Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 462 - seduta del 13-01-1999
Abrogazione della legge del 31 marzo 1953
1999 - Governo Scelba - Legislatura n. 2 - Seduta n. 132
  • Comunicazioni del governo

signor presidente della Camera, colleghi deputati, il protocollo sulla politica dei redditi e dell' occupazione, che fu firmato il 23 luglio 1993, rappresentò un momento fondamentale nella evoluzione della politica economica e delle relazioni industriali del paese... con quel modello di politica dei redditi e di concertazione sociale e con quell' assetto della contrattazione collettiva si è infatti definito un sistema di vincoli, di procedure e di comportamenti tale da permettere all' Italia di conseguire obiettivi altrimenti forse irraggiungibili: il contenimento della dinamica inflazionistica, innanzitutto, che ha permesso di salvaguardare i redditi delle famiglie; il risanamento della finanza pubblica , che ha consentito di rispettare gli obiettivi di Maastricht; il prevalere di relazioni industriali cooperative, che ha aperto la strada ad un rilancio della competitività delle nostre imprese. la responsabilità dei comportamenti degli attori sociali, derivata dal protocollo, si è rivelata dunque essenziale per garantire l' avvio della modernizzazione del paese e per determinare il passaggio verso una condizione economica che pone oggi l' Italia in condizioni di maggiore competitività nella sfida della globalizzazione, garantendo il mantenimento di condizioni sociali adeguate. credo, cioè, che grazie alla concertazione ed all' accordo tra le forze sociali fondamentali del paese sia stato possibile realizzare l' avvio del risanamento ed il congiungimento dell' Italia ai paesi del primo gruppo della moneta europea, in un quadro di equità sociale e di collaborazione tra le forze fondamentali della nostra economia. il Governo ha preso le mosse dall' esigenza di rinnovare quel patto; quel patto, giunto a scadenza e messo in discussione da taluno degli interlocutori che ne erano stati protagonisti e firmatari, doveva essere rinnovato, come fondamento di un sistema di relazioni sociali in grado di farci affrontare una nuova fase della vita del paese. la trattativa che abbiamo condotto subito, a partire dalla costituzione stessa del Governo, e che ha portato a siglare, il 22 dicembre scorso, un accordo tra Governo e parti sociali , ha rappresentato appunto la risposta all' esigenza di dare continuità, nel nuovo quadro, a quel patto sociale che ha consentito all' Italia, lo ripeto, di vincere una sfida che a molti nostri partner europei sembrava impossibile. voglio sottolineare innanzitutto due aspetti che mi sembrano fondamentali nell' accordo — che d' altro canto voi conoscete — che abbiamo presentato accompagnato dai suoi allegati e che costituisce molto più di un impegno di comportamenti: costituisce un vero e proprio programma di politica economica , con scadenze ed impegni assai precisi. non voglio dunque ripercorrerlo in tutti i suoi punti, ricordarlo a voi che certamente lo avete letto, ma intendo sottolineare gli aspetti che mi sembrano essenziali, a partire da due punti che lo caratterizzano politicamente in termini anche nuovi rispetto al 1993. il primo punto è che l' accordo che abbiamo firmato non si limita a confermare e riproporre un modello di relazioni sociali e una struttura della contrattazione ma, a partire da tale conferma — che peraltro non era affatto scontata — propone nuovi e ambiziosi obiettivi comuni al Governo e alle forze sociali , innanzitutto in termini di sviluppo, di crescita dell' occupazione, di giustizia sociale e di modernizzazione complessiva del nostro sistema. il secondo aspetto è che a questo accordo hanno portato il loro sostegno — non solo la firma ma anche la loro partecipazione attiva nella fase preparatoria — numerose organizzazioni sociali, molte delle quali non furono tra quelle firmatarie del patto del 1993, con un arco di rappresentanza assai vasta e significativa sia nel campo del sindacalismo dei lavoratori, coinvolgendo oltre ai sindacati confederali la quasi totalità del sindacalismo autonomo, sia nel campo delle organizzazioni imprenditoriali, fra le quali sono state protagoniste non soltanto la Confindustria ma, nel corso della complessa ricerca comune della trattativa, anche le organizzazioni degli imprenditori minori, dei commercianti, degli artigiani, del mondo agricolo, cioè dell' insieme delle grandi forze economiche ed imprenditoriali del paese. credo che ciò sia un motivo di riflessione per tutti, o almeno dovrebbe esserlo; la riflessione è poi facoltativa. nel corso delle prossime settimane mi auguro che ad esse si aggiungeranno, attraverso uno specifico protocollo, le rappresentanze di un mondo forse meno noto ma sempre più importante per la vita quotidiana di tutti noi, quello del terzo settore e del volontariato. considero queste novità — sia la centralità che assumono i temi del lavoro e dello sviluppo nel patto sociale , sia il concorso così vasto di organizzazioni rappresentative di