Gianfranco FINI - Presidente del Consiglio Maggioranza
XIII Legislatura - Assemblea n. 277 - seduta del 28-11-1997
Sulla situazione internazionale.
1997 - Governo VI De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 618
  • Attività legislativa

signor presidente , presidente del Consiglio e colleghi, prendiamo ovviamente atto di quella che il presidente Violante ha testé definito un' interpretazione, secondo verità, della presidenza medesima circa le motivate obiezioni avanzate dall' opposizione. personalmente non entrerò nella questione perché sarebbe del tutto inutile e soprattutto perché è prevedibile che si continuerà, in questa e in altre sedi, a discutere circa la fondatezza dell' obiezione e dell' interpretazione che la Presidenza ha dato. voglio utilizzare il breve tempo a mia disposizione per qualche considerazione di carattere politico circa quello che è accaduto e soprattutto circa ciò che potrebbe accadere e mi auguro non accada. inizio con un' osservazione relativa alla superficialità con la quale è stato commentato, in particolare da alcuni esponenti della maggioranza, quanto sta accadendo in Aula e che vede in qualche modo protagonisti tutti i parlamentari, principalmente quelli dell' opposizione. è superficiale dire, come è stato fatto, che l' opposizione si muove perché ha un' esigenza di visibilità in quanto, dopo un risultato elettorale amministrativo ed a pochi giorni da un ballottaggio e da un altro turno elettorale amministrativo in Sicilia, è alla ricerca di un modo per dimostrare di essere non soltanto presente ma anche molto combattiva. è superficiale perché — lo dico con un po' di presunzione — se questa fosse stata la nostra esigenza, avremmo potuto e saputo fare qualcosa di più e di meglio; magari abbinare ad una iniziativa di carattere parlamentare qualche altra iniziativa civile, corretta, democratica esterna al Parlamento. credo che le recenti vicende politiche nazionali abbiano dimostrato a tutti, per lo meno a tutti coloro che hanno occhi per vedere, che non esiste più il monopolio della protesta e che la frammentazione sociale del paese rende possibile l' organizzazione di proteste sia a coloro che oggi siedono sui banchi della maggioranza, sia, a maggior ragione, a chi siede sui banchi dell' opposizione. non ci ha mosso e non ci muove un' esigenza di visibilità. ci muove da un lato un dovere di coerenza e, dall' altro, un desiderio, onorevole Soda, di rispetto delle regole: un desiderio di democrazia parlamentare . perché un desiderio di rispetto delle regole, ma ancor prima un dovere di coerenza? perché tutti sanno perfettamente che l' opposizione delle opposizioni, e del Polo in particolar modo, al decreto in esame è antica, nasce nello stesso momento in cui il decreto è stato reso noto. ricordo agli immemori che, quando ci fu quella rapida crisi di Governo , l' unica domanda che era posta ai leader del Polo era relativa alla possibilità o meno, per il Polo medesimo, di contribuire all' approvazione della finanziaria al fine di consentire all' Italia l' ingresso in Europa. e ricordo agli immemori la risposta: non potevamo farlo, perché la finanziaria non la condividevamo, in particolar modo nella parte allegata relativa al decreto sull' IVA. non è da oggi, non è da due giorni a questa parte che l' opposizione dice di non condividere il merito del decreto. ricordo anche rapidamente agli immemori le ragioni per cui non si poteva condividere, dal nostro punto di vista , quel decreto. da un lato perché, come aveva detto autorevolmente il governatore della Banca d'Italia , era più che fondato il rischio di una ripresa inflattiva, dall' altro lato perché, come è stato acutamente osservato, il rischio era anche di un aumento dei prezzi , il che avrebbe determinato un aggravio per tutti, non soltanto per alcuni ceti sociali, ma anche e soprattutto perché, anche in quelle ore, era abbastanza forte nel paese una protesta che vedeva protagoniste numerose categorie. e allora, quando l' opposizione, così come ha deciso coerentemente di fare, ha presentato in Parlamento gli emendamenti volti a modificare il decreto, non ha fatto altro che comportarsi con coerenza rispetto al suo punto di valutazione di partenza. se accanto ad un dovere di coerenza oggi ci muove un desiderio di rispetto delle regole è perché occorre ribadire che la fiducia non è stata posta per il numero eccessivo degli emendamenti: la fiducia è stata posta perché le nostre perplessità, le