppo e la crescita in una cornice di nuove garanzie e certezze per i cittadini: non voglio indicare qui il complesso delle questioni, ma sottolineare tre aspetti fondamentali, sui quali riteniamo si dovrà concentrare l' azione di governo e parlamentare nei prossimi mesi. il primo è l' impegno per dare al paese istituzioni efficienti e moderne, in un quadro di regole certo per lo svolgimento della competizione politica ed elettorale. questo Governo ha anche questo obiettivo: contribuire alla definizione di un sistema di regole comuni e condivise da tutti, stimolare il processo delle riforme costituzionali , elettorali ed istituzionali. è una vocazione che non è mai venuta meno, che ha ispirato il lavoro del ministro Amato prima ed ora del ministro Maccanico e che oggi è oggetto dello stimolo positivo e costante del presidente della Repubblica ; fatto anch' esso certamente non casuale, se è vero che la stessa elezione del presidente Ciampi, per come si è realizzata e per l' ampiezza dei consensi raccolti, ha restituito un clima positivo e riaffermato le ragioni del dialogo su queste materie tra la maggioranza ed una grande parte delle opposizioni (io, naturalmente, spero tutte). ho ricordato anche di recente come la brusca interruzione del lavoro della Commissione bicamerale non abbia impedito, nel corso dell' ultimo anno, di procedere lungo la strada di riforme significative, ancorché parziali e limitate. il Parlamento ha già approvato, seppure non in forma definitiva, tre progetti distinti di revisione costituzionale: in particolare, la riforma dell' articolo 48 della Costituzione, con la previsione del diritto di voto per gli italiani all' estero; le norme che regolano la forma di governo regionale e l' elezione diretta dei presidenti delle regioni; infine, la revisione dell' articolo 111 della Costituzione, nel merito del cosiddetto « giusto processo » . questi provvedimenti sono in avanzato stadio di approvazione e, soprattutto, indicano soluzioni finora sostenute nella sostanza — sia pure con diversità comprensibili e legittime — da una larga maggioranza parlamentare . questo aspetto giustifica la previsione e l' auspicio che si arrivi ad un rapido varo definitivo di queste riforme, così da far fare al paese ed alle istituzioni un nuovo passo in avanti. si può fare presto e bene. d' altra parte, stiamo parlando — è bene non dimenticarlo — di riforme urgenti che i cittadini attendono da tempo ed è impegno comune a tutti noi, credo, non tradire le attese di una parte larghissima del paese. alcune di queste riforme, come nel caso della elezione diretta dei presidenti delle regioni, impongono scelte rapide se vogliamo — come è giusto e naturale — che già l' anno prossimo sia possibile votare e rinnovare i governi regionali con le nuove regole; regole in grado di rispettare la volontà dei cittadini di eleggere direttamente il presidente della regione, come già fanno oggi con il sindaco o il presidente della provincia, e di garantire, con opportune soluzioni, la continuità di una medesima maggioranza politica per l' intera durata della legislatura. altre riforme — è il caso della più complessiva riforma in senso federalista della forma di Stato — appaiono mature sul piano politico e condivise da una larga maggioranza non solo dell' opinione pubblica ma anche del Parlamento. peraltro, questo è il campo dove più lungo e approfondito è stato il confronto negli anni e dove processi effettivi di riforma sono già in fase avanzata, come nel caso dell' applicazione progressiva della legge numero 59 del 1997 che prevede, in coerenza con il principio di sussidiarietà, un trasferimento senza precedenti di funzioni e risorse verso il sistema delle autonomie e, dunque, una gestione degli interessi delle rispettive comunità da parte delle istituzioni più vicine ai cittadini. si tratta ora, attraverso un calendario compatibile con le modalità di revisione della Costituzione previste dall' articolo 138, di accelerare i tempi della decisione, favorendo l' integrazione di questi diversi provvedimenti, dal momento che un disegno di riforma così complesso rischia di scollarsi se non è sorretto da una nuova e solida « armatura costituzionale » ; mi riferisco alle riforme amministrative, che stanno già modificando nei fatti il rapporto tra centro e periferia e che richiedono un nuovo quadro costituzionale. vi sono però — lo ripeto — le condizioni per lavorare a risultati certi in tempi ragionevoli; le stesse norme sul « giusto processo » , con l' ampliamento dei principi già inseriti nel progetto licenziato dalla bicamerale, sono in dirittura d' arrivo. residue incomprensioni e resistenze si possono superare ed è evidente che l' approvazione delle norme consentirebbe, tra gli altri immediati benefici, di liberare la discussione sulla giustizia