settori diversi del mondo del lavoro — molto positive; tali organizzazioni — non credo sia giusto nasconderlo — pur avendo ispirazioni politiche diverse tra loro, non hanno mancato di concorrere, anche esprimendo apertamente apprezzamento per il metodo seguito, alla ricerca di una piattaforma convergente e all' assunzione di una comune responsabilità, responsabilità vorrei dire a proposito della cultura del nostro paese. è il contesto politico, economico e sociale nuovo, profondamente diverso rispetto a quello del 1993, che ci ha consentito di mettere al centro di questo nuovo patto i temi del lavoro e dello sviluppo. ciò è oggi possibile perché il paese ha conseguito obiettivi di storica rilevanza e si trova in un quadro macroeconomico più stabile, più sano nei suoi elementi fondamentali, in una situazione di stabilità monetaria e in una condizione di finanza pubblica che certamente è lontana dall' aver risolto i grandi problemi strutturali, eredità di un lungo passato, ma che tuttavia pare avviata verso un circolo virtuoso e dentro — saldamente dentro i vincoli — le obbligazioni e i margini di manovra definiti a seguito del completamento dell' unione monetaria e degli impegni che il nostro paese ha assunto e confermato ancora in questi giorni. in questo nuovo quadro, caratterizzato dalla riduzione del costo del denaro , dal contenimento del costo del lavoro , dalla riduzione della spesa per interessi, appare possibile perseguire l' obiettivo di una crescita non inflazionistica, di uno sviluppo solido e duraturo. questo obiettivo non è soltanto l' obiettivo dell' Italia. il patto per il lavoro che abbiamo sottoscritto sta dentro il quadro di un impegno comune dei paesi dell' Unione Europea , che oggi individuano insieme, così come è apparso chiaro nella riunione del Consiglio europeo di Vienna, l' obiettivo della crescita e dell' occupazione come il grande obiettivo comune dell' Europa. fare dell' area dell' euro un' area di crescita stabile e affrontare il problema della disoccupazione strutturale in Europa è la sfida comune dei governi europei: affiancare alla moneta unica un sempre più stringente coordinamento delle politiche economiche , l' avvio di un coordinamento delle politiche fiscali , un programma di investimenti e di iniziative economiche europee in grado di caratterizzare sempre di più l' Unione come un soggetto politico e non soltanto come un' area di libero cambio. credo che anche questo avvio dell' euro, accompagnato da un rilevante successo, abbia dimostrato come la forza di attrazione di questa moneta rappresenti una significativa garanzia per i paesi che fanno parte dell' area ed una garanzia di stabilità di una moneta forte, che appare come un argine di fronte ai rischi (e non soltanto ai rischi) di ricorrenti crisi finanziarie. proprio in queste ore, a partire dalla crisi del Brasile, misuriamo tuttavia anche i pericoli che esistono nella situazione internazionale e la necessità (ne abbiamo parlato proprio in questi giorni con il Primo Ministro del Giappone, ospite del nostro paese) di un impegno comune dei paesi più forti, degli USA, del Giappone, dell' Unione Europea , per sostenere un' azione economica anticongiunturale a favore dello sviluppo ed un impegno comune contro rischi recessivi, nonché, nel dialogo fra questi paesi, della costruzione di una nuova architettura delle relazioni economiche e finanziarie internazionali, in grado di garantire stabilità e prospettive di sviluppo, in grado di aiutare i paesi più deboli a prevenire le crisi, dotando anche il Fondo Monetario e le altre istituzioni internazionali degli strumenti necessari per intervenire, per garantire stabilità finanziaria, per prevenire e combattere fenomeni speculativi. sono grandi problemi, certamente irrisolti, ma oggi l' Italia può dire con orgoglio di poter partecipare alla discussione ed alla ricerca delle soluzioni come un paese protagonista, e questo è certamente merito dei governi che hanno guidato il risanamento, fino ai risultati straordinari ottenuti dal Governo Prodi. se noi non avessimo avuto la forza dei sacrifici e degli impegni negli anni trascorsi, oggi saremmo ai margini, in una condizione, io credo, di dolorosa frustrazione per il nostro paese. è a partire, dunque, da questi risultati che possiamo proporci obiettivi di sviluppo come quelli contenuti nel patto che oggi è all' esame del Parlamento. vorrei anche aggiungere che proprio la complessità dell' accordo, la sua ricchezza, la sua articolazione, l' indicazione di obiettivi e di scadenze hanno reso, a mio giudizio, necessario introdurre nel metodo della concertazione un elemento di novità, qual è questo dibattito parlamentare : un dibattito che assume per noi lo stesso significato che per le organizzazioni sociali ha la discussione democratica nella quale esse sono impegnate con la loro base; la nostra base di consenso è certamente rappresentata, nel nostro ordinamento, dal Parlamento e dalla maggioranza che in esso si forma. è del tutto evidente, come ho precisato anche di fronte al