Achille OCCHETTO - Deputato Maggioranza
XIII Legislatura - Assemblea n. 304 - seduta del 28-01-1998
Sui rapporti tra Governo e sindacati
1998 - Governo Colombo - Legislatura n. 5 - Seduta n. 484
  • Attività legislativa

signor presidente , signor presidente della bicamerale, onorevoli colleghi , l' enorme quantità degli emendamenti che stanno sul tavolo della Camera dei Deputati , al di là di alcune manifestazioni goliardiche che suonano più sberleffo che effettiva volontà emendatrice, sono tuttavia il segnale di un malessere profondo. pertanto non riusciremo a muoverci dentro tale intricata foresta che siamo chiamati ad attraversare se non ritroveremo il filo d' Arianna di una coerenza interiore, in sostanza se non ripartiremo dalle motivazioni di fondo; se non ripartiremo, anziché dagli interessi della classe politica , dalle esigenze principali del paese. a tali esigenze si può rispondere in modi differenti e nessuno di noi può pretendere di avere la verità in tasca. quello che però non si può fare è rispondere non già con il compromesso ma con l' incoerenza e la disorganicità del sistema. non si può continuare a confondere le ragioni alte di un compromesso per davvero storico, com' è quello che fu posto alla base della nostra Carta Costituzionale , e la lottizzazione delle idee istituzionali, la redistribuzione tra le forze politiche , nel nome della sapienza mediatoria della grande tecnica della politica, addirittura di pezzi dello Stato. sono cose fra loro profondamente diverse. non è questo l' alto compromesso istituzionale tra maggioranza ed opposizione del quale c' è ancora bisogno e che occorre tuttavia perseguire con gli strumenti dell' intelligenza e non con quelli della furbizia. bisogna dunque ripartire dalla crisi della seconda Repubblica e dalla necessità di farvi fronte. questo punto di partenza per me è un' ovvietà, ma intendo ricordare alcune considerazioni ed alcuni principi che secondo me andavano perseguiti come li ho delineati fin dalle prime battute della bicamerale, anche perché in tal modo apparirà chiaro che la mia contrarietà ai risultati della bicamerale stessa non è frutto, quasi fossi solitario navigante che rema contro corrente nel gurgite magno dei consensi, di una stravagante impuntatura, ma più semplicemente di una tranquilla e forse solitaria coerenza. già nel lontano 1992, nella bicamerale presieduta dall' onorevole De Mita mi è capitato di dire, quando i vecchi partiti, escluso il Pci, erano tutti in piedi, che le forme ed i protagonisti della vita pubblica erano destinati a mutare e ad evolversi negli anni e che probabilmente sarebbe stato possibile far riferimento ad almeno due livelli compresenti di organizzazione politica: il partito operante come soggetto pubblico più distaccato dall' immediato rapporto con le istituzioni e la coalizione come forma di organizzazione della rappresentanza nella quale avrebbe dovuto concorrere una pluralità di partiti, movimenti ed associazioni. oggi queste previsioni si sono realizzate in parte; se si esclude l' esperienza davvero innovatrice dei sindaci si sono realizzate solo dentro il segno del vecchio cartello elettorale tra i partiti. il problema della omogeneità delle maggioranze programmatiche in contrapposizione alla rissa all' interno delle coalizioni non è stato ancora risolto in modo compiuto. mi sembra che lo spettacolo di questi giorni sia sufficientemente eloquente! proprio per questo noi oggi siamo chiamati a cercare una risposta convincente al distacco tra politica e società; risposta che non si è fatta attendere quando i cittadini sono stati chiamati a compiere una precisa scelta alternativa riguardante la nuova legge che rendeva possibile l' elezione diretta dei sindaci. ecco, signor presidente , se qualcuno mi chiedesse adesso che cosa voglio, potrei anticipare di volere un sistema istituzionale capace di produrre lo stesso rapporto tra partiti e istituzioni, la stessa bipolare stabilità politica e di Governo che è stata prodotta nelle comunità locali dalla legge sui sindaci. certo, le leggi istituzionali non creano da sole la politica, ma pensate onorevoli colleghi quale sarebbe stata la situazione delle città italiane in questo tormentato passaggio di transizione, nel corso dei ribaltoni e dei capovolgimenti di maggioranza, senza l' elezione diretta dei sindaci e per di più con le Giunte in balìa dei vecchi consigli comunali . per la prima volta dopo decenni si è verificato non solo che tutti i sindaci di quella stagione abbiano governato per quattro anni consecutivi, ma che tranne rare eccezioni — volute per giunta dai partiti — quei sindaci siano stati riconfermati. tutto ciò ha cambiato profondamente il panorama politico del nostro paese; ha creato, dopo la rovina degli anni precedenti, la possibilità della formazione di una nuova classe dirigente ; ha dato voce anche a chi non si sentiva rappresentato dai partiti; ha ridato fiducia nelle istituzioni. tutto ciò vi sembra poco? tutti coloro che hanno dileggiato i cosiddetti nuovisti dovrebbero chiedere scusa per la propria cecità, visto che la loro relativa tranquillità di oggi poggia sulla capacità di rischio di ieri. vorrei sottolineare come in quella impostazione il tema della crisi della governabilità veniva affrontato e non più negato; tuttavia veniva risolto non più attraverso il patto proditorio dei vari Caf alle spalle dei cittadini, ma direttamente dai cittadini stessi. anche la questione, ai tempi sciagurati del « nuovismo » , veniva affrontata non all' interno di un orizzonte limitato alla politica, ma come crisi del governo dei processi reali delle società sviluppate, le cui radici andavano ricercate nell' intreccio tra il sistema politico e la globalizzazione dei problemi, le ristrutturazioni produttive, lo strapotere delle oligarchie economiche, i crescenti vincoli sovranazionali e il rapporto di tutto ciò con la crisi fiscale dello Stato e la stessa questione morale . il che determinava quella che chiamavamo un' armatura istituzionale troppo stretta rispetto alla riorganizzazione e concentrazione dei poteri nella società. ebbene, tutta questa problematica che è il sostrato, la base sociale e produttiva, il referente reale dell' innovazione istituzionale, ha forse perso il suo valore? non è più attuale? non lo credo, anche se dai risultati della bicamerale parrebbe di sì. in realtà, il problema che stava davanti ad un effettivo compromesso di ampia portata era quello affidato alla capacità di trovare un giusto equilibrio tra principi diversi. non dobbiamo mai dimenticare, a proposito di compromessi, che il quadro costituzionale del 1948 era di una coerenza straordinaria e i compromessi che si sono fatti allora, tra le grandi componenti ideali, non mettevano in discussione la coerenza interna dell' impalcatura complessiva. anche oggi, per raggiungere non un compromesso qualsiasi, a volte persino casuale come è avvenuto nel repentino passaggio dal premierato al presidenzialismo, ma un alto compromesso è necessario individuare alcuni lineamenti fondamentali in base ai quali il problema diventa quello della ricerca di equilibrati rapporti tra i diversi valori e principi che si intende assicurare. per questo, onorevoli colleghi , non si doveva ricorrere al trucco di discutere della forma di governo senza decidere nulla, almeno alla luce del sole, sulle linee di fondo che devono informare la legge elettorale . non possiamo, non è lecito, fondare il delicatissimo equilibrio tra democrazia dei cittadini e democrazia dei partiti senza una discussione esplicita e preliminare non dico sulla legge ma almeno sui principi che devono guidare una nuova legge elettorale . non si può aggirare tutto ciò attraverso stratagemmi ignoti, elaborati in case private. se si sceglie consapevolmente, e senza cercare di prenderci in giro vicendevolmente, un determinato modello, allora l' esigenza di garantire la rappresentanza delle differenti forze politiche e culturali deve spingersi non oltre quel limite, travalicato il quale gli altri obiettivi, e principalmente quello volto a dare al cittadino la possibilità di scegliere la maggioranza di Governo, vengono impediti ed offuscati. occorre definire il quantum di rappresentanza proporzionale capace di salvaguardare, in modo ottimale, sia il principio pluralistico della rappresentanza sia l' esigenza di mettere in campo l' alternanza, garantendo al tempo stesso la stabilità. ebbene, la bicamerale ha potuto chiudere i battenti dichiarando di avercela fatta. ma il paese ha fino ad ora acquisito solo il peggio di tutte le ipotesi in campo. ora, come ha detto l' onorevole Rebuffa, bisogna ricominciare da capo, bisogna trovare una soluzione per l' Italia e non per il ceto politico. cosa è successo, invece, per quanto riguarda la scelta tra premierato e presidenzialismo? per me era fondamentale che entrambi gli schemi organizzativi rispondessero a quel criterio o equilibrio tra criteri di cui parlavo prima, per impedire comunque il pasticcio istituzionale. personalmente, vedevo tutti i vantaggi dell' elezione diretta del premier, ma a patto che venisse eletto direttamente dai cittadini, altrimenti il potere di questi ultimi andava a farsi benedire. naturalmente, si può essere contrari al principio stesso del potere diretto dei cittadini. benissimo: allora si deve scegliere un altro schema organizzativo, ma non ci si può prendere in giro. per questo, piuttosto che un finto premierato, poteva essere preso in considerazione un vero presidenzialismo. per tale motivo dissi, prima che la scelta fosse imposta dalla Lega, che consideravo che, in ultima analisi, la scelta del semipresidenzialismo avrebbe potuto essere accettata a patto che venissero introdotte alcune correzioni. in sostanza, dovevamo essere chiamati a decidere se il potere di scelta relativamente al Governo è affidato ai cittadini, che lo esercitano direttamente con il voto, oppure no. e se tale potere di scegliere direttamente il Governo dovesse manifestarsi nella forma piena del premierato o in quella parziale del semipresidenzialismo. in realtà, non si è scelta con coerenza né l' una né l' altra soluzione. non è un caso che due sindaci, Bassolino e Rutelli, nel chiedere una modifica della decisione assunta, hanno avanzato due proposte apparentemente opposte. il primo ha proposto di rafforzare i poteri del presidente, mentre il secondo ha riproposto l' ipotesi del sindaco d' Italia. vi sembrerà strano ma, per la logica che ho fino a questo momento sostenuto, sono favorevole ad entrambe le proposte. dico questo per il semplice motivo che avevamo due possibilità dinnanzi a noi: quella di un vero premierato o quella di un vero presidenzialismo. l' unica cosa che non dovevamo e non dobbiamo fare è quella di scegliere la strada di un falso presidenzialismo, cioè di un presidenzialismo che non risolve il problema principale dal quale siamo partiti, quello relativo alla decisione in capo ai cittadini circa il Governo del paese. non a caso, avevo anticipatamente detto — come i colleghi della bicamerale ricorderanno — che trovavo azzardate ipotesi, come quella di un presidenzialismo senza poteri, che sembrano frutto di calcoli tattici e di improvvisazione e che, anche contro le intenzioni di chi le propone, potrebbero aprire il varco a soluzioni di tipo plebiscitario. se infatti il plebiscitarismo si dà quando un centro fortemente legittimato cerca di arrogarsi poteri che non gli sono formalmente riconosciuti, invocando magari la piazza contro gli altri centri istituzionali e rappresentativi, ebbene l' ipotesi di un presidente eletto dal popolo, ma che ha scarsi poteri, che fronteggi un Governo eletto dal Parlamento è quasi un caso da manuale di sistema esposto a tentazioni plebiscitarie. siamo arrivati puntualmente a questo risultato e lo schema che abbiamo di fronte è inquietante: il presidente della Repubblica eletto dal popolo che ha una forte investitura accompagnato da funzioni inadeguate e, per di più, dichiarato irresponsabile come i presidenti di garanzia. dice Sabino Cassese: « peggio, può chiedere in qualunque momento al Governo di presentarsi alla Camera per verificare la sussistenza del rapporto di fiducia. di regola nelle Costituzioni all' ampiezza di legittimazione popolare si fa corrispondere una conforme ampiezza di compiti » . avremo così un presidente che potrà fare continui agguati al Governo, un cannone libero sulla tolda, e si formerà un dualismo attorno al quale si avranno inedite manifestazioni di trasformismo. l' Italia ha forse bisogno di questo? non lo credo, onorevoli colleghi . un presidente tendenzialmente plebiscitario, un premier, che sarà il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro, un' Assemblea parlamentare dominata dai partiti: un bel capolavoro! si è così vanificato il significato che doveva avere la scelta della leadership, quella di decidere del Governo e forse avremo all' interno della stessa maggioranza un partito del presidente ed un partito del premier. in tutto questo intrigo istituzionale emergerà, sullo stile della Rai, la nuova riedizione della partitocrazia e levatrice di questo mostro sarà la proposta di legge elettorale che emerge dall' ordine del giorno di casa Letta. per questo ritengo che il contenuto di quell' ordine del giorno deve essere combattuto e sconfitto da parte della sinistra democratica, che non può più permettersi di fare sul maggioritario uninominale a doppio turno una mera battaglia di bandiera. il trucco delle battaglie di bandiera per ingannare i semplici ed onorare gli accordi sta diventando sempre più logoro e scoperto. sempre a proposito di finzioni voglio risparmiarvi altre considerazioni sul federalismo, in ordine al quale mi limito a sottolineare l' importanza delle posizioni dei sindaci e del recente documento dei presidenti delle regioni, del quale apprezzo in modo particolare due punti. primo, l' elezione diretta del presidente della regione; secondo, che la seconda Camera sia effettivamente espressione dei soggetti del federalismo e non quell' assurda Assemblea, come è stata chiaramente definita questa mattina nell' intervento di Bressa, che è il Senato delineato dalla bicamerale. il federalismo deve essere federalismo e non mero decentramento, il che comporta una riorganizzazione complessiva dello Stato ed un deciso e chiaro superamento del vecchio bicameralismo. si devono infatti fronteggiare due movimenti apparentemente di segno opposto, che però devono integrarsi: il primo che porta ad una dislocazione sempre più sovranazionale dei poteri ed il secondo che preme per una valorizzazione dei poteri locali, quelli più vicini al cittadino. la bicamerale ha perso la grande occasione di collocare un' autentica sensibilità federalista nel contesto delle più ampie tematiche della global governance . si è addirittura compiuto — come ha ricordato questa mattina l' onorevole Pezzoni — qualche passo indietro rispetto al vecchio articolo 11 della Costituzione, articolo lucidamente europeista nel quale si creava la passerella — se così si può dire — tra Europa e nazioni e che viene ora contraddetto nelle proposte di ratifica dei trattati avanzate dalla bicamerale. sulla giustizia, onorevoli colleghi , mi viene difficile soffermarmi, in quanto sento che ci troviamo di fronte ad un terreno notevolmente friabile. questo capitolo sembra sempre meno avere valore per se stesso , ma rappresenta una sorta di continua licitazione del complesso gioco politico che sta alla base della bicamerale. non si capisce, infatti, come mai ci si ostini a farne materia della bicamerale; o meglio forse lo si capisce fin troppo bene, nel senso che la giustizia non viene considerata un capitolo alla pari degli altri, ma esso si erge sugli altri come generale materia di scambio, o come equivalente generale dello scambio. se così non fosse, infatti, si potrebbe per davvero rinviare tutto alle leggi ordinarie . non insisterei su questa proposta se ci trovassimo dinanzi a soluzioni risolutive, capaci di determinare un ampio e convinto accordo tra tutte le forze, ma tutti voi potete benissimo constatare che così non è. più in generale, quello che ci deve guidare — badate bene, onorevoli colleghi — non deve essere l' assillo di chiudere in qualunque modo. state attenti a non farvi guidare dall' idea che ci si possa legittimare come forza decisiva della seconda Repubblica solo perché si è sottoscritto un pezzo di carta. ricordatevi che sarete, saremo chiamati davanti al giudizio dei cittadini al momento del referendum e in quell' occasione le astute manovre interne al ceto politico potranno non essere capite, anzi potranno essere sdegnosamente respinte. per tornare ancora un attimo sul tema della giustizia, pur non volendomi addentrare in quel complesso di norme, intendo dire la mia su una questione. io sono contrario ad un certo uso della carcerazione preventiva. tuttavia la Camera dei Deputati la settimana scorsa ha fatto un torto alla generalità dei cittadini, negando l' applicazione di tale istituto ad uno dei suoi componenti. il mio pensiero non può non andare ai tanti che sono stati colpiti, ai più deboli, agli umili, agli indifesi, che hanno dovuto, devono, dovranno sopportare i duri rigori della legge fino al punto di essere gettati con infamia in carcere. si tratta di grandi e piccole vicende dietro alle quali si cela una diffusa sofferenza umana. fra tante permettetemi di ricordare quella capitata a Marco Fredda che, per essere all' epoca un esponente, nemmeno responsabile di primo piano , della tesoreria del Pds, fu arrestato nel momento stesso in cui io salivo sul palco dell' ultima festa dell' L'Unità dalla quale avrei parlato come segretario del Pds. e dovette restare per un mese intero in carcere, accompagnato dai titoli di scatola dei grandi quotidiani che lo trattavano come un colpevole. allora nessuno di coloro che nell' ultima vicenda legata a Previti ho scoperto essere dei convinti garantisti spese una parola per garantire non dico la libertà...... ma almeno la reputazione di Marco Fredda, non deputato e semplice cittadino. per fortuna non ce ne era bisogno, perché egli ben presto fu prima liberato dal tribunale della libertà e successivamente assolto da tutte le imputazioni per le quali aveva subito il carcere preventivo. ricordando questo episodio non posso accettare che nel nostro paese ci siano due pesi e due misure e, siccome nessuno di noi gioisce all' idea di gettare in carcere dei cittadini che non sono stati ancora riconosciuti colpevoli, intendo chiedervi se non vogliamo affrontare in modo ancora più esclusivamente funzionale tutta la materia degli strumenti cautelari, utilizzando anche le risorse tecnologiche che ci permettono di non servirci del carcere come strumento che interviene nella fase degli accertamenti cautelari. credo che si possa proporre che il carcere preventivo sia abolito per tutti, che tutti i cittadini italiani siano messi nelle stesse condizioni attraverso misure cautelative domiciliari. credo pertanto che sia possibile immaginare, malgrado i passi in avanti fatti con la più recente normativa, delle proposte che regolino ulteriormente l' istituto delle misure cautelative, cancellando le attuali differenze di trattamento tra i cittadini. accanto a ciò propongo che la giustizia venga collocata al di fuori della materia di esame della bicamerale e ciò non solo perché la giustizia stessa rischia di trasformarsi, da pronube della bicamerale, nel suo becchino, ma anche perché dobbiamo evitare che i rapporti non limpidi che si sono creati tra giustizia e politica, che non possono essere negati e che hanno determinato un intreccio indistricabile in tutta la storia della Repubblica, possano perpetuarsi anche nella seconda Repubblica . tanto più se, come dicevo prima, non avremo la possibilità di varare una riforma alta, forte, ampiamente condivisa da tutti. io ritengo che sia per davvero più saggio evitare una drammatizzazione del problema; drammatizzazione che potrebbe giungere al punto da presentarsi nel referendum confermativo come un' ombra che aleggia sull' insieme delle riforme, rischiando così di andare incontro ad un indecifrabile voto di fiducia dell' intera classe politica . allora sì che avremo messo in scena l' ultimo atto preparatorio dell' avvento del tanto temuto e malamente fronteggiato pericolo plebiscitario. siamo ancora in tempo ad evitare che la Commissione bicamerale sia servita a questo, a fare cioè da apprendista stregone . si rende dunque necessaria una chiara battaglia di emendamenti che rompa le righe degli accordi prestabiliti.