Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 448 - seduta del 02-12-1998
1998 - Governo I Fanfani - Legislatura n. 2 - Seduta n. 80
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , cari colleghi deputati, torniamo a discutere della vicenda di Abdullah Ocalan dopo che essa ha conosciuto importanti sviluppi in relazione sia agli incontri che ho avuto con i capi di governo europei sia alle decisioni assunte dal governo della Repubblica Federale Tedesca . prima di esporre il punto di vista del Governo, vorrei sottolineare che questo dibattito avviene in una giornata nella quale nutriamo, credo tutti, la speranza che un avvenimento sportivo possa non soltanto svolgersi serenamente, come è auspicabile che avvenga per una gara sportiva... spero che lei dedichi a ciò il suo intervento in modo tale che sarà motivo di pieno consenso. ho comunque già avuto modo di esprimere tale auspicio. speriamo, altresì, che questo avvenimento sportivo possa rappresentare un momento di distensione della tensione che si è creata tra l' Italia e la Turchia. è in questo spirito che il ministro competente per lo sport, l' onorevole Melandri, e l' onorevole Fassino — in questo caso anche in ragione della sua passione sportiva — hanno deciso di essere presenti nello stadio di Istanbul non solo per rappresentare, con la loro presenza, la simpatia dell' opinione pubblica italiana verso la Juventus ma anche per manifestare una volontà di distensione e di dialogo con la Turchia. fin dall' inizio di questa tormentata vicenda la posizione italiana è stata ispirata a tre principi fondamentali: in primo luogo, al rispetto della legge e dei trattati internazionali, il che implica, quindi, anche l' impegno dell' Italia al rispetto del trattato di Schengen e di tutti gli accordi relativi alla lotta al terrorismo; in secondo luogo, al rispetto della nostra Costituzione, delle nostre leggi e dei loro valori fondanti, fra i quali vi è il rifiuto della pena di morte , della tortura, ed il rispetto dei diritti umani; in terzo luogo, alla necessità di rilanciare l' impegno dell' Italia e dell' Europa per una soluzione pacifica del conflitto esistente nel sud est della Turchia, problema, quest' ultimo, che non soltanto per la vicenda Ocalan, ma anche per altre vicende che sono agli onori della cronaca — mi riferisco al flusso continuo di profughi disperati sulle nostre spiagge — è all' attenzione dell' opinione pubblica italiana e appassiona, come testimoniano tanti atti del Parlamento, una larga parte del mondo politico del nostro paese. non vorrei tornare su una ricostruzione delle vicende precedenti all' arrivo di Ocalan nel nostro paese, innanzitutto perché non avrei alcun elemento particolare sulla base del quale operare tale ricostruzione, a parte ciò che ho potuto apprendere successivamente dalla stampa. parlando in quest' Aula, ho già riferito che il governo italiano , in particolare il ministero degli affari esteri , aveva ricevuto una nota verbale da parte del governo turco nella quale si faceva riferimento alla possibilità che Abdullah Ocalan considerasse l' Italia come meta di un suo viaggio dopo l' espulsione e l' allontanamento dalla Siria, alla ricerca di un paese nel quale trovare ospitalità ed essere al riparo dal rischio di essere catturato dalla Turchia. ho già detto come questa nota verbale fosse stata trasmessa agli apparati competenti; sinceramente non riesco a capire, ma naturalmente colleghi più esperti potranno approfondire tale questione — vi sono organismi parlamentari come il comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato e il comitato di controllo sull' attuazione e il funzionamento della Convenzione di Schengen che lo possono fare — , quali mezzi legali avesse il nostro paese per impedire ad una persona, che lo avesse deciso, di venire in Italia, di raggiungere il nostro paese. credo, invece, che sarebbe stato totalmente inaccettabile, e quindi motivo di una censura per i nostri apparati, che tale persona, ricercata per atti di terrorismo, fosse entrata clandestinamente in Italia. considerato, invece, che egli è giunto in Italia ed è stato arrestato dalle nostra forze dell'ordine , credo che noi — quando dico noi non mi riferisco al Governo ma allo Stato italiano — abbiamo compiuto il nostro dovere di fronte alle nostre leggi, ai nostri alleati e ai trattati che ci legano ad essi. è stato acclarato che non vi era stato alcun tipo di rapporto tra il governo italiano e il leader del Pkk precedente all' arrivo di Ocalan in Italia. credo anche sinceramente — vorrei così rispondere ad una polemica sulla cui fondatezza ho molti dubbi — che, dal momento che Ocalan è giunto alle frontiere del nostro paese, all' aeroporto di Fiumicino, il 12 novembre 1998, colpito da un mandato di cattura emesso a fini di estradizione dall' autorità giudiziaria della Corte suprema federale di Karlsruhe in data 12 gennaio 1990, successivamente confermato ed ultimamente persino reiterato, e dal momento che i suoi dati, su questa base, erano regolarmente immessi nel sistema informatico previsto dal trattato di Schengen, non si potesse fare altro se non fermarlo per consentire l' esecuzione di una richiesta di estradizione prevedibile...... legalmente prevedibile. vorrei che su questo riflettessimo un po', prima di avventurarci in polemiche retrospettive scarsamente probabili e molto rischiose. non credo che sia conveniente per l' Italia violare i trattati internazionali ai quali è legata; non credo si tratti di cosa astuta, come mi è capitato di leggere, in una curiosa contrapposizione fra intelligenza e stupidità... rifiuto la concezione riaffiorante secondo cui il cinismo e la moralità sarebbero sinonimo di intelligenza; devo dire sinceramente che mi è capitato di leggere qualche commento in cui cinismo e amoralità si accompagnavano a considerazioni piuttosto sciocche... credo che, se non avessimo fatto il nostro dovere, avremmo pagato un prezzo altissimo, come Italia, un paese... se lei ritiene di dover invitare il Governo a violare la legge, dopo prenderà la parola e lo potrà dire con ogni libertà: siamo in un libero Parlamento! tuttavia, questo non fa parte delle scelte politiche del Governo. credo che il nostro Governo abbia fatto bene a compiere la scelta obbligata della legalità, scelta che un grande paese democratico non può non compiere; scelta avveduta e non sprovveduta, che ha avuto come conseguenza, forse, qualche difficoltà di carattere commerciale, che speriamo di superare, ma anche — questo è certo — la solidarietà dell' Europa e degli USA, che reputo sia più importante delle difficoltà di carattere commerciale. voi mi scuserete se mi fermo brevemente su questo tema: il rapporto tra politica estera e rispetto della legalità, nazionale ed internazionale. mi sembra abbastanza cruciale che si approfondisca tale questione e che si ricerchi un' intesa su questo punto così importante. il fatto che la Germania abbia scelto di privilegiare la pace sociale interna, rispetto ad un comportamento più coerente sul piano internazionale, può essere capito, data la situazione tedesca, ma tale scelta, a mio giudizio, non può essere presa a modello ideale di coerenza di comportamento. vorrei anche sottolineare una notevole differenza, relativa al fatto che, mentre la domanda di estradizione può essere inoltrata o no da un Governo sulla base della richiesta della magistratura, almeno sino a quando non vivremo in uno spazio giuridico europeo, l' arresto, sulla base del trattato di Schengen, deve essere effettuato: non può essere effettuato o no! quindi, questo parallelo (per quanto io non abbia alcun dubbio nel ritenere che la scelta tedesca, pur comprensibile, non appare la più coerente) non funziona, caro onorevole Selva. la mia opinione, quella del Governo, è che gli accordi di Schengen siano un aspetto costitutivo della costruzione europea, che l' Italia non abbia alcun interesse ad indebolire questo pilastro della costruzione europea, che un paese come il nostro, fortemente esposto, anche per la sua collocazione geografica, a flussi migratori clandestini, a fenomeni di criminalità nazionale ed internazionale, non abbia nulla da guadagnare da un indebolimento della cooperazione giuridica nella lotta alla criminalità e abbia invece tutto da guadagnare da un effettivo funzionamento di questi accordi, ed anzi dal