Pier Ferdinando CASINI - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 34 - seduta del 17-07-1996
Discussione di mozioni in tema di riforme istituzionali
1996 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 34
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , è mancata finora una visione organica, complessiva del processo di riforma istituzionale . abbiamo affrontato i grandi temi dello Stato in ordine sparso, qualche volta muovendo dai dettagli, il più delle volte non muovendo affatto. abbiamo capovolto le priorità, affidando alla nuova legge elettorale il cambiamento degli schieramenti politici e illudendoci che da questo primo cambiamento potessero discendere novità fondamentali nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni. infine, abbiamo pagato, tutti, un tributo più che oneroso a convenienze di parte. il senso del dibattito di oggi è capire se esistano le condizioni per rompere questo incantesimo. la posizione dei cristiano-democratici e del Polo è conosciuta. noi pensiamo che occorre por mano ad una riforma federalista e presidenzialista attraverso un passaggio solenne ed impegnativo, quello di una Assemblea costituente , un' assemblea che rappresenti, come ha indicato il presidente Cossiga, un grande fatto politico e didattico. è una posizione netta, chiara e forte; non ne facciamo una bandiera polemica e partigiana, e non la brandiamo come un' arma in più nel conflitto politico che divide maggioranza e opposizione. abbiamo la consapevolezza e coltiviamo il valore di un punto d' incontro, che va cercato e trovato sul terreno delle nuove regole del gioco , ma sappiamo anche che il permanere delle vecchie regole non aiuta nessuno a giocare meglio e che dunque occorre uscire, una volta per tutte, dalla logica perversa dei veti incrociati , degli immobilismi interessati, delle pigrizie di parte. ci preoccupa constatare che nell' Ulivo, e tanto più dopo la vittoria elettorale, sono cresciute resistenze e attitudini conservatrici. noi, per parte nostra, abbiamo un senso più vivo dell' urgenza delle riforme da fare. ma il punto non è, signor presidente , stabilire a chi spetta il primato. siamo qui per concordare un percorso che ci porti ad una destinazione condivisa e che sottragga la materia istituzionale al gioco di parte. dobbiamo dire, però, che non può assolutamente essere condivisa una destinazione che ci porti, come fossimo nel gioco dell' oca , alla casella di partenza. si possono fare riforme diverse, ma non ci è consentito gabellare come riforma la pura e semplice riproposizione degli attuali assetti dello Stato. noi, almeno, non saremo disponibili a questo. ci ha preoccupato, sotto questo profilo, l' approccio che si poteva leggere ieri nell' intervento del presidente Prodi. è sembrato quasi che il capo del governo considerasse un delitto di lesa maestà il solo prospettare una intesa tra maggioranza e opposizione sulle regole, nel rispetto dei loro ruoli e del loro carattere alternativo. è una considerazione che di sicuro non fa bene alle istituzioni e che probabilmente nel medio periodo non farà bene neanche al Governo. al contrario, crediamo che proprio quella maggiore costruttività che ieri è stata vista con tanto sospetto tornerebbe utile all' avvio di un processo costituente; un processo che è nella piena disponibilità di questo Parlamento e che nessun governo può rappresentare come disturbo della propria attività. noi vogliamo lavorare per nuove istituzioni, crediamo in un assetto federale dello Stato italiano, che porti a risolvere i problemi al livello più vicino al cittadino, secondo il principio di sussidiarietà che è caro alla tradizione cattolica e liberale. crediamo in un assetto presidenzialista. non deve spaventare, non può spaventare l' idea che i cittadini eleggano direttamente con il loro voto il vertice dello Stato. avviene normalmente in tanti paesi che hanno tradizioni democratiche solidissime e che non rischiano certo derive plebiscitarie o investiture demagogiche. la paura dell' uomo forte che ha dominato comprensibilmente i lavori dell' Assemblea costituente cinquant' anni fa ha prodotto governi deboli ed è semmai proprio questa debolezza che rischia oggi di alimentare qualche pulsione autoritaria. naturalmente noi pensiamo che attorno a questa doppia riforma federalista e presidenzialista debba essere stesa una rete di contrappesi, come è nelle migliori tradizioni delle moderne istituzioni democratiche. dunque, un federalismo come forma di autogoverno delle autorità locali, funzionale agli interessi non solo del nord ma anche del Mezzogiorno d' Italia, ed un presidenzialismo che non concentri il potere in modo monocratico. ma il vero rischio che corriamo in questo campo non è quello di fare troppo, è quello di continuare a non fare. anche per questo insistiamo nella proposta di varare subito un' Assemblea costituente . il grande lavoro dei padri della Repubblica non merita di essere considerato un tabù intoccabile. certo, c' è una parte della Costituzione, i principi, i valori, che conserva la sua attualità e che resta fondamento della nostra Repubblica, prima o seconda che sia; ma ci sono altre parti che inevitabilmente tradiscono lo spirito del tempo e che richiedono a questo punto cambiamenti significativi. non è giusto dimenticare quale fu, allora, lo spirito di quel tempo, un tempo assai diverso dal nostro. il paese usciva dalla doppia tragedia della dittatura e della guerra e affidava appunto ai costituenti il mandato di sradicare per sempre dalla nostra vita collettiva quelle due terribili esperienze. da allora è passato mezzo secolo, denso di novità, di avvenimenti e di sorprese; mezzo secolo a cui dobbiamo corrispondere ora con una riscrittura almeno parziale della nostra Carta Costituzionale . conservare la Costituzione così com' è, come una sorta di reliquia, credo significhi anche fare torto al suo spirito. c' è una forte spinta a ripensare il legame tra le comunità locali e lo Stato centrale, una spinta che la Lega ha avuto il merito storico di porre all' ordine del giorno ed il demerito politico di svolgere in senso assai meno costruttivo di come, pure, sarebbe stato e sarebbe possibile. c' è una domanda diffusa di rapporti più diretti, meno mediati, più chiari e lineari tra gli elettori ed i vertici della politica; la domanda di un' investitura e di una responsabilità cui il cancellierato offrirebbe una risposta assai blanda in un segno di sostanziale conservatorismo istituzionale. in questo quadro si può ripensare anche la legge elettorale , che non è materia di una guerra di religione tra maggioritaristi e proporzionalisti, con il sottinteso che questi ultimi dovrebbero essere scomunicati per essere incorsi nel peccato di nostalgia del passato; che non può essere, onorevole D'Alema , la moneta di scambio per una ristrutturazione nel campo della sinistra e che non vuole essere il veicolo di una rifondazione democristiana che non esiste come progetto politico e non dovrebbe neppure esistere onorevole Fini come fantasioso bersaglio di comodo nei dibattiti in questo Parlamento. di questo quadro fa parte lo ha detto il presidente Berlusconi il richiamo ad una giustizia più giusta, meno propensa all' invasione di campo politica, più attenta a rispettare l' equilibrio dei poteri e delle responsabilità. di questo quadro fa parte, infine, la necessità di aggiornare e riscrivere tutto il nostro ordinamento legislativo, regolamentare, normativo, che deve essere finalizzato a semplificare il rapporto tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione e ad abbattere quel muro della democrazia che è diventato ormai il vero fattore di disunione del paese. ma tutte queste cose non faranno un solo passo avanti se non trarranno la loro forza da un' idea dello Stato più moderna, meno condizionata dalle ombre del passato, meno segnata da paure, cautele, apprensioni. noi dobbiamo recuperare fiducia. il federalismo non minaccia l' unità dello Stato; il presidenzialismo non minaccia le garanzie democratiche; la Costituente non minaccia i valori fondamentali su cui si fonda la nostra convivenza, come d' altronde sostengono autorevoli personalità della stessa maggioranza. è ora di fugare tutte queste ombre. l' unica minaccia semmai è quella della nostra pigrizia e dei nostri ritardi; l' unico rischio vero che corriamo, e che stiamo facendo correre al paese, è che il tanto parlare di riforma resti per così dire a mezz' aria, come un desiderio e non come un impegno. è il rischio del conservatorismo istituzionale, che lascia tutto com' è dopo aver proclamato che quasi tutto sarebbe da cambiare. un' altra commissione parlamentare , la terza in tredici anni, suonerebbe inevitabilmente come la conferma l' ennesima di un modo di procedere un po' rituale. se, nonostante le nostre obiezioni, si decidesse di seguire questa strada, dovremo almeno impegnarci ad insediare una Commissione bicamerale con poteri speciali e a percorrere questa strada entro un tempo delimitato e chiaro. noi faremo come sempre il nostro dovere, ma vogliamo lavorare per evitare che alla fine il partito politico più forte del nostro paese sia quello dell' attesa e del rinvio. non c' è all' orizzonte una deriva plebiscitaria: la deriva è quella di restare fermi, fermi tutti noi sulla trincea delle nostre convinzioni e fermo il paese sul crinale di un cambiamento promesso e disatteso. non possiamo lasciar scorrere un' altra legislatura senza riforme; non possiamo e, per quanto ci riguarda, non vogliamo.