Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 513 - seduta del 26-03-1999
Ratifica ed esecuzione degli Atti internazionali firmati a Parigi il 23 ottobre 1954
1999 - Governo Scelba - Legislatura n. 2 - Seduta n. 245
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , non infliggerò al Parlamento una lunga replica, dato che — spero che mi scuserete — ho dovuto trattenermi a lungo nella introduzione di questo dibattito per esporre, con la necessaria ricostruzione dei fatti, le ragioni che hanno portato alle scelte difficili e dolorose di questi giorni e poi per cercare di indicare una linea di azione per giungere, attraverso la pressione militare, ad una soluzione pacifica, ad un negoziato in grado di garantire i diritti di tutti i popoli della regione. voglio ringraziare il Parlamento, voglio ringraziare le deputate e i deputati che hanno preso la parola per il contributo che hanno dato, di riflessione e di proposta, e anche — vorrei dire — per un sentimento condiviso da tutti di preoccupazione e di angoscia e per lo sforzo di ricercare delle soluzioni e di aiutare il Governo, con indicazioni o con critiche, a fare al meglio il proprio lavoro in un momento così difficile. è giusto e comprensibile che sia così, direi persino in un modo che attraversa gli schieramenti politici. siamo qui, divisi fra chi ritiene che l' intervento militare fosse inevitabile, l' unico mezzo per aiutare le popolazioni del Kosovo e per riaprire la strada ad un accordo pacifico, e chi ritiene, invece, che l' intervento militare sia un errore che potrebbe aggravare la condizione di quella regione e colpire le stesse popolazioni che si vorrebbero difendere. siamo divisi tra chi pensa che la forza sia un mezzo estremo ma legittimo nella politica e chi, invece, esclude per ragioni di principio, etiche, politiche o religiose il ricorso alla forza con un atteggiamento che rispetto profondamente e nei confronti del quale mi pongo in una posizione di ascolto e di riflessione. ma questo Parlamento è unanime nella condanna della politica di Milosevic, nella condanna della repressione contro le popolazioni civili albanesi del Kosovo, nella condanna contro l' aggressione antidemocratica contro i giornalisti e i mezzi di informazione. questo Parlamento è unanime nella solidarietà verso le popolazioni civili colpite, è unanime nell' aspirazione ad una soluzione pacifica, ad un negoziato, sia che si ritenga — come io ritengo — che l' azione militare sia un passaggio indispensabile per arrivare a quella soluzione, sia che si abbia su questo una opinione diversa. credo che questi punti di unanimità e cioè questi sentimenti e questi obiettivi che uniscono le forze politiche italiane e il nostro paese — il ripudio dell' oppressione, della dittatura, la volontà di una soluzione pacifica di questo conflitto, la solidarietà verso le popolazioni colpite — siano un patrimonio importante. è un patrimonio — badate — che non toglie nulla alla responsabilità della decisione, perché sui mezzi occorre assumere la responsabilità della decisione. pure, io credo, quando i fini sono condivisi da una così larga maggioranza del popolo italiano , non solo del Parlamento, io penso che anche la responsabilità di chi deve scegliere i mezzi sia sostenuta da valori comuni che costituiscono un patrimonio del nostro paese e della nostra democrazia. ogni guerra è una sconfitta! il ricorso alla forza è il segno che è stato sconfitto il tentativo di risolvere questo conflitto con la politica, con il dialogo, con lo sforzo paziente e intelligente. abbiamo fatto abbastanza? è stato chiesto questo ed è stato detto; è un interrogativo legittimo. noi abbiamo fatto molto. voi potete immaginare con quanta sofferenza ci siamo arresi alla inevitabilità dell' uso della forza. non corrisponde al nostro animo, alla nostra cultura, al modo di essere del nostro paese, al modo di pensare di chi siede su questi banchi. ha fatto molto l' Europa: non dimentichiamoci che l' Europa si è assunta la responsabilità, ed anche il rischio — nel momento in cui, magari, già in altri paesi si pensava all' inevitabilità dell' uso della forza — di ricercare la via del negoziato a Rambouillet fino all' ultimo. anche l' Italia ha agito attraverso le vie possibili: noi non siamo una grande potenza, ma siamo un paese importante, che ha una responsabilità particolare in questo conflitto, perché esso si svolge qui, davanti a noi, investe popolazioni, culture, civiltà che ci sono vicine; abbiamo dunque cercato di esercitare fino all' ultimo il ruolo che l' Italia poteva svolgere, di tenere aperti tutti i canali del dialogo; lo stiamo facendo ancora ora, come dirò. vorrei ringraziare — voi me lo dovete consentire — in modo particolare quei parlamentari, donne e uomini, che, pur dissentendo dall' uso della forza, hanno ritenuto in questo momento di dover esprimere (l' hanno fatto con le parole ed io ritengo che lo faranno anche con il voto) la loro solidarietà al Governo, io credo con la consapevolezza che, comunque si pensi, in