Fausto BERTINOTTI - Deputato Appoggio
XIII Legislatura - Assemblea n. 5 - seduta del 30-05-1996
1996 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 5
  • Comunicazioni del governo

signori presidente, signori deputati, questo Governo nasce con il voto determinante del Partito della Rifondazione comunista ; non abbiamo chiesto nulla in cambio, né un ministro, né un sottosegretario. non ci ha mossi, dunque, una ragione di potere o di partito, ma un' idea generale, quella di favorire il cambiamento nel paese, di invertire una tendenza. questo atteggiamento ci rende forti; così come siamo disinteressati nei confronti del Governo, così saremo intransigenti nel proporre le nostre ragioni, le ragioni dei lavoratori. la vittoria contro le destre, raggiunta anche grazie all' accordo tra il centrosinistra e Rifondazione comunista , è frutto certamente di un largo impegno democratico di forze tra loro diverse, ma non è una vittoria socialmente neutra; porta con sé un' istanza forte di giustizia sociale . le destre sono state battute anche perché è stato colto nel paese il pericolo ad esse connesso di una restaurazione sociale, di un' offensiva liberista, di un attacco allo stato sociale ; dunque una vittoria democratica ma socialmente qualificata. il risultato delle elezioni del 21 aprile ha costituito un evento politico che ha modificato e modifica la cultura politica del paese, le attese, le propensioni. penso che un segno di queste stesse attese, di questo mutamento di clima sia la riuscita, il successo dello sciopero di ieri dei lavoratori a Mirafiori che testimonia di un accrescimento dell' idea che i lavoratori possano tornare a contare. sono cresciute le attese; c' è persino un sovraccarico di attese rispetto alle possibilità concrete di risposta, ma è un bene. queste attese sono una risorsa per cambiare, ma va anche avvertito che il rischio è alto: o si cambia davvero, o cambia qualcosa che la gente possa vedere, toccare con mano, oppure il rischio di un riflusso, di una disillusione, è molto grave; e potrebbe essere pericolosa la deriva. il Governo Prodi chiude una fase e ne apre un' altra. viene dopo il rischio rappresentato dal Governo delle destre presieduto da Berlusconi, di cui noi avevamo denunciato con forte preoccupazione la tendenza al regime, e dopo il suo fallimento. viene dopo il rischio rappresentato dal Governo Dini, di cui noi avevamo criticato l' aspetto tecnocratico e trasformistico, e dopo il suo esaurimento. anche per questo abbiamo colto il tratto di novità del suo discorso, presidente del Consiglio , in un tono democratico e riformistico. non è poco. non è poco per quello che aveva alle spalle. ma quel discorso, quel programma è adeguato alle attese di cambiamento che si sono promosse in Italia e alla necessità storica di questo paese di svoltare, di cambiare? credo di no. non sarei sincero se non dicessi che questo programma non ci convince ancora. potremmo dirlo partendo da molti punti di vista , potremmo fare un discorso strategico, potremmo indicare l' inadeguatezza organica, di fondo, per noi, del riformismo oggi, che, più ancora che nelle sue versioni precedenti, si appoggia al mercato. ma — qui sta il suo paradosso — ciò avviene proprio mentre si apre una divaricazione, in Italia come in tutta Europa, tra la crescita economica da un lato e la sicurezza e il benessere sociale dall' altro. si apre una forbice, con crisi sociali drammatiche, con nuove povertà che si accrescono, con nuove incertezze sulle vite e sui destini delle persone che si accentuano. potremmo dimostrare criticamente che questa forbice, questa contraddizione non è risolta dalle due coordinate che lei propone come linee guida del suo programma. la prima è — mi pare di capire — che comunque, quali che siano le conseguenze sociali, va mantenuto un aggancio al processo di mondializzazione così com' è, a questa Maastricht così com' è, e che le politiche economiche nazionali dovrebbero essere una sorta di