da un alone ideologico che ha finito con il consolidare diffidenze reciproche, rallentando la ricerca di soluzioni equilibrate e condivise; fra l' altro, a tali soluzioni, sul piano delle riforme amministrative e organizzative, il Governo si sta dedicando con notevole impegno per dare maggiore efficacia all' amministrazione della giustizia nel nostro paese. naturalmente, procedere con rapidità nelle materie indicate non significa rimuovere la questione di fondo della futura forma di governo e della nuova legge elettorale nazionale. penso sia sbagliato ritenere che l' esito del recente referendum abbia liquidato la discussione sul tema. in questo campo, il Governo continuerà a svolgere un' azione di impulso verso il consolidamento del bipolarismo, unica prospettiva in grado di offrire un approdo stabile alla transizione del nostro sistema politico . è questo un indirizzo che i cittadini italiani hanno mostrato di condividere ed è dovere delle forze politiche , di maggioranza e di opposizione, indicare le soluzioni tecniche in grado di garantire stabilità ai governi, trasparenza delle maggioranze ed esercizio di funzioni di controllo da parte di un Parlamento che sia, in modo equilibrato, rappresentanza del paese. dopo la fine della bicamerale sono tornate in campo soluzioni diverse: da un sistema più compiutamente presidenziale ad un modello di premierato che prevede l' indicazione contestuale del Primo Ministro e della maggioranza. è una discussione aperta che dovrà, naturalmente, comprendere il tema della legge elettorale , che appare cruciale, nella previsione di offrire garanzie di coerenza ed efficacia al modello prescelto. il Governo intende essere garante e stimolare questo confronto e cercherà di favorire una soluzione condivisa, in grado di soddisfare le esigenze di un sistema politico-istituzionale stabile, moderno, compiutamente bipolare. di questo processo fanno parte anche quelle riforme che, pur non avendo una rilevanza costituzionale, sono comunque necessarie a garantire una vera democrazia dell' alternanza; mi riferisco alle regole per un' effettiva parità di condizioni nello svolgimento della competizione elettorale e all' esame — che mi auguro possa avvenire in tempi rapidi e certi — delle proposte in materia di conflitto di interessi . non si tratta, come è evidente, di norme che puntano a penalizzare qualcuno, ma del rispetto e dell' applicazione di principi democratici che tutti abbiamo a cuore. il secondo blocco di questioni riguarda lo sviluppo della nostra economia, la ripresa di una crescita stabile e il rilancio dell' occupazione. per ovvie ragioni, questo è il banco di prova più difficile, ma è anche il terreno dove più coerente e tenace è stata la nostra azione nel corso di questi mesi, a partire dalla firma del patto sociale per lo sviluppo e l' occupazione. quel patto, sottoscritto a Natale, conteneva una novità di metodo e di merito: di metodo, per l' ampiezza e la ricchezza dei soggetti che lo hanno condiviso e sottoscritto; di merito, perché muoveva dalla necessità di ripensare in termini strategici il futuro del paese. con quel documento abbiamo voluto restituire all' economia obiettivi di crescita e di accumulazione. abbiamo ridato la giusta centralità al nesso tra quantità e qualità dell' innovazione che l' Italia è oggi in grado di esprimere. da lì hanno preso le mosse le scelte e i provvedimenti successivi. su quelle basi abbiamo favorito una ripresa degli investimenti pubblici, per la creazione di nuove infrastrutture competitive, e privati, per una più rapida espansione della base produttiva . riferendoci a quegli impegni abbiamo sostenuto l' attività delle imprese non solo attraverso le misure contenute nella finanziaria, ma anche con una estensione dell' applicazione della legge numero 488 e con la cosiddetta super-Dit, cioè con un sistema di incentivi fiscali per gli investimenti effettuati dalle imprese. la stessa riduzione pari ad un punto e mezzo circa della pressione fiscale negli ultimi due anni — risultato per nulla scontato — va letta come uno sforzo coerente di alleggerimento del carico sugli investimenti e, dunque, come un contributo — ancora parziale, ma concreto — alla liberazione di risorse aggiuntive. in questa cornice, si sono inseriti gli impulsi alla flessibilità del lavoro; è cresciuto il numero degli occupati part-time e si è avviato il superamento di vincoli e procedure che finivano con il rallentare e, talvolta, con l' impedire una corrispondenza tra l' aumento della domanda di beni e servizi ed un rapido adeguarsi dell' offerta. il Governo, dunque, ha cominciato a tradurre il patto sociale per lo sviluppo e l' occupazione in una nuova e più avanzata legislazione. l' attuazione degli impegni presi e la loro immediata operatività: questo è stato il