progressivo sviluppo di uno spazio comune europeo di giustizia e di sicurezza interna. per un paese come il nostro, che tuttora continua ad essere considerato in Europa e nella comunità internazionale un paese più indietro degli altri dal punto di vista del funzionamento dello Stato e dell' abitudine alla legalità, comportamenti impropri comportano costi altissimi per la credibilità dell' Italia. il Governo non intende far pagare al paese questi costi sull' altare di una malintesa furbizia, che certamente non rappresenta una delle migliori virtù italiche. ecco perché io credo che non potevamo agire altrimenti rispetto a come abbiamo agito. il senso dello Stato ed il rispetto delle sue istituzioni non possono essere confusi con una lettura utilitaristica della cosiddetta ragion di Stato e con il disprezzo delle leggi. qui riemerge anche una concezione molto vecchia; la mia convinzione è che un nuovo ordine internazionale si baserà su un rapporto assai diverso, rispetto al passato, tra ragion di Stato e priorità del diritto. tale nuovo ordine internazionale dovrà basarsi, infatti, sul diritto, se vogliamo costruire una realtà mondiale nella quale siano tutelate, innanzitutto, le posizioni dei più deboli e nella quale la difesa della pace e della sicurezza costituiscano un principio fondamentale. voglio anche aggiungere che questa ispirazione è la stessa che ci muove di fronte ad una serie di crisi internazionali , che ci impegna a rafforzare una politica estera europea e a lavorare per un sistema internazionale più sicuro e democratico. quando diciamo che l' Europa occidentale è diventata una comunità di sicurezza, grazie all' evoluzione democratica interna dei singoli paesi e all' impatto del processo di integrazione, affermiamo una verità basilare. è questa esperienza che vogliamo sforzarci di trasmettere all' esterno, sia che si tratti dei Balcani, del Medio Oriente o della Turchia. su questa base, quindi, come avete potuto rilevare, l' Italia ha fatto il suo dovere: abbiamo cercato non soltanto di raccogliere la solidarietà dei nostri partner, ma anche di definire una strategia politica, un' iniziativa europea che consentisse di affrontare questa delicata crisi, che — come si è detto, con chiarezza, fin dall' inizio — non era una questione esclusivamente italiana o riguardante i rapporti italo-turchi, ma una questione europea. questa delicata crisi pone, ha posto e continua a porre diversi problemi: vi è indubbiamente l' esigenza di assicurare un equo processo ad una persona accusata di gravi reati di terrorismo. un equo processo vuol dire un processo in cui sia garantito il diritto alla difesa, nel quale non si debba rischiare la vita ed anche chi è accusato possa presentare le sue ragioni. dal momento in cui la Germania, per ragioni di sicurezza interna, non ha ritenuto di inoltrare la richiesta di estradizione, vi è stata un' intesa per un' azione comune tra il governo tedesco ed il nostro per promuovere una Corte internazionale...... che potesse assicurare tale processo. tornerò poi su questo punto...... che certamente non è di semplice soluzione, perché, purtroppo, la comunità internazionale non dispone ancora di quella Corte penale internazionale, per la quale noi ci siamo adoperati, ed anche per un' altra ragione, apparsa subito evidente, cioè per il fatto che un accordo internazionale di questo tipo avrebbe richiesto il consenso della Turchia, che si è dichiarata contraria fin dal primo momento. la seconda esigenza che si è posta, e si pone, è quella della ripresa di un' iniziativa politica europea , per la quale vi è un impegno comune italiano e tedesco, al fine di promuovere un dialogo nei confronti della Turchia tendente a sollecitare una soluzione pacifica del conflitto nel sud est della Turchia. vorrei spiegare che tale iniziativa politica — della quale si è discusso anche con i capi dei governi europei a Parigi, a Bonn, a Madrid, a Londra, a Bruxelles — non ha alcun contenuto di inimicizia nei confronti della Turchia, muove da motivazioni solide e non costituisce una indebita interferenza negli affari interni di quel paese. le motivazioni che sostengono una possibile iniziativa europea nei