variabili dipendenti da questi elementi. no, signori del Governo, questo ragionamento non funziona, non potrà funzionare: troppo gravi sarebbero i prezzi sociali. del resto, vorrei fare una domanda: andando avanti su questa strada, che idea vi siete fatta dell' Italia tra vent' anni , dell' Europa tra vent' anni ? in quale contraddizione tra nord e sud del mondo ci si verrebbe a trovare con queste politiche? e quali sarebbero i processi migratori che si affaccerebbero sul Mediterraneo? e quale natura potrebbe prendere la crisi sociale nelle stesse aree forti dell' Europa? la seconda idea, la seconda coordinata è — mi sembra ancora di capire — che il primo obiettivo delle politiche economiche e finanziarie deve essere mantenuto nel risanamento del bilancio, un elemento sovraordinatore delle politiche economiche e sociali, una sorta di nuovo totem a cui sacrificare qualsiasi altro elemento delle politiche economiche e sociali. ma non è questo quello che è fallito in tutte le politiche dei governi che si sono succeduti, da Amato a Dini? non è questo ciò che è fallito in tutta Europa? perché allora non provare, certo coraggiosamente, osando, a rovesciare la relazione e a tentare invece di perseguire una politica di pieno impiego, di allargamento della base occupazionale, attraverso il quale proporsi pure il perseguimento dell' obiettivo del risanamento del bilancio? per farlo vi è bisogno di una grande risorsa, che è la riscossa della politica. per farlo, certo, bisogna mettere fine ad un elemento di instabilità istituzionale del paese, bisogna chiudere con le tentazione neoautoritarie, tecnocratiche, politiciste che si sono affermate in questi anni. bisogna tornare a difendere e a sviluppare e, per sviluppare, difendere la democrazia esistente, che pure è ancora povera. il discorso di Prodi su questo terreno ha introdotto un elemento di opportuna chiarezza e dà qualche fiducia. Prodi non ha accettato opportunamente le pericolose sirene presidenzialiste e ha scelto una linea che, seppure implicitamente, rifiuta l' ipotesi dell' Assemblea costituente e valorizza invece l' impianto della Costituzione, e sceglie di andare avanti su tale impianto, valorizzando un sistema di autonomie che è una sfida importante, opportuna, necessaria per adeguare il paese ai problemi di trasformazione che ha, per fare delle regioni luoghi della politica di Governo reale dei processi. anche qui, naturalmente, si possono fare domande più impegnative. può una democrazia vivere, ha senso, se la disoccupazione rimane stabilmente sopra il dieci per cento ? può una democrazia vivere se persiste un meccanismo economico che genera esclusioni, rotture, espulsioni dalla cittadinanza? c' è un rapporto tra condizione sociale e democrazia che è fondamentale e il pericolo viene proprio da chi tenta operazioni di separazione. oggi questo pericolo in Italia prende forma dall' alto e dal basso: dall' alto, da chi propone una combinazione di sistema maggioritario e presidenzialismo che caccerebbe fuori dalla democrazia tanta parte del paese; dal basso, da chi propone un separatismo, una rottura in nome di una collocazione di qualche area forte nei processi di mondializzazione, a scapito di una disastrosa rottura dell' unità del paese. per combattere queste tendenze disastrose bisogna essere in grado di connettere di nuovo la democrazia ad un progetto di società. anche per questo noi ci proponiamo di far precipitare il confronto con il Governo, il nostro confronto critico, mentre lo facciamo nascere, sulle questioni concrete. possiamo avere differenti impostazioni: verifichiamole durante il percorso, partendo dalle questioni concrete che la gente vive quotidianamente nel paese. per questo partiamo dalla riproposizione della questione della crisi sociale. è molto grave. la crisi sociale nel paese ha raggiunto un punto di particolare gravità. la disoccupazione ha raggiunto vette che minano la coesione sociale di questo paese. l' Italia ha raggiunto