metodo che si è voluto affermare. e alcuni risultati si cominciano a vedere, nonostante una congiuntura internazionale sfavorevole e nonostante le difficoltà e le conseguenze del conflitto nei Balcani. contrariamente alla attese, nel primo trimestre di quest' anno il Pil è cresciuto, sia pure marginalmente, dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,9 per cento rispetto al primo trimestre dell' anno scorso . ma sono i dati più recenti ad offrire una sensazione più robusta di ripresa. l' occupazione complessiva è aumentata nel secondo trimestre di quest' anno di circa 282 mila unità rispetto allo stesso periodo del 1998. tale risultato è stato determinato in larga misura dall' introduzione di nuove forme di flessibilità... no, è diminuita dello 0,1 per cento per la prima volta da cinque anni: è l' ultima rilevazione. è un risultato modesto, ma non è aumentata. è diminuito il tasso di disoccupazione ! in ogni caso, onorevole collega, so che lei è appassionato di cifre, anche se a tale passione non sempre corrisponde una conoscenza dettagliata! alla fine di maggio le previsioni delle imprese industriali per il prossimo trimestre indicano un miglioramento significativo delle aspettative sugli ordinativi e sulle produzioni. i primi segnali incoraggianti giungono dall' incremento della fiducia dei consumatori mentre, in termini più generali, la semplificazione delle procedure di erogazione continua a favorire l' incremento degli investimenti pubblici, con l' apertura di cantieri per oltre 6.400 miliardi, ai quali vanno sommati altri 4.200 miliardi di gare d' appalto già concluse. diciamo che c' è un sensibile aumento degli investimenti pubblici. in questo contesto, l' evoluzione della finanza pubblica appare largamente sotto controllo, a testimonianza della capacità del Governo — prima e dopo l' aggancio all' euro — di incidere sulle modalità di funzionamento della macchina pubblica. nei primi sei mesi dell' anno, il fabbisogno di cassa del settore statale è diminuito di circa 7 mila miliardi rispetto allo stesso periodo dell' anno scorso . in prospettiva, le entrate (pari nel 1999 al 46,5 per cento del Pil) dovrebbero attestarsi al 46,1 per cento nel 2000 e toccare il 45,7 per cento nel 2001. e questo mentre le spese — correnti e in conto capitale — al netto degli interessi passerebbero dall' attuale 41,9 per cento al 41,6 per cento del 2000 e al 41 per cento del 2001. parlo naturalmente delle tendenze a legislazione invariata. l' avanzo primario (oggi al 4,6 per cento ) scenderebbe al 4,5 per cento nel 2000, per poi risalire al 4,7 per cento nel 2001; il deficit (oggi del 2,4 per cento ) si attesterebbe, in virtù di un calo della spesa per interessi, al 2 per cento l' anno prossimo e all' 1,3 per cento nel 2001. l' elencazione di questi dati e di queste percentuali, che è una previsione neutra a legislazione invariata, può apparire arida, ma è la dimostrazione più concreta del fatto che le tendenze al risanamento sono oramai tendenze strutturali nella nostra finanza pubblica , il che rappresenta la garanzia migliore contro il rischio di una ripresa della politica di inflazione e di deficit pubblico. tali previsioni dimostrano che questa evoluzione virtuosa tuttavia non ci consentirebbe di raggiungere l' obiettivo di un rapporto tra indebitamento netto e prodotto pari all' 1,5 per cento nel 2000 e all' 1 per cento nel 2001, che è l' obiettivo fissato nel patto di stabilità , che abbiamo sottoscritto e che dobbiamo e vogliamo rispettare, come condizione per difendere la forza della moneta europea e la credibilità del nostro paese. su questo problema credo non possano esserci elusioni. è del tutto legittima, naturalmente, la discussione, che in parte è ripresa, circa la necessità in sede europea di combinare in modo nuovo obiettivi di crescita e di occupazione con obiettivi di stabilità. è una discussione legittima, credo, ma quello che non è legittimo è pensare che l' Italia possa autonomamente e singolarmente discostarsi dagli obiettivi europei. questo non lo potremmo fare, pena una grave regressione della nostra credibilità. dobbiamo quindi affrontare questi limiti e dobbiamo farlo in modo tale da non ostacolare lo sforzo per una ripresa più accentuata e diffusa, che è anch' essa una condizione perché gli obiettivi fissati possano essere rispettati e raggiunti. da qui, dunque, da questi problemi e da queste grandezze, ha origine la manovra di finanza pubblica contenuta nel documento di programmazione economica e finanziaria per gli anni 2000-2003; una manovra fissata per l' anno prossimo , al netto di ogni spesa aggiuntiva, in 11.500 miliardi. in termini generali, il Dpef poggia su una ipotesi di accelerazione della crescita dal 2,2 per cento del 2000 sino al 2,9 per cento nel 2003, ma già a partire dal 2002; una accelerazione sostenuta principalmente dalla domanda interna . prevede un aumento dell'occupazione , in media annua, dello 0,8 per cento , mentre le retribuzioni e i prezzi internazionali dovranno risultare coerenti con la riduzione progressiva del tasso di inflazione ed il suo stabilizzarsi intorno all' 1 per cento . queste sono le coordinate della nostra discussione e della proposta che il Governo avanza al paese. naturalmente, alla politica — e al Governo — non spetta soltanto un ruolo contabile. il vero problema è sviluppare un' iniziativa di politica economica ; uno sforzo di programmazione e di innovazione in grado di rilanciare la crescita e il profilo competitivo della nostra economia. noi ci assumiamo la responsabilità di indicare una strada, di avanzare delle proposte. e abbiamo l' ambizione di cogliere fino in fondo l' opportunità che la ripresa economica in atto offre al paese. con questo spirito abbiamo selezionato quegli interventi mirati che riteniamo capaci di sostenere lo sviluppo: una riduzione delle imposte; maggiori spese nel settore delle infrastrutture; interventi in campo sociale. si tratta di 3.500 miliardi, che portano la manovra complessiva a 15 mila miliardi di lire . naturalmente, 3.500 miliardi non è l' ammontare degli investimenti pubblici, ma è semplicemente la manovra aggiuntiva rispetto agli impegni noti, che il Governo ha assunto e sta rispettando, i quali comportano una mole assai più cospicua di interventi e di investimenti pubblici. abbiamo sentito parlare in questi giorni di « manovra timida » , di « scarso coraggio » . naturalmente, tutto ciò è legittimo e la discussione parlamentare ci fornirà gli stimoli e le proposte concrete per essere più coraggiosi e meno timidi: siamo qui anche per ascoltare, lo dico senza alcuna ironia. tuttavia, in questa sede, vorrei ribadire i criteri che hanno ispirato le nostre scelte. poi discuteremo liberamente: discuteremo sulle cose, e non solo sulle intenzioni, anche perché credo che dai risultati si giudichi l' azione di una classe dirigente . i criteri, dunque. in primo luogo, con la manovra, il Governo rispetta gli impegni finanziari assunti in ambito internazionale. la scelta di rispettare questi impegni ci è già valsa una prima valutazione positiva della Commissione europea. su questo piano ereditiamo e vogliamo difendere una credibilità che abbiamo conquistato faticosamente in questi anni. lo dico perché sbaglieremmo, anche alla luce delle più recenti tendenze monetarie internazionali, a considerare la linea del rigore finanziario come un' eredità di cui ci si possa sbarazzare o come un obiettivo raggiunto una volta per tutte. non è così, e su questo credo dovrebbero riflettere quanti, anche recentemente, ci hanno suggerito di sostituire alla disciplina finanziaria previsioni più ottimistiche o di adottare atteggiamenti più rilassati in materia di finanza pubblica . non vorrei che si ritornasse ad una logica del passato, cioè che la sensazione che le cose vadano meglio ci spingesse a tornare a vecchi metodi: credo che sarebbe un errore e comunque il Governo non intende muovere in tale direzione. rigore finanziario, dunque, oggi come nel recente passato, ma accompagnato da una visione ed una strategia per la crescita, l' occupazione, la modernizzazione della società italiana . noi siamo consapevoli che la premessa perché questo avvenga è mantenere fede agli impegni assunti con le parti sociali in questi mesi. continueremo, dunque, a tradurre il patto sociale in provvedimenti legislativi e di Governo, senza incertezze o ripensamenti. come previsto, proseguirà una riduzione del carico contributivo, facendo ricorso alle risorse già attivate e che provengono dalla tassazione ecologica, con lo scopo di una riduzione del costo del lavoro , che è una condizione essenziale di competitività del nostro sistema. ma naturalmente sarà sull' impulso effettivo che sapremo offrire alla crescita ed alla creazione di nuove opportunità di impiego che il Governo verrà giudicato. per questo, ci siamo assunti, nel rispetto delle compatibilità finanziarie, l' onere di indicare le scelte di fondo necessarie: tre, in particolare. la prima: non ricorrere a nuove entrate per conseguire gli obiettivi di finanza pubblica . questo vuol dire che non vi saranno nuove tasse, anzi che utilizzeremo le risorse recuperate con la lotta all' evasione fiscale — lotta che prosegue con successo ormai da alcuni anni — per la riduzione dell' aliquota applicata al secondo scaglione dell' Irpef, che comporterà, per esempio, per un lavoratore che abbia un reddito lordo di 30 milioni annui, una riduzione del carico fiscale di 300 mila lire. è una scelta che consentirà nel prossimo quadriennio una lenta ma continua riduzione della pressione fiscale globale, dall' attuale 46,5 al 45 per cento del 2003. è una scelta, dunque, che vuole affermare una tendenza, una tendenza che si pone in discontinuità con quella crescita che fino al 1997 si è avuta della pressione fiscale , anche come necessità legata alle politiche di risanamento e che corrisponde ad una esigenza diffusa nel paese ed anche alla necessità di irrobustire la ripresa rafforzando il mercato interno . la seconda scelta è quella di fare concretamente del Mezzogiorno la grande missione della politica economica italiana. nel corso di questi mesi, ci siamo mossi in questa direzione; la nascita di « sviluppo Italia » ha rappresentato un importante processo di riorganizzazione delle strutture pubbliche al servizio delle imprese, in una logica di superamento definitivo dell' intervento straordinario a vantaggio di politiche strutturali. ora bisogna accelerare i meccanismi della cosiddetta programmazione negoziata, così da favorire ed estendere nuove aree e processi di sviluppo. il punto è assicurare alle regioni meridionali una crescita accelerata e duratura e l' obiettivo generale della politica economica è rappresentato da tassi di crescita del Mezzogiorno assai più elevati di quelli della media europea, offrendo così nuove opportunità allo sviluppo economico dell' intero paese. al sud il Dpef offre — innovando radicalmente la tradizione su questo punto — non solo una strategia, ma anche un quadro finanziario unico e certo delle risorse pubbliche disponibili per i prossimi sette anni. la sfida è intensificare l' utilizzo dei fondi europei per le aree svantaggiate; il Governo indica un obiettivo: portare la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno dal 38-42 per cento attuale al 44 per cento nel 2000 e al 47 per cento nel 2002. è un obiettivo raggiungibile, valorizzando le risorse umane , tecniche e professionali che lì esistono. la strategia di un nuovo meridionalismo è sostenere il Mezzogiorno che cambia, più che portare dall' esterno cose nuove; sostenerlo offrendogli gli strumenti finanziari e organizzativi, gli investimenti sul capitale umano e sulle infrastrutture che sono necessarie. il terzo indirizzo di fondo è l' avvio, nei fatti, di una riforma del welfare e di un riequilibrio della spesa sociale. con la manovra annunciata noi abbiamo inteso, in primo luogo, salvaguardare i livelli di tutela della salute garantendo al sistema sanitario nazionale un flusso di risorse adeguato. tra i provvedimenti aggiuntivi considerati necessari ed urgenti, abbiamo inserito il finanziamento della legge quadro per l' assistenza, una riforma lungamente attesa, in modo da creare una rete integrata di interventi e servizi alla persona e alle famiglie. se si vuole affrontare seriamente la riforma del welfare, questo è un passaggio fondamentale perché mette al centro di una rifondazione dello stato sociale la persona nella sua globalità. affronta, cioè, il vero grande dramma delle nostre società: il rischio che ogni cittadino ha di incontrare, nel corso della propria vita, un momento di difficoltà e di bisogno. la riforma dell' assistenza muove da qui: dalla consapevolezza che i confini tra benessere, indigenza e povertà sono oggi assai più mobili che nel passato in una società più aperta, più competitiva e anche, da questo punto di vista , capace di produrre più laceranti ingiustizie. quella a cui pensiamo è una società insieme moderna e solidale ed io sono convinto che una cultura politica di centrosinistra debba saper trovare soluzioni innovative per questo problema, una sfida non semplice anche dal punto di vista culturale. nuove forme di sostegno ai singoli ed alle famiglie, un aiuto materiale, e non solo, a chi è impegnato nella crescita dei figli, nell' assistenza a persone non autosufficienti, nella cura dei malati e, in particolare, di quelli più gravi quando la sofferenza causata dal male ed il dolore di chi assiste alla sofferenza rendono più fragili e vulnerabili gli individui. noi vogliamo dotare il paese di una rete integrata di servizi in grado di tutelare le persone, di non abbandonare nessuno al proprio destino, soprattutto quando si ha più bisogno degli altri. la novità è nella scelta di passare dai molti interventi parziali ad un sistema di regole certe e con programmi rigorosi di espansione e qualificazione dei servizi offerti. il Dpef prevede un aumento consistente delle risorse destinate a questo modello, già dalla prossima legge finanziaria . vorrei aggiungere anche che questa visione dello stato sociale è senza dubbio quella che può sostenere meglio anche una crescita dell' occupazione, offrendo nuove possibilità di impegno, soprattutto ai giovani qualificati. ma non sarebbe giusto fermarsi qui: quelle che ho indicato sono scelte che il Governo ha già compiuto, provvedimenti che abbiamo esplicitato nel testo del