Senato della Repubblica , che il Governo non intende chiedere al Parlamento un avallo preventivo a tutti i singoli provvedimenti, alle misure alle quali il patto fa riferimento e su ciascuno dei quali il Parlamento, poi, nella sua sovranità, sarà chiamato a pronunciarsi con assoluta libertà di valutazione, di giudizio, di emendamento e di voto. ma è sul significato complessivo dell' accordo, sulle sue linee ispiratrici, sui suoi grandi obiettivi che noi abbiamo ritenuto giusto interrogare il Parlamento, come momento di formazione di una volontà comune, come necessario conforto al Governo allorquando l' Esecutivo assume impegni assai rilevanti, non solo nel breve periodo ma anche in prospettiva. mi permetto di sottolineare come questa esperienza italiana della concertazione si vada arricchendo; anche questo momento di discussione parlamentare è una novità ed è un metodo che ormai ha una sua storia e che via via si viene precisando e arricchendo di nuovi elementi. a me sembra che questa esperienza italiana susciti interesse anche in sede europea, anche in paesi che hanno avuto esperienze completamente diverse. è evidente che la concertazione non vuole costituire un impedimento, non solo, come è ovvio, alla libera dialettica politica, ma anche alla libera dialettica sociale. la concertazione non è preclusione al conflitto sociale, una gabbia per impedire il conflitto, come si è detto. al contrario, il conflitto esiste anche in un sistema in cui la concertazione vi sia ed abbia un peso, come avviene nel nostro paese, laddove vi sono, come vi sono, interessi legittimamente contrapposti. la concertazione determina, però, il quadro delle regole entro cui il conflitto può svilupparsi senza effetti distruttivi sull' economia; detta i comportamenti utili al raggiungimento di quegli obiettivi, che sono comuni, così come fu comune l' obiettivo del risanamento nell' equità sociale e quello dell' euro, così come oggi è comune alle grandi forze sociali ed al Governo l' obiettivo dello sviluppo e della crescita dell' occupazione. la concertazione aiuta a creare lo spirito di un impegno convergente delle grandi forze sociali per raggiungere obiettivi che altrimenti il paese non riuscirebbe a raggiungere. ovviamente, essa è rispettosa del ruolo delle istituzioni, in primo luogo di quello del Parlamento, al quale ho fatto cenno, ma anche di quello delle regioni e degli enti locali . noi non abbiamo imposto alle regioni e agli enti locali la firma del patto sociale , ma esse e le loro associazioni — la conferenza dei presidenti delle regioni, l' Anci e l' UPI — , non solo hanno chiesto di partecipare, come era necessario, alla fase formativa delle intese, ma hanno poi ritenuto di doverle sottoscrivere, ovviamente, per quelle parti che impegnano le istituzioni locali, anch' esse accettando, in qualche modo, di collocare la propria azione di governo entro un quadro di obiettivi condivisi e comuni. con qualche superficialità, alcuni hanno osservato che proprio le diverse condizioni oggi prevalenti nel paese, il fatto cioè che non saremmo più nell' emergenza di un' inflazione a due cifre o di un deficit pubblico fuori controllo, renderebbero irrilevante la stesura di un patto sociale , né vi sarebbe — qualcuno ha detto — un obiettivo di grande valenza concreta e simbolica, come è stato l' euro, a giustificare questa sorta di union sacrée delle grandi forze sociali dell' Italia. credo che questa interpretazione sia sbagliata e che di un nuovo patto sociale il paese avesse bisogno, anche perché non ritengo che, pur avendo avviato una fase nuova e virtuosa, abbiamo risolto i grandi problemi strutturali e le ragioni di arretratezza strutturale del nostro paese rispetto agli altri paesi europei . credo, soprattutto, che fosse giusto concludere un patto per definire i nuovi obiettivi verso i quali tendere: certamente, la crescita dell' occupazione, ma in un quadro che è più complesso e che riguarda la qualità dello sviluppo e la modernizzazione del paese. credo, cioè, che la discussione che ha preparato il patto sociale , il patto stesso, la sua successiva attuazione, possano aiutare il paese ed anche l' insieme delle forze politiche a sviluppare un confronto che guardi in avanti, che si misuri sugli obiettivi di crescita e di accumulazione e che incoraggi l' Italia ad avere fiducia nel proprio futuro. d' altro canto, una delle ragioni che hanno spinto le forze sociali a superare anche contrasti e legittime resistenze, per giungere a siglare l' intesa entro l' anno 1998, prima di Natale, è stata la volontà, non solo nostra, ma anche dei nostri interlocutori, di lanciare un messaggio di fiducia, di ottimismo e di incoraggiamento agli operatori economici, agli imprenditori, agli attori sociali, in grado di sollecitare una mobilitazione delle energie migliori del paese in un programma di sviluppo. il patto, nelle sue grandi e fondamentali linee, mira ad accrescere la competitività delle imprese e del « sistema italia » nel suo complesso, nonché a far crescere l' occupazione attraverso investimenti pubblici, quali quelli previsti dalla cosiddetta programmazione negoziata dal basso e come quelli che stiamo programmando nel quadro dell' Agenda 2000 (e, quindi, nel programma comunitario di sostegno per gli anni 2000-2006). vorrei sottolineare, a questo proposito, la notizia di oggi, secondo cui il nostro paese ha centrato l' obiettivo del 55 per cento dell' uso dei fondi comunitari... poi lei avrà modo di spiegarci. al 31 dicembre 1998 l' Italia ha effettuato pagamenti per il 55,16 per cento degli interventi previsti per il periodo 1994-99 ed ha impegnato il 79,2 per cento dei finanziamenti. si tratta di un risultato di grande rilievo per un paese che soltanto due anni fa era al 7 per cento di utilizzazione delle risorse disponibili. questo risultato ci parla anche di un miglioramento del grado di efficienza della Pubblica Amministrazione a livello centrale e periferico. si tratta di rilevanti investimenti pubblici. nel periodo fino al 1999 sono stati resi disponibili per il Mezzogiorno 60 mila miliardi di lire ; nel periodo 2000-2006 saranno disponibili altri 120 mila miliardi. per questi rilevanti investimenti pubblici europei e cofinanziati sul piano nazionale la programmazione intende coinvolgere, sin dalla formazione delle scelte, le istituzioni locali ed in modo particolare le regioni e gli operatori economici; in proposito prevediamo una semplificazione delle procedure al fine di assicurare maggiore snellezza e certezza (è una delle grandi scelte indicate dal patto, su cui il Governo è già impegnato a lavorare). si tratta anche di investimenti pubblici selettivi nella scelta delle cose da fare, con una cultura che vuol essere non più la vecchia cultura dell' opera pubblica scelta solo per appaltare i lavori, ma dell' opera che si collega ad un progetto di sviluppo, di crescita economica di un' area, di valorizzazione delle sue risorse, di sostegno alle forze imprenditoriali locali. nel campo degli investimenti pubblici questo aspetto non ha trovato esplicito riferimento nel patto, ma ne costituisce parte integrante . di questa parte sono elemento costitutivo i programmi di iniziativa nel campo dei lavori pubblici e dei trasporti, che spaziano dalle risorse idriche all' edilizia demaniale, dalla viabilità stradale ed autostradale alla riqualificazione urbana, alle opere marittime, alla difesa del suolo. investimenti pubblici, dunque, in una logica di nuova programmazione, di selezione, di rapidità e snellezza delle procedure. l' altra grande scelta strategica, direi quella fondamentale, è il sostegno e l' incoraggiamento agli investimenti privati attraverso una scelta strutturale di riduzione del costo del lavoro . una riduzione degli oneri che gravano sul lavoro è necessaria per incidere sulla contraddizione strutturale per cui il nostro paese detiene quello che a lungo è stato un duplice primato (ora non è più così, perché il costo relativo del lavoro in Italia è già sceso in modo significativo rispetto agli altri paesi europei ): il costo del lavoro relativamente alto ed i salari certamente bassi. la riduzione del costo del lavoro , dunque, è una delle grandi scelte del patto, perché si tratta di incidere sugli oneri impropri, sugli oneri sociali che gravano sul salario del lavoratore italiano il doppio di quanto gravino mediamente sui salari degli altri lavoratori europei. il patto prevede incentivi di carattere fiscale per le imprese, in particolare per incoraggiare gli investimenti in grado di rendere le imprese più competitive e di creare lavoro. su questa vasta materia degli incentivi — che sono veramente molti — credo che il Governo dovrà tornare; anzi, dovrà farlo senza dubbio in modo più organico in sede di riordino degli incentivi, sulla base della delega prevista nel collegato ordinamentale, all' esame del Parlamento. l' altra grande scelta di fondo è quella di puntare ad una riduzione del peso della fiscalità. vorrei sottolineare che già quest' anno l' Irap ha determinato una riduzione del peso della fiscalità sulle imprese italiane; le entrate dell' Irap sono state di 6 mila miliardi inferiori rispetto a quelle delle imposte che l' Irap ha sostituito, con un beneficio per il sistema complessivo delle imprese, anche se ripartito diversamente, a seconda delle varie condizioni di indebitamento e di ricorso alla manodopera da parte delle imprese stesse. intendiamo proseguire su una linea di alleggerimento compatibile con gli obiettivi finanziari del paese, non soltanto attraverso la Dit ed una sua anticipazione in direzione delle imprese, ma anche in direzione delle retribuzioni medie e medio basse , con l' obiettivo esplicitamente indicato nel patto di una riduzione delle aliquote, a cominciare da quella del 27 per cento , che tocca il grosso dei salari e degli stipendi medi e medio bassi degli italiani. l' obiettivo è dunque quello della riduzione del costo del lavoro e del carico fiscale. infine — ma questo è forse uno dei temi che si sarebbero dovuti citare per primi, data la sua rilevanza — il patto per il lavoro prevede significativi investimenti sull' istruzione, sulla formazione e sulla ricerca scientifica , cioè sul capitale umano e sulla capacità competitiva del nostro sistema sotto il profilo della qualità. pensare alla qualità del futuro del paese ha significato pensare anche alla sua capacità di produrre, di diffondere conoscenze e di accumulare capitale umano . larga parte dell' accordo è fondata sulla convinzione che un ruolo crescente lo avrà la creazione e la diffusione di conoscenze e, quindi, il sistema di istruzione, di formazione, di ricerca e trasferimento di tecnologie, oggi condizione essenziale per un modello sociale equilibrato e per una capacità competitiva elevata del nostro sistema. il governatore della Banca d'Italia , Fazio, ha giustamente ricordato come uno dei fattori di competitività a livello internazionale sia il livello di istruzione e come l' Italia sia purtroppo sotto la media del G7 da questo punto di vista . non è un caso, quindi, che questo sia uno degli obiettivi principali che ci proponiamo. al recupero del ritardo accumulato dall' Italia in questi campi sono finalizzate le tante, dettagliate ipotesi di intervento e le risorse destinate in particolare al finanziamento delle misure di riqualificazione e di estensione dell' attività formativa. naturalmente questo significa che in senso più generale il Governo richiama il suo impegno sulle questioni della politica scolastica . la politica scolastica del Governo non è ovviamente oggetto di negoziato tra le parti sociali . quando parlo di impegno del Governo sulla politica scolastica mi riferisco all' elevamento dell' obbligo, alla riforma dei cicli, alla parità scolastica, all' autonomia scolastica da implementare anche sulla base di un nuovo contratto della scuola — per il quale siamo in dirittura d' arrivo — , che conterrà incentivi alla professionalità ed anche corrispettivi per i nuovi impegni che l' autonomia scolastica chiede agli insegnanti, ai direttori didattici, ai presidi. ma il patto, come è ovvio, si sofferma in modo particolare sul rilancio della formazione professionale , su un impegno delle imprese in tal senso e sulla possibilità di contratti di formazione e di ricerca che si svolgano anche all' interno delle imprese, nel quadro di una politica del Governo per una riqualificazione, una riforma ed uno sviluppo dell' intero sistema di istruzione e di formazione del paese. pensare alla qualità dello sviluppo del paese e del suo futuro ha significato, infine, porre le basi per una crescita equilibrata e non disgiunta dall' equità. sottolineando il ruolo della formazione ed impegnando le parti ad una discussione fattiva sul tema degli ammortizzatori sociali , riaprendo la discussione sulle questioni del sostegno dei redditi bassi e dei carichi familiari e riproponendo il tema della cittadinanza, il patto ha dato nuova linfa alla questione della riforma dello stato sociale , trattandola come una riscrittura delle istituzioni sociali del paese e non solo delle sue leggi di spesa. abbiamo oggi la possibilità di disegnare — io credo con un accordo ampio — un welfare meno passivo e risarcitorio, più attento a creare canali di opportunità, ma anche più centrato sull' idea di cittadinanza e non già di appartenenza categoriale. la sola idea dell' estensione di un intervento sulla maternità a tutte le cittadine italiane costituisce un cambio di passo culturale; l' idea cioè che il diritto alla maternità, all' assistenza nella maternità, non appartenga in modo esclusivo su base contrattuale a chi ha un rapporto di lavoro ma a tutte le donne italiane e debba tendenzialmente diventare un diritto di cittadinanza, credo sia un' idea di grande valore, anche se certamente occorrerà tempo per poterla tradurre in pratica. permettetemi qui di sottolineare che, mentre si sono dedicate pagine agli aspetti, per esempio, fiscali del patto, nessuno ha ritenuto di dover sottolineare il richiamo esplicito che il testo del patto fa in premessa al tema delle pari opportunità . sono convinto (ed è convinzione dell' intero Governo) che la modernizzazione del paese sia un tema che ha molto a che vedere con quello delle pari opportunità . dico cioè che pur non contenendo (non poteva che essere così) una riforma dello stato sociale , questo patto tuttavia si predispone nella direzione di una riforma dello stato sociale , contiene nuovi principi di socialità e su questa base noi intendiamo, nel clima anche positivo che si è creato, nel dialogo con le forze sociali , andare avanti per una più ampia e organica riforma. questi sono i titoli di un patto che, lo ripeto, costituisce molto di più di un impegno di comportamento e rappresenta un vero e proprio programma di politica economica . un programma volto allo sviluppo, alla crescita dell' occupazione, che punta sull' accumulazione di capitale fisico e sull' accumulazione e riqualificazione di capitale umano e intellettuale, ed anche sull' accelerazione e la qualità della programmazione degli investimenti pubblici. non è mancato chi ha osservato come la novità della situazione del paese avrebbe richiesto — così si è detto — nuovi e diversi assetti contrattuali. come ho detto al Senato (ho visto che ciò ha formato oggetto di un vasto dibattito, anche se nella discussione mi sono state attribuite affermazioni che non ho fatto, per cui rileggerò quanto ho detto al Senato; sono sicuro che per qualcuno ciò apparirà come una ritrattazione, ma questo è il destino delle comunicazioni di massa nella nostra epoca; rileggo la trascrizione) ritengo che questa osservazione non sia infondata. dico sinceramente che da parte del Governo non è mancata la disponibilità ad innovazioni nel senso di un modello contrattuale più elastico in grado di valorizzare ancora di più la dimensione decentrata della contrattazione e di garantire quindi una più ricca articolazione. su questo punto si è svolta una discussione vera, nella quale sono state avanzate preoccupazioni serie e seriamente motivate da parte delle grandi organizzazioni sociali circa il rischio che un eccesso di articolazione della contrattazione avrebbe potuto far perdere loro la possibilità di esercitare quel Governo della politica dei redditi , che ha rappresentato una condizione essenziale per vincere la sfida di questi anni. si tratta di una preoccupazione legittima che il Governo non poteva non considerare con rispetto, pur nella comune consapevolezza che questo impianto contrattuale, ancora così fortemente incentrato sulla dimensione non superabile del contratto nazionale, tenderà nel tempo ad essere corretto dai fatti. di tale circostanza vi è una coscienza comune: la nostra presenza in un contesto caratterizzato dalla moneta unica , dall' assenza di inflazione, e l' operare all' interno di un quadro fondamentale di norme e di diritti che sarà europeo e non più nazionale, farà sì che la contrattazione del salario avverrà sempre più laddove si produce la ricchezza e cioè nell' azienda, intesa non soltanto in senso stretto ma anche come distretto produttivo o area geografica omogenea. credo che di ciò siano coscienti tutte le forze che sono state protagoniste della discussione che ha portato all' accordo. tuttavia ha esercitato un peso (e ripeto che il Governo non poteva non rispettare questa preoccupazione) il timore che in questo momento un eccesso di articolazione avrebbe fatto perdere alle grandi forze sociali il controllo delle leve di una politica dei redditi , di un patto antinflazionistico, di una garanzia per tutti i lavoratori, leve che restano essenziali per garantire un quadro di equità e un impegno comune dei grandi attori sociali. noi intendiamo tuttavia sostenere la transizione verso quel livello di inflazione europeo che porterà progressivamente a cambiare, nella sostanza, anche gli assetti contrattuali nel nostro paese allorché la dimensione della difesa salariale come tutela dall' inflazione a livello dei contratti nazionali finirà per perdere progressivamente di significato. sarà impegno del Governo, nel determinare il tasso di inflazione programmato, guardare all' Europa come obiettivo al quale tendere, evitando di difendere un' anomalia italiana dalla quale possiamo e stiamo già progressivamente prendendo le distanze. le innovazioni più autentiche che il patto contiene.... mi sono espresso a questo proposito, formulando l' auspicio che si concluda il contratto dei metalmeccanici. ho visto che dopo questo mio intervento è venuto dalle parti sociali , compresa la Federmeccanica, l' impegno a ricercare una soluzione positiva. ho visto che le parti si sono date appuntamento per avviare una trattativa — come si dice — non-stop alla quale il Governo guarda con grande interesse. ho già detto che, qualora non si raggiunga un accordo, il Governo si riserva, com' è avvenuto in altri momenti, di impegnarsi attivamente affinché si raggiunga l' accordo. non siamo affatto insensibili a che si concluda positivamente il contratto dei metalmeccanici. la ringrazio comunque, onorevole Giordano, per il suo richiamo, ma le rendo noto che il Governo ha già preso posizione. sono due giorni, infatti, che si discute anche criticamente di questa posizione che ha già preso il presidente del Consiglio . e comunque io formulo qui l' augurio che le parti risolvano... quando dico le parti, ovviamente, tra le parti c' è l' una e l' altra. e che trovino un' intesa! ma io vorrei, concludendo, sottolineare quelle che a me sembrano le innovazioni più autentiche che il patto contiene. queste riguardano non tanto il rapporto tra le parti sociali quanto il rapporto tra lo Stato, le parti sociali e i cittadini tutti. il tema dell' ammodernamento, della semplificazione, dell' innovazione organizzativa della Pubblica Amministrazione , diventa oggi centrale nella struttura del patto, così come centrale è l' attenzione che il patto rivolge al ruolo complessivo delle istituzioni nazionali e locali. è un ruolo in cui la trasparenza delle procedure non è un optional, in cui la capacità di selezione dei progetti e il rafforzamento delle attività di valutazione e di monitoraggio costituiscono