un momento così difficile, il paese non può certo rimanere privo di una guida, che si assume tutte le responsabilità — l' ho detto — e che è pronto a risponderne, ma che naturalmente non può permettersi oggi di lasciare il campo. il Governo si assume l' impegno — e a ciò viene sollecitato — ad operare con particolare sollecitudine per arrivare ad una soluzione pacifica di questo conflitto. il Governo non agirà in modo isolato: l' Italia, separandosi dai suoi alleati, isolandosi dagli alleati della NATO e dai nostri partner europei, non avrebbe alcuna possibilità di contribuire ad una soluzione pacifica di questo conflitto. potrebbe soltanto mettersi in pace con la propria coscienza: è troppo poco per un grande paese europeo che vive questo conflitto, che deve cercare di conquistare la pace e che non può soltanto permettersi di chiamarsi fuori. noi, dunque, opereremo nell' Alleanza Atlantica , nell' Unione Europea , nei rapporti con i nostri alleati, perché la logica militare non finisca per prevalere e per cancellare gli obiettivi politici, perché l' azione militare sia al servizio della soluzione politica e perché essa possa maturare anche attraverso un' iniziativa politica, che certamente non viene meno neppure nel momento in cui si combatte. vorrei dire a chi ha usato questa espressione che l' obiettivo dell' azione della NATO non è « togliere di mezzo Milosevic » , l' obiettivo della NATO non è distruggere la Serbia; l' obiettivo dell' azione della NATO è colpire un apparato militare che in questo momento è volto alla repressione brutale di popolazioni civili e nello stesso tempo indurre, attraverso la pressione e la forza, ad un negoziato, ad una soluzione pacifica. questo comporta che, mentre si usa la forza, non si chiudano i canali del dialogo; l' Italia non ha chiuso la sua ambasciata a Belgrado: io credo che abbiamo fatto bene e certamente i nostri alleati non ci hanno rimproverato per questo. noi continuiamo a ricercare il dialogo anche in questo momento. a Belgrado non c' è un nemico che vogliamo distruggere, c' è un Governo che sicuramente ha pesantissime responsabilità e noi vogliamo costringerlo alla pace, ma, ripeto, non c' è un nemico che vogliamo distruggere. credo che anche in questo si misuri, se volete, il ruolo che vogliamo; nella modestia sappiamo ciò che è questo paese, ne abbiamo l' orgoglio, ma abbiamo anche il senso del limite della funzione che possiamo svolgere. esperire tutte le possibilità significa non soltanto discutere con gli alleati la possibilità che tra una prima fase ed una seconda intervenga un' iniziativa politica che possa rendere inutile la seconda. in modo che si possa passare al più presto al negoziato. significa anche tenere aperto, come stiamo facendo in queste ore, l' indispensabile dialogo con la Russia e con tutti i paesi che possono essere interessati a dare un contributo per trovare una soluzione pacifica. il ministro degli Esteri della Russia ha dichiarato che i dirigenti jugoslavi sono pronti a proseguire il negoziato. è importante che egli lo dica; certo sarebbe più chiaro se lo dicessero i dirigenti jugoslavi e se ci spiegassero su quale base ciò avviene, ma ciò non toglie che il compito della diplomazia, e quindi anche della nostra, sia di verificare al più presto, nel dialogo con la Russia, anche il significato di questa affermazione; nessuno spiraglio deve essere chiuso, nessuna possibilità deve rimanere inesplorata. nel frattempo l' Italia farà il proprio dovere, partecipe di un' alleanza, di un dispositivo. vorrei — consentitemi di farlo — in questo momento esprimere anche un ringraziamento ai nostri soldati, per il modo in cui svolgono il loro dovere... a quelli che sono impegnati nella difesa del paese, a quelli che sono in una posizione esposta e difficile, che si trovano in Bosnia o in Macedonia in missione di pace e che certamente vivono con una più diretta tensione queste ore difficili. credo di esprimere — e vi ringrazio per un applauso che non era rivolto a me — il sentimento di tutto il Parlamento e di tutto il paese. vedete, l' Italia in questo momento credo sia chiamata ad una prova importante. sono convinto che l' affronteremo con serietà, anzi la stiamo affrontando con serietà; il posto dell' Italia è nell' unità europea, nel sistema di alleanze che il paese ha liberamente scelto. fuori da quella collocazione, lo ripeto, il nostro paese non avrebbe alcun ruolo da svolgere, ma in quell' alleanza e in questa Europa unita l' Italia è un paese che può e vuole dire la sua, che vuole far sentire la propria voce, che vuole che si tenga conto di un' aspirazione alla pace, di una cultura della pace così forte nel nostro popolo, nelle forze culturali e politiche che lo rappresentano. di questo il Governo, per parte sua, intende farsi interprete leale nell' assumere e garantire le responsabilità del paese, ma anche fermo nel far sentire in tutte le sedi la volontà di pace degli italiani, che si è espressa in modo così significativo in questo dibattito parlamentare .