Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 457 - seduta del 17-12-1998
1998 - Governo I Fanfani - Legislatura n. 2 - Seduta n. 82
  • Comunicazioni del governo

signor presidente della Camera, signori deputati, questa notte, a commento dell' avvio dell' azione militare massiccia lanciata da forze aeree e navali britanniche ed americane contro il territorio dell' Iraq, il segretario generale delle Nazioni Unite , Kofi Annan , ha rilasciato la seguente dichiarazione: « è un giorno triste — egli ha detto — per le Nazioni Unite ; e un giorno triste per me personalmente. i miei pensieri sono ora con la gente dell' Iraq, con i trecentosette membri delle organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite che rimangono in quel paese e con tutti gli altri, la cui vita è in pericolo. purtroppo, quanto è accaduto, non si potrà ora disfare » . io credo che questa dichiarazione di Kofi Annan esprima, almeno per quanto mi riguarda, un sentimento che non appartiene soltanto al segretario generale delle Nazioni Unite , ma che appartiene in questo momento a tutti gli uomini di pace. considero questo un giorno triste anche per l' Italia, che ha non solo appoggiato, ma promosso in modo attivo gli sforzi di questi ultimi mesi per evitare un' azione militare; sforzi volti, innanzitutto, ad indurre Saddam Hussein ed il suo regime a cooperare lealmente con le Nazioni Unite . abbiamo fortemente lavorato per una soluzione pacifica guidata dalle Nazioni Unite e consideriamo con viva preoccupazione gli sviluppi di una situazione che possono arrecare danni e sofferenze ad una popolazione civile che già da molti anni soffre della oppressione di un regime inumano. io ritengo che non possa esservi dubbio nella indicazione delle responsabilità di Saddam Hussein e del suo regime in ciò che oggi accade, nella determinazione di ciò che oggi accade. per anni il regime iracheno ha cercato di eludere i dettami delle risoluzioni dell' Onu in un rischioso e tragico tiro alla fune, condotto anche sulla pelle del popolo iracheno . questa considerazione, che muove da un elementare spirito e senso di verità e che non può essere in alcun modo omessa (pena un giudizio gravemente unilaterale e miope su ciò che accade), non elimina tuttavia la nostra preoccupazione per lo sviluppo militare della crisi. vorrei ricordare che, nella sua lettera al presidente del Consiglio di sicurezza del 15 dicembre scorso, Kofi Annan , inviando al Consiglio i due rapporti del direttore dell' AIEA (Agenzia internazionale dell' energia nucleare ) e del direttore esecutivo dell' UNSCOM, indicava tre possibili opzioni per una posizione del Consiglio di sicurezza . la prima: che l' esperienza compiuta nel periodo trascorso dal 17 novembre 1998, data in cui vi fu una soluzione in extremis della crisi precedente, non fosse giudicata una base sufficiente per muoversi verso una revisione complessiva dell' impostazione della politica delle Nazioni Unite verso l' Iraq. la seconda: che si valutasse che l' Iraq non ha offerto una piena cooperazione, ma che convenisse concedergli altro tempo per dimostrare il suo impegno a conseguire tale risultato. la terza: che il Consiglio potrebbe decidere di procedere alla revisione globale sulla base della premessa che sia comunque già sufficientemente importante conoscere con precisione i risultati ottenuti nel settore del disarmo nell' intero periodo dal 1991. come si vede, è indubbio che l' Iraq — come è scritto nel rapporto Butler ed anche secondo Kofi Annan — non avesse offerto una piena cooperazione; sappiamo anche che questo dato sarebbe stato sicuramente giudicato dagli USA e dalla Gran Bretagna , alla luce del tipo di accordo raggiunto il 17 novembre scorso, una base sufficiente per l' azione militare. in queste ore, in un messaggio personale che mi ha fatto pervenire il presidente Clinton, egli richiama proprio tale circostanza: il fatto, cioè, che l' azione militare ora in corso sarebbe il proseguimento di quella che fu interrotta il 17 novembre scorso; proseguimento considerato dagli USA inevitabile ed automatico, sulla base dei risultati non positivi della esperienza compiuta dagli ispettori delle Nazioni Unite nelle settimane che ci separano dalla data del 17 novembre. dal punto di vista del segretario generale delle Nazioni Unite , peraltro, le opzioni possibili erano assai più articolate e, nella sua lettera già citata, egli le teneva chiaramente aperte. questa posizione, quella di Kofi Annan , è sempre stata anche la nostra posizione e quella alla quale l' Italia ha dato il suo attivo sostegno. i precedenti di questa ennesima crisi, i cui drammatici sviluppi sono ancora non pienamente prevedibili, sono noti e mi limito a ripercorrerli rapidamente. il regime di Saddam Hussein , e la sua azione aggressiva, fu all' origine dell' incendio della guerra del golfo . sempre da quel regime sono venute poi crescenti minacce in termini di proliferazione di armi di distruzione di massa , sia attraverso il tentativo di dotare l' Iraq di armi nucleari , sia nella versione, per certi aspetti