finalmente delle priorità, in cui l' amministrazione deve essere capace di muoversi in anticipo, di dialogare e di far dialogare diversi livelli di Governo. questa volta, dunque, lo Stato ha assegnato a se stesso un ruolo più impegnativo; non più soltanto « pagatore » degli oneri di un patto stretto tra le forze sociali , ma parte in causa, in primo luogo in quanto dal suo funzionamento come datore di lavoro , produttore di servizi, di progetti e di decisioni dipende la riuscita del patto stesso e, insieme, perché il Governo si presenta come garante dell' efficacia, dei modi in cui saranno impiegate le risorse pubbliche. non a caso, lo Stato ha riservato a se stesso l' attività di monitoraggio dei risultati del patto e anche la possibilità di mutare rotta qualora gli obiettivi non fossero raggiunti. vorrei sottolineare questo punto poiché mi sembra di grande importanza. i firmatari dell' accordo hanno stabilito insieme nel documento che vi saranno almeno due verifiche annuali di politica economica . avremo, infatti, una sessione primaverile che interverrà a ridosso della presentazione del documento di programmazione economica e finanziaria e che quindi proporrà al Parlamento non soltanto la determinazione degli obiettivi, ma anche una verifica dei risultati raggiunti condotta concordemente tra le forze firmatarie. vorrei dire che si tratta di un momento nel quale ciascuno risponderà del proprio operato: il Governo dei provvedimenti per i quali si è impegnato con scadenze che sono anche molto precise e le parti sociali della coerenza dei propri comportamenti. e quando parlo di parti sociali non mi riferisco solo ai sindacati, che sono certamente chiamati a rispondere della coerenza di politiche salariali e rivendicative compatibili con la centralità dell' obiettivo della crescita dell' occupazione, ma anche al mondo imprenditoriale, al quale noi vogliamo chiedere, ogni sei mesi, di verificare insieme quanti di questi benefici — che vi sono — in termini di riduzione del costo del lavoro , di facilitazioni fiscali, di incentivi, si sono trasformati in nuovi investimenti e nuovi posti di lavoro . il Governo, peraltro, si riserva di indirizzare diversamente le risorse collettive qualora non se ne dimostrasse un uso efficace. no, certamente non la Siberia, ma se un incentivo serve soltanto ad accrescere i profitti e a fare investimenti all' estero si può smettere di erogarlo: tutto qui, Taradash. questo fa parte delle decisioni politiche di cui il Governo è responsabile. si tratta appunto di un patto: io do a te risorse della collettività perché tu ti impegni ad investire e a far crescere il paese. un patto, e in un patto ci sono delle obbligazioni che sono reciproche. così come giustamente il presidente della Confindustria, in un' intervista che ho apprezzato, dice che la Confindustria sarà vigile nel pretendere dal Governo l' attuazione degli impegni da questo sottoscritti (ed ha ragione), allo stesso il modo il Governo sarà vigile nel verificare i risultati di questa politica, la quale ha come obiettivo non la crescita dei profitti (che pure è un obiettivo nobile), ma quella del paese e del lavoro. lo dico — ripeto — con grande rispetto verso una posizione che per la Confindustria giustamente non rappresenta una cambiale in bianco ma una verifica attenta e puntuale. vorrei cioè sottolineare l' elemento di una corresponsabilità, il fatto che gli obiettivi condivisi — secondo me sinceramente condivisi — che sono alla base di questo accordo, sono obiettivi per i quali ciascuno si impegna e che periodicamente intendiamo verificare tra le parti sociali e sottoporre, come è ovvio, alla verifica del Parlamento. naturalmente questo impegna in modo particolare il Governo a garantire il massimo coordinamento e la massima trasparenza. a questo fine, voglio ricordare che abbiamo istituito presso la Presidenza del Consiglio una sede formale di monitoraggio per controllare nel tempo con puntualità e regolarità l' attuazione degli impegni assunti dal Governo stesso. lo abbiamo fatto con la collaborazione preziosa del ministero del Tesoro , che opererà affinché la Presidenza del Consiglio abbia in modo preciso e in tempi reali dati di grandissima rilevanza, come quelli relativi alla Cassa in relazione ai principali provvedimenti che sono oggetto del patto e della politica del Governo. ciò ci consentirà via via di verificare se quel capitolo, quel particolare incentivo, quella norma fiscale producano effettivamente risultati, cioè delle erogazioni, oppure se quel capitolo, quell' incentivo, quella norma non attirino l' attenzione degli imprenditori, non li sollecitino a comportamenti utili per lo sviluppo, il che significa che devono essere corretti e migliorati. tutto questo può apparire una banalità, ma è tutt' altro che semplice avviare un modo di funzionamento della nostra amministrazione per risultati e una capacità di controllo continuativo sui risultati raggiunti, cose che non appartengono alla sua tradizione e al suo modo normale di funzionare. non si tratta, come