documento di programmazione economico-finanziaria che il Parlamento è chiamato, a partire da oggi, a discutere. ora, però, bisogna capire se, affrontando una discussione più profonda sulla riforma dello stato sociale , vi siano le condizioni e la volontà per andare oltre e per aggredire, con strumenti e soluzioni nuove, il tema della sicurezza economica e sociale, che rappresenta sempre più la grande paura e la vera incognita per milioni di cittadini. ciò che noi vorremmo offrire a molti lavoratori e a molti giovani in cerca di lavoro è un sistema diverso di ammortizzatori sociali , più flessibile, meno inefficiente ed iniquo, capace di garantire quella formazione permanente e quella reintegrazione sul mercato del lavoro che oggi sono la condizione per un' autentica tutela sociale. ancora oggi in Italia essere disoccupati può voler dire essere cassaintegrati, prepensionati o, più semplicemente, dimenticati, a seconda del grado di autotutela che i singoli o le categorie sono in grado di affermare sul mercato della competizione. noi pensiamo ad una riforma grazie alla quale nessuno possa più essere dimenticato in un angolo come un abito smesso. vogliamo tutelare nei fatti le fasce più deboli e quelle più esposte ai rischi sociali di povertà. questa è l' impostazione di un Governo che non mi pare, quindi, abbia in mente una politica di tagli o di abbattimento dello stato sociale . vorrei dire, approfittando di questa occasione, che, proprio perché sono consapevole talora di avere un carattere che non è adatto ad ascoltare le critiche, e capisco che è sbagliato... no, no, è una excusatio petita , perché è una risposta a polemiche che si sono sviluppate in questi giorni. al contrario, in particolare questo tipo di critica, che è venuta al Governo da parte di leader sindacali e politici, di insensibilità sociale, mi spinge a riflettere. è una critica che vivo con sincera preoccupazione e sofferenza...... che tuttavia considero ingiusta, perché il senso complessivo della manovra e della politica che vogliamo mettere in campo tende non a distruggere, ma a rendere lo stato sociale più equo, più inclusivo verso le istanze di quelli che autenticamente sono più deboli, più attento e giusto nel rapporto tra le generazioni. quindi, confesso di non comprendere come questa visione possa essere interpretata come un attacco all' equità, alla solidarietà sociale e ai diritti dei cittadini. questa manovra — e mi rivolgo, solo per un istante, ai colleghi della maggioranza — è più vicina a quei valori di equità nei quali tutti noi ci ritroviamo che non, invece, una difesa caparbia di vecchie logiche di tutela corporativa. so bene quanto sia difficile camminare e noi intendiamo farlo con il consenso nei confronti di queste riforme; so bene quanto il solo cenno alla questione della previdenza colpisca e allarmi l' opinione pubblica o parte di essa; lo so bene, per formazione, per storia personale, per militanza, come si sarebbe detto una volta. so quanto le prospettive del welfare, in termini più generali, abbiano segnato l' identità di una larga parte delle forze che oggi sostengono la maggioranza. lo stesso si può dire di quelle organizzazioni sindacali che rappresentano e tutelano gli interessi di milioni di cittadini — lavoratori e non — del nostro paese. è chiaro dunque che siamo di fronte ad un grande problema — politico e culturale — che interroga l' economia e la politica e che non tollera scorciatoie. la questione però si pone in tutta la sua urgenza. il problema — lo ripeto anche in questa sede — non è quello di rompere un patto sociale , ipotesi che sarebbe negativa, sciagurata, per il paese, per le imprese, e non soltanto per le forze politiche e per questa maggioranza. il problema, attraverso il metodo della concertazione — quel metodo che ha consentito al paese di salvarsi, di avviare il risanamento e di uscire dalla palude — strumento insostituibile per la programmazione di una nuova stagione dell' economia italiana , è quello di disegnare un nuovo e più avanzato patto sociale , più inclusivo, più rispettoso delle differenze, capace di tutelare meglio i più deboli, capace di garantire meglio una politica di sviluppo e di crescita dell' occupazione. di tutto questo, senza strappi o rotture, si dovrà discutere. il vero problema è redistribuire la spesa a vantaggio di chi oggi appare effettivamente più debole e meno tutelato. anche di qui passa la modernizzazione del paese, dal recupero di queste capacità di guardare alle risorse del futuro e agli interessi dei più giovani. questi obiettivi, per quanto mi riguarda, implicano la difesa e la valorizzazione di una strategia che considero vitale per la sorte dell' Italia. la nostra scelta non è tra Don Chisciotte e don Abbondio, tra il cinismo di chi lascia le cose come stanno o la