Valter VELTRONI - Presidente del Consiglio Maggioranza
XIII Legislatura - Assemblea n. 482 - seduta del 10-02-1999
Misure di razionalizzazione della finanza pubblica
1999 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 94
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , è scritto, nella prefazione ad un libro uscito in questi giorni, che « la litania ricorrente dei nostri tempi molli e opachi (...) è non ci sono più valori. incontriamo questa litania » — è scritto — « anche nella variante nostalgico-rinunciataria non ci sono più ideali per cui battersi. sfruttamento, violenza, guerra, morti, violazioni dei diritti, sopraffazione dei deboli, delle donne e dei bambini, sottomissione dell' uomo e dei suoi valori alle logiche del denaro e del mercato (le uniche ideologie che godono di immunità ideologica) sono sotto i nostri occhi, ma dato che le glorie dello scontro frontale non sono più in offerta speciale, i neurorecettori della sensibilità all' altrui sofferenza paiono essere atrofizzati. ma non era la libertà dell' uomo, la sua irrinunciabile santità, la posta del contendere? e dunque i termini della questione non rimangono in qualche misura radicalmente gli stessi pur nel mutare delle stagioni e delle intemperie? » . sono le parole e gli interrogativi di Moni Ovadia, che apre così il libro scritto da Gino Strada, le cronache di un « chirurgo di guerra » , come lui si definisce. il libro ha un titolo apparentemente strano: Pappagalli verdi . è il nome che i vecchi afgani hanno dato alle mine antipersona disseminate sulla loro terra. ma si possono chiamare anche « mine giocattolo » o « mine farfalla » . il risultato, purtroppo, non cambia. ovunque, come scrive ancora Ovadia, « le mine antiuomo (...) questi fiori metallici dell' infinita infamia umana, lacerano, accecano, sbrindellano, cancellano parti di vita, creano voragini di antimateria, progettano il non-uomo » . è così. secondo recenti dati delle Nazioni Unite , nel mondo ci sono 110 milioni di mine antiuomo inesplose, sepolte in 64 paesi (primi, fra tutti, l' Afghanistan, l' Angola, la Cambogia e la ex Jugoslavia). sempre secondo l' Onu, nel mondo esplode in media una mina ogni mezz' ora : sono 25 mila le vittime che si contano ogni anno, per il 90 per cento civili. seimila sono bambini. sono cifre impressionanti, che parlano da sole. sono cifre alle quali occorre aggiungere il fatto che questo problema ha la deleteria capacità, come molti altri, di essere un « moltiplicatore » delle diseguaglianze sociali e del divario tra paesi ricchi e paesi poveri. sono soprattutto questi ultimi, infatti, che a causa dei sanguinosi conflitti che li hanno attraversati, anche a distanza di anni, si ritrovano il territorio disseminato di ordigni di morte di sofferenza. sono i terreni di questi paesi ad essere resi impraticabili e inutilizzabili per progetti di sviluppo agricolo, rurale e industriale. e sono le strutture di questi paesi a non essere in grado di sopportare la presenza di migliaia di persone mutilate dalle mine, che finiscono per rappresentare, purtroppo, anche un insostenibile onere sociale ed economico. in Nicaragua, tra i danni causati dall' uragano Mitch, c' è quello delle circa 70 mila mine antiuomo fatte affiorare dalle piene dei fiumi. ebbene, in quel paese, speculando in modo orribile sulla disperazione dei più poveri, i proprietari terrieri ingaggiano i contadini, pagandoli cifre irrisorie, per disattivare le mine antipersone. ed è di questi giorni la notizia che al confine tra Cina e Vietnam c' è un villaggio in cui, su 83 famiglie, in 81 vi è una persona con una gamba amputata. un villaggio inserito in un distretto in cui 1.400 persone sono morte e 2.600 sono rimaste ferite con gravi menomazioni dallo scoppio di mine di fabbricazione cinese, vietnamita, americana e russa. paesi, questi, che non hanno firmato la Convenzione di Ottawa, alla quale, invece, ha dato la sua adesione l' Italia. dopo aver posseduto, per molto tempo — per troppo tempo — il triste primato di essere uno dei tre principali paesi produttori ed esportatori di mine antipersona , l' Italia ha prima interrotto la produzione nel 1993, poi ha adottato una moratoria sull' esportazione nel 1994 e, quindi, intensificato la propria azione diplomatica nel quadro degli sforzi che hanno segnato il processo di Ottawa. mentre tale processo andava avanti, il Parlamento italiano ha avuto il merito di predisporre, nel 1997, una legge che è senza dubbio la più avanzata in materia tra quelle esistenti a livello internazionale: un merito che va riconosciuto al ruolo svolto dal presidente della Commissione esteri della Camera, onorevole Achille Occhetto, e al lavoro della Commissione nel suo insieme di tutte le forze politiche in essa comprese. è una legge che non solo ha recepito e incorporato elementi assai qualificanti del dibattito mondiale sulle mine, ma che estende in modo significativo la definizione di mine antipersona , andando al di là di