Ciriaco DE MITA - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 305 - seduta del 29-01-1998
Definitiva cessazione del regime transitorio della legge n. 249 del 1997
1998 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 425
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , l' intimità del dibattito credo che ci consenta anche di recuperare l' irrazionalità delle motivazioni della nostra riflessione. all' onorevole Mancuso vorrei dire con molto rispetto — e lui sa che la mia affermazione è vera — che nel suo discorso, a parte l' indicazione di questa o quella difficoltà, dal punto di vista del lavoro che stiamo facendo rilevo un limite: in un atteggiamento costituente, in una cultura costituente, tutte le volte che si trova a fronteggiare un problema l' uomo è stretto dalla contraddizione se affrontare il problema per superarlo (e quindi nella difficoltà dà un' indicazione per superarlo), o viceversa lasciarsi tentare agevolmente dalla denuncia della difficoltà. credo che il suo discorso abbia imboccato la seconda strada che, mi consenta di dirlo, è la strada dell' impotenza. ho l' impressione che l' inerzia, che ha sviluppato nella pubblica opinione un moto di protesta legittima e quindi di dissenso rispetto al disordine istituzionale — a volte la forza dell' inerzia è inarrestabile — sia cessata perché il lavoro della bicamerale — mi rivolgo al presidente ed ai relatori, che sono maggiormente responsabili di questa iniziativa — ha invertito questo corso. credo pertanto che ora sia debole — non voglio dire irresponsabile, come ha affermato ieri l' onorevole Fini — alimentare l' illusione che il rinvio sia la soluzione migliore. questo è il problema e sulla quantità di proposte presentate abbiamo il dovere di concorrere a perfezionarle, a migliorarle e ad approfondirle. questo nella convinzione — lo voglio dire cordialmente al presidente D'Alema per confortarlo nel suo lavoro — che noi scontiamo, nella storia costituzionale del nostro paese, un difetto storico che è superato: dopo la Costituente non abbiamo più avuto una politica costituzionale e le ragioni storiche spiegano questa difficoltà. il momento costituente fu infatti il risultato di un lavoro convergente delle forze politiche espresse in questo Parlamento; la politica in seguito divise il paese e non era immaginabile praticare una politica costituente in un paese diviso. questa condizione non c' è più, per grazia di Dio ; lo dico a tutti coloro i quali sottolineano la condizione nuova delle alternative possibili — su questo dovremmo fare una riflessione di merito — affermando che il lavoro della bicamerale non è la riscrittura dell' ordine nuovo dell' universo. il lavoro della bicamerale è la ricostruzione di alcune regole di convivenza che poi consentiranno — me lo auguro — una politica costituzionale continua. è come la ristrutturazione di una casa. non sono mai stato innamorato dei costituzionalisti rigidi né di quelli flessibili: le Costituzioni si fondano sempre su due principi, ed in primo luogo sull' elemento fondante della convivenza. questo, più che una norma scritta, è un valore civile maturato nella coscienza di una comunità. la norma garantisce il fatto che esige la norma. pretendere di scrivere nella Costituzione che le regole della nostra convivenza fanno riferimento a valori estranei, anche se altissimi, sarebbe una grande astrazione. direi che il valore fondante è costituito dai fatti della storia di una comunità. ha fatto bene l' onorevole Mussi a ricordare come la Costituente nacque a seguito della lotta al fascismo e della Resistenza; credo che oggi questo accordo reinterpreti questa condizione, non nel senso di cancellare la storia, di chiedere abiure od esigere pentimenti; realizza un fatto nuovo, culturale prima che giuridico, relativo ad un' evoluzione complessiva delle culture che irrigidivano il dialogo e rendevano impossibile la convivenza. questa è la novità, che fa riferimento ai valori della libertà sanciti nella prima parte della Costituzione, che nessuno ha chiesto di modificare e che nessuno modifica. vi sono poi le forme concrete di realizzazione dell' amministrazione di questi valori; i valori astratti come norma non esistono, introducono facoltà o divieti, costruiscono possibilità dell' agire — ed è la seconda parte della Costituzione — il che non rappresenta una scelta