velleità di chi proclama cambiamenti che non è in grado di portare avanti. in realtà quello che non possiamo fare è fingere che i problemi non esistano, è rinunciare ad uno sforzo paziente per impostarli in modo giusto e trovare le soluzioni. abbiamo davanti un periodo di tempo che ci consentirà di discutere con le forze sociali il merito dei provvedimenti da adottare anche in materia di previdenza, senza tabù. lo faremo nel rispetto dello spirito che ho indicato. mi auguro che lo stesso rispetto accompagni l' azione del governo , a partire da un riconoscimento dello sforzo reale che nella manovra è previsto a tutela degli interessi dei più deboli. non sarà un confronto facile ma purtroppo, a volte, è necessario misurarsi con problemi difficili. poi, com' è giusto, alla fine di questo percorso si faranno le scelte che avranno raccolto il consenso più largo e che, soprattutto, avranno il consenso politico necessario per diventare provvedimenti effettivi. siamo pronti ad assumerci queste responsabilità. naturalmente questo disegno ambizioso e complesso di modernizzazione dell' economia, della politica e delle istituzioni non può fare a meno di una profonda riforma dello Stato, inteso come macchina amministrativa. ed è questo il terzo ed ultimo blocco di questioni che intendo affrontare. la sfida è quella di completare la riforma e la trasformazione delle grandi strutture pubbliche del paese. anche su questo piano l' azione del governo ha accelerato il passo, sperimentando innovazioni dalle quali dipendono, in larga misura, l' efficienza e la competitività del nostro modello economico e sociale . stiamo recuperando un ritardo pesante nella produzione e diffusione della conoscenza, nonché nell' accumulazione di capitale umano . lo stiamo facendo nella convinzione che il sistema di formazione, istruzione, ricerca e trasferimento tecnologico sia oggi la leva di un modello sociale equilibrato e di un' elevata capacità competitiva. per questa ragione abbiamo impegnato il Governo ed il Parlamento in un grande disegno di riforma della scuola e dell' università. l' applicazione del principio di autonomia, l' elevamento dell' obbligo, nuove politiche nel campo del diritto allo studio , la riforma dell' esame di maturità, la riforma dei cicli, gli investimenti nel campo della formazione professionale : tutto il sistema scolastico e formativo stanno cambiando profondamente, come non accadeva da tanti anni. ritengo che in questo contesto anche la questione delicata della parità scolastica debba trovare una soluzione giusta e rispettosa dei diritti di tutti. ho fiducia che la maggioranza saprà trovare, su questo punto, un' intesa equilibrata e convincente sin dai prossimi giorni, quando il tema verrà alla discussione di fronte al Parlamento. la sfida di fondo, dunque, è aggredire i vincoli strutturali che rallentano la modernizzazione del paese: i limiti del nostro sistema formativo , appunto; un deficit di occupazione nei servizi; i diritti di esclusione pubblici e privati che sacche di corporativismo continuano a produrre a danno dei giovani; un gap tecnologico che impedisce ad una parte significativa della piccola impresa il balzo di qualità della propria produzione. su questi terreni si gioca oggi il destino di una grande nazione competitiva e moderna. e dunque è su questi terreni che si misura la capacità del paese di innovare con equilibrio e coraggio, adeguando il proprio sistema formativo agli standard europei, irrobustendo le imprese, liberando il potenziale inespresso dei servizi. su questo piano il Governo è impegnato a fare la sua parte: abbiamo investito risorse, idee, competenze sulla riforma del rapporto tra lo Stato e i cittadini, dando centralità all' ammodernamento e all' innovazione organizzativa delle pubbliche amministrazioni, a partire dallo sportello unico per le imprese e dall' introduzione della firma digitale . una maggiore trasparenza, l' abolizione di odiose procedure — vincoli, permessi o divieti inutili e, spesso, dannosi — la semplificazione del dialogo con l' amministrazione; su queste linee sta nascendo una nuova dimensione pubblica, più efficiente e rigorosa nel controllo dei costi, ma sta nascendo anche una nuova identità del cittadino, non più soggiogato da una burocrazia inutile e invadente. compito dello Stato non può essere quello di danneggiare o di ostacolare gli individui, ma di agevolarne la vita e l' attività professionale. deve garantirne la sicurezza dal punto di vista sociale, ma deve garantire anche una sicurezza quotidiana dei singoli contro ogni forma di criminalità. va in questa direzione la nuova sinergia tra forze e apparati di sicurezza, con l' introduzione di sale operative uniche ed una maggiore efficacia dell' azione preventiva e repressiva. nella stessa direzione si sono