Fausto BERTINOTTI - Deputato Appoggio
XIII Legislatura - Assemblea n. 256 - seduta del 16-10-1997
1997 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 256
  • Comunicazioni del governo

signori presidenti, signore e signori deputati, dopo l' intesa tra il Partito della Rifondazione comunista e il Governo, e dopo il discorso del presidente del Consiglio di ieri, che abbiamo apprezzato, il Partito della Rifondazione comunista rinnova la sua fiducia al Governo Prodi. questa maggioranza può dunque riprendere il suo cammino; il cammino a cui l' aveva avviata la vittoria del 21 aprile. un compito importante e impegnativo ci aspetta tutti per qualificare una linea riformatrice di questo Governo. noi faremo la nostra parte. faremo la nostra parte anche perché sono cadute tutte le false tesi che sono state costruite su di noi. non abbiamo voluto la crisi, come da qualcuno veniva detto, a prescindere — come avrebbe detto Totò — cioè per ragioni riguardanti il nostro antagonismo, la nostra identità, ma non la politica concreta. il nostro antagonismo vive nel paese, vive sia che siamo nella maggioranza sia che siamo all' opposizione, riguarda una collocazione nei confronti di una società la cui organizzazione critichiamo per le disuguaglianze che comporta, che noi combattiamo. questo antagonismo vive meglio con un accordo che dischiude il Governo ad una prospettiva riformatrice; vivrà il 25 ottobre in una manifestazione che insieme ad altri abbiamo promosso a Roma per dare impulso al protagonismo delle masse, che può oggi giovarsi di questo nuovo accordo. non abbiamo voluto la crisi per ragioni esterne a quelle dichiarate, cioè riguardanti la politica economica e sociale di questo Governo. avevano detto che avremmo voluto la crisi per la bicamerale; resta il nostro dissenso sulla sua conclusione, ma l' accordo l' abbiamo fatto. avevano detto che volevamo rompere con il Governo per questioni riguardanti la legge elettorale ; non ne abbiamo neanche parlato e l' accordo lo abbiamo fatto. non abbiamo voluto, come qualcuno ha detto, produrre la crisi per poi rilanciare una nostra presenza nel Governo; su questo, anzi, tutti noi abbiamo detto parole chiare. l' ingresso dei comunisti al Governo non è all' ordine del giorno in questa legislatura. abbiamo fatto l' accordo e nessun comunista siede ai banchi del Governo . in realtà abbiamo sempre cercato un compromesso, un compromesso dinamico, aperto, capace di qualificare l' azione riformatrice di questo Governo e di aprire spazi alla crescita di movimenti nella società, in primo luogo di quel sindacato, con cui pure così aspri sono stati i toni di una contesa che non abbiamo voluto, ma anche di altri soggetti che possono giovarsi di questa azione riformatrice, che possono ricercarla e che possono contribuire al suo dispiegamento. abbiamo cercato un accordo su contenuti forti: l' occupazione, il Mezzogiorno, le pensioni, la sanità, lo stato sociale , il fisco. siamo giunti ad una crisi drammatica di Governo quando abbiamo creduto che fossero rifiutate le nostre istanze, e lo abbiamo fatto per affermarle anche correndo il rischio di un pesante isolamento. e dopo la crisi, tenacemente, abbiamo riaperto il dialogo, non ci siamo arresi alla rottura, abbiamo proposto un Governo di programma. non abbiamo cambiato idea perché spaventati da reazioni impreviