Ciriaco DE MITA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 353 - seduta del 13-05-1998
Proroga della partecipazione italiana a operazioni internazionali. Disposizioni in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all'estero
1998 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 435
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , credo che i nostri lavori abbiano un condizionamento oggettivo difficilmente eliminabile. la riflessione ed il dialogo sono funzionali all' approfondimento ed allo scambio di opinione, soprattutto in una materia come questa. si pongono dunque due problemi: la riflessione interrotta; l' alterazione della riflessione ad opera dei messaggi non formali, delle dichiarazioni, dei desideri e delle prese di posizione che si rincorrono. vorrei dire al presidente della Commissione che, se si riuscisse — sia pure secondo le compatibilità dei lavori parlamentari — a concentrare il lavoro senza questa periodizzazione abbastanza lunga, probabilmente ci aiuteremmo tutti ad approfondire le questioni con una comunanza di riferimenti e di valutazioni. non lo dico per desideri di orientamento, ma per una semplice constatazione. ho seguito i lavori della Commissione bicamerale (anche perché ne facevo parte) e ritengo che, se la nostra memoria non recupererà lo svolgimento dei lavori della stessa bicamerale, difficilmente usciremo da un groviglio di questioni che sono oggettivamente strumentali; lo dico soprattutto all' onorevole Armaroli, ma in un certo senso anche all' onorevole Selva. la bicamerale, posta di fronte ad opzioni alternative tra sistema semipresidenziale e governo parlamentare (non faccio l' avvocato e non devo difendere il senatore Salvi), fece prevalere — per una improvvida presenza della Lega — l' opzione del sistema semipresidenziale. non lo dico per aprire controversie o per contestare decisioni, ma per recuperare il filo logico della riflessione portata avanti dalla bicamerale fino ad oggi. tutti ricordiamo — credo — che dopo quel voto vi fu un momento di disagio in Commissione, perché rispetto ad un orientamento prevalente (non lo dico solo in termini di numeri, ma anche in termini di riflessione) sul governo parlamentare prevalse l' altro sistema. non per dare giudizi, ma per registrare eventi, faccio notare che, in quella circostanza, l' onorevole Fini rilasciò una dichiarazione in nome e per conto del Polo. Fini non parlò come un membro della commissione, ma sottolineò e spiegò che parlava a nome del Polo. sappiamo bene che il Polo è un' entità una e multipla, ma in quella circostanza ci fu una sola voce. la dichiarazione dell' onorevole Fini — uomo d' onore, onorevole Fini — fu che l' elezione diretta del Capo dello Stato non comportava poteri di governo. chi legge gli Atti parlamentari credo possa conoscere tale dichiarazione. è su quella che poi la bicamerale ha proseguito i suoi lavori, sia pure con alcune difficoltà, alcune questioni da approfondire, alcuni aspetti da definire. certo, poi si può cambiare parere e noi assistiamo quotidianamente a questi fatti: ci sono protagonisti del dibattito sulle istituzioni che un giorno ne inventano una e il giorno dopo una contraria. io non ne sono più sorpreso, perché ci sono abituato, in un certo senso conoscevo questo comportamento. una parte non minoritaria di questo Parlamento, come Forza Italia , un giorno ci spiega la validità del cancellierato e il giorno dopo mette in discussione questa forma, sulla quale dobbiamo ragionare con molta serenità. lo dico a Rebuffa e ad Urbani, per la stima, l' amicizia ed il rispetto che ho nei loro confronti, non solo come membri della bicamerale, ma anche come studiosi della materia. non capisco come si possa un giorno enfatizzare il sistema del cancellierato e il giorno dopo scoprire che questa proposta, che conserva il governo parlamentare... perché la realtà è questa, tale proposta prevede l' elezione diretta del Capo dello Stato , ma conserva la forma di governo parlamentare. il nostro impegno, se vogliamo proseguire il lavoro compiuto e non alterarlo, sta tutto nel vedere come queste due indicazioni debbano recuperare una compatibilità interna, come direbbero i giuristi. questa è la discussione che dobbiamo fare, non altra. onorevole Selva, la repubblica non è una novità della storia: chi si è occupato delle storie costituzionali e le conosce sa che il governo presidenziale ed il governo parlamentare sono quasi coevi, sono cose antiche, e sa — io l' ho detto, mi si consenta di ripeterlo — che uno studioso attento dei sistemi di governo, spiegando la differenza tra il presidenzialismo americano ed il governo parlamentare inglese, disse che in sostanza sono analoghi, con un vantaggio per il governo parlamentare inglese, perché questo è costretto, per gli atti che emana, a misurarsi con il consenso parlamentare. vero, professor Rebuffa, cito in maniera esatta? io credo che questa pseudocultura politico-istituzionale che si è impossessata anche di noi adesso rischi di condizionarci. nello schematismo vecchio-nuovo, ipotizziamo che il governo parlamentare sia vecchio e quello presidenziale sia nuovo. non è così, non è stato così. io non demonizzo né una forma né l' altra, direi che non discuto neppure, adesso, sui pregi dell' una o dell' altra, ma credo che sia nostro compito rendere coerente la scelta che abbiamo fatto, e noi abbiamo scelto l' elezione diretta del Capo dello Stato e la forma di governo parlamentare. questo voglio dirlo anche al relatore. di alcune obiezioni che ci vengono mosse credo che dovremo tener conto un po' di più. a ciascuno di voi è capitato, credo, di leggere verbali di dibattiti svoltisi all' interno del mondo universitario. direi che, sia pure con qualche ritardo, il mondo accademico, coloro che sono impegnati sul piano dell' elaborazione scientifica, cominciano a misurarsi con queste questioni con un' analisi più attenta, meno emotiva, meno legata allo slogan, come qualche volta ci capita di leggere in editoriali di costituzionalisti e quasi-costituzionalisti. le obiezioni che si muovono a questa proposta, se rimanesse com' è, non sono di poco conto . non definendo bene i poteri e le funzioni del Capo dello Stato e non definendo bene la natura del governo parlamentare, un rischio (legato alla confusione, non alla definizione dell' ordinamento) vi potrebbe essere. la prima obiezione credo sia facilmente smontabile, se non la alimentiamo, anche se posso citare un' esperienza personale: a me è capitato, quando mi occupavo di studi giuridici, di leggere un libro nel quale un professore di diritto civile , avendo posto inizialmente tre interrogativi, scriveva poi altre 200 pagine per spiegare che gli interrogativi non erano fondati; solo che li aveva posti egli stesso! qualcuno osserva: come potete pensare che un presidente della Repubblica eletto, senza poteri, non si vada a ricercare i poteri? qualche volta l' abbiamo sentito dire da costituzionalisti e non. il Capo dello Stato sarà eletto per svolgere la funzione che la Costituzione gli assegna e, se essa prevede che non abbia poteri di governo, coloro che faranno la campagna elettorale , faranno riferimento ai poteri previsti. questo a prescindere se saranno o meno persone di prestigio: non ho ben capito questa distinzione tra persone di prestigio e non di prestigio, professor Rebuffa, perché le persone acquistano prestigio quando svolgono bene la funzione di cui sono stati investiti. prima non c' è mai un metro idoneo per poter fare questa distinzione. se spieghiamo (questo stiamo facendo) che il presidente eletto non ha poteri di governo, quelli che aspireranno a candidarsi a presidente della Repubblica chiariranno che svolgeranno la funzione prevista dall' ordinamento costituzionale, che non è un potere di governo. quindi, davvero non riesco a capire questa preoccupazione. la seconda osservazione è che, per questa ragione, è necessario definire bene non i poteri del presidente della Repubblica (credo che questo sia il problema minore) ma definire bene la condizione di stabilità del Governo, perché i poteri del governo nel sistema parlamentare sono definiti. faccio riferimento ai poteri d' indirizzo; dopo aggiungerò qualche osservazione in ordine a novità istituzionali che dovrebbero interessarci, ma non è questo il momento per affrontare la questione. inoltre, l' onorevole Selva ha osservato che il Capo dello Stato ha così ha una funzione di garante, quindi non poteri di governo; la funzione di garanzia del presidente eletto senza poteri di governo sta nel garantire la stabilità del Governo, non nel senso di imporre una maggioranza che non ha, ma di verificare il raccordo tra maggioranza e Governo, in maniera che quest' ultimo possa svolgere in maniera efficace le sue funzioni. solo in rapporto a questo, voglio dirlo al senatore Salvi (quando poi arriveremo a discutere delle facoltà del presidente della Repubblica approfondirò la questione), mi pare