Gianfranco FINI - Presidente del Consiglio Maggioranza
XIII Legislatura - Assemblea n. 34 - seduta del 17-07-1996
Adesione dell'italia al patto atlantico
1996 - Governo V De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 197
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

presidente, colleghi, signori del Governo, sono anch' io convinto che questo dibattito, per quanto non sia il primo che si svolge in quest' Aula sulle riforme (e probabilmente non sarà nemmeno l' ultimo), abbia però in sé tutti gli elementi che consentono di dire che si tratta di un dibattito politicamente rilevante. non vedo il rischio di compiere un rituale esercizio dialettico circa le riforme. e non mi ha meravigliato ciò che ho inteso qualche istante fa dall' onorevole D'Alema , che è il padre nobile, il padre politico della maggioranza che sorregge il Governo Prodi. ma proprio in ragione di quella che è la situazione politica in cui si svolge questo dibattito, credo che siano opportune alcune considerazioni, partendo innanzitutto da una osservazione che ritengo difficilmente contestabile. cercherò e mi auguro di riuscirvi di deporre le armi della propaganda e di ragionare pacatamente; vi è una considerazione politicamente incontestabile: questo è un dibattito politico rilevante, ma è anche un dibattito che risente di quella che è la natura del Governo Prodi ed anche delle scelte che il Governo Prodi ha già operato. il Governo Prodi è un governo di coalizione ; si tratta, come tutti hanno già avuto modo di vedere , di una coalizione che è certamente larga ma che su molte questioni è assai poco omogenea. e il Governo Prodi, anche in ragione del fatto di essere il Governo di una coalizione poco omogenea, ha già scelto, ad esempio, di non nominare il ministro per le Riforme istituzionali. da molti anni i presidenti del Consiglio che si presentavano al Parlamento e alla pubblica opinione avevano, nell' ambito dei rispettivi gabinetti, la figura del ministro per le Riforme : scelta legittima, che però in qualche modo determina alcune conseguenze. e che il Governo Prodi, governo di coalizione che ha scelto di non nominare il ministro delle riforme istituzionali , sia in qualche modo attendista nei confronti di tutta la tematica istituzionale lo ha dimostrato anche ciò che è accaduto in quest' Aula ieri pomeriggio. il presidente del Consiglio ha ritenuto di assumere un atteggiamento che definirei non propositivo non solo sulle grandi questioni relative alle riforme, ma anche su quelle altrettanto importanti ma in una ideale gerarchia meno rilevanti attinenti alle regole che devono presiedere al confronto in Parlamento tra la maggioranza e l' opposizione. ieri il presidente del Consiglio , in questo coerente con la scelta di non scegliere, ha rivolto al Parlamento il generico invito a trovare regole comuni, ma si è guardato bene dal fare ciò che gli era stato pubblicamente indicato da un ministro del suo Governo. non so se l' abbia fatto perché non aveva gradito il modo in cui il ministro Maccanico si era rivolto al presidente del Consiglio . fatto sta che tutti ieri hanno avuto modo di vedere come sia diverso l' atteggiamento di chi propone, magari dalle colonne di un giornale, di costituire le precondizioni perché vi sia un dialogo tra maggioranza ed opposizione volto a consolidare il bipolarismo e a creare le condizioni per il successivo dialogo delle riforme, e l' atteggiamento del presidente del Consiglio che, al contrario, si limita a dire: si trovi un gentlemen' s agreement , ma non fa propria una sola delle proposte concrete che il ministro Maccanico aveva avanzato. io credo, onorevole D'Alema , che se il dibattito quest' oggi si fosse svolto dopo aver inteso dal presidente del Consiglio pubblicamente, ufficialmente e solennemente che il Governo si impegna, in qualche modo, a riconoscere alle opposizioni il diritto di presiedere le Commissioni di garanzia, il diritto di presiedere le Commissioni d' indagine; se avessimo sentito dal presidente del Consiglio , e non soltanto da un ministro, che è intenzione della maggioranza di Governo stabilire quali precondizioni occorre concordemente definire perché possa partire un dialogo, forse quest' oggi svolgeremmo un dibattito altrettanto impegnato ma probabilmente con qualche speranza in più circa il suo approdo. così non è stato. Prodi si è guardato bene dal dire ciò che, in qualche modo, era stato invitato a dire dal ministro Maccanico. e tutto ciò credo abbia un chiaro significato politico, anche perché sarebbe ingeneroso sostenere che Prodi non lo ha detto perché non aveva capito quanto fosse importante dirlo. Prodi non lo ha detto perché non poteva o, se volete, non voleva dirlo. infatti, se è vero il punto di partenza del mio ragionamento, e cioè che il Governo Prodi ha già scelto ed ha scelto di stare alla finestra, di non essere parte attiva in un processo riformista, di estraniarsi dal dibattito sulle riforme, è evidente che, avendo optato Prodi per una posizione di neutralità rispetto al dibattito e sulle regole e sulle riforme, non poteva certo sposare la tesi interventista ed attiva del ministro Maccanico. orbene, in linea di principio non vi è assolutamente nulla di male nel fatto che un Governo decida di rimettere al Parlamento qualsiasi valutazione e decisione sulle regole e sulle riforme. in altri momenti, specie nella fase politica che l' Italia ha vissuto di fronte al tentativo di dare vita al cosiddetto Governo Maccanico, di larghe intese , da più parti si disse: i piani devono essere distinti, il Governo governa ed il Parlamento fa, se vuole e se ne è capace, le riforme. e se in linea di principio la posizione del Governo Prodi è perfettamente compatibile con una valutazione politica, occorre anche che il Parlamento sia consapevole e lei, onorevole D'Alema , lo è che la scelta del Governo Prodi non è basata soltanto su una questione di principio, ma su uno stato di necessità. è una scelta basata sul fatto che il Governo è governo di coalizione , ma non ha un potere attivo nell' ambito delle riforme perché sconta il vizio d' origine. il governo dell' Ulivo, infatti, è il medesimo che nasce dopo aver presentato agli elettori un cartello elettorale che non indicava un solo approdo riformista nel programma, essendo chiaro ed incontestabile a tutti che, per citare il solo caso più evidente, se davvero si passa dalle parole ai fatti e si cerca di individuare una nuova forma di governo , nell' ambito della coalizione rappresentata dall' Ulivo le posizioni sono estremamente differenziate. non a caso l' onorevole D'Alema poc' anzi è stato assai prudente. nemmeno il padre nobile della coalizione ha ritenuto di poter indicare a chiare lettere se si debba dar corso ad un' eventuale riforma che vada verso le ipotesi di cancellierato o, al contrario, di presidenzialismo francese. se vogliamo deporre la propaganda, ammettiamo che è uno schematismo retorico, propagandistico sostenere che nell' Ulivo vi è il conservatorismo istituzionale. vi sono nel centrosinistra delle posizioni avanzate e ne è riprova la difficoltà che la maggioranza ha incontrato nello stendere un documento finale unitario. non ho difficoltà a dire che è avanzata, rispetto a quelle precedenti, la stessa posizione assunta dal Pds, anche se non ho ben capito, almeno in questa circostanza, se ciò che sembrò essere un punto di arrivo , vale a dire il presidenzialismo francese, sia o meno in discussione. ma così come noi ammettiamo che è forse esagerato dire che il centrosinistra non è il conservatorismo istituzionale, occorre che il centrosinistra a sua volta ammetta che nel suo seno ha un tasso di conservatorismo molto, molto maggiore di quello presente nel Polo. questa è poi la ragione per cui Prodi decide di non scegliere, di non intervenire, di non nominare il ministro per le Riforme , di non fare ieri il discorso attivo che in qualche modo gli era stato suggerito e decide oggi di non partecipare nemmeno alla discussione in corso . non lo dico con polemica; è un dibattito che agli occhi del presidente del Consiglio è certamente importante, ma nel quale sa di non potere e di non volere intervenire. nell' ambito del centrosinistra coloro che ritengono che la Costituzione abbia ancora un carattere sacrale per usare un' espressione felice usata questa mattina dal presidente Cossiga sono numerosi. nemmeno un grande statista e Prodi, lo dico senza ironia, deve ancora dimostrare di esserlo riuscirebbe a conciliare posizioni che sono certamente differenziate, essendo consapevole di correre il rischio di finire stritolato in quella che è una doppia morsa, perché le istanze innovatrici, che pure emergono timidamente nel centrosinistra, finiscono per essere prese in mezzo dalla morsa della doppia rifondazione. infatti, c' è una Rifondazione comunista che è evidentemente è all' opera, ma c' è anche una rifondazione democristiana, altrettanto all' opera e forse meno evidente. pensare che tutto ciò non sia ben presente nel momento in cui si avvia una discussione come questa, significa non volersi confrontare con la realtà in cui, al contrario, questa discussione si svolge. ecco perché diciamo che non ci meraviglia il fatto che il Governo non sia attivo. il Governo sceglie la via che ritiene in qualche modo di autodifesa e non partecipa, non stimola, non prende alcuna iniziativa o non sottolinea alcuna iniziativa per rendere possibile il passaggio, in questa legislatura, dalla fase della discussione alla fase della realizzazione delle riforme. orbene, noi riteniamo che questa sia una scelta legittima ma molto pericolosa, perché aumenta il rischio che anche in questa legislatura le riforme non si facciano ed è un rischio che l' Italia non si può permettere. io non voglio, come ho pure sentito fare in quest' Aula, ricordare le tante ragioni per cui non possiamo permetterci il rischio anche in questa legislatura di non arrivare alle riforme. mi limito a dire che vi è il pericolo di una perdita di credibilità delle istituzioni, vi è il pericolo di accertare, o meglio di far accertare, agli italiani che, qualsiasi governo vinca, alla fine poi non riesce a governare. vi è il pericolo di innescare un meccanismo che potrebbe portare alla disgregazione o al corto circuito delle nostre istituzioni. quando anche in quest' Aula non poteva essere altrimenti in questa occasione sentiamo richiamare la necessità di dar corso ad una separazione di una parte del territorio nazionale , ebbene, non possiamo non nutrire una preoccupazione non soltanto per ciò che viene detto, ma anche e soprattutto per il fatto che, se non giungono risposte in termini di funzionalità dalle istituzioni dello Stato, qualcuno potrebbe essere tentato davvero di ritenere che poi sia quella la via da chiedere non già, onorevole Bossi, ad un Parlamento che lei definisce « borbonico » , ma semmai da affidare ad un parlamento, quale quello di Mantova, che io potrei definire « barbarico » . ecco perché è indispensabile che le riforme si facciano in modo organico, si facciano tenendo conto della complessità dei problemi degli italiani, tenendo conto della necessità di avere dei tempi stabiliti e possibilmente brevi, si facciano nella necessità di dare una soluzione che non sia episodica. non si tratta soltanto di discutere quale forma di governo , ma quale forma di Stato, quale nuovo rapporto debba esservi tra i poteri costituzionali, quali risposte uno Stato moderno debba saper fornire a problemi che non sono certamente quelli che l' Italia aveva dinnanzi quando nacque la Costituzione repubblicana. per queste ragioni il Polo ha ritenuto, e ritiene, che l' Assemblea costituente fosse e sia ancora la via maestra, quella che dà almeno tre certezze: la certezza di giungere davvero al termine del processo di riforma, la certezza di poterlo fare in termini stabiliti, la certezza di coinvolgere, in una forma di partecipazione attiva, gli italiani. abbiamo sentito anche qui, quest' oggi, alcune obiezioni che, del resto, già conoscevamo, quella secondo cui la richiesta del Polo di indire le elezioni per un' Assemblea costituente potrebbe in qualche modo delegittimare il voto del 21 aprile. mi pare vero il contrario, perché soltanto se si mette il Governo al riparo dalle ricadute politiche possibili, qualora si determinino aggregazioni di maggioranze diverse rispetto a quella che sostiene il Governo, si può dare per certo che vada avanti la legislatura ed il Governo medesimo. se, al contrario, non si mette al riparo il Governo ed è evidente che il Governo non lo è se in quest' Aula bisognerà approvare anche le riforme — , si sottopone il presidente del Consiglio e la sua compagine ad una continua fibrillazione, che è nella logica delle cose e che già mi sembra apparsa evidente. in secondo luogo conosciamo l' obiezione di chi sostiene lo ha fatto anche l' onorevole D'Alema poc' anzi che non ci sarebbero le ragioni storiche. non voglio dilungarmi su cosa si intenda per ragioni storiche; è evidente che l' Italia non è nelle condizioni in cui si trovò dopo la guerra, non vi sono le macerie; è evidente che non vi è la necessità di definire dei valori comuni, però è altrettanto evidente che siamo in presenza di mutamenti storici. negli ultimi cinque anni sono accaduti episodi, avvenimenti, che definire di carattere epocale è in qualche modo doveroso. sono ragioni che hanno una portata storica, perché è cambiato davvero tutto negli ultimi cinque anni e non soltanto perché la fine della guerra fredda ha portato coloro che si riconoscevano nelle idee del partito comunista per la prima volta in Italia al Governo in modo del tutto legittimo. recentemente un politologo fine, quale è Baget Bozzo , ha messo in evidenza come la fine del sovietismo, la caduta del muro, la disgregazione dell' Unione Sovietica abbiano reso possibile in modo legittimo a tutti coloro che in qualche modo si rifacevano all' ideologia comunista giungere al Governo in Italia, per via democratica con il Pds che è ai banchi del Governo e con Rifondazione comunista che è nella maggioranza del Governo, ed anche con un peso rilevante. siamo in presenza di una democrazia che non è più bloccata, che si avvia, sia pur stentatamente, lungo la strada dell' alternanza. così come non si può negare che il combinato disposto tra la questione morale e l' introduzione della legge elettorale maggioritaria (l' unica vera riforma che l' Italia ha avuto negli anni scorsi l' ha avuta per intervento diretto degli elettori e con un Parlamento che ha dovuto prendere atto di una scelta voluta dagli elettori, dai cittadini, dagli italiani, altrimenti molto probabilmente non avremmo fatto nemmeno quella riforma) ha portato ad un assetto politico del tutto diverso rispetto a quello dei quarantacinque anni che vanno dalla nascita della Costituzione a quella che è stata chiamata la rivoluzione democratica del 1994. le pare poca cosa, onorevole D'Alema , se i partiti che ininterrottamente avevano governato l' Italia si sono dissolti? se sono nate altre formazioni politiche ? se nella crisi determinata, anche per ragioni di carattere internazionale, dal modello statuale così come era stato concepito nel corso del Novecento, prendono corpo, o comunque traggono in qualche modo legittimità, persino le formazioni che ritengono di dover superare l' unità dello Stato? è accaduto qualcosa di veramente epocale negli anni scorsi. analogamente, è importante saper dare risposte a quel conflitto ricorrente tra i poteri istituzionali. non si è trattato soltanto di qualche episodio di interferenza o di invasione di campo. l' impianto complessivo della nostra Costituzione non ci sembra idoneo a rispondere al quesito che tante volte ci si pone quando la magistratura interviene in sede politica, la politica interviene in una sede che dovrebbe essere di pertinenza assoluta della magistratura, e, come è accaduto ripetutamente nel corso degli anni che abbiamo alle spalle, c' è il conflitto tra il Parlamento ed il Governo o tra il Governo ed il Parlamento o tra il Parlamento ed il Capo dello Stato . non credo inoltre che sia episodico, ma al contrario è fatto anch' esso di grande rilievo, l' aver adottato dei vincoli extranazionali. il trattato di Maastricht , al pari di tutti i trattati che hanno determinato la nascita di realtà che vanno al di là di quella in cui si muovevano fino a qualche anno fa gli Stati unitari e nazionali, ha finito per cambiare la fisionomia degli Stati e per limitare l' azione dei governi. considerazioni analoghe valgono ma su questo non mi dilungo per la mondializzazione dell' economia, ma anche per tutte le nuove dinamiche sociali che da quella mondializzazione derivano. l' Italia non ha soltanto il problema di dover risolvere in modo nuovo il quesito di come rispondere a determinate crisi, che sono le crisi tipiche di un sistema che mostra tutta intera la sua vetustà in termini istituzionali, abbiamo anche il problema di dover rispondere, al pari di altri paesi occidentali, a quei fenomeni che sempre si determinano quando le società entrano in una fase postindustriale (e do per scontato il riferimento a tutto quello che ciò significa). ecco perché riteniamo in qualche modo grave il rifiuto dell' Assemblea costituente , per certi aspetti politicamente miope. lo diciamo ovviamente a futura memoria, perché sappiamo che la maggioranza che sostiene il Governo Prodi ha già detto « no » e non ha intenzione alcuna di recedere. è evidente però che non rinunceremo a fare la nostra parte; non rinunceremo a fare la nostra parte perché le riforme si facciano; non rinunceremo a fare la nostra parte perché le riforme abbiano un loro tratto unitario e non siano risposte episodiche; non rinunceremo a fare la nostra parte perché le riforme siano profondamente innovative e lo siano per davvero. lo faremo in quella sede istituzionale che verrà in qualche modo definita, e mi auguro di poter dire concordata, al termine del dibattito. non credo sia molto importante stabilire se debba essere una Commissione bicamerale o una doppia Commissione speciale. direi che è importante avere al contrario, almeno in questo, reciproca intesa sul fatto che i tempi debbano essere certi, perché tutto si può fare tranne che avviare l' ennesimo confronto senza sapere nemmeno entro quale termine bisognerà poi concluderlo. faremo tutto ciò. il presidente Berlusconi di qui a poco illustrerà una posizione che non è di un partito, ma è del Polo. concludo con una certezza che abbiamo: la certezza che al termine del confronto che oggi si apre, a pagarne politicamente il conto non sarà il Polo per le libertà : sarà proprio il Governo, o meglio sarà la coalizione che sostiene il Governo. ciò per una ragione molto semplice: se con il primo Governo sostenuto dalle sinistre, con il Governo Prodi, con il Governo di questa XIII legislatura, che è stata salutata da una buona parte dell' Assemblea come evento epocale, le riforme non si faranno perché il Governo finirà per frenare, temendo che la maggioranza esca divisa e spappolata dalle riforme, allora tutti capiranno chi è che in Italia non vuole le riforme. ma se, al contrario, le riforme finiranno per farsi, perché si giungerà per davvero a delle intese, allora un Governo che è rimasto alla finestra, un Governo che non ha avuto nemmeno la capacità di intervenire, un Governo che ha evitato persino di nominare il ministro per le Riforme , sarà un Governo politicamente superato. io so per certo che lei, onorevole D'Alema , in quanto è uomo politicamente intelligente ed avveduto, e lo ha dimostrato, non vuole lavorare e non lavora ci mancherebbe altro! contro il Governo che vede il Pds per la prima volta a governare con ruoli tanti importanti; però lei sa, come anch' io so, che i governi possono cadere perché sono troppo spregiudicati, ma possono anche cadere quando sono troppo fermi, quando sono immobili, quando non sono capaci di rispondere ad una domanda che, almeno in termini di riforme, giunge alta e profonda dalla società civile .