Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 537 - seduta del 19-05-1999
1999 - Governo II Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 11
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , signori deputati, vorrei ringraziare il Parlamento per questa discussione che, come nelle occasioni precedenti, ha rappresentato non soltanto l' occasione per manifestare le diverse posizioni politiche, ma anche — come è giusto che il Parlamento faccia — l' occasione per dare voce ai sentimenti e alle preoccupazioni dell' opinione pubblica . in particolare, vorrei sottolineare il contributo di idee, di stimoli e di proposte che dalla discussione è emerso e di cui certamente il Governo intende tenere conto nello sviluppo della propria iniziativa politica che ha come obiettivo la pace, una pace giusta nei Balcani. ancora in queste ultime ore il tema della ricerca di una soluzione positiva della crisi domina la cronaca internazionale; il cancelliere tedesco che si trova a Bruxelles, dove ha incontrato i rappresentanti della NATO, ha parlato di una nuova fase negoziale che si è aperta e credo sia giusto sottolinearlo. naturalmente occorre essere prudenti, perché anche in altri momenti le speranze che erano state suscitate non hanno poi trovato uno sviluppo positivo. tuttavia, la notizia che il negoziatore russo si recherà a Belgrado nelle prossime ore, oggi stesso, ci consente di concludere il nostro dibattito in un clima doveroso di attesa e di speranza. certamente Cernomyrdin avrà la possibilità di verificare in modo stringente le effettive disponibilità del governo di Belgrado ad accettare il piano predisposto dal G8, cosa che aprirebbe la strada ad una soluzione positiva della crisi. nel corso della discussione parlamentare si sono valutati la possibilità, l' opportunità e i termini di una possibile iniziativa italiana volta a favorire e ad accelerare il cammino della pace. credo che, nella sua attuale formulazione, la risoluzione della maggioranza rispecchi in modo efficace il senso di questa possibile iniziativa. vorrei tornare soprattutto su questo tema, cercando di approfondirlo con quello spirito di verità che credo debba caratterizzare il rapporto fra Governo e Parlamento in un momento così delicato e difficile e con l' obiettivo che sta massimamente a cuore al Governo: quello di definire iniziative forti, incisive, realistiche, in grado di avere un peso effettivo nella situazione reale ed in grado di assicurare all' Italia una posizione ascoltata e autorevole. sinceramente, vorrei sgombrare il campo da un aspetto che appassiona moltissimo il dibattito parlamentare , ma che non avverto negli stessi termini. le posizioni politiche che il Governo esprime in quest' Aula, la relazione che ho svolto e le mie conclusioni non hanno come obiettivo quello di costruire un equilibrio alchemico all' interno di una maggioranza che si suppone divisa. devo dire sinceramente che, di fronte ad una tragedia come la guerra, vengo a riferire al Parlamento le cose come stanno — in primo luogo, che cosa il Governo ritiene si possa realisticamente fare — e non ad indicare equilibri o a ricercare soluzioni verbali. nel momento in cui il Parlamento riterrà che ciò che fa il Governo sia sbagliato o insufficiente, non ha che da dirlo e il Governo ne prenderà atto. noi abbiamo improntato il nostro dialogo con il Parlamento alla franchezza, alla lealtà, al senso della verità, anche quando tale verità è dura, e mai, in nessun momento, alla ricerca di un equilibrio verbale. credo che la ricerca di equilibri verbali sia sempre negativa in politica, ma quando cadono le bombe sarebbe davvero un colpevole atteggiamento. vorrei partire proprio da ciò. non vorrei che nel Parlamento e anche nell' opinione pubblica si avesse un' impressione sbagliata e cioè si nutrisse la convinzione che la guerra che concretamente è combattuta al di là dell' Adriatico consista in modo esclusivo o prevalente nei bombardamenti operati dalla NATO, perché, qualora le cose stessero effettivamente così, sarebbe sufficiente decidere di sospendere i bombardamenti per determinare una tregua. vorrei smentire in linea di fatto tale convinzione. ogni mattina ricevo dai nostri Stati maggiori un resoconto di ciò che avviene; si tratta di resoconti riservati, ma non segreti e non ho nessuna difficoltà ad informare il Parlamento che i bombardamenti della NATO — fra l' altro, negli ultimi giorni notevolmente rallentati — costituiscono una parte minima delle operazioni militari in corso al di là dell' Adriatico. la parte largamente prevalente è costituita dall' offensiva che continua, nel Kosovo del nord, in quello centrale e al confine con l' Albania, da parte delle forze armate serbe — dopo che esse avevano annunciato prima la tregua unilaterale e poi il ritiro — contro i guerriglieri dell' Uck e le popolazioni civili. infatti, come purtroppo insegna la nostra esperienza, la guerra di un esercito regolare contro formazioni partigiane è molto spesso condotta con rappresaglie tra le popolazioni civili. vorrei che il Parlamento si rendesse conto che una tregua unilaterale che non innescasse un processo politico di tregua significherebbe semplicemente che la NATO si ritira da un conflitto in corso , che continuerebbe con numerose vittime militari e civili. ciò consentirebbe alle forze armate serbe di fare ciò che oggi non possono fare, cioè portare allo scoperto i loro mezzi corazzati e le loro forze più potenti per condurre un' azione di più radicale rappresaglia ed estirpazione della resistenza kosovara. stiamo parlando di una guerra e quindi è giusto riferire anche in merito alla situazione militare. la situazione militare è la seguente: c' è una guerra e da una parte c' è un popolo che viene cacciato, che resiste e che combatte. io sono per il disarmo dell' Uck, ma con la pace: oggi è difficile negare per queste persone la legittimità di difendere le proprie case con le armi in pugno. dall' altra parte c' è un esercito regolare che conduce operazioni di rastrellamento, di rappresaglia e di uccisioni — lo dicono i bollettini di Belgrado — e che ha sconfinato otto volte in Albania fino a costringere quel paese a svuotare i villaggi di confine. c' è una guerra! possiamo dire che ci ritiriamo da questo conflitto ma non possiamo decidere da soli di sospenderlo perché, per farlo, bisogna che siano coinvolti nella decisione la NATO, il governo di Belgrado ed i combattenti dell' Uck, altrimenti la guerra continua. le nostre coscienze saranno forse in pace ma la guerra continuerebbe, mentre noi vogliamo che la guerra cessi davvero e vogliamo quindi un' iniziativa in cui anche l' eventuale sospensione dei bombardamenti, per la quale si deve lavorare, rientri in un processo politico reale. per questo abbiamo affacciato l' idea (voglio spiegarlo non solo al Parlamento, che ha pienamente compreso, ma anche ai nostri alleati che in questo momento stanno valutando la proposta italiana) di mettere sul tavolo del negoziato e del confronto politico la disponibilità della NATO a sospendere i bombardamenti e di chiedere in cambio — non a Milosevic, ma alla Russia e alla Cina — una piena assunzione di responsabilità attraverso l' accettazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che, indicando con chiarezza le cose da fare, porti in quella sede la gestione della crisi. è un' operazione politica importante quella che l' Italia propone. noi chiediamo alla NATO di essere pronta a cedere alle Nazioni Unite il potere di decidere sul prosieguo della crisi, rinunciando ai bombardamenti nel momento stesso in cui sarà concordata una risoluzione chiara con la quale l' intera comunità internazionale si assuma la responsabilità di ristabilire la pace ed il diritto nei Balcani. se questa proposta italiana divenisse un' iniziativa della NATO, avrebbe un grande valore ed ecco che il tema della sospensione del bombardamenti apparirebbe non come un ritrarsi da un conflitto che continua, ma come una scelta consapevole per la pace, che innesca un processo politico di pace. spero innanzitutto non soltanto di convincere voi dell' importanza di questo ma che dal Parlamento italiano venga un messaggio in grado di convincere i nostri alleati, di rimuovere le loro incertezze, i loro dubbi, che pure persistono in questo momento, perché questo sarebbe importante al fine di aprire una fase nuova. resto convinto che questo messaggio sarà tanto più forte quanto meno potrà apparire come una pura e semplice volontà italiana di sganciarsi, di ritrarsi, di compiere un passo indietro. l' Italia — io insisto su questo tema a cui assegno un grande valore — si è assunta le sue responsabilità, il che ci consente di dire con maggiore autorevolezza la nostra. l' abbiamo fatto con un profilo di autonomia della nostra iniziativa che è stato apprezzato e compreso persino da quelli che combattiamo. il paradosso è che nel momento in cui in questo Parlamento legittimamente vi è chi ritiene che la posizione del governo italiano sia semplicemente « servile » , come è stata definita, nei confronti degli USA, dall' altra parte dell' Adriatico, da