Gianfranco FINI - Presidente del Consiglio Maggioranza
XIII Legislatura - Assemblea n. 304 - seduta del 28-01-1998
1998 - Governo VI De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 724
  • Attività legislativa

signor presidente , colleghi, nel corso del dibattito è stato giustamente ricordato più volte che l' esigenza di modificare la Costituzione è antica, un' esigenza della quale — se si vanno a rileggere gli atti della Costituente — vi era consapevolezza già nell' epoca storica in cui fu scritta l' attuale Costituzione. abbiamo tutti quanti alle spalle — chi più, chi meno — un dibattito che, a livello politico, culturale, in alcuni momenti a livello istituzionale, è durato quasi mezzo secolo. l' andamento del dibattito è stato per molti aspetti simile a quello di quei fiumi carsici che scompaiono, magari per chilometri e chilometri, ma che pur tuttavia continuano a vivere. ed è corretto dire che in alcuni momenti, nel cinquantennio che abbiamo alle spalle, la sensibilità sulla necessità o sull' esigenza di riformare la Costituzione non era così avvertita, così come, al contrario, accade da almeno quindici anni a questa parte. e, pur tuttavia, il dibattito c' era. è stato ricordato un pensatore come Calamandrei. affinché ne rimanga traccia a futura memoria, ne voglio ricordare altri, i quali non appartenevano culturalmente a quel mondo che, con un compromesso, diede vita alla Costituzione del 1946, persone che, non appartenendo né al filone di carattere culturale e politico riferibile al mondo cattolico né a quello riconducibile al mondo allora comunista, si trovarono in qualche modo ad essere portatrici di idee di rinnovamento che non ebbero però una grande dignità o, se volete, un grande indice di ascolto nel dibattito e che, pur tuttavia, elaborarono tesi, prospettive, pensieri, idee di rinnovamento. voglio soltanto ricordare pensatori come Panfilo Gentile , Carlo Costamagna, Giuseppe Maranini, come — e cito un nome che so essere in qualche modo scomodo, perché ingiustamente demonizzato e condannato — Randolfo Pacciardi. il dibattito c' era, e c' era anche quando non appariva. non vi è ombra di dubbio che quel dibattito sia comunque esploso — ed è stato ricordato — da almeno quindici-venti anni a questa parte ed ha riempito non soltanto le discussioni in quest' Aula e nelle Commissioni ma anche le pagine dei giornali; ciò perlomeno dal periodo in cui fu lanciata, con una valida intuizione che poi fu tradita, dall' onorevole Craxi l' idea della grande riforma (ripeto, un' intuizione tradita), perlomeno dal momento in cui nacque la prima Commissione presieduta dall' onorevole Bozzi e la successiva De Mita-Iotti . e poi la stagione referendaria; e poi i tanti dibattiti... ho voluto ricordare tutto questo, perché vorrei fosse chiaro, almeno a coloro che ascoltano, in particolar modo ai molti italiani che stanno seguendo il dibattito, che quest' ultimo non è un dibattito qualsiasi ma ha alle spalle una sua lunga storia. lo ricordo anche perché mi sembra che in alcuni momenti l' Italia sia un paese dalla memoria corta o — se preferite — in cui vi sia una tendenza ingiusta, autolesionista, a leggere tutto in chiave di quotidianità, magari aggiungendovi anche dosi industriali di banalità. ritengo sia politicamente miope pensare che questo dibattito e i successivi lavori possano essere considerati come uno dei tanti momenti della dialettica parlamentare, magari come un pur importantissimo decreto su una quota latte o su una qualsiasi altra questione della politica contingente. non è un dibattito qualunque, non è un momento qualunque. Alleanza Nazionale ne è consapevole, perlomeno vuole trasmettere la sua consapevolezza. Alleanza Nazionale ritiene che i lavori che abbiamo alle spalle, quelli che abbiamo svolto in Commissione, e quelli che abbiamo iniziato in quest' Aula e che proseguiremo rappresentino un momento importante. non voglio usare aggettivi enfatici, ma si tratta di un momento essenziale per capire qualche cosa, per capire anzitutto se l' Italia può davvero voltare pagina, se l' Italia