confronti della Turchia nascono innanzitutto dal fatto che si tratta di un paese che ha chiesto e chiede di entrare a far parte dell' Unione Europea . nel momento in cui la Turchia chiede di far parte dell' Unione Europea quest' ultima è tenuta a valutare, sulla base di una domanda di associazione, il rispetto dei criteri fissati dal Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993, fra i quali è previsto il rispetto dei diritti delle minoranze. si tratta, come è noto, non soltanto di criteri economici, ma di criteri politici, che richiedono appunto — cito testualmente — che « il paese candidato abbia raggiunto una stabilità istituzionale tale da garantire la democrazia, lo stato di diritto , i diritti umani , il rispetto e la protezione delle minoranze » . si tratta, cioè, di uno dei principi costitutivi della civiltà europea e dell' Unione di cui siamo membri. è del tutto legittimo, quindi, che l' Unione Europea si rivolga alla Turchia in spirito di amicizia, per sollecitare un' iniziativa nel rispetto di tali principi. il secondo motivo è che le conseguenze del conflitto interno alla Turchia, nel sud est del paese, non soltanto si ripercuotono all' interno della Turchia, ma investono direttamente l' Europa; attraverso ondate migratorie pongono problemi per quanto attiene alla sicurezza ed alla stabilità interna dei nostri paesi, in Italia come in Germania. dunque è evidente che l' Europa è interessata ad un trattamento delle minoranze curde nel sud est della Turchia rispettoso dei loro diritti — umani e di popolo — sia in ragione dei principi costitutivi dell' Unione sia in ragione di esigenze interne dei paesi europei . credo sia molto importante sviluppare questa iniziativa dell' Europa verso la Turchia, che allarga la cornice di questa crisi e fa apparire il problema che si è posto come quello che è: non un problema italo-turco, ma una questione che riguarda i rapporti fra la Turchia e l' Unione Europea . ciò è apparso d' altro canto chiaro anche dalla presa di posizione della Commissione europea a Bruxelles, che di fronte alla minaccia di boicottaggio di cui si rendessero direttamente responsabili le autorità politiche o le aziende pubbliche turche ha sollevato la possibilità di una ritorsione dell' Unione Europea . ma non voglio qui parlare di ritorsioni. voglio sottolineare invece l' opportunità politica che si apre: quella di un dialogo più stringente tra l' Unione Europea e la Turchia. noi siamo un paese che non ha mai avuto un atteggiamento ostile verso l' antica aspirazione della Turchia ad entrare a far parte dell' Unione Europea . già dal lontano 1963 la Turchia sottoscrisse con la Comunità Europea un trattato di associazione e più volte ha ribadito la sua vocazione europea. tuttavia più volte si è trovata di fronte ad un parere negativo, proprio per le ragioni che ho ricordato. è quindi evidente — ed è questo il tema di un discorso amichevole che rivolgiamo alle classi dirigenti di quel paese — che l' avvio di un dialogo tra l' Unione e la Turchia e la disponibilità europea a dare una mano alla soluzione pacifica del conflitto che investe il sud est della Turchia è una soluzione pacifica, basata sul riconoscimento dei diritti delle popolazioni di etnia curda, sul rispetto dei diritti umani, ma anche sul riconoscimento della integrità territoriale della Turchia e del suo diritto alla sicurezza. la disponibilità europea e italiana a dare una mano a questa soluzione è e deve essere considerata un atto di amicizia e un modo per procedere in quella marcia di avvicinamento della Turchia all' Unione Europea , che costituisce una ambizione delle classi dirigenti più moderne e democratiche di quel paese. l' iniziativa che abbiamo deciso di intraprendere, d' intesa con la Germania, ha questo significato ed io credo che abbia un grande valore. non starò qui a citare l' ultimo documento della Commissione europea e il fatto che in esso si metta in luce la persistente violazione dei diritti umani e il trattamento ingiusto delle minoranze curde come una delle principali ragioni di riserve dell' Europa nei confronti della Turchia; ed è difficile dissentire da questa valutazione, per chi conosce i rapporti di Amnesty International e per chi ha vissuto — attraverso le tante iniziative di solidarietà che si sono svolte anche nel nostro paese — più da vicino il dramma del popolo curdo . solidarizzare con questo popolo non significa in alcun modo solidarizzare con il terrorismo. noi non condividiamo metodi di lotta terroristica e riteniamo che essi non conducano ad una soluzione di questo dramma; e apprezziamo..... e apprezziamo il fatto che Ocalan, giungendo nel nostro paese, abbia dichiarato l' abbandono del terrorismo..... ma ciò non toglie che l' Italia è impegnata per assicurare un equo processo per le colpe che gli vengono addebitate per il passato. dopo aver richiamato l' esigenza di una strategia europea per la Turchia, sulla base di quanto è stato riproposto anche al Consiglio europeo di Cardiff — sviluppo dell' unione doganale , con lo sblocco graduale delle misure di cooperazione finanziaria già previste; sviluppo del dialogo sul secondo e sul terzo pilastro e, quindi, anche sulle questioni della democrazia e dei diritti umani — e dopo aver sottolineato come l' iniziativa italo-tedesca possa rilanciare questa azione europea verso la Turchia, vorrei tornare al tema che più da vicino può interessare l' opinione pubblica del nostro paese: la possibile soluzione, anche sotto il profilo giuridico, della questione posta dalla presenza di Ocalan in Italia. al riguardo, vorrei che non improvvisassimo quello che il Governo può fare e che si tenesse conto di un quadro giuridico rispetto al quale, io credo, il Governo non può derogare. la Corte d'appello presso il tribunale di Roma ha, con propria sentenza, in modo non conforme alla richiesta avanzata dal ministro di grazia e Giustizia, deciso per Ocalan la libertà, con l' obbligo di non abbandonare Roma fino al 22 dicembre, data nella quale scadono i termini per la eventuale presentazione di una richiesta di estradizione. questa sentenza si è tradotta, da parte delle forze dell'ordine , nell' impegno a mantenere il leader curdo in una condizione di vigilanza, sia per la sua sicurezza personale sia, evidentemente, per impedire che egli possa fuggire e abbandonare la capitale del nostro paese. il Governo aveva chiesto la custodia di Ocalan. dato che è stato deciso che egli fosse libero, e noi siamo in uno stato di diritto , ci siamo attrezzati per eseguire la sentenza della magistratura. noi ci siamo attrezzati per eseguire la sentenza della magistratura ed io vorrei ringraziare le forze dell'ordine che mi pare abbiano garantito, da questo punto di vista , che non si sia determinata alcuna situazione di emergenza e che anche le manifestazioni che avevano bloccato la città e arrecato turbamento siano state superate senza incidenti. quella vicenda terribile di un giovane che si è dato fuoco è stata affrontata con immediati soccorsi; la città ha vissuto sostanzialmente, diciamo, con tranquillità, dopo un primo momento di turbamento, una vicenda difficile e delicata. adesso, come ho detto, abbiamo un periodo di tempo limitato entro il quale dobbiamo esperire tutte le possibilità per assicurare un equo processo al leader curdo Ocalan. di questo si stanno occupando, a livello tecnico, gli esperti del nostro Governo e del governo tedesco . vi è l' ipotesi di una Corte internazionale; si sta esperendo anche la possibilità di processare Ocalan in un paese terzo sulla base della convenzione del 1972 del Consiglio d' Europa . questo è un suggerimento che annoteremo perché è la prima proposta concreta che sento! è del tutto evidente, colleghi, che qualora questa possibilità non dovesse potersi concretizzare... credo che noi dobbiamo compiere fino in fondo ogni tentativo. naturalmente è evidente che questo tentativo appare più difficile dopo che la strada principale è stata preclusa, ma credo che sia giusto e serio compiere sino in fondo ogni tentativo per assicurare un equo processo a questa persona accusata di terrorismo. qualora questo tentativo non dovesse sortire un esito ragionevole, è del tutto evidente che il nostro paese, arrivati alla scadenza fissata dalla magistratura italiana, prenderà le misure più adeguate..... per garantire la sua sicurezza e uscire da una condizione di incertezza. le misure che l' Italia prenderà saranno adottate sulla base del parere della commissione che deve esaminare tutti gli aspetti legali di questo problema, perché è stata presentata una domanda di asilo e perché io credo che sia sbagliato, su un tema come questo, aprire un dibattito politico, come se si dovesse decidere a maggioranza l' asilo o l' espulsione e non sulla base delle nostre leggi e del diritto internazionale ! la volontà politica, caro onorevole Colletti, c' è! noi siamo qui in Parlamento, per ascoltare e al momento opportuno la volontà politica del Parlamento sarà tenuta in considerazione, ma sulla base di un' esame delle condizioni giuridiche entro le quali questa volontà politica può manifestarsi. vorrei concludere dicendo che comprendo l' esistenza di una certa eccitazione politica. credo che una tale eccitazione non corrisponda più ad una grande emozione della pubblica opinione , perché penso che, superato un primo momento di preoccupazione, l' opinione pubblica abbia compreso che questa vicenda non espone il nostro paese a pericoli incontrollabili. ritengo che il nostro paese sia (e vorrei anche da questo punto di vista , diciamo così, una misura) in grado di affrontare una prova di questo genere, di assicurare cioè la sorveglianza di una persona pericolosa per alcuni giorni; di operare sul piano giuridico per dare al problema una soluzione conveniente e di farlo senza precipitazioni che ci espongano all' accusa di avere, per timore o per convenienza, violato leggi, trattati ed obblighi. io sono convinto che l' Italia sia perfettamente in grado di gestire una situazione di questo genere. noi la stiamo gestendo in un modo che, secondo il suo parere, è ridicolo, ma che secondo il parere dell' Unione Europea e degli USA è buono e quindi — diciamo così — dal punto di vista delle relazioni internazionali e dei pesi... no, lo dicono loro nelle loro dichiarazioni ufficiali. io credo, ovviamente, come è giusto, che la polemica politica sia assolutamente legittima, anche se, forse, in una circostanza di questo tipo, trovandosi l' Italia a fronteggiare una vicenda delicata anche se non drammatica (lo dico davvero con animo aperto), se da parte delle opposizioni vi fosse... alle opposizioni voglio dare atto di avere espresso una posizione concorde di difesa, non del Governo ma del nostro ordinamento, nel riconoscimento, unanime, del fatto che l' Italia non poteva accedere alla richiesta turca per rispetto alle proprie leggi. credo che si sia trattato di un pronunciamento importante. da quel momento in poi si è aperta una delicata crisi con la Turchia e una vicenda complessa dalla quale, io ritengo, siamo in grado di uscire a testa alta . spero che da questo dibattito emergano, oltre ai rilievi critici, che sono del tutto legittimi anche, se ve ne sono, suggerimenti sul piano tecnico e giuridico per la ricerca di una soluzione di una questione complessa rispetto alla quale la comunità internazionale dispone di strumenti rozzi e inefficaci (mi è già capitato di dire come questa vicenda dimostri la mancanza nell' ordinamento di una Corte penale internazionale in grado di affrontare crisi e situazioni di questo genere). siamo quindi di fronte anche alla necessità di ricercare soluzioni complesse. la politica è fatta di realtà, ma anche di rispetto di norme e di affermazioni di principio: non soltanto di realtà. penso, ad esempio, a come si sia risolta (o si avvii a soluzione) la delicata crisi con la Libia, sulla base di un' iniziativa giuridica assai ardimentosa, che condurrà al processo in Olanda i libici accusati dell' attentato terroristico di Lockerbie. come vedete, anche altri paesi hanno dovuto affrontare vicende complesse e le hanno affrontate con soluzioni innovative sul piano dell' affermazione del diritto e non soltanto sul piano della Realpolitik. detto questo, è evidente che il nostro paese, quando arriveremo alla scadenza del 22 dicembre ed avrà fatto tutto ciò che doveva fare per rispettare i suoi impegni, si preoccuperà di garantire la propria sicurezza nelle forme opportune e legali alle quali il Governo ha l' intenzione di sovrintendere.