riduttiva, è la sola scelta utile, possibile. sono gli strumenti che consentono la vita democratica e la realizzazione della condizione di libertà di un popolo a dover essere adeguati, ricondotti alle diverse ragioni storiche che spiegano i comportamenti mutati della pubblica opinione . la lettura, l' impegno, la motivazione, la convinzione del nostro impegno sono segnate da questo limite, che non è tale perché ci prescriviamo di non andare oltre un determinato punto; è la consapevolezza che la stessa norma organizzativa del potere che individuiamo sarà sollecitata dai cambiamenti della società. più rapidi saranno i cambiamenti, più necessario sarà il mutamento della regola, della condizione della convivenza. il mio potrebbe sembrare un giudizio di parte essendo stato membro della Commissione bicamerale, ma ritengo utile e positivo il lavoro svolto. ritengo che la tentazione di fare appello al popolo per contraddirlo sia una cosa irresponsabile, oltre che di difficile attuazione. è più un' azione di ostruzionismo che l' indicazione di un percorso utile e praticabile. abbiamo il dovere di tener conto dell' orientamento della pubblica opinione per persuaderla e coinvolgerla affinché le regole che ci diamo siano accettate; giocare sulla contrapposizione istituzione-volontà popolare porta alla radice il disordine. avrebbe titolo per un' operazione del genere — anche se non mi pare esistano operatori di questo tipo sul mercato — chi, di fronte all' ordinamento esistente o prevedibile, avesse la capacità di vagheggiare un ordine nuovo, che non mi pare abbia riferimento nel pensiero, né nella cultura, né nei comportamenti? mi sembra più un segno tardivo di impotenza anziché una novità interessante per il governo delle nostre comunità. questo accordo è liquidato come « accordo della crostata » ; se n' è discusso parecchio, però anch' esso è recuperabile nella tradizione democratica del nostro paese. c' è l' « accordo della crostata » ... non lo so perché non c' ero. c' è un precedente, senatore Salvi. in un altro momento di difficoltà della politica del paese...... dopo il centrismo, quando la politica italiana si stava incamminando lungo difficili percorsi per la costruzione dell' equilibrio politico, fu ricomposta una forma di equilibrio politico che preparò l' evoluzione del centrosinistra con il « pranzo del pescatore » . tu non eri nato e non lo puoi ricordare, io ero nato ma non partecipai. che scandalo c' è? non mi pare — come dire — che questi siano argomenti. è vero che gran parte del dibattito politico spesso è accompagnata più dalla liquidazione del problema che dall' argomento; l' insulto sostituisce l' argomento. ritengo che sia l' ultimo rigurgito di una stagione che si va esaurendo. credo che il fermento che la nostra comunità politica attraversa sia impastato dell' una e dell' altra cosa. spetta a noi, a chi pretende di essere classe politica , fare in modo che questo fermento consenta di raccogliere le scorie affinché il luogo possa nascere. certo, il lavoro della bicamerale non è immune da censure, per esempio da quelle lessicali; indubbiamente è un problema reale. tuttavia anche da questo punto di vista , lo sforzo va fatto in positivo. non è sufficiente dire « no » . sono stato un osservatore sereno ed attento durante i lavori della bicamerale ed ho tratto una convinzione che potrebbe essere una regola: tutte le volte in cui i membri della Commissione hanno discusso del problema su una data questione e si sono sforzati di trovare una soluzione, non solo l' hanno individuata, ma essa è apparsa anche la più adeguata possibile. anche la formula è una forma accettabile e perfettibile. tutte le volte in cui la discussione si è impiccata a principia, ha contrapposto bandiere, per non dire tutte le volte in cui non si è deciso, ognuno si è illuso di introdurre nella norma costituzionale questa o quella regola. mi auguro che i lavori della Camera si svolgano in un certo modo e spero che ci si convinca che debba essere così. infatti, ora siamo di fronte ad una proposta — mi sembra che D'Alema l' abbia detto qualche tempo fa — sulla quale dire « sì » o « no » , oppure rispetto alla quale proporre modifiche. ma non possiamo più dividerci tra chi dice « sì » e chi dice « non lo so » . il « non lo so » non appartiene alla politica. onorevole Mancuso, ho poco tempo e c' è un presidente tiranno nei miei confronti. con me sì! non rubatemi i pochi minuti che ho a disposizione. mi soffermerò su una questione, cercando di autolimitarmi, anche se ritengo che le problematiche più rilevanti dal punto di vista istituzionale siano tre. noi, nella Commissione bicamerale, per decisione del Parlamento, non abbiamo assunto la prima di tali questioni. ho affrontato l' argomento nel momento in cui abbiamo dato vita alla commissione: ritenevo e ritengo che la questione più rilevante dal punto di vista dell' ordinamento istituzionale sia il ripensamento dell' ordinamento dello stato sociale . quando infatti discutiamo dei diritti del cittadino e manifestiamo l' intenzione di consentire al cittadino di partecipare al potere, in realtà, se non definiamo adeguatamente il potere del cittadino, avvicinarlo soltanto ad esso non ha un grande significato. l' elemento che caratterizza il momento più acuto della crisi dell' ordinamento riguarda le conquiste che i cittadini hanno realizzato in questo ultimo secolo. insieme a tante difficoltà, a tanti limiti, a tanti errori, non vorrei che ci dimenticassimo delle grandi conquiste conseguite. la seconda questione riguarda la forma di Stato, problema importante poiché concerne il riordino. la terza questione attiene al Governo. tale tematica ha portato ad enfatizzare eccessivamente il dibattito negli anni passati ed anche durante il lavoro della bicamerale. credo che vi sia stata una ragione di ciò; infatti, negli anni passati, tutte le volte in cui si è tentato di affrontare il problema del riordino si è visto che l' impedimento era rappresentato dalla legge elettorale e dal Governo. a nostra memoria, negli anni Ottanta , tutte le volte che qualcuno poneva il problema del riordino della legge elettorale e del recupero del principio di maggioranza si minacciavano le elezioni, con l' impossibilità, quindi, di risolvere il problema. abbiamo pertanto interiorizzato che questa fosse la questione di maggiore importanza. dal punto di vista dell' operatività lo è, perché senza Governo e Parlamento funzionanti è difficile realizzare le riforme. se però immaginiamo che tutti i problemi del riordino si risolvano con la definizione del Governo e della legge elettorale , mi pare non sia così. anzi, sotto questo profilo, voglio dirlo ai colleghi parlamentari che si occupano di questa questione, ho una qualche paura. noi stiamo interiorizzando, non so con quanta consapevolezza, un riordino del potere fine a se stesso : l' efficienza dell' istituzione per l' istituzione, soprattutto per quanto riguarda il Governo. ciò ignorando che l' efficienza delle istituzioni fa riferimento alla tutela dell' interesse dei più. la democrazia moderna — e non — si fonda su un equilibrio difficile, mai definito una volta per tutte. non a caso riscopriamo che la democrazia è un processo, non l' illusione di realizzare, un ordine alto pensato prima e poi calato nella realtà. proprio perché è così, il rapporto tra partecipazione e potere non è definibile una volta per tutte, ma quel rapporto fa riferimento alle istituzioni della partecipazione, che sono le assemblee elettive. mi pare che nella definizione del problema del Governo ci siamo lasciati tentare da un luogo comune . questa osservazione, onorevole Salvi, non è rivolta a lei. è solo che lei è il relatore. le due forme di governo che le democrazie moderne conoscono, quella del governo presidenziale e quella del governo parlamentare — lo dico a tutti coloro che pensano che il presidenzialismo sia una sorta di rivoluzione degli anni 3000 — coesistono. il governo parlamentare inglese e quello presidenziale americano sono nati quasi contemporaneamente. non a caso, uno studioso serio del costituzionalismo inglese, Bagehot, quando ne parla — in Italia è stata pubblicata un' edizione di questo pensatore, non era uno studioso, curata in maniera pregevole dal professor...... curata in maniera pregevole dal professor Rebuffa — discutendo sulle due forme di governo , conclude che non c' è grande differenza. aggiunge però: « noi preferiamo la forma di governo parlamentare perché la sede del Parlamento, rendendo solenne gli atti del Governo, costruisce un rapporto meno mediato tra interesse della collettività ed atti di Governo » . ciò è un po' vero, anzi, lo è moltissimo. chi richiama alla memoria gli studi pregevoli di De Ruggero sulla storia del liberalismo europeo trova subito la spiegazione persuasiva di come la pratica istituzionale inglese, meno legata alla suggestione di affermare una verità od una cosa giusta in astratto, ed un po' più calata nel rapporto istituzioni-processi, abbia consentito a quelle istituzioni di attraversare momenti diversi senza grandi difficoltà. se allora è così — ed è così — , dire che la scelta di progresso sarebbe il presidenzialismo, mentre la scelta conservatrice, moderata, reazionaria sarebbe quella del governo parlamentare, mi sembra un' affermazione inutile e senza senso, che andrebbe dimostrata. come abbiamo scelto in bicamerale? nessuno deve essere coerente con le scelte che ha fatto, ma almeno dovrebbe spiegare perché ha cambiato opinione: diversamente il dialogo diventa inutile. la pratica della democrazia fondata sul dialogo è legata a questa conclusione di vincolo. poi si cambia e si può dire: sono intervenuti questi fatti o questi elementi. che cosa è avvenuto in bicamerale? ieri ho ascoltato con molto stupore il discorso di Berlusconi, che sembrava più il discorso della ritirata che quello della Costituente. da una parte rivendicava un merito, che gli va riconosciuto. è un fatto che nel momento più difficile dei lavori di questo Parlamento, quando l' esagitazione movimentista ipotizzava il passaggio costituente, egli assunse una posizione non a favore di qualcuno o di qualcosa, ma una posizione responsabile. in politica gli atteggiamenti responsabili sono quelli che costruiscono qualcosa: la politica dello scambio non ha grande respiro. in quell' occasione, dunque, Berlusconi concorse ad eleggere il presidente D'Alema e questo, a mio avviso, fu un fatto positivo, non per la quantità di voti — sarebbe stato eletto lo stesso: la maggioranza c' era — , ma perché creava una disponibilità degli animi ad affrontare le questioni più per ricercarne le soluzioni che per utilizzarle come sede di scontro. poi durante i lavori della bicamerale c' è stata la « staffetta » , ma io considero anche questa naturale. l' onorevole Fini, che aveva assunto posizioni costituenti, si scoprì poi disponibile anche ad altro. è positivo: non dobbiamo precluderci la speranza che ognuno di noi possa ravvedersi, onorevole Mancuso: neppure lei dovrebbe disperare circa la possibilità, ad un certo momento, di far subentrare la riflessione all' invettiva, perché questa non porta da nessuna parte! l' invettiva è legittimata solo da chi si identifica con la divinità e neppure chi si identifica con la divinità ha questa presunzione: s' immagini quando l' invettiva è legata solo ai mutevoli umori delle persone! risolse, a mio avviso — gliene ho dato atto in privato, in pubblico, dovunque — un punto difficile del lavoro della bicamerale, perché ci trovammo ad aver deciso l' elezione diretta del presidente della Repubblica con l' orientamento maggioritario che pensava di fare un' altra scelta. è stata l' incursione della Lega che ha cambiato l' orientamento: lo dico qua e credo nessuno possa muovere censure. da un punto di vista sostanziale quel voto era molto discutibile perché il voto non è la raccolta della quantità del consenso (Aristotele queste cose ce le ha insegnate da secoli), ma esso è legato alle opinioni. il voto della Lega, invece, fu una quantità che pesò: da assalitori, da guastatori. e — perché non dirlo? — avemmo un momento di grande incertezza: il problema si risolse — è agli atti della bicamerale — con la dichiarazione del Polo. Fini parlò, infatti, per nome e per conto del Polo: è agli atti! poi questo Polo è una cosa così confusa: a volte c' è, a volte non c' è, a volte lo vogliono fare... ma là c' era! a nome del Polo Fini dichiarò che l' elezione diretta del Capo dello Stato non comportava l' attribuzione allo stesso di poteri di governo e noi abbiamo lavorato su questa ipotesi. ecco dunque le decisioni, che sono quasi unanimi. su tale posizione, infatti, dissentì soltanto il gruppo di Rifondazione comunista , mentre tutti gli altri si espressero favorevolmente. presidente, è terminato il tempo a mia disposizione? purtroppo da quell' orologio sembrava che fosse Mezzogiorno... dovremmo allora discutere su questo argomento. all' onorevole Salvi vorrei dire che le obiezioni, che si muovono a questa posizione un po' indefinita, perché nella norma è tale, tra la funzione