Silvio BERLUSCONI - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 304 - seduta del 28-01-1998
Revisione della parte seconda della Costituzione
1998 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 304
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , il 2 agosto 1996 votammo alla Camera la legge istitutiva della bicamerale. era passato esattamente un anno da quando mi ero rivolto, a nome di tutto il Polo delle libertà , a questa Assemblea per spiegare e sostenere le ragioni e l' urgenza di una profonda riforma della seconda parte del nostro ordinamento costituzionale. si dava così inizio ad un cammino difficile che non era la via maestra della Costituzione da noi auspicata. si trattava di un cammino diverso, accidentato e faticoso, tentato altre volte senza esito, quello di una Commissione bicamerale per le riforme costituzionali . con senso di responsabilità e di realismo ritenemmo di doverci impegnare; dall' opposizione non potevamo certo imporre l' Assemblea costituente se non puntando su una crisi politico-costituzionale che avrebbe esposto il paese a gravi rischi. la posta in gioco era alta, poiché si trattava, e ancora si tratta, di ricostruire un tessuto politico e costituzionale lacerato dalle contraddizioni esistenti tra istituzioni indubbiamente datate e una società civile sempre più complessa, aperta e dinamica. il crollo della prima Repubblica aveva creato disorientamento, vuoti di potere, ambiguità costituzionali e politiche. esso era avvenuto mediante la distruzione dei partiti di tradizione democratica e occidentale da parte di alcune procure che hanno però risparmiato il Pds e la sinistra democristiana. questo squilibrio rende molti di noi dubbiosi sulla qualità democratica dell' attuale condizione del paese. noi non ci chiamiamo certo fuori da un processo costituente che abbiamo per primi determinato, ma non possiamo non preoccuparci di quanti temono che esso finisca per legittimare quella realtà illiberale che sta pericolosamente emergendo sotto i nostri occhi. era necessario quindi un nuovo patto per la ricostruzione, come quello che permise la nascita della Repubblica dopo le devastazioni della dittatura e della guerra. un patto fondato sul comune obiettivo di modernizzare il paese e metterlo al passo con l' Europa. su quell' obiettivo potevano e possono ancora convergere le energie e le tradizioni del centrodestra, in nome dei valori del liberalismo e del mercato, e quelle del centrosinistra, in nome di quei valori della socialdemocrazia europea che tanti nel Pds dichiarano di voler far propri. fu questa, lo ripeto, una scommessa fondata sul nostro senso di responsabilità verso il paese. scegliendo la riforma della Costituzione abbiamo cercato di aprire una via per dare a tutti gli italiani il sentimento di avere, nelle loro istituzioni, la sicurezza della libertà. noi, tutti noi di Forza Italia , abbiamo lavorato per il successo della bicamerale, spesso non compresi dai nostri stessi elettori. tuttavia non siamo riusciti a rafforzare la tutela costituzionale delle libertà del cittadino nella vita quotidiana , nella attività di impresa e di lavoro; non siamo riusciti a far fare un passo indietro allo Stato. anzi, mentre operavamo per una riforma liberale, nella realtà lo Stato faceva passi avanti imponendo nuovi vincoli e aumentando la pressione fiscale . decidemmo di puntare sui propositi di rinnovamento del Pds, sulla dichiarata intenzione del gruppo dirigente del Pds di allinearsi alle socialdemocrazie europee: per questo contribuimmo anche all' elezione dell' onorevole D'Alema alla Presidenza della bicamerale. al congresso del suo partito, nel febbraio del 1997, l' onorevole D'Alema ebbe un atteggiamento aperto sul welfare e sulla riforma, a proposito della quale annunciò di rifiutare maggioranze precostituite , auspicando anzi il superamento delle logiche di parte. era l' interesse generale del paese a dover prevalere. l' andamento dei lavori della Commissione, tuttavia, non è stato purtroppo all' altezza delle nostre aspettative. spesso, troppo spesso, il gruppo dirigente del Pds ci ha dato l' impressione di mettere al primo posto gli interessi di una sinistra che, invece di portarsi al livello delle grandi socialdemocrazie europee, cerca in tutti i modi di conservare e compiacere il proprio elettorato, ricalcandone passivamente gli umori e le oscillazioni. solo qualche mese fa, la lotta di potere all' interno della maggioranza ci ha portato addirittura ad una crisi politica che avrebbe potuto determinare le elezioni anticipate con la fine certa delle riforme ed il mancato ingresso nella moneta unica europea. in quella occasione il destino delle riforme non fu certo la principale preoccupazione del Pds. tra alti e bassi , dunque, tra spinte ideali e veti incrociati , il lavoro della Commissione bicamerale è giunto al termine. sul risultato di tale lavoro, oggi la nostra valutazione può solo essere critica: attenta ai lati positivi e negativi, a ciò che va eliminato perché residuo del passato ed a ciò che invece va sviluppato e rafforzato guardando al futuro. l' elezione diretta del Capo dello Stato rappresenta sicuramente una conquista e più di ogni altra riforma dà il segno del cambiamento. ma la nuova fisionomia costituzionale del presidente della Repubblica appare ancora incerta. non è chiaro quali siano i suoi poteri, i suoi limiti, le sue funzioni, sicché potremmo avere una figura costituzionale legittimata da milioni di voti e dunque con un grande peso politico, ma povera di poteri reali. un presidente eletto dal popolo deve essere responsabile dell' indirizzo politico del Governo e deve disporre degli strumenti per attuarlo. se non si scioglie questo nodo, che decide degli equilibri politico-istituzionali, non sarà possibile concludere positivamente il processo di riforma. notevoli ambiguità permangono anche su altri aspetti. per esempio, il modo di fare le leggi non aderisce certamente ai criteri di chiarezza e di efficienza richiesti dalla nostra società; inoltre, non è stata disegnata un' assemblea federale che serva da raccordo con le autonomie locali. venendo alla legge elettorale , la bicamerale ha prodotto solo un documento di indirizzo, ma anche in esso è contenuto il rischio che gli elettori votino prima per un presidente della Repubblica e poi per il presidente del Consiglio . resterebbe così irrisolto il primo problema per cui abbiamo fatto le riforme, quello cioè di stabilire chi sia il responsabile della politica di Governo. quanto alla giustizia, si tratta sicuramente di un progetto innovativo: giudice terzo, equilibrio tra accusa e difesa, centralità dei diritti dei cittadini. ma la separazione delle carriere tra Pubblico ministero e giudice, presupposto perché vi sia una giustizia realmente equa ed efficiente, sembra ancora di là da venire. questa distinzione esiste in tutte le democrazie occidentali che pure hanno a cuore, almeno quanto noi, l' autonomia e l' indipendenza dei giudici. pertanto, essa non può e non deve essere intesa come una soluzione contraria alla magistratura. chiediamo l' equidistanza tra giudice e Pubblico ministero . se essi hanno la stessa carriera, la stessa associazione, lo stesso elettorato attivo e passivo nell' organo di autogoverno, lo stesso ufficio e si scambiano le funzioni ogni volta che lo desiderino, non vi è più parità tra le parti. in queste condizioni, il Pubblico ministero è più vicino al giudice di quanto lo sia il difensore. perciò — lo ribadiamo — non c' è equidistanza né parità; senza parità, le garanzie dei cittadini si affievoliscono o decadono. ecco perché la separazione delle carriere è per noi un punto fondamentale. è tuttavia sul federalismo che appare più forte la distanza tra le esigenze del paese ed il testo della riforma licenziato dalla Commissione bicamerale. certo, rispetto al passato si sono fatti passi in avanti. le regioni avranno qualche autonomia legislativa e gli enti locali autonomia finanziaria, tributaria ed organizzativa in materie che interessano direttamente la vita del cittadino. tale autonomia, però, in base alla proposta della bicamerale può essere sospesa dallo Stato centrale in qualsiasi momento. possiamo definire tutto questo federalismo? ed ancora: non è stato compiutamente definito il principio di sussidiarietà, quello per cui la mano pubblica non deve intervenire là dove il privato può fare da sé ed a costi minori, ovvero, per dirla con la migliore tradizione socialdemocratica europea, il mercato ovunque possibile, l' intervento pubblico solo quando necessario. se è vero che nel progetto si riconosce il ruolo dei privati, è anche vero che si tratta solo di un benevolo riconoscimento dall' alto dello Stato centrale, con l' intento, neppure tanto velato, di mantenere sotto controllo l' iniziativa privata . francamente, non possiamo pensare di entrare e restare in Europa senza la piena accettazione delle regole di mercato. i nodi da sciogliere, come si vede, non sono pochi. noi questi nodi vogliamo scioglierli perché non accettiamo l' idea di una riforma dimezzata, perché vogliamo fortemente una riforma che aiuti il nostro paese a diventare più moderno, più giusto e più libero, ma, colleghi della sinistra, sia chiaro un punto. noi di Forza Italia non abbiamo bisogno di legittimarci mediante la riforma della Costituzione. noi siamo nati legittimi, abbiamo reso possibile il cambiamento e lo stesso bipolarismo. Forza Italia è la novità politica ed istituzionale del nostro paese, ma è la realtà in cui viviamo che impedisce al nostro popolo di riconoscersi senza riserve in questa proposta di riforma. la preoccupazione degli italiani, più che da quello che la bicamerale ha scritto o non scritto, nasce dalla realtà in cui essi vivono. molti si interrogano se questa realtà non evolva verso il monopolio politico del Pds e temono che la riforma rischi di diventare la legittimazione di un sistema politico-istituzionale che i cittadini non accettano e non possono accettare. non è il testo della bicamerale che fa il problema, ma l' attuale, concreta realtà delle cose. noi — lo ribadisco — vogliamo la riforma della Costituzione, ma solo se verranno superati i limiti del testo nella formulazione attuale, che non corrisponde alla vocazione di libertà del nostro movimento, perché siamo fedeli alla riforma, ma soprattutto alla libertà!