ancor più inquietante e pericolosa, delle armi chimiche e batteriologiche. la comunità internazionale ha premuto per arrestare questi processi di armamento, per ostacolarli, per impedirli e per imporre all' Iraq, conformemente alle risoluzioni delle Nazioni Unite , l' eliminazione di questi mezzi di distruzione di massa. nello stesso tempo, la comunità internazionale non ha mai escluso che un atteggiamento di cooperazione da parte dell' Iraq comportasse la revisione globale delle sanzioni che erano state imposte a quel paese, proprio in ragione del suo comportamento e dei rischi che da tale comportamento derivavano per la stabilità della regione e per la pace globale. né — si deve sottolineare — la comunità internazionale è stata insensibile all' imperativo morale, prima ancora che politico, di limitare al massimo l' impatto delle sanzioni sulle fasce più deboli della popolazione irachena, e — anche se questa decisione è intervenuta a nostro giudizio in modo abbastanza tardivo — i meccanismi delle risoluzioni « oil for food » intendevano rispondere proprio a questa esigenza umanitaria. vorrei sottolineare che l' Italia è tra i paesi che si sono impegnati in tal senso per evitare che le sanzioni economiche contro l' Iraq producessero, come pure hanno prodotto, gravi sofferenze per le popolazioni civili. le sanzioni non sono uno strumento risolutivo. esse possono, anzi, provocare nelle opinioni pubbliche dei paesi che ne sono colpiti reazioni di nazionalismo (nella storia italiana c' è una memoria di questo) che finiscono per avere l' effetto opposto a quello ricercato, traducendosi talora nel rafforzamento di regimi di cui ci si propone invece di colpire comportamenti inaccettabili. ecco perché abbiamo sempre insistito affinché il ricorso ad esse si inquadrasse in un contesto di permanente dialogo politico e diplomatico e perché fosse chiaro il tragitto della loro possibile abolizione. ancora, il 13 novembre di quest' anno, di fronte all' improvviso riaccendersi delle tensioni provocate dalla persistente non collaborazione dell' Iraq con l' UNSCOM, il segretario generale delle Nazioni Unite , di cui avevamo fortemente favorito l' assunzione di un' iniziativa politica — voi ricorderete in questo senso l' iniziativa intrapresa dal Governo Prodi — con una lettera al presidente iracheno ribadiva il suo impegno a favorire una revisione una volta che Bagdad avesse ripresa la collaborazione con l' UNSCOM. fu su questa base che si riuscì a risolvere politicamente la crisi che anche allora fu scongiurata senza il ricorso alla violenza. ho richiamato questi fatti perché la valutazione sulla situazione odierna deve essere compiuta alla luce di questa ricostruzione. l' azione militare appena intrapresa è un' azione condotta autonomamente dagli USA e dalla Gran Bretagna , che hanno deciso di promuoverla senza consultare i paesi alleati, salvo preavviso dato ad alcuni paesi considerati in un' area di rischio per possibili ritorsioni irachene, cioè a paesi dell' area mediorientale. non si tratta di un' azione della NATO, né di un' azione militare che avvenga sotto leadership. le reazioni internazionali appaiono assai contrastanti. alcuni paesi (si tratta di posizioni più tradizionali) come la Russia e la Cina hanno espresso una posizione apertamente contraria. più articolatamente critiche, o comunque non partecipi e non di sostegno, appaiono le posizioni degli altri principali paesi europei . l' azione è stata invece appoggiata da Canada, Giappone e Spagna. per quanto riguarda il mondo arabo (questione che credo debba essere considerata con particolare attenzione) la dissociazione è ampia ed è probabile che essa venga anche da parte di paesi moderati, tradizionalmente legati all' Occidente. credo che ci troviamo in una situazione internazionale (penso che questo debba essere motivo di riflessione anche per gli amici americani) assai diversa da quella che caratterizzò l' azione militare contro l' Iraq in esecuzione di una risoluzione delle Nazioni Unite allorquando l' Iraq invase il Kuwait, quando quell' azione militare avvenne con il consenso e l' attiva partecipazione di una larga comunità internazionale ! sì: tuttavia con il consenso e l' attiva partecipazione di una larga comunità internazionale . c' è da chiedersi quale sia lo spazio per un' iniziativa politica in una situazione che è divenuta certamente più difficile. noi intendiamo esplorare tutti gli spazi per un' iniziativa politica, in stretto contatto con i nostri partner, con i paesi che sono più vicini alle posizioni che siamo venuti esprimendo sin da questa notte, con la dichiarazione del ministro degli Esteri e nella sede delle Nazioni Unite . l' obiettivo che ci proponiamo è quello di riportare le Nazioni Unite ed il suo segretario generale a quel ruolo centrale che essi hanno saputo svolgere nei mesi scorsi. solo in questo modo sarà possibile perseguire quell' obiettivo di una cessazione dell' azione militare e di una ripresa dell' iniziativa politica, obiettivo che l' Italia si propone non di raggiungere da sola, ma di