può chiudere la fase di una transizione estremamente turbolente, che è iniziata più o meno nel periodo 1992-1994, o se, al contrario, l' Italia è destinata a rimanere ancora in una situazione di incertezza e, aggiungo, di pericolo. infatti, non vedo come non si possa scorgere il pericolo che si correrebbe qualora dovessero fallire quelle riforme che, come è stato ricordato, giungono per la prima volta in un' Aula del Parlamento, avendo alle spalle non solo un dibattito ormai ultradecennale, ma anche un elaborato organico che comprende tutta la seconda parte della Costituzione. il pericolo c' è e bisogna esserne consapevoli, perché l' Italia rischia, se davvero non darà vita a delle riforme, la deflagrazione. ci sono troppi segnali che devono essere ascoltati. troppe volte chi rappresenta il popolo si sente dire dagli elettori che è ormai una consapevolezza diffusa nei ceti produttivi, che c' è in tanti strati della nostra società la sensazione di dover lavorare e di poter lavorare contro lo Stato o, nella migliore delle ipotesi, nonostante lo Stato, mentre noi sappiamo che una democrazia funziona quando si lavora e si produce in ragione degli spazi di libertà, in ragione delle regole e delle garanzie che lo Stato attribuisce ai ceti produttivi, alle categorie, ai lavoratori. il rischio di non fare le riforme è anche il rischio di una deflagrazione di una tensione che c' è. i segnali della inadeguatezza delle istituzioni nel loro complesso agli occhi di tanti elettori sono stati ben percepiti. non è un caso, credo, che sia cresciuta, anche recentemente, una certa disaffezione nei confronti della politica. l' Italia rischia anche la subordinazione, se mantiene l' attuale assetto istituzionale, perché la sfida nei confronti dell' Europa comincia adesso, comincia domani, comincia quando, entrati con parità di diritti e di doveri nell' ambito della moneta unica , occorrerà competere con interlocutori che sono più avanti di noi, e non parlo di questioni economiche, ma sono più avanti di noi nella costruzione di uno Stato che funzioni, sono più avanti di noi nell' edificazione di un sistema di democrazia governante, di democrazia trasparente, di democrazia efficiente. noi rischiamo per davvero di perdere la competizione se continuiamo ad avere un assetto istituzionale che, a detta di tutti, è una delle cause della difficoltà che l' Italia ha nel confrontarsi con i suoi partner occidentali e nel competere in una dimensione internazionale. allora, senza enfasi, si può anche dire e si dirà, lo affermerò anche io, che il testo elaborato dalla bicamerale non è ciò che era nell' animo di tutti coloro che credevano nelle riforme, non è ciò che di meglio si poteva fare, però c' è e, come cercherò di dimostrare, cambia, innova. ritenere che debba essere respinto e in qualche modo annullato può significare per davvero far correre all' Italia il rischio di una subordinazione, di una deflagrazione, di un ulteriore momento di incertezza. allora non mi meraviglio che questo possa essere l' obiettivo di chi all' Italia non crede. abbiamo sentito gli interventi di chi non ci crede, di chi in qualche modo persegue il « tanto peggio, tanto meglio » , di chi sa perfettamente che la follia, l' utopia, la bestemmia della secessione può diventare realizzabile soltanto se il sistema italia crolla, se non risponde. ma mi chiedo se possa credere all' opportunità di non fare le riforme chi nell' Italia ha creduto, chi ha rappresentato l' Italia al più alto livello , chi — lo dico con rispetto — in certi momenti ha aiutato l' Italia anche facendole capire che era arrivato il momento di discutere delle riforme. mi riferisco a chi nell' Italia ha creduto, a chi l' Italia l' ha rappresentata al più alto livello , a chi — lo dico con rispetto — in certi momenti l' Italia l' ha aiutata, anche facendole capire che era arrivato il momento di discutere delle riforme. mi riferisco direttamente al presidente Cossiga, che mi sembra vittima di una pericolosissima illusione ottica , perché « picconando » la classe dirigente , la quale ha