Umberto BOSSI - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 34 - seduta del 17-07-1996
Mozioni in tema di riforme istituzionali
1996 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 34
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

onorevole presidente , onorevoli colleghi , è estremamente deprimente ripetere, anno dopo anno, le stesse cose inutilmente. parliamo per l' ennesima volta di riforme della Costituzione, sapendo che non si faranno mai, sapendo che probabilmente è un modo per prendere tempo. in questo Parlamento nel passato non c' è mai stata la volontà politica di affrontare radicalmente la situazione di crisi del paese e oggi, anche se la tenuta politica della Lega fosse riuscita a portare consiglio ai partiti, è tardi: non c' è più la possibilità di cambiare garantendo contemporaneamente la tenuta unitaria dello Stato. il sistema produttivo italiano, che già in origine era un sistema duale, si è trasformato progressivamente in due sistemi produttivi profondamente differenti: quello padano, che è tra il decimo e il quindicesimo posto, e quello meridionale, che è oltre il centesimo posto nel mondo per competitività. il sistema dirigente italiano classe politica , Confindustria, sindacati ha infatti sprecato gli enormi capitali, sia sottratti ai lavoratori del nord, sia creati stampando titoli di Stato , perché i trasferimenti nel Mezzogiorno non sono stati indirizzati allo sviluppo e all' impresa, bensì a sostegno del reddito delle famiglie o di quello degli imprenditori con la fiscalizzazione degli oneri sociali . più in generale, si è scelto di sostenere il cosiddetto stato sociale anziché reinvestire nello sviluppo. per questo motivo la società meridionale sembra godere di una certa ricchezza ma ha milioni di disoccupati. ora, poiché c' è uno stretto rapporto tra condizioni politiche e prospettive economiche, la situazione di sottosviluppo del Mezzogiorno spiega molto chiaramente perché il meridione abbia affrontato e continui ad affrontare il tema della riforma dello Stato con disagio e timore, se non con rifiuto, e non c' è da dargli torto. il federalismo umanamente non può essere accettato dal Mezzogiorno perché se ogni regione della Padania si tenesse una quota maggiore dei propri soldi sarebbe necessario diminuire fortemente i trasferimenti al sud e ciò provocherebbe l' avvio di gravi tensioni sociali nel meridione a causa della forte disoccupazione conseguente, come si è detto, alla politica assistenzialista. ma non c' è solo la ritrosia del meridione a contrastare le riforme, c' è quella dell' intera classe politica , che da Roma ha diretto con la massima insipienza la gestione della Cassa per il Mezzogiorno , cioè la Cassa per le opere straordinarie di pubblico interesse, che avrebbe dovuto promuovere e stimolare l' attività economica nel meridione, applicando un sistema di gestione del denaro di ispirazione keynesiana. purtroppo conosciamo bene la storia: l' Istituto si lanciò in una forsennata politica di realizzazioni infrastrutturali, nella convinzione che il solo impiego del denaro riuscisse a creare ricchezza. nata per durare dieci anni e adeguatamente foraggiata e sottratta dai vincoli del bilancio statale, la Cassa è tuttora in piena attività, dovremmo dire in piena voracità! 57, 65, 71, eccetera... non sono numeri del lotto ma le date di rifinanziamento della Cassa, mentre i capitali venivano dispersi in mille rivoli, senza che l' economia del Mezzogiorno ne beneficiasse veramente. nel 1986, poi, vide la luce l' Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno, provvista inizialmente di ben 120 mila miliardi e rifinanziata nel dicembre 1991 con altri 24 mila miliardi, rastrellati accrescendo il debito estero del nostro paese. tutto questo, però, non ha ovviato al ritardo meridionale, anzi lo ha accentuato: il sud è sempre più emarginato dalla crescita sociale ed economica. nonostante questo risultato, il Parlamento sta continuando imperterrito lungo lo stesso solco e speriamo senza troppe analogie con il passato. speriamo che a nessuno venga in mente di difendere con la spada il solco assistenzialista tracciato dall' aratro della partitocrazia. è una situazione paradossale quella che viviamo oggi: il sud ha paura delle riforme ed i partiti pure. e noi qui dobbiamo far finta di parlare di riforme, con tanto di recite a soggetto nel teatro di Montecitorio. per fortuna c' è la televisione, almeno il paese potrà capire in quale palude si sia trasformato il Parlamento. anche il Governo Prodi sembra non aver fatto bene l' analisi della situazione se all' immane dilatazione dei compiti dello Stato, con l' interventismo che lo sta portando all' estinzione o al cambiamento profondo in tutto il mondo, il Governo Prodi per curare la crisi dell' interventismo dello Stato risponde aumentando l' interventismo: ricapitalizza l' Alitalia e le banche fallite, anziché privatizzarle. giacché i soldi, poi, da qualche parte devono essere reperiti, li trova rinviando i trasferimenti agli enti locali , all' Anas, agli alluvionati piemontesi; omogeneizza al 27 per cento l' imposta sui conti correnti bancari e sui certificati bancari, cercando di spostare verso i titoli di Stato tutto il risparmio del paese, soprattutto quello del nord, invece di spingerlo verso lo sviluppo e le imprese. è proprio il caso di dire povere imprese, povero sistema produttivo ! la verità è che l' arrivo al galoppo della globalizzazione dei mercati ha sorpreso con le mani nel sacco la classe politica italiana la quale, quando scialacquava con l' assistenzialismo ai tempi migliori, non aveva considerato che ogni trenta, quaranta o cinquanta anni cambia il modello economico. la caduta delle dogane e la conseguente globalizzazione dei mercati rende impossibile il vecchio equilibrio tra nord e sud. ora il rapporto tra sviluppo e sottosviluppo non è più gestibile attraverso il centralismo. se un tempo i soldi che il nord dava al sud ritornavano, perché il meridione comprava soprattutto prodotti made in Padania, oggi ed ancora più domani i soldi dell' assistenzialismo finiscono e finiranno sempre più a Taiwan, a Singapore, in America, perché anche nel meridione si comprano i prodotti che costano meno. oggi il cosiddetto sistema italiano è un grande catino con un buco enorme sul fondo, generato dal mancato sviluppo del Mezzogiorno. per mantenere pieno il catino e per evitare che salti il paese, non bastano più i soldi dei lavoratori dipendenti del nord. oggi anche gli imprenditori del nord devono pagare oltre ogni misura. se una volta si allargavano le fabbriche anche grazie all' assistenzialismo del meridione, che comprava i prodotti del nord con i soldi dei lavoratori del nord, oggi vedono fallire le loro imprese per le conseguenze dell' assistenzialismo, cioè del mancato sviluppo del meridione. i costi dell' intermediazione dello Stato sono sempre più alti; i possibili lavoratori meridionali con le ricette assistenzialiste sono finiti a milioni sulle spalle dell' Inps, che ha un debito più grande del debito pubblico : poco meno di 4 milioni di miliardi. è un debito che non si può, tra l' altro, neppure consolidare. tra non molto, insomma, rischiano di saltare anche le pensioni. possibili lavoratori meridionali sono finiti, sempre a causa dell' assistenzialismo, ad ingrossare le file dello sterminato esercito della burocrazia dello Stato italiano: 5 milioni di impiegati contro i 2 milioni degli USA. lo Stato interventista crolla ovunque, ma non in Italia. nel nostro paese c' è un' ideologia tutta italiana in merito al concetto di Stato. la cultura politica continua a concepire lo Stato come un dio, e per quanto riguarda le riforme dello Stato, la rivoluzione francese non sembra mai essere avvenuta. la sovranità, il potere costituente non è del popolo, ma del Parlamento, che farà la sua ennesima ed inutile Commissione bicamerale. il popolo stia zitto, è vietato per Costituzione sapere cosa pensi il popolo del proprio Stato! per la politica, malata di ideologia italiana, non è l' uomo la fonte del diritto, ma lo Stato. quest' ultimo sarebbe anche il centro motore di ogni sviluppo economico e sociale , insomma o Stato (scusate ma mi sembra di parlare nel parlamento borbonico!). onorevoli colleghi , vedrete che la crisi dell' interventismo dello Stato annienterà anche l' ideologia italiana nelle sue due versioni complementari di destra e di sinistra. sbaglia chi pensa di poter superare semplicisticamente la crisi con un semplice cambiamento della classe politica , magari passando ad un sistema elettorale a doppio turno per far fuori quei rompiscatole della Lega, per rimettere insomma le briglie a quelli della Padania che non vogliono più lavorare, pagare e tacere, per il semplice fatto che comanda Roma. ha sbagliato e continua a sbagliare chi cerca di limitare al minimo il cambiamento delle regole perché, tra breve, in Italia risulterà impossibile coniugare benessere con stabilità sociale. oltre all' apertura delle dogane e all' accelerazione del processo di globalizzazione dei mercati, sta arrivando un nuovo, decisivo, « momento grilletto » , che è rappresentato dalla moneta europea. se l' Italia entrerà in un sistema di rapporti rigidi tra la lira e le altre monete europee, non sarà più possibile ricorrere alla svalutazione, che attualmente è necessaria per vendere all' estero sia in Europa, sia nell' area del dollaro i nostri prodotti industriali. il sistema produttivo padano, che in sé e per sé è competitivo, se non potesse ricorrere alla svalutazione non riuscirebbe a vendere i suoi prodotti, a causa del costo dello Stato. purtroppo, alla lotta commerciale ci si va tenendo conto sia dei costi vivi della produzione, sia dei costi definiamoli « istituzionali » (salari, sistema previdenziale , tassi di sconto, tassi d'interesse , eccetera). l' ingresso nella moneta europea indubbiamente favorirebbe le piccole e medie imprese del nord, sottocapitalizzate, che potrebbero ottenere dalla Banca europea denaro a più basso costo. questo vantaggio però difficilmente basterebbe a compensare la perdita della svalutazione e si porrebbe con forza il problema di scaricare uno Stato troppo costoso, a meno che la Padania accettasse di lasciar annientare una buona parte del suo sistema produttivo . insomma, se entriamo nel sistema monetario europeo , vi entriamo con difficoltà, facendo enorme fatica e dopo tutto diventa ancora più difficoltoso. sarà molto difficile tenere unito il paese. se invece l' Italia scegliesse di non entrare nel sistema monetario europeo , o ne venisse esclusa, i venti della speculazione internazionale aggredirebbero la lira e lo Stato sarebbe costretto a prendere in seria considerazione la possibilità di consolidare il debito pubblico , cioè di rendere inesigibili i crediti da parte dei cittadini e di abbassare il tasso di interesse sui titoli di Stato , proprio come fece Mussolini nei confronti del debito pubblico causato dalla prima guerra mondiale . peccato che un intervento autoritario sul debito è incompatibile con la tenuta del sistema democratico ed inoltre la macchina produttiva padana, che si è preparata per la lotta commerciale mondiale, non potrebbe essere riportata all' interno di un mercato chiuso, anche se questa soluzione potrebbe piacere agli estimatori del vecchio Stato assistenziale , pena una grave crisi, non solo della democrazia ma anche dell' economia. questa è la situazione in cui ci troviamo ad agire e per la quale dobbiamo trovare le riforme giuste. al punto in cui siamo, non credo che l' opzione federalista possa permettere di affrontare i guai del paese. chi parla oggi di federalismo lo fa solo in modo strumentale, sperando che al federalismo non si giunga mai, perché sa bene che, una volta superato lo Stato centralista , si arriverebbe fatalmente alla rottura, alla secessione, al superamento dello stato nazionale. il federalismo infatti si tradurrebbe in un taglio dei trasferimenti al meridione, un fatto che, come ho già detto, provocherebbe lo scontro sociale nel sud a causa della forte disoccupazione da assistenzialismo. davanti alla crisi sociale, le regole scritte del federalismo resterebbero lettera morta . bisognerebbe cioè continuare a dare i soldi al sud. perché il paese resti ancora unito si dovrebbe continuare a sostenere l' assistenzialismo e, in più, occorrerebbe trovare i capitali da investire nello sviluppo del sud, perché entro vent' anni sia possibile ridurre la disoccupazione e, quindi, l' assistenzialismo. questo è un progetto assolutamente irrealizzabile, perché non si possono più trovare i soldi aumentando la pressione fiscale al nord o stampando altri titoli di Stato . tutto è già stato eroso e consumato! il nord potrebbe vendere tutto quello che ha e regalarlo al sud, ma ciò non basterebbe a cambiare la prospettiva: il sud vivrebbe bene per un po' di anni, magari, ma non riuscirebbe a creare uno sviluppo moderno, per il quale occorre un impegno di 15-20 anni come minimo. quindi, se si vuole aiutare il sud senza distruggere il nord, bisogna trovare un moltiplicatore per gli aiuti del nord e tale moltiplicatore non può che essere rappresentato dalla creazione di due sistemi monetari differenti, uno per la Padania e uno per il meridione, che siano espressione della produttività dei rispettivi sistemi produttivi. una scelta che, da una parte, permetterebbe alla Padania di entrare nel sistema della moneta unica europea, evitando l' annientamento del suo sistema produttivo , e dall' altra al meridione di creare le condizioni di basso costo del lavoro che attirino investimenti ed imprese. due sistemi produttivi profondamente differenti necessitano di due sistemi istituzionali differenti e di due monete differenti. sembra quasi una nemesi: quello che non si è fatto prima nel meridione lo impone adesso la storia. bisognava rendere più convenienti gli insediamenti produttivi e abbattere il costo del lavoro ; si è invece allargato il consumo, ma non la base produttiva . oggi il costo del lavoro lo abbasserà il processo di globalizzazione; cioè si pongono oggi a livello globale gli stessi problemi di integrazione sociale, di gestione politica che nelle prime fasi dello sviluppo capitalistico si posero a livello nazionale : è dal livello globale che oggi arrivano le linee di forza del cambiamento e non c' è possibilità di farla franca. siamo davanti ad una situazione certamente del tutto nuova: l' andamento di alcune variabili macroeconomiche non è più in linea con i principi classici dell' economia; tecnologie e produttività crescono così tanto che cala l' occupazione, nonostante il forte incremento della produzione e la crescita del prodotto interno lordo . stanno per entrare in concorrenza i vari sistemi produttivi in materia di tassi, salari, previdenza. il superamento della congiuntura dipende dalla migliore combinazione di queste variabili economiche ed istituzionali che ciascun paese riuscirà a realizzare. le due Italie potranno farcela solo con due sistemi monetari differenti, con la solidarietà resa possibile dalla moltiplicazione del valore degli aiuti attraverso il tasso di cambio. per questo, mentre lo statalismo sembra ritrionfare in pieno, io dichiaro che il nord non ha rinunciato a prendere la situazione italiana nelle sue mani, non si è arreso! non ha preferito prima il nirvana di cartapesta di Berlusconi, così come oggi non accetta la normalizzazione dell' Ulivo. la Lega ritiene che il Parlamento italiano debba concedere il referendum per l' autodeterminazione della Padania! possano i popoli padani scegliere democraticamente, senza violenza, per la Padania sovrana, perché la storia darà comunque l' indipendenza alla Padania! invito questo Parlamento a tenere presente che è meglio stringere accordi economici e di solidarietà tra amici che scegliere la via dell' incomprensione. viva la Padania indipendente, viva i popoli italiani.