contribuire a realizzare. riteniamo che ciò comporti anche una riflessione su una possibile revisione complessiva della politica verso l' Iraq, una revisione che consenta un sistema permanente più efficace di monitoraggio delle attività militari ma anche, dall' altra parte, lo sviluppo economico di quel paese, rivedendo una strategia di sanzioni che si è rivelata dolorosa ed inefficace. oggi non è stato dato alla diplomazia il tempo per un' estrema mediazione: ne siamo fortemente preoccupati. abbiamo espresso la nostra preoccupazione ai governi amici. abbiamo chiesto al presidente di turno dell' Unione Europea , impegnato domani in un delicato vertice Stati Uniti-Unione europea , di farsi interprete delle preoccupazioni che in tanti paesi europei si sono manifestate in queste ore. la posizione italiana, dunque, è riassumibile nei punti che ho ricordato. noi deploriamo le responsabilità gravi di un regime che ha sfidato le Nazioni Unite e la comunità internazionale , ma esprimiamo preoccupazione per un' azione militare che può causare gravi danni alla popolazione civile e non essere risolutiva rispetto a quegli obiettivi di sicurezza e di stabilità che si propongono. io non pretendo di convincere: pretendo di esprimere la mia posizione. noi auspichiamo che l' azione militare cessi e che si restituisca all' iniziativa politica e alle Nazioni Unite la centralità che esse debbono avere. noi intendiamo agire in tutte le sedi internazionali...... perché questo obiettivo possa essere raggiunto. vorrei aggiungere alcune considerazioni. credo che siamo all' inizio di una crisi di cui non conosciamo gli sviluppi; è in corso un conflitto e abbiamo ritenuto di rispondere all' appello del Parlamento perché vi fosse immediatamente un' informazione. è molto difficile pretendere che si possa fare un bilancio di un conflitto militare che è iniziato e sulle cui finalità ultime...... e sui cui sviluppi è assai difficile fare una previsione... ho capito. dico però che non si può fare un bilancio. credo che questa vicenda nel momento stesso in cui l' Italia. capisco, cari amici deputati, che questa vicenda susciti profonde emozioni, ma che se ne possa fare oggetto strumentale per attaccare il governo italiano che in queste ore ha fatto il suo dovere...... seguendo lo sviluppo di una crisi che non abbiamo determinato e prendendo tutti i contatti necessari per sollecitare la cessazione di un conflitto preoccupante, al fine di rimettere in movimento un' azione di pace.... se avete idee più brillanti, è giusto che le esponiate ma non capisco questa aggressività... verso chi ha fatto il suo dovere ed ha avvertito l' esigenza di riferire in questa sede. vorrei, quindi, da ultimo, se mi è consentito... sto leggendo un testo; se mi si interrompe in continuazione... vorrei, se mi è consentito, concludere con alcune considerazioni di carattere più generale che, senza alcun dubbio, sono sollecitate da questa vicenda e sulle quali credo che opportunamente il Parlamento e il Governo dovranno riprendere un confronto. sulle linee della politica estera italiana, anche in vista della prossima riunione a Washington della NATO, nella quale si discuteranno rilevantissime questioni come quella del nuovo concetto strategico... e come quella della legittimazione dell' uso della forza e dell' identità europea di difesa.... ritengo che queste grandi questioni, che impegneranno il nostro paese accanto ai nostri alleati, richiedano un approfondimento alla luce dei fatti di cui oggi siamo spettatori. è evidente che ciò che accade colpisce il ruolo delle Nazioni Unite e la loro potestà legittimatrice attraverso le deliberazioni dei suoi organismi; è evidente che la comunità internazionale non ha ancora trovato i meccanismi necessari per sottrarsi al dilemma, che ancora una volta si conferma di assai difficile conciliazione, fra il cedimento alla sopraffazione di qualcuno o il ricorso alla violenza, con tutte le sofferenze che questo inevitabilmente provoca anche a persone innocenti. è evidente che questa crisi drammatica che stiamo vivendo ripropone ancora una volta in modo acuto l' assenza di una politica estera comune europea ed una difficoltà dell' Europa ad inserirsi come soggetto unitario nelle principali controversie internazionali. si tratta di grandi questioni che meritano di essere affrontate con serietà, con un ampio confronto e con una possibile convergenza delle grandi forze politiche del nostro paese, affinché esso possa dare il suo contributo per affrontare questi problemi in modo nuovo e per gettare le basi di una pacifica convivenza e di un ordine mondiale più solido e pacifico. penso che queste siano le sfide che la crisi attuale ci propone ed è per questo che, oltre a proseguire in queste ore l' impegno su tutti i terreni possibili per assicurare una conclusione del conflitto e la ripresa di un' azione pacifica, mi sembra giusto che, a partire dal rapido confronto di oggi, si lavori sui grandi temi che la crisi ci propone, per rafforzare l' impegno comune della democrazia italiana e per dare ad essi una soluzione.