da modificare la previsione della facoltà del Capo dello Stato di sciogliere il Parlamento, perché, per come è prevista, indipendentemente dalle nostre intenzioni, introduce paradossalmente (questo ci è stato fatto osservare dai costituzionalisti dell' università di Roma) una sollecitazione alla competizione tra poteri diversi, per un verso e potrebbe rendere cristallizzata la funzione del Parlamento, per altro verso. rispetto al rischio che vi possa essere lo scioglimento del Parlamento in presenza delle dimissioni del Governo , infatti, i parlamentari potrebbero essere tentati di tenere in vita un Governo anche se non funziona. perciò, qui sì va recuperato il suggerimento che nella Costituzione vengano introdotti solo criteri generali, e si farà poi riferimento all' interpretazione evolutiva della norma, professor Rebuffa. io capisco la tua obiezione, però stiamo attenti che la pretesa di codificare tutto in realtà confligge con il limite dell' intelligenza umana di prefigurare gli svolgimenti della storia. e quindi la norma è di indirizzo non nel senso che sia generica, ma nel senso che il raccordo tra il fatto che accade e la norma che lo disciplina si invera nello svolgimento della vicenda umana ed è difficile prevedere e codificare. noi dobbiamo evitare un rischio, non solo nella codificazione, ma anche nel dibattito. io mi rivolgo a lei, presidente, perché so che questa è la sua opinione. dobbiamo evitare che l' indulgenza di ipotizzare un po' di poteri del sistema presidenziale — che noi non abbiamo ipotizzato — , riducendo o compromettendo lo svolgimento funzionale e valido del governo parlamentare, sia una sorta di anticipazione di elementi di conflittualità per dire che poi il sistema non funziona. questo è il rischio che corriamo, e secondo me su questo dobbiamo essere molto sereni, molto chiari, molto netti. credo che su questo il gruppo del Partito Popolare non farà mancare il suo suggerimento e il suo consenso. sui poteri, abbiamo letto (adesso è un po' scomparsa) questa frase: « ma perché il presidente della Repubblica non presiede il Governo? » . con quale razionalità un presidente della Repubblica senza poteri presiede il Governo? per essere testimone di una discussione e di un organo che è presieduto, gestito da una persona diversa. in una funzione di tutela? no. nel sistema semipresidenziale francese questo è possibile e previsto per l' ambiguità del sistema francese. su questo, va espressa con molta semplicità una valutazione. il semipresidenzialismo francese — che è un' anomalia nei sistemi costituzionali del mondo, non solo in Europa — è un passaggio a metà tra il perfezionamento del sistema parlamentare e l' approdo al governo presidenziale. quindi, formulare un' ipotesi di riforma come quel modello mi pare quanto di più sprovveduto ci sia e quanto di meno valido si possa utilizzare per affrontare questi problemi. la seconda questione, sulla politica estera e la difesa. ho visto che torna. onorevole Selva, che c' entra — non uso l' altra espressione — il sistema bipartisan con l' ipotesi che il presidente della Repubblica rappresenti il paese? lei ipotizza — ho capito — che in una qualche circostanza il presidente della Repubblica sia, in ipotesi, espressione diciamo di un' area politica e il governo parlamentare di un' altra. ma lei non ha fatto l' ipotesi che il presidente della Repubblica sia della stessa parte. per cui, se fosse vera l' esigenza della rappresentanza unitaria, bisognerebbe invitare il capo dell' opposizione , non il Capo dello Stato . è un argomento pretestuoso? non proprio: non è così. viceversa, io ricordo che nei lavori della bicamerale ci ponemmo il problema e nel testo che è stato presentato — quello che poi approveremo non so come sarà — il Capo dello Stato rappresenta l' unità del paese, con riferimento alle alleanze che il paese ha contratto. ma da questo punto di vista io non credo che sia un potere. e da questo punto di vista non bisogna invocare la politica bipartisan. questo poi sarà legato ai processi politici; ne abbiamo discusso. questa politica va realizzata nella dialettica tra maggioranza e minoranza, non sul piano delle istituzioni eventuali. un Parlamento, un sistema democratico dell' alternanza, che sulle grandi scelte ha momenti di unità, legittima il Governo che lo rappresenta a rappresentare il paese nella sua totalità. non è l' accorgimento giuridico-istituzionale che risolve questo problema. questo problema è risolto dai comportamenti politici delle forze politiche che esprimono il Governo. vi è una terza osservazione da fare sul potere di scioglimento. al senatore Salvi l' ho detto in varie circostanze e glielo ripeto qui: quando discuteremo di questa questione, spero di poter fare un intervento più analitico. queste sono obiezioni che, a mio avviso, sono pretestuose; le obiezioni vere che si possono fare alla proposta che noi abbiamo avanzato riguardano un problema che qui è stato sollevato e che nel dibattito politico direi che appassiona di più e, per il fatto che non è affrontato con molta serenità, rischia di « cacciarci » più nella contesa politica che sul terreno del riordino istituzionale. il problema della stabilità dell' Esecutivo — perché questo è il problema — non lo si deriva dalla subordinazione o dal quasi raccordo al presidente eletto; la stabilità dell' Esecutivo, la democrazia rappresentativa che consente all' elettore di scegliere il parlamentare, la maggioranza, il Governo (perché le scelte sono plurime e non sono soltanto individuali) esigono la definizione di un sistema elettorale che consenta all' elettore di scegliere il candidato, la maggioranza e il Governo. questo è un problema — non è un « sigaro » , onorevole D'Alema , da regalare — da risolvere. su tale questione la Commissione bicamerale ha posto il problema ed io credo che sia impegnata anche a risolverlo. probabilmente, le tecniche ipotizzate, non definite che prevedono un sistema elettorale che legittimi la maggioranza vanno approfondite (non è un problema di scontro all' interno dei partiti). un sistema elettorale di questo genere serve all' ordinamento e non ad una parte contro un' altra. quindi il problema vero è quello della stabilità. al nostro interno abbiamo avuto opinioni diverse quando si è discusso in bicamerale della facoltà del Capo dello Stato di rinviare il Governo in Parlamento; essa ha senso solo se la ragione è, diciamo, la verifica del rapporto tra maggioranza parlamentare e Governo. se viceversa fosse, come alcuni costituzionalisti ci fanno osservare, una facoltà senza limiti del Capo dello Stato , una potenziale conflittualità tra il Capo dello Stato , il Governo e la maggioranza, allora questa sì sarebbe una norma incongrua e non sarebbe compatibile con l' ordinamento che ci stiamo dando. credo che la nostra riflessione nella definizione di queste norme dovrebbe suscitare in noi considerazioni e preoccupazioni. ho ascoltato l' intervento dell' onorevole Diliberto, ma a mio avviso egli pone il problema e lo risolve dentro una spiegazione ideologica e non dentro la spiegazione delle istituzioni che si danno. noi spesso ci facciamo carico del potere e della facoltà del Governo di decidere, e credo che molti diano enfasi all' elezione diretta del Capo dello Stato per questa ragione. penso che questo non sia un problema vero ma una distorsione ottica sui problemi veri. le democrazie moderne, le democrazie complesse hanno il problema di recuperare l' efficienza del Governo, ma hanno anche il problema di garantire i diritti dei cittadini. quest' ultimo problema non lo si risolve facendoli votare ma organizzando diritti e facendoli tutelare. per cui il rapporto tra il Governo, che ha potere di indirizzo, e il presidente della Repubblica , garante dei diritti uguali dei cittadini, verosimilmente è la proiezione dell' equilibrio che dobbiamo costruire. l' equilibrio futuro, la novità che ci incalza, onorevole Selva, la riflessione che dobbiamo approfondire sono tutti rivolti alla ricerca di questo equilibrio nuovo sul quale i costituzionalisti incominciano a riflettere. credo abbiate tutti letto un pregevole « libricino » del professor Fioravanti dell' università di Firenze che pone questo problema con acume di analisi sul piano della evoluzione dei rapporti politici, anche se, pure in questo saggio, vi è una qualche carenza per quanto attiene all' indicazione giuridica. ma le istituzioni vere sono quelle che si fanno, non soltanto quelle che si immaginano. io auguro a me, a voi, a noi, che il prosieguo di questo dibattito metta insieme la nostra capacità di risolvere i problemi così come si prospettano — perché questo è il nostro compito — e, nel momento in cui risolviamo i problemi come sono, di prevedere anche come gli stessi potrebbero essere. una democrazia forte, libera e viva è tale solo se ha questa consapevolezza. mi auguro che il dibattito tra di noi, che continua, faccia crescere questa consapevolezza.