il terribile record di essere il paese a più alta intensità di povertà in Europa. ciò significa che è il paese in cui è diventata più grande la distanza tra ricchi e poveri. che lo sia più della Germania si capisce, ma vorrei che la cogliessimo in tutto il suo allarme quando diventa più di quella dell' Inghilterra dopo la curva della Thatcher. i servizi sociali vengono sistematicamente ridotti, ridimensionati, impoveriti. la scuola torna ad essere un elemento di selezione, di classe. in Italia il dieci per cento delle famiglie ricche consuma e spende otto volte quello che spende il dieci per cento delle famiglie povere. siamo ad un bivio, ad un bivio drammatico. non ho trovato, signor presidente del Consiglio , la piena consapevolezza non di questo stato, ma del bisogno di voltare pagina. trovo un eccesso di continuismo nel suo ragionamento. prendiamo la questione del salario, questione importante e semplice. sono quattro anni consecutivi che le lavoratrici ed i lavoratori perdono potere di acquisto . si intende cosa significa questo dato? credo di no. tre quarti della popolazione lavorativa italiana è addensata in bassi e medi livelli di qualifica. molti di loro guadagnano meno di un milione e mezzo al mese (1.300.000-1.400.000 lire). cosa significa, per questa gente, ridurre il potere di acquisto ? a cosa deve rinunciare? tra il 1992 ed il 1995 i salari sono diminuiti sistematicamente. il costo del lavoro sul valore aggiunto è passato dal 42 al 39 per cento , mentre negli stessi anni i profitti lordi sul valore aggiunto passavano dal 36 al 41 per cento : calano salari e stipendi e si accrescono acutamente i profitti. il Governo afferma che il salario può riprendersi per via della contrattazione. onorevole Prodi, il 1995 ha visto rinnovati molti contratti, ma l' inflazione reale ha continuato a crescere molto più del salario e se dobbiamo guardare al domani sarà forse bene chiedere cosa voglia fare la Federmeccanica, visto che nega di accettare persino la rivendicazione di riallineamento salariale dei sindacati. in ogni caso, vi è un dato, presentato proprio oggi, che taglia la testa al toro: nel mese di aprile i salari sono cresciuti del 3,8 per cento e i prezzi del 4,5 per cento ; i salari e gli stipendi continuano cioè a perdere potere di acquisto . voi ci riproponete la concertazione. ma è questa che è fallita, almeno per i lavoratori. è fallita sul versante dei prezzi e sul versante del recupero dei salari: sul versante dei prezzi per colpa degli aumenti non contenuti e sul versante dei salari per il mancato allineamento. riguardo al primo punto, di chi è la responsabilità? perché nessuno si è alzato a gridare quando la FIAT ha aumentato, uno dopo l' altro, i suoi listini, mettendosi nettamente al di sopra di quell' inflazione programmata, cui sono stati invece ancorati i salari? cosa si vuole, quando si sta in questa condizione, in cui tutti hanno libertà di iniziativa, a partire dalle grandi imprese , e i lavoratori con 1.400.000 lire al mese devono subire perdite costanti del loro potere d'acquisto ? no, noi presentiamo una proposta di legge per una nuova scala mobile , per ricostruire il potere d'acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni. lo facciamo anche perché in questo paese i ricchi, invece, diventano più ricchi: e anche qui, posso dirlo, abbiamo trovato nel discorso programmatico una qualche reticenza. tutti sanno che l' Italia ha l' evasione più alta di tutti i paesi europei e dell' Ocse: credo pertanto che dovremmo tutti dire, almeno in quest' Aula, che in questo paese non si può più pronunciare decentemente la parola « sacrifici » senza aver prima abbattuto l' evasione. è bastato che nei primi mesi di quest' anno la Guardia di Finanza facesse il suo dovere, recuperando 4.000-4.500 miliardi sui circa 200.000 a cui ammonta l' evasione fiscale in Italia, per farci trovare di fronte ad una rivolta fiscale. cos' è questo fisco in Italia? nel nostro paese ci sono due