Pier Ferdinando CASINI - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 5 - seduta del 30-05-1996
1996 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 5
  • Comunicazioni del governo

signor presidente del Consiglio , lei conosce le ragioni che inducono i cristiano-democratici ad esprimere una leale opposizione nei confronti dell' esperienza di Governo che prende avvio. la prima ragione discende da una piena e convinta lealtà ai nostri elettori: quei milioni di uomini e donne che ci hanno chiesto di testimoniare in quest' Aula le ragioni dell' Italia moderata. la sconfitta elettorale che abbiamo subito non attenua il vincolo di coerenza che ci lega alla quasi metà dei cittadini che non si riconoscono nell' Ulivo e in Rifondazione comunista , che non sentono questo Governo come aderente alle proprie aspettative e alle proprie speranze di cambiamento. un' Italia semplice e genuina, che noi rappresentiamo in nome di ragioni, valori e interessi di cui pure, con la sua sensibilità personale, le chiediamo di farsi carico. lei deve sapere che su questi banchi e nel paese c' è una grande opposizione, civile e responsabile, non subalterna e compiacente. questa è la novità di un' Italia bipolare che il centro cristiano democratico e il Cdu hanno contribuito a far nascere con scelte dolorose ma convinte, portando nel Polo di centrodestra i cattolici liberali, i democratici cristiani . la nostra inflessibilità, il nostro rigore servono anche a lei, che viene dall' esperienza del cattolicesimo democratico, che ha creduto dall' altra parte della barricata in una stessa evoluzione della vita nazionale, in un bipolarismo europeo che chiudesse finalmente una stagione consociativa confusa, rissosa della vita italiana. un bipolarismo che ci consentisse di percorrere i sentieri di una democrazia matura, in cui l' avversario non è il nemico, ma in cui pure non si ha paura di manifestare la propria diversità. il conformismo, l' appiattimento, il trasformismo italico non possono essere modelli a cui attenersi per il futuro, ma al massimo tristi ricordi del passato. costruire la nuova politica deve essere un obiettivo comune. per questo, chi è più radicato al centro dello schieramento politico ed è sensibile alle ragioni della moderazione, tanto più non può sentirsi orfano di quel centro immobile, tante volte evocato in nome di un salto all' indietro del nostro sistema politico che davvero non vogliamo compiere. signor presidente , lei eredita una realtà pesante, e poco importa che molti dei progenitori di questa situazione siano nella sua stessa maggioranza. guardare al passato deve significare per tutti un' occasione di onesta autocritica; e almeno noi la vogliamo giudicare sui fatti e non in base ai pregiudizi. nell' Aula del Senato lei ha enunciato una serie di obiettivi difficilmente non condivisibili. ha fatto un discorso ampio, ma per molti versi contraddittorio. io non penso che la colpa di quel discorso sia sua, onorevole Prodi. contraddittoria, almeno in questo caso, non è la sua visione politica, ma la maggioranza che sostiene il suo Governo e che lo costringe ad una sovranità limitata ; una maggioranza che vorrebbe essere moderata e progressista, che applaude il presidente della Confindustria ma gli nega la riforma delle pensioni , che vuole Di Pietro ministro ma ne soffre già il protagonismo, che auspica la riforma istituzionale ma non fa nulla per realizzarla in concreto. insomma, una maggioranza politicamente « pigliatutto » , ma programmaticamente divisa su troppe cose. a nostre spese, noi del Polo per le libertà abbiamo capito il grande valore dell' unità programmatica. l' abbiamo capito quando non ci è stato possibile dare una risposta concreta alle attese di milioni di elettori del 27 marzo, quando la Lega ha impedito alla nostra alleanza di governare su basi di stabilità. pensavamo che quella lezione servisse a consolidare un bipolarismo maturo, capace di vedere un confronto leale tra due proposte alternative. purtroppo all' omogeneità del Polo non ha corrisposto il 21 aprile un' eguale sensibilità dell' Ulivo, che con il patto di desistenza con Rifondazione comunista ha messo le basi di una vittoria elettorale sicura e di una possibile sconfitta politica. credo che questa ipoteca rischi di pesare, e molto, sulle concrete scelte del Governo in un momento della nostra storia che appare drammatico. la rivolta fiscale nel nord e la disoccupazione di massa nel sud non rappresentano due problematiche contrapposte, ma due facce della stessa medaglia. il nord protesta per troppe leggi, troppe tasse, troppa burocrazia, troppo Stato. il sud protesta perché le troppe leggi, le troppe tasse, la troppa burocrazia non portano più il lavoro. io, che sono del nord ma eletto in un collegio del Salento, come molti colleghi qui presenti so quanto sia drammatica la problematica della disoccupazione nel Mezzogiorno. non è più possibile ripercorrere le strade del passato: certe cattedrali nel deserto hanno offerto soluzioni effimere e seminato solo illusioni. i posti di lavoro che quelle cattedrali avevano inventato si sono tradotti nel loro contrario: disoccupazione, delusione e in qualche caso disperazione. noi oggi dobbiamo cercare un' altra strada, dobbiamo usare una doppia leva: quella dell' investimento nelle grandi infrastrutture con l' apporto di capitali pubblici e privati e quella di una politica fiscale selettiva e mirata che dia una contropartita di convenienza a chi investe nel Mezzogiorno. si tratta di due leve indispensabili entrambe per irrobustire un tessuto imprenditoriale senza il quale il sud non potrà mai sottrarsi ad un destino amaro. su questo misureremo, se ci saranno, i passi del Governo verso una politica fiscale meno pigra e neghittosa, meno incline a procedere per condoni e concordati, più capace di dare un impulso alla possibilità di ripresa dell' economia. noi dobbiamo far crescere una cultura di impresa che rompa la gabbia del vecchio assistenzialismo; in questo esiste davvero una convergenza tra le grandi domande e le inquietudini che il sud ha per un verso e il nord per un altro, e sono domande poste a tutto il paese. non sono, dunque, problemi di ordine pubblico da affrontare minacciando l' intervento dell' esercito, e non sono nemmeno, per ora, problemi di legalità violata. sono invece la drammatica denuncia di un patto sociale che ha esaurito molti dei suoi effetti positivi e va integralmente ripensato. è in gran parte un problema europeo, come dimostra il malessere esistente in Francia e in Germania, alle prese con i rigorosi parametri di Maastricht. ma la colpa non è di Maastricht né dei suo parametri: è il modello di stato sociale che non regge più nella forma attuale. il commissario Monti nei giorni scorsi ha individuato in tre fattori le ragioni della crisi: invecchiamento della popolazione; bassissimo costo del lavoro dei paesi emergenti nel mercato mondiale; impossibilità di continuare nella tradizionale politica di indebitamento pubblico per far gravare sulle giovani generazioni i costi della protezione sociale. ritengo che lei sia d' accordo con tale analisi; tuttavia nella sua maggioranza esistono posizioni di conservatorismo assistenziale che renderanno difficile la riforma dello stato sociale . l' Italia deve sapere che se quella riforma non si farà, il costo per le giovani generazioni diventerà insopportabile. potrà mai un Governo, che si regge con il voto di Rifondazione comunista , assumere una decisione di questo tipo? potrà mai seriamente porsi il problema della flessibilità del salario e della riforma del mercato del lavoro ? potrà davvero fare qualcosa per una più equa competizione tra scuola pubblica e scuola privata ? sono alcuni dei tanti interrogativi; sinceramente, colleghi, non penso che ci accechi la faziosità politica nel rivolgerle questi preoccupati interrogativi. sono interrogativi che forse, nel suo animo, si sta ponendo anche lei e che comunque verranno posti, in modo assai forte, dall' evoluzione politica e parlamentare. il Governo, per esempio, ha manifestato la volontà di procedere sulla strada del risanamento economico, lasciando inalterata la pressione fiscale e nel contempo diminuendo la spesa pubblica . e sappiamo quanta rigidità vi sia nella spesa, gran parte della quale è destinata agli stipendi dei dipendenti pubblici. si è impegnato ad aumentare gli importi degli assegni familiari , e potete immaginare quanto importante sarebbe per noi cristiano-democratici tale risultato. infatti da sempre riteniamo che la famiglia italiana sia la grande penalizzata; saremo, quindi, i primi a sostenere in Parlamento la traduzione legislativa di tale idea. queste, però, sono legittime enunciazioni di obiettivi, senza indicazioni concrete in ordine agli strumenti che possono renderle compatibili tra loro, rendendo quindi attuabile il processo complessivo. noi l' aspetteremo al varco; ma nel dirle sin d' ora che saremo inflessibili, le diciamo anche che saremo seri e se vi saranno provvedimenti utili per il paese, ad essi daremo il nostro consenso, perché l' opposizione non può tradursi in un cartello dei « no » : sarebbe troppo facile e troppo inutile allo stesso tempo. oltre all' economia ed al risanamento, l' altra priorità che abbiamo di fronte è quella delle istituzioni. forse qualcuno nella sinistra si illude che, completata la lunga marcia, al fronte progressista non serva più fare le riforme. visione miope, perché ogni tentativo, anche il più onesto, il più risoluto, di cambiare le cose, si scontra purtroppo con una preoccupante paralisi istituzionale, con la difficoltà di costruire davvero la cosiddetta seconda Repubblica . siamo a metà del guado e dobbiamo tutti assieme avere il coraggio di varcare la fatidica soglia di un cambiamento istituzionale. certo, serve — e non poco — una nuova legge elettorale che non abbia, come l' attuale, i difetti della vecchia legge proporzionale senza i pregi del maggioritario. ma fermarsi qui sarebbe un traguardo limitato, soprattutto se il traguardo venisse fatto coincidere con alcune ben definite convenienze di parte. i cristiano-democratici non hanno cambiato idea, pensano oggi le stesse cose di ieri. siamo per