trovato il faticoso accordo nella Commissione bicamerale, non colpisce soltanto una classe dirigente che — me ne rendo conto — ai suoi occhi ha il torto, magari inconfessato ma reale, di rappresentare qualche cosa di profondamente diverso rispetto alla classe dirigente di cui Cossiga orgogliosamente e senza pentimenti ha fatto parte per cinquant' anni ; « picconando » quella classe dirigente e quelle riforme si rischia di colpire l' Italia, di colpire l' interesse nazionale . ecco perché ho parlato di « illusione ottica » . qui non si tratta di delegittimare qualcuno o un testo, si tratta bensì di negare per molti aspetti l' urgenza di fare le riforme e la possibilità concreta, questa volta, di farle. da questo concetto ne faccio discendere un altro che ci riguarda. non è un mistero che Alleanza Nazionale ha avuto un ruolo all' interno della Commissione bicamerale, ruolo che ha fatto dire a molti che per la destra italiana si è alle viste di un traguardo di grande rilievo, addirittura storico, la cosiddetta costituzionalizzazione. voglio dire con grande franchezza che Alleanza Nazionale vuole le riforme non perché voglia costituzionalizzare se stessa , bensì perché ritiene che le riforme siano in questo momento particolare un obiettivo che attiene strettamente all' interesse della nostra patria. Alleanza Nazionale ha una ragione di esistere nel momento stesso in cui difende l' interesse nazionale . se avessimo voluto costituzionalizzarci, avremmo accettato qualsiasi riforma, avremmo accettato le ipotesi minimaliste di riforma; non avremmo sostenuto, fino all' ultimo momento possibile, la necessità di imboccare quella che chiamavano la via maestra, vale a dire l' Assemblea costituente , che ai nostri occhi aveva il grande pregio di associare i cittadini al processo costituente non soltanto nella fase terminale, ma anche in quella iniziale. noi non vogliamo una riforma purché sia; noi riteniamo che il tipo di riforma che scaturisce dalla bicamerale serva all' interesse nazionale . e da questa considerazione ne discendono per lo meno altre due, che spero siano altrettanto chiare. non è assolutamente vero che esista un asse tra Alleanza Nazionale e Pds, perché è ridicolo per lo meno per coloro i quali hanno un minimo di consapevolezza di che cosa sia la storia politica italiana e di che cosa significhi essere garanti e portatori di valori che sono radicalmente alternativi. quando parlo di « banalità » , quando parlo di una tendenza a vedere tutto in ragione di una quotidianità, che dovrebbe essere in qualche modo rimossa se si discute per davvero dell' avvenire dell' Italia e dell' interesse nazionale , mi riferisco anche a questa sorta di ridicolo « tormentone » . Alleanza Nazionale ritiene che le riforme debbano essere fatte e che, se pure dopo la necessaria discussione, dopo le opportune modifiche, debbano essere ratificate perché le ritiene innovative. l' altro concetto che io cerco, nei limiti delle mie possibilità, di far comprendere è che qui non c' è alcun asse per una legittimazione. qui c' è la consapevolezza, almeno da parte di qualcuno, della opportunità di procedere a delle riforme che cambiano in modo reale il volto dell' Italia e fanno quel cambiamento perché in qualche modo spostano quello che proprio Cossiga definì, nel messaggio alle Camere, il « baricentro della sovranità » . è stato detto — e ripeto parole altrui — che dal testo della bicamerale in qualche modo prende corpo un' ipotesi di Repubblica non basata sui partiti, bensì sui cittadini — la Repubblica dei cittadini — perché la Repubblica dei partiti, che si è suicidata, non l' ha uccisa una congiura, si è appunto suicidata quando la Repubblica dei partiti è degenerata in partitocrazia. La Repubblica dei partiti è alle spalle, è archiviata e nel testo della bicamerale ci sono tutti quei segnali che fanno comprendere che la politica italiana , almeno al livello di un' ampia maggioranza, è disponibile a lavorare perché cresca il potere dei cittadini. non mi riferisco solo all' elezione diretta e popolare del Capo dello Stato , il