milioni di famiglie che, ogni anno, spendono oltre 140 milioni; vuol dire che guadagnano almeno 250 milioni prima dell' imposta, ma per il fisco sono solo 200 mila le famiglie che guadagnano oltre 150 milioni: le restanti 1.800.000 famiglie ricche sono costituite da evasori. qui ci sono le ricchezze, qui possono e devono essere trovate anche per destinarle ad un' altra politica. l' occupazione è il problema dei problemi: drammatica, attestata oltre il 12 per cento , in alcune regioni raggiunge il 25-30 per cento ; nel Mezzogiorno, più di un giovane su due è disoccupato. come il presidente del Consiglio ha ben colto, l' occupazione è il problema principale del paese, una malattia sociale che tutto degrada, tutto corrompe; anche le condizioni lavorative di cui ha parlato ieri così lucidamente l' onorevole Bianchi sono conseguenza del ricatto, della pressione che la disoccupazione esercita su chi ha ancora un posto di lavoro , specie nelle realtà industriali. cresce il lavoro precario , il precariato è diventato una condizione di massa, ma esso non riduce la disoccupazione, semplicemente sostituisce una parte degli occupati stabili. le ricette della Confindustria sono disastrose, ma debbo dire che non mi convince neppure la replica del presidente del Consiglio sul mercato del lavoro e francamente avrei voluto, onorevole Prodi, che ci fosse stata risparmiata la proposta del contratto ad interim , del prestito della forzalavoro, cioè dell' ingresso in Italia di un nuovo caporalato, quando ancora conosciamo i guasti del vecchio. certo, nel programma c' è la consapevolezza del problema dell' occupazione, finalmente guadagnata, ed è un fatto importante. debbo dire che non c' è ancora, secondo noi, una politica adeguata. è qui che c' è bisogno di innovazione, qui c' è bisogno della svolta: ancora non c' è e noi ci batteremo perché ci sia. vorrei indicare alcune di queste grandi innovazioni, tre almeno. in primo luogo, quella dell' orario di lavoro ; c' è un tono diverso nel Governo, usato anche dal ministro del Lavoro . si riconosce questa esigenza — negata dalla Confindustria — , ma poi si parla di « articolazione » . ma quale articolazione? quella dello scambio tra flessibilità e orario? ma è proprio quella che si è realizzata e che ha visto aumentare l' orario medio del lavoro dipendente , aumentare il lavoro di notte e di domenica, senza risultati occupazionali. no, bisogna avere il coraggio di affrontare il problema della riduzione generalizzata dell' orario di lavoro a parità di salario, bisogna farlo! anche là dove le esperienze aziendali sono andate più avanti, come in Germania, non si può non vedere che sono giunti, dopo dieci anni di grandi battaglie, alla riduzione generalizzata dell' orario di lavoro , che ha portato l' IG Metal a guadagnare le 35 ore a parità di salario. bisogna fare così anche in Italia e aiutare tale sistema con una legge. altro che dire che non vi è bisogno di una legge di sostegno! l' ultima legge italiana sull' orario di lavoro risale al 1923 e stabilisce un orario di lavoro di 48 ore settimanali. chiedo se sia un esempio di civiltà del lavoro quello di un paese che ha in materia di orario una legislazione risalente al 1923 la quale prevede 48 ore lavorative settimanali o se non sia invece necessario cambiare tale disposizione. è venuto il tempo di una grande battaglia sociale e il Governo ha qui un suo banco di prova . la seconda delle grandi innovazioni cui ho fatto riferimento è quella relativa al terreno dell' intervento pubblico. le linee della privatizzazione ci sembrano un ideologismo astratto, quando sono grandi i problemi della collocazione dell' Italia nella divisione internazionale del lavoro e dei mercati. come si fa a procedere in questo campo, senza potenze come l' Enel e la Stet che si muovano in questa direzione? come si fa a realizzare una politica di innovazione, di sviluppo nel Mezzogiorno, se si vogliono portare nel Mezzogiorno gli strati industriali, le