l' Assemblea costituente , condividiamo il senso di una proposta che nasce da Francesco Cossiga e che in questi giorni sta ricevendo il consenso della parte più illuminata della sinistra italiana, di esponenti come Mario Segni, Mino Martinazzoli e Giuliano Amato. non è un caso; non sono i principi della prima parte della nostra Carta Costituzionale ad aver fatto il loro tempo, ma è l' impalcatura complessiva che va rivista. quando i nostri costituenti, assieme, disegnarono la forma di Stato e di Governo per l' Italia repubblicana, la loro preoccupazione prevalente era quella di instaurare un sistema di garanzie reciproche, di controlli incrociati che garantissero la tenuta complessiva dell' equilibrio democratico. erano gli anni dello scontro ideologico, della guerra fredda , dello stalinismo, di De Gasperi e di Togliatti, gli anni di Peppone e don Camillo come ama ricordare Veltroni. oggi la democrazia è il minimo comune denominatore dell' Italia bipolare; non corriamo alcun rischio se non quello, presidente Prodi — il che non è poco — di una democrazia inefficiente, distante anni luce dalle esigenze dei cittadini. al tema delle garanzie si sostituisce oggi quello dell' efficienza e della funzionalità delle istituzioni. non è una svolta di poco conto , ma un' irripetibile occasione che ci si presenta. noi insistiamo sul fatto che questa occasione deve trovare il suo catalizzatore nell' appuntamento più solenne, quello dell' Assemblea costituente , e ci conforta non essere soli in tale convinzione. ed a maggior ragione, nel momento in cui la Lega propone anch' essa l' Assemblea costituente ,...... crediamo questo sia un segnale da non disperdere, un segnale che dimostra come anche la Lega si senta partecipe di una comunità nazionale che si ripensa e riparte dal valore dei suoi legami. l' Assemblea non è né può essere un' occasione di rivincita elettorale; le elezioni ci sono già state, il risultato è noto, è stabilito per questa legislatura. l' Assemblea, piuttosto, ha un valore più ampio: essa può, da un lato, garantire la neutralità della materia istituzionale rispetto al Governo e, dall' altro, il coinvolgimento della gente in una grande riforma che segni un nuovo inizio. davvero non capisco certi timori, certe diffidenze: questa materia non può essere un' esclusiva degli addetti ai lavori, siano essi parlamentari o ingegneri della politica. il coinvolgere l' opinione pubblica nel processo costituente non ha nulla a che vedere con la tanto temuta deriva plebiscitaria. c' è in alcuni, forse, un timore, quello dei tempi d' una procedura che necessariamente non può essere istantanea; non so quanto questo timore sia autentico, ma so che i precedenti delle Commissioni bicamerali ci forniscono le migliori assicurazioni su tempi lunghissimi, quasi biblici, di quei percorsi indefiniti ed inconcludenti. c' è, in altri, il timore d' una svolta assai forte, che segnerebbe una drastica discontinuità istituzionale. a questi colleghi voglio dire di non sottovalutare la tensione che esiste nel paese e che non esiterà a sfociare in iniziative clamorose se noi non sapremo essere preveggenti e coraggiosi. un' indicazione di metodo, dunque, quella dell' Assemblea e un' indicazione nel merito per quanto riguarda il Polo sulla proposta di presidenzialismo, che si coniughi con il federalismo, e sulla necessità di realizzare contestualmente due obiettivi che fanno parte di uno stesso disegno di equilibrio dei poteri dello Stato. signor presidente , sono questi i motivi della nostra opposizione politica al suo Governo, ma sono tanti altri i motivi della nostra diffidenza, a partire da una concentrazione un po' sospetta di tutte le competenze istituzionali inerenti la cultura, la ricerca, la formazione e l' educazione presso esponenti di una sola parte politica . è stato detto che questo è l' atto fondativo di un' egemonia culturale. staremo a vedere. di certo, registriamo il rischio della diminuzione del pluralismo e l' emergere di una preoccupante linea di conformismo. si è tanto parlato in questi due anni del rischio di un' omologazione culturale informativa del paese, magari sotto l' egida della televisione commerciale. saremo vigili sul fatto che questo processo non si realizzi oggi in forme diverse, attraverso una diffusa e straordinaria compiacenza verso chi governa. credo che non serva nemmeno a voi. signor presidente , lei sa, come noi, che l' opposizione è un valore che dà forza alla democrazia. si è voluto descriverci come un' opposizione allo sbando, senza strategia, magari pronta a trattare in nome di un nuovo consociativismo. non è così. certo, chi perde ha il dovere dell' autocritica e noi sappiamo e sapremo esercitarlo anche con atti concreti di discontinuità. ma chi raccoglie consenso — e il Polo ha espresso, non dimentichiamolo, una grande forza popolare — ha un particolare dovere verso gli elettori; e agli elettori diciamo che non verremo meno alle responsabilità e agli impegni che abbiamo assunto verso di loro. fa parte di questa responsabilità anche il nostro voto di ferma, leale ma costruttiva opposizione.