perplessità autorevoli del governatore della Banca d'Italia , i dati che in molti casi emergevano, avevano aperto anche all' interno della maggioranza qualche ulteriore perplessità. voglio ricordare, al riguardo, un' occasione di confronto con l' onorevole Marini in un incontro televisivo: in quella sede, l' onorevole Marini disse che era arrivato il momento per lo meno di pensare a un' ipotesi di revisione del decreto. allora si dica la verità: il problema del voto di fiducia non deriva dal numero degli emendamenti perché, come tutti ben sanno, come lei, presidente, ben sa, l' opposizione era pronta a ridurre il numero degli emendamenti. gli emendamenti di Alleanza Nazionale erano 14, quelli del Polo non credo fossero molti di più; c' erano, è vero, molti emendamenti della Lega, ma è altrettanto vero che la Lega era disponibile a ritirarne la stragrande maggioranza... o li ha ritirati, per consentire una discussione in quest' Aula degli emendamenti dell' opposizione. allora, qui è il punto politico: il rispetto delle regole deve valere per tutte e due le parti, il rispetto delle regole deve valere nello stesso momento in cui l' opposizione, che ha il diritto dovere di discutere le proposte del Governo, deve anche trovarsi nelle condizioni di farlo, nello stesso momento in cui ritiene, anche attraverso la discussione di quegli emendamenti, di determinare eventi politici quali quelli che sempre si verificano quando c' è una convergenza non occasionale tra opposizioni, ma una convergenza di merito tra segmenti della maggioranza e l' opposizione medesima. mi auguro perciò che da questa vicenda emerga per tutti e in particolar modo per la maggioranza — e mi rivolgo a lei, ovviamente, presidente del Consiglio — un insegnamento relativo alla necessità di rispettare per davvero tutte le regole, magari anche quelle non scritte, quelle regole che vorrebbero, mi permetta, presidente Prodi, un po' più di prudenza anche quando si fanno telefonate e interventi, per esempio relativi alla necessità — che è tutta politica, ma non è del presidente del Consiglio — di mettere a tacere le liti all' interno della Rai. vorrei ricordare ai colleghi della sinistra che cosa sarebbe accaduto in quest' Aula se il presidente del Consiglio Berlusconi fosse stato sospettato di telefonate ai vertici Rai per mettere a tacere polemiche interne che, come tutti ben sanno, non possono essere affrontate dal presidente del Consiglio . e allora, il rispetto delle regole, quelle scritte e anche quelle formali. poiché il presidente del Consiglio non mi sembra molto interessato a ciò che sto dicendo. è un' impressione, e sono lieto di aver sbagliato, qualora il presidente del Consiglio mi confermi di aver sbagliato. ma la conferma me la darà, se riterrà, in base a ciò che sto per dire di qui ad un minuto, perché il presidente Violante giustamente mi richiama al rispetto dei tempi. tutti sappiamo che di qui a qualche giorno, quando avremo terminato, cominceremo a discutere la finanziaria. allora, presidente del Consiglio , qui è veramente il caso di dire, e mi rivolgo in particolar modo a chi ha sollevato il problema del rispetto delle regole, attenzione a non predicare bene e razzolare male, perché io non ho alcuna difficoltà nel dirle che, a fronte della richiesta reiterata, preventiva del voto di fiducia — trenta volte voto di fiducia in 500 giorni! — , se si continuerà così si paralizzerà il Parlamento. non avremmo altra via, infatti, che rendere sistematico ciò che stiamo facendo in questa circostanza in via eccezionale. se si vuole evitare che ciò accada, occorre il rispetto da parte di tutti; se l' opposizione ha, come deve avere, il diritto dovere di vedere discussi i suoi emendamenti, deve sentire la necessità di presentare emendamenti in numero tale da consentire il dibattito, però il Governo, presidente del Consiglio , deve impegnarsi solennemente a non porre la questione di fiducia . poiché riteniamo che non lo possa fare, perché il voto di fiducia in troppe occasioni serve per coprire divisioni che ci sono, perché questa è una maggioranza che è molto più divisa di quel che appare, non si addebiti a noi una effrazione delle regole che, anche in questa vicenda, ricade innanzitutto sulle spalle di chi la questione di fiducia l' ha posta non perché gli emendamenti erano troppi, ma perché dalla discussione di quegli emendamenti, probabilmente, sarebbe uscito uno scenario assai meno idilliaco circa la compattezza della maggioranza.