aree sistemiche, senza un intervento pubblico capace di programmazione, in grado di introdurre dei fattori che possano far lievitare questi elementi di crescita? serve un nuovo intervento pubblico, altro che l' ideologismo della privatizzazione! c' è bisogno di una svolta negli orientamenti delle politiche economiche per il lavoro o dei lavori extramercantili. qui troviamo un terreno di confronto interessante. in particolare, il Mezzogiorno, l' ambiente, le risorse artistiche e culturali possono diventare un grande progetto specie per i giovani: nel sud ma anche nelle grandi città. vede, noi non siamo stati preoccupati particolarmente per i conflitti di competenza sul Giubileo, ma possiamo dire di essere preoccupati per quale strada si vorrà seguire in queste opere. quale strada scegliamo? quella del passato? quella che ad un evento eccezionale fa corrispondere opere straordinarie? quella che ci regala a Torino lo stadio delle Alpi, rifiutato dai tifosi e adesso sul punto di essere chiuso, con uno spreco scandaloso in cui non si riesce mai a sapere se c' è qualcuno che pagherà i costi di questo spreco? oppure, per stare più vicino, come è avvenuto per i Mondiali, si realizzeranno ancora opere come la stazione di Vigna Clara, aperta una sola volta (il giorno dell' inaugurazione), e poi rimasta lì, monumento all' inutilità e all' incapacità di una classe dirigente ! si vuol continuare così? oppure si vuole battere un' altra strada, che parta dalle condizioni di vivibilità nelle città, soprattutto nelle periferie e dal risanamento di queste? se lo si vuol fare, allora si possono fare dei lavori socialmente utili ; una grande battaglia per il cambiamento, per la trasformazione. e si può farla, si deve farla! questo è il modo anche per intervenire su grandi questioni come quella del costo sociale della scuola, della famiglia. avete avanzato qui delle proposte sulla famiglia, punto nevralgico di un' organizzazione della città civile. ma possiamo dire che, se non si fa una nuova politica sociale , anche queste politiche, come quelle che parlano della scuola, rischiano di risolversi nel loro contrario? quale politica per la famiglia, se ha in casa uno o due figli disoccupati? quale politica per la famiglia, se l' anziano che prima stava nella sua casa è stato da quella dismesso perché non può più pagare l' affitto e non può comprarla? o se la sanità non è in grado né di prevenire né di curare la malattia e se ai figli viene perfino tolto quel tempo pieno a scuola che avevano l' anno precedente ? in quella casa c' è bisogno allora di una politica sociale che la investa, che la investa direttamente. ecco, questo bisogna fare! per far ciò bisogna avere il coraggio dell' innovazione; per far questo si può e si deve cambiare! forse non basteranno cento giorni , ma bisogna provarci. soltanto che nello stesso Governo c' è anche chi vorrebbe andare in direzione opposta. abbiamo denunciato con preoccupazione l' appesantimento nel Governo della presenza di un centro moderato. le nostre critiche alla presenza di Dini, di Di Pietro sono note. oggi vediamo riprendere in grande le manovre per un nuovo e possente centro, che dovrebbe riprendere il comando della vita politica italiana : non so se una nuova Democrazia Cristiana o un nuovo centro di affari o entrambe le cose insieme. si sappia solo che essa, qualora si facesse, non è cosa che possa essere aggiunta a questo Governo. questa sarebbe un' altra maggioranza e un altro governo: il contrario della svolta che noi chiediamo! ho terminato, signor presidente . noi lavoriamo invece perché queste grandi attese del paese abbiano delle risposte; lavoriamo perché le attese diventino protagonismo di massa e partecipazione alla lotta, e saremo qui a rappresentarle, a batterci perché siano accolte dal Governo che facciamo nascere, che pure non è il nostro Governo, perché sappiamo che nessuno si salverebbe davvero se queste attese di cambiamento fossero ancora una volta tradite.