Belgrado, si apprezzano gli elementi di novità e gli spiragli che l' Italia vuole aprire. siamo dunque riusciti ad essere una forza leale nell' alleanza ma anche un paese che con spirito di autonomia ha condotto e conduce la sua iniziativa politica, ricerca con libertà le vie della pace, cerca di convincere e di sollecitare gli alleati a ricercarle insieme, che è poi la condizione perché la pace si faccia davvero. per questo, è del tutto legittimo che il Parlamento ci chieda di fare un passo in più, ma è anche giusto che il Governo illustri al Parlamento le condizioni reali di un confronto e le possibilità effettive di compiere passi in avanti. abbiamo fatto e cerchiamo di fare ciò con coscienza e con serietà, come richiede la gravità dell' ora. in questo momento è fondamentale, da una parte, che il lavoro in atto per tradurre i principi del G8 in una risoluzione del Consiglio di sicurezza proceda in modo spedito e senza che nessuno frapponga ostacoli, dall' altra, continuare a premere su Belgrado. in fondo, l' ipotesi stessa di una risoluzione del Consiglio di sicurezza costituisce una fortissima pressione su Belgrado: qualora si raggiungesse quell' obiettivo, l' isolamento internazionale della Jugoslavia sarebbe totale e si aprirebbe la strada ad una soluzione politica nel senso di un' accettazione delle condizioni poste dalla comunità internazionale . capisco che la Russia voglia compiere ancora un tentativo: se sarà Cernomyrdin, anziché l' Onu, a tornare da Belgrado con un sì di Milosevic, questo sarà un grosso successo per la Russia; credo che non potremmo che compiacerci del fatto che da questa drammatica vicenda la Russia possa uscire come paese protagonista nella costruzione di una soluzione politica. se così non sarà e lo sapremo nelle prossime ore, allora l' esigenza di andare alle Nazioni Unite con un documento concordato e con una posizione forte diventerà centrale. a questa esigenza la NATO dovrebbe anche sacrificare la continuazione dei bombardamenti; infatti, personalmente, non credo che Russia e Cina accetteranno di sedere nel Consiglio di sicurezza e di deliberare una soluzione della crisi durante i bombardamenti della NATO. questo è il termine politico, la stretta vera cui è giunta questa drammatica crisi: l' Italia è partecipe di questa ricerca — voi mi consentirete — con quel tanto di flessibilità per cui ritengo che a volte è anche difficile tradurre una soluzione in una risoluzione parlamentare . la risoluzione parlamentare deve indicare una linea d' azione, una via da percorrere; ma in una vicenda internazionale così complessa, con tante variabili e con colpi di scena, è molto difficile vincolarsi ad una ricetta. dico questo non perché il Governo intenda sottrarsi alle indicazioni del Parlamento: il Governo intende assolutamente raccogliere il senso e le indicazioni di fondo che vengono dal Parlamento; tuttavia, il governo italiano è una delle parti in una vicenda in cui le sedi delle decisioni internazionali sono l' Alleanza Atlantica , le Nazioni Unite ed il G8 ed in cui la posizione italiana concorre come uno degli ingredienti che, alla fine, formano la decisione della comunità internazionale . è quindi essenziale che il Governo possa raccogliere la volontà del Parlamento, ma anche che ci sia — da parte di quelli che ce l' hanno — quel tanto di mandato fiduciario perché il Governo cerchi le vie affinché la volontà di pace del Parlamento possa diventare un approdo concreto; un mandato fiduciario perché il Governo cerchi le vie, lavori sugli spiragli che via via si aprono e non sulla base degli scenari che possiamo legittimamente immaginare, ma che potrebbero non trovare riscontro nella realtà. credo che ciò debba essere detto per onestà al paese; penso, altresì, che le considerazioni introdotte in una relazione abbastanza lunga — di cui chiedo scusa al Parlamento — meritino di essere approfondite, anche se capisco che in questo momento preme l' urgenza della ricerca di una soluzione alla guerra. mi riferisco ai temi inerenti al medio e lungo periodo, che riguardano la stabilità nei Balcani, lo sviluppo democratico, la coesistenza pacifica e la crescita economica in quella parte di Europa. penso, infatti, che in questo momento il discorso che l' Italia e l' Europa rivolgono, non solo al governo jugoslavo , ma ai popoli della Jugoslavia e al popolo serbo, debba andare oltre la guerra e prospettare, per tutte le popolazioni di quella regione, un futuro di progresso economico, di stabilità e di pace. tutto ciò renderebbe altresì più convincente l' offerta