è stato detto, di neodirigismo né di centralismo illiberale; si tratta di mantenere la promessa fatta a suo tempo agli italiani, quella di passare dallo Stato gestore allo Stato regolatore, valutatore, programmatore. che tutto questo possa essere chiamato neodirigismo farebbe inorridire Luigi Einaudi e rende lecito il sospetto che i liberisti odierni convivessero in realtà molto confortevolmente con lo Stato gestore dei passati decenni. voglio usare una parola che per lungo tempo è stata quasi proibita: si tratta della parola « programmazione » , ma non nel senso del ritorno ad una concezione dirigistica della programmazione, bensì nel senso di una politica di programmazione che coinvolge le forze sociali e le istituzioni locali e che cerca di corresponsabilizzarle nel conseguire obiettivi comuni, che non sono di parte, come la crescita dell' occupazione e lo sviluppo del paese . non so se ci riusciremo, ma l' obiettivo è questo. è un obiettivo certamente ambizioso, è un obiettivo dal cui raggiungimento dipende largamente il destino del paese. per ottenere questi risultati, oltre alle risorse che sono già state impegnate nella legge finanziaria (la quale in alcune sue parti è elemento costitutivo del patto sociale , perché noi abbiamo ritenuto che fosse giusto anticipare una serie di misure di sostegno allo sviluppo, anche mentre si negoziava, per non perdere l' occasione della legge finanziaria stessa), il Governo ha impegnato molte altre risorse, ossia quelle disponibili nel quadro delle compatibilità e del patto di stabilità che abbiamo sottoscritto. non c' è dubbio, dunque, che in questo quadro il patto sociale ci impegna a destinare direi ogni risorsa disponibile allo sviluppo e alla crescita di nuova occupazione; è un impegno per il paese, è una scelta importante e vincolante. sono convinto — vorrei dire questo prima di concludere — che nel lavorare a questo patto, che certamente guarda al futuro dell' Italia nel suo complesso, non sia mancata un' attenzione particolare, vorrei dire una preoccupazione preminente, almeno per quanto mi riguarda personalmente, per ciò che attiene al Mezzogiorno e al suo destino e alla possibilità del Mezzogiorno d' Italia di essere protagonista del processo di unificazione europea . questo patto guarda al Mezzogiorno in modo nuovo rispetto al passato; non si propone di riprendere una vecchia politica di trasferimenti o di assistenza, ma vuole creare le condizioni per valorizzare le risorse umane e imprenditoriali del sud, attraverso investimenti nelle infrastrutture, nella formazione e nella sicurezza e attraverso un sostegno agli imprenditori del sud. il patto giunge nel momento in cui noi abbiamo potuto inserire nella legge finanziaria la proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali , senza la quale, io credo, il sistema produttivo del Mezzogiorno — quello esistente, lasciamo stare le cose nuove che vogliamo — avrebbe subito un colpo drammatico. il patto non contiene alcuna declamazione meridionalistica alla vecchia maniera, ma si riferisce assai concretamente al Mezzogiorno e ai suoi problemi, perché è soprattutto il Mezzogiorno che ha da guadagnare dalla modernizzazione del paese, perché soprattutto il Mezzogiorno è rimasto vittima di un modello di sviluppo prevalente negli ultimi decenni. per offrire al Mezzogiorno stesso questa grande opportunità, certamente sarà decisivo l' impegno delle classi dirigenti meridionali — amministratori, imprenditori, forze intellettuali — perché dipende innanzitutto da loro il successo di questo progetto di sviluppo. la vecchia idea secondo cui i protagonisti dello sviluppo del Mezzogiorno dovevano venire da chissà dove, a mio giudizio, non ha avuto successo e noi vogliamo mettere i nuovi protagonisti nelle condizioni di poter agire e di poter ottenere successo. sono risorse considerevoli quelle che il paese destinerà allo sviluppo e all' occupazione e sono risorse che certamente non possiamo permetterci di spendere senza controllarne, via via, gli effetti in modo accurato e serio. ma la risorsa più grande che il paese può impegnare è la sua fiducia nel futuro, la fiducia degli imprenditori e dei giovani, la fiducia dei lavoratori, e la sua capacità di porsi oggi, a distanza di pochi anni dal momento in cui sembrava dovessimo precipitare nel baratro della bancarotta, obiettivi nuovi e ambiziosi di sviluppo, di crescita dell' occupazione, di competizione in Europa e sul mercato mondiale. vedo già qualche segno positivo, dati che indicano una crescita dei consumi, un bilancio dell' interscambio con l' estero che vede il nostro paese fra i dieci più industrializzati del mondo, con la bilancia più favorevole rispetto al Pil, segno della capacità competitiva della nostra impresa, ed anche una ripresa degli ordini delle imprese, in particolare per quanto attiene alle macchine utensili. ritengo, quindi, che l' Italia possa vincere la sfida dello sviluppo e del lavoro; il Governo sicuramente metterà al servizio dell' Italia tutte le sue capacità tale sfida sia vinta.