mosse le proposte che il Governo ha presentato al Parlamento per la lotta alla criminalità e a vantaggio di una maggiore sicurezza nelle città; provvedimenti, in particolare, volti a combattere quelle forme odiose di criminalità diffusa che spaventano milioni di persone — particolarmente quelle più deboli — e per i quali auspichiamo una rapida approvazione. a completare questo quadro si aggiunge la riforma dei servizi segreti approvata dal Governo e presentata al Parlamento: una riforma che si tradurrà in un ammodernamento degli apparati, dei mezzi, delle strutture e, naturalmente, delle modalità di coordinamento e di controllo ed anche — voglio dirlo — in una chiara attribuzione delle responsabilità politiche : condizione, questa, di trasparenza e — come dicono gli inglesi — di accountability, cosa importante per un settore delicato come quello dei servizi segreti . non è dunque — vorrei dirlo a proposito di certe polemiche — una smania di controllo da parte del presidente del Consiglio ; anche perché, come è noto, ogni presidente del Consiglio queste riforme le propone, come minimo, per il suo successore. il problema riguarda l' organizzazione, l' ordinamento e la necessità — anche in Italia, come avviene in tutti i paesi democratici — che queste strutture siano sottoposte ad un controllo e ad una chiara responsabilità politica , chiaramente attribuibile anche all' interno dell' Esecutivo. ma il Governo si è anche posto il problema di una modernizzazione del suo funzionamento, alla luce delle nuove regole introdotte da una politica di decentramento amministrativo e di integrazione europea . è chiaro, infatti, che un sistema decentrato e semplificato richiede anche una diversa articolazione dell' amministrazione centrale . la proposta avanzata — aperta naturalmente a tutte le correzioni ed ai suggerimenti che il Parlamento vorrà dare — nasce in piena coerenza con la legge di delega ed è fortemente innovativa. essa punta a superare la moltiplicazione di apparati, funzioni, organi e procedure del passato; muove dalla convinzione che un grande paese moderno non può entrare nel nuovo secolo con una struttura ed una burocrazia antiquate. l' accorpamento dei ministeri, previsto dal progetto, va dunque nella direzione di rendere più efficiente, rapida e trasparente l' azione di governo , di superare frammentazioni, lentezze, soprattutto in quei settori — l' economia, le infrastrutture — che richiedono prontezza negli interventi e strategie nella programmazione. in questa cornice, la stessa Presidenza del Consiglio , alleggerita da impropri compiti di gestione, viene restituita a funzioni di indirizzo, coordinamento e direzione delle attività di Governo. non nascondiamo al Parlamento l' ambizione di questo insieme di progetti: la riforma della Presidenza del Consiglio e dei ministeri costituisce un primo intervento generale sull' amministrazione statale dell' Italia unita. un secolo e mezzo dopo la legge Cavour del 1853, questo Parlamento e questo Governo possono gettare le basi per una riforma radicale dello Stato e della Pubblica Amministrazione che guideranno l' Italia nel nuovo millennio. signor presidente , cari colleghi , ciascuno dei provvedimenti che ho indicato — e i molti altri che per ragioni di tempo non ho potuto illustrare — si può naturalmente discutere, correggere, migliorare, ma senza mai perdere di vista la questione di fondo che oggi è davanti a noi. voglio indicarla, in conclusione, con la massima sincerità: o l' Italia completa in tempi rapidi la riforma delle proprie istituzioni, dell' economia, del mercato, dello Stato e del modello di stato sociale che ha conosciuto finora oppure non riuscirà a vincere la sua sfida con l' Europa. su questo punto non debbono esserci ambiguità. sono i fatti che ci impongono scelte impegnative. è l' evoluzione dell' Europa che ci chiama a nuove responsabilità. l' ingresso nella moneta unica ha rappresentato un grande successo, ma ha anche aperto enormi problemi. noi non possiamo pensare di partecipare al grande processo di integrazione con le strutture, le regole, le mentalità di un' altra stagione storica. è la società italiana che deve cambiare, che deve rinnovarsi, liberare energie e risorse, talenti e professionalità; e le culture riformiste possono trovare su questo terreno una nuova identità. è una sfida che possiamo vincere o perdere, tutti, e innanzitutto chi ha la responsabilità di governare il paese; ma per quanto ci riguarda, nessuno potrà dire che non l' abbiamo affrontata. questa è la nostra intenzione, questa è la ragione per cui chiediamo, in questo passaggio politico, alla nostra maggioranza, un rinnovato mandato di fiducia, un rinnovato sostegno per portare a compimento questo processo di riforme, per aprire una nuova pagina nella vita del paese. grazie.