di pace che stiamo proponendo in questo momento alla Jugoslavia. in questo modo offriamo una speranza a tutti e rendiamo evidente che il nostro progetto non prevede che nei Balcani di domani ci siano vincitori e vinti, dove i vinti saranno lasciati a contare i loro morti ed i vincitori, anch' essi non privi di morti, chiamati a festeggiare o a spartirsi il bottino della vittoria. vorrei che tutto questo fosse espresso dal Parlamento della Repubblica italiana e che venisse fortemente sollecitata l' Unione Europea , in particolare, la Commissione europea — ho citato le iniziative intraprese da Romano Prodi — affinché l' Europa lavori intensamente sugli scenari che si prospetteranno nel dopoguerra non solo avanzando promesse, ma prospettando anche ipotesi politiche ed economiche credibili e tali da rendere la pace conveniente. infatti, se noi mettessimo queste popolazioni e la loro classe dirigente con le spalle al muro, non lasceremmo loro altra possibilità che combattere per difendere l' orgoglio nazionale, perché credo che non si arrenderanno, per quanto noi riusciamo a capire dello spirito di quelle popolazioni. se noi, invece, poniamo dall' altra parte la prospettiva di una coesistenza pacifica , che corrisponde alle speranze di quel popolo, la pace non apparirà come una resa, ma come una scelta ragionevole e conveniente. non è vero che a Belgrado, anche in un momento così drammatico, siano tutti uniti intorno a Milosevic: in queste ore si manifestano i dissensi e vi sono state persino manifestazioni contro la guerra da parte di quelle madri che non accettano che i loro figli continuino a combattere nel Kosovo rischiando la vita. inoltre, le più significative forze di opposizione, nel corso della giornata di ieri, hanno espresso apprezzamento per l' iniziativa italiana in una conferenza stampa a Belgrado. credo che questo sia uno dei riscontri più importanti alla nostra iniziativa. in questo momento riusciamo, pur essendo dall' altra parte di questo doloroso conflitto, a parlare alle forze democratiche presenti in quel paese che conoscono e denunciano le responsabilità di Milosevic, ma nello stesso tempo vogliono che dall' Europa e dall' Occidente venga un messaggio di speranza e non solo di fermezza. l' Italia sta cercando di combinare fermezza e speranza nella sua azione politica. la discussione parlamentare ci aiuta ad andare avanti in questa direzione. continuo a pensare che in una vicenda drammatica come questa il contributo del Parlamento non possa essere valutato dal Governo esclusivamente nei termini classici di contributo da parte della maggioranza e delle opposizioni. il Governo è qui per ascoltare il Parlamento che rappresenta il popolo italiano in un momento drammatico di conflitto. è chiaro che, nel momento in cui la condotta del Governo non poggiasse più sul consenso della maggioranza parlamentare , dovremmo prenderne atto. tuttavia, nel dialogo e nella ricerca delle soluzioni il Governo deve saper ascoltare il Parlamento nel suo complesso e non soltanto sforzarsi di mantenere un equilibrio con la sua maggioranza. questo è stato — lo dico con profonda serietà — lo spirito con cui il Governo ha tenuto un rapporto con le forze politiche e con il Parlamento. abbiamo apprezzato il fatto — voglio dirlo — che pure in un momento così difficile nessuna forza politica ha compiuto (se li abbia pensati non saprei dirlo) atti tendenti ad utilizzare la guerra per mettere in difficoltà il Governo del paese. considero questo un segno di maturità democratica dell' Italia e, poiché la maturità democratica del paese è un patrimonio che appartiene a tutti e non soltanto al Governo, è giusto che il Governo renda atto al Parlamento di questa maturità. questo è quanto con spirito di verità volevo dirvi. dunque noi vogliamo lavorare per arrivare ad una sospensione dei bombardamenti. concepiamo la sospensione dei bombardamenti come un momento di un' azione politica per la pace: non come una decisione di tregua unilaterale, ma, lo ripeto, come un momento che può essere importante e forse persino decisivo per fare scattare un' intesa nelle Nazioni Unite per favorire un esito pacifico ed una pace giusta. è una iniziativa politica dell' Italia e mi pare di capire che il Parlamento la condivida. taluni ci chiedono di fare qualcosa in più: io dico che questa iniziativa politica dell' Italia è realistica, è possibile, è degna di essere ascoltata e valutata dalla comunità internazionale . se il Parlamento la sosterrà, come mi sembra, il Governo sarà più forte nel portarla avanti.