cavallo di battaglia , la bandiera istituzionale della destra. mi riferisco anche ad altro. se passa quel tipo di riforma, i cittadini avranno la possibilità di scegliere direttamente nell' urna, con il voto, la maggioranza che poi li dovrà governare, perché la Costituzione approvata dalla bicamerale prevede per il cittadino la possibilità, quando siano in ballo diritti fondamentali , di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale ; perché viene introdotto il referendum propositivo ; perché viene avvicinato il cittadino alle istituzioni, nello stesso momento in cui si dà vita ad un ampio procedimento di snellimento dello Stato, di maggiore autonomia, di ulteriore decentramento, di federalismo nell' ambito dell' unità nazionale e di una doverosa solidarietà tra nord e sud. lo spazio del cittadino cresce anche nel momento in cui si scrive nella parte relativa alla giustizia che è indispensabile, nel rispetto dell' autonomia della magistratura, garantire anche agli occhi del cittadino non solo l' imparzialità, ma anche la terzietà del giudice. come non cogliere allora che, se pure il modo che è stato trovato è per certi aspetti farraginoso o non al 100 per cento in sintonia con un astratto ideale di purezza costituzionale, un modo che è però il frutto di un lavoro, di un dibattito, di un accordo, di un compromesso fatto alla luce del sole (almeno si leggano gli interventi svolti in bicamerale per scoprire che anche ciò che è stato deciso in altri momenti poi è stato portato in quella sede), come non capire che dal testo uscito dalla Commissione bicamerale l' idea di un' Italia che cambia volto, di un' istituzione diversa rispetto a quella che ci ha accompagnato nel corso di questo cinquantennio c' è ed è forte? Alleanza Nazionale non cerca la legittimazione. non accettiamo una riforma purché sia. siamo disponibili a lavorare per mantenere la riforma che è uscita dalla bicamerale, per migliorarla. bisognerà farlo, perché ci sono alcune parti che necessitano di un ulteriore approfondimento. penso, ad esempio, che nell' ambito del federalismo occorra tener conto della specificità culturale dell' Italia, l' Italia delle cento città e dei mille villaggi, non l' Italia delle tot regioni. c' è quel federalismo municipale che viene richiesto, come difesa di un' identità, dai sindaci di tutti i colori e deve trovare uno sbocco più appropriato nel testo della bicamerale. quando penso alle cose da migliorare, mi riferisco anche al procedimento legislativo , che è estremamente contorto, al ruolo della seconda Camera, l' ha ricordato testé l' onorevole Marini, a tutti quei pesi e contrappesi che occorrerà definire in modo ancor più compiuto, tenendo conto — non dico nulla di nuovo — che non si tratta soltanto di un problema di merito, ma anche di metodo: la ricerca di maggioranze più ampie rispetto a quelle di un singolo segmento del Parlamento e tenendo conto soprattutto che, alla fine, la parola spetterà direttamente ai nostri connazionali, che si pronunceranno con un voto, cosa che non fu fatta in altri tempi. allora, e concludo, Alleanza Nazionale non accetta una riforma purché sia, non insegue la costituzionalizzazione fine a se stessa . agisce nella presunzione, se volete, di difendere l' interesse nazionale dando vita ad una stagione di riforme, che può diventare reale e concreta. lavoreremo per migliorare quel testo, pronti a denunciare l' accordo se dovessimo scorgere, nel corso del dibattito, la tentazione di far venir meno quella forte carica innovativa che al contrario, a nostro modo di vedere , oggi c' è. ci auguriamo sinceramente di non doverlo fare, perché la necessità di una nuova Costituzione, alla fine di quello che è stato chiamato il secolo breve, alla fine del più lungo dopoguerra che un popolo abbia mai avuto l' avventura di vivere, per portare davvero l' Italia in Europa nel terzo millennio, non è della destra, della sinistra o del centro. credo che a molti sia ormai ben chiaro che è una necessità di tutta l' Italia. Alleanza Nazionale lavora esclusivamente per questo obiettivo.