quelle classiche e comprendendo anche quelle adattabili, vale a dire quegli ordigni che con un semplice trucco possono essere trasformati da mine anticarro a mine antibambino; una legge che proibisce la ricerca ed il trasferimento di tecnologie relative alle mine e ai loro componenti, che prevede forti e giuste sanzioni civili e penali per chi viola il suo dettato. tutto questo rappresenta una sorta di valore aggiunto rispetto alla normativa internazionale ed è confermato nell' attuale disegno di legge . insomma, il nostro paese può legittimamente dirsi alla testa di quella che è una grande battaglia per la difesa e l' affermazione dei diritti umani . così come è stato e come è per la battaglia condotta contro la pena di morte o per l' istituzione di una Corte penale internazionale che giudichi i crimini e i criminali di guerra. così come deve essere nella soluzione del conflitto che lacera il Kosovo, nella condanna di chi — penso a Saddam Hussein — quei diritti calpesta ogni giorno, nel sostegno a chi in Cina rivendica la democrazia e i diritti civili , a chi in Birmania lotta per la libertà insieme alla signora Aung San Sun Kyi . ratificare la Convenzione di Ottawa non è, allora, una formalità. non è formale, soprattutto, il ruolo che l' Italia potrà svolgere nell' immediato futuro, a cominciare dalla prossima conferenza che si terrà a Maputo, in Mozambico, dal 1 al 5 maggio. occorrerà allora fare le giuste pressioni in sede internazionale perché anche i paesi che non hanno firmato la convenzione entrino pienamente a far parte di questo processo, consentendo la sua universalizzazione. e al tempo stesso sarà importante predisporre strumenti sanzionatori certi e più efficaci di quanto non siano quelli attuali. così come serviranno sistemi di monitoraggio che consentano di rendere effettive le risoluzioni adottate, di portare a termine le numerose e delicate operazioni di sminamento e di fare un ulteriore passo in avanti lungo un cammino che è di civiltà. a questo proposito voglio indicare una via, un modo di procedere. ho accennato prima al ruolo dell' opinione pubblica e all' attività delle associazioni, alla quale hanno fatto riferimento diversi colleghi che hanno preso la parola prima di me. un ruolo che anche nel nostro paese è stato per certi versi decisivo, un' attività che ha visto protagonisti sessanta organismi di volontariato, centonovantadue enti locali e centinaia di gruppi, scuole, sindacati e parrocchie che hanno aderito alla campagna italiana per la messa al bando delle mine antipersona , avviata il 1 dicembre 1993. quello che si è riusciti a fare fino ad oggi è la dimostrazione che è possibile armonizzare società civile e società politica, raggiungendo risultati importanti. è la prova che è possibile agire concretamente e portare avanti battaglie di grande valore ideale, senza indugiare in dibattiti poco appassionanti attorno a presunti primati dell' una o dell' altra sfera. credo che anche in futuro sarà importante, allora, che le cose da fare — ho provato a dirne qualcuna — siano fatte insieme. organizzazioni non governative e associazioni, istituti internazionali e partiti, devono trovare i modi e le forme per collaborare in modo stretto e permanente. con un' intesa che sarebbe occasione di crescita e di arricchimento reciproco. la condizione, per quanto riguarda noi, per quanto spetta alla politica, è che si comincino a considerare — ciò che ancora non è — in tutto il loro valore grandi temi come questo, che si comincino a stabilire priorità diverse nell' agenda dei nostri impegni, che il tempo di chi ha responsabilità politiche di primo piano non debba essere speso tutto nel quotidiano balletto di dichiarazioni, di repliche e di controrepliche. Vittorio Foa ha scritto: « il rapporto fra idealismo e realismo è un nodo costante della politica (...). l' ideale in politica è dare un senso all' azione, non vederla fine a se stessa ma vederla protesa a fini che trascendono il soggetto che pensa e agisce, trascendono il tempo immediato e lo spazio vicino » . è questo, signor presidente , il motivo per cui ho chiesto la parola oggi in quest' Aula. per affermare, una volta di più e nel luogo più significativo possibile, dove sono stati gettati i principi fondanti della nostra Repubblica, l' indissolubilità del legame che deve unire l' azione politica e i valori, l' attività di Governo e i grandi ideali. per quanto mi riguarda, e per quanto riguarda la sinistra democratica, è così, sarà così. è questa la nostra idea della politica. nella consapevolezza che si può essere una forza capace di governare in modo serio e al tempo stesso in grado di fare la propria parte, anche culturale, e ideale, attorno a temi come questo. nella convinzione che la capacità di governo di una moderna forza della sinistra si misura anche dalla sua capacità di avere, come guida della propria iniziativa politica, ideali e valori attorno ai quali costruire e mantenere viva la propria identità.