del presidente e quella del governo parlamentare che abbiamo conservato, non è un' obiezione da liquidare. non la spiego né la raccolgo con chi, individuando la difficoltà, vuole cambiare la decisione, ritenendo che siccome c' è questa difficoltà, dobbiamo eleggere il presidente del Consiglio . tra le novità del movimento dei sindaci c' è indubbiamente qualche stravaganza, come in tutte le cose nuove che sorgono, però questa non mi pare sia nella logica della decisione della Commissione bicamerale. invece rispetto all' altra novità, il potere del presidente della Repubblica e la conservazione del governo parlamentare (perché questa è la decisione), abbiamo il dovere di introdurre non tante norme (quelle costituzionali peraltro sono poche) purché siano chiare. allo stato attuale, intravedo qualche possibilità di equivoco. in Commissione bicamerale mi sono sforzato inutilmente di farlo presente; quindi, da questo punto di vista sono legittimato a sollevare la questione anche in tale sede. se il governo parlamentare deriva la sua forza e la sua esistenza dalla fiducia del Parlamento, comunque data, essa esiste, anche se abbiamo previsto che nella sua formazione possa essere presunta (visto che si può votare la sfiducia, vuol dire che essa è implicita), ma una fonte di legittimazione non meno rilevante è quella del consenso elettorale. infatti è previsto che il Capo dello Stato dia l' incarico di formare il Governo con riferimento al risultato elettorale, il quale legittima la maggioranza e l' eventuale presidente del Consiglio . quindi, la fiducia, da un punto di vista sostanziale, c' è. perché allora non perfezionare la norma che consente di garantire la stabilità dell' Esecutivo? il problema del governo parlamentare è la stabilità dell' Esecutivo. non si può immaginare — accenno solo a questo argomento che nelle mie intenzioni doveva essere il punto centrale del mio intervento — che il Parlamento possa diventare il coro muto nell' ordinamento costituzionale nuovo che ci diamo. sollevo peraltro alcune preoccupazioni sulle modifiche regolamentari che ci siamo dati, perché se esse sono funzionali soltanto a registrare le decisioni del Governo, ritengo che la funzione del Parlamento, come momento della rappresentanza in una democrazia della partecipazione, non venga valorizzata e che si vada in una direzione — questa sì — oggettivamente rischiosa. onorevole Salvi, i costituenti non adottarono la forma del parlamentarismo puro; essi, rispetto alla forma di governo parlamentare, si posero il problema della stabilità e non lo risolsero, ma pure loro avevano la consapevolezza della sua esistenza. chi ha risolto il problema nel primo ventennio — questo dovrebbe farci riflettere — fu la concezione delle coalizioni degasperiane, che organizzò un sistema proporzionale con effetti maggioritari. l' ipotesi della competizione di coalizioni in contrapposizione faceva vincere una coalizione e la nostra forma di governo ha resistito bene. la stabilità di Governo vi è stata fino a quando il sistema politico non è cambiato. voglio dire perciò all' onorevole Mussi, ma credo di doverlo dire all' onorevole D'Alema , di stare attenti e di non illudersi sul fatto che le coalizioni si formino con le coercizioni dei sistemi elettorali. le norme, costituzionali e non, sollecitano comportamenti. quando nella nostra testa subentra l' illusione che la norma sostituisca i comportamenti, in realtà non si va molto lontano. concludo ringraziando il presidente per la sua benevolenza. credo che, se nella discussione sulla forma di governo perfezionassimo le norme che garantiscono la stabilità dell' Esecutivo con l' ipotesi di un sistema elettorale che elegga la maggioranza (non è argomento di discussione e non ho il tempo per trattarlo, ma il problema esiste), tutte le cose che si paventano non avranno senso. e non è detto (il relatore Salvi lo ha ripetuto e lo ha spiegato) che i presidenti della Repubblica eletti siano in contraddizione con gli ordinamenti esistenti. non riesco a capire perché vi dovrebbe essere questa contraddizione. credo che il lavoro del Parlamento potrà essere utile per una riflessione serena, per un concorso responsabile, per una competizione tra i partiti e gli uomini che sono nei partiti al fine di utilizzare la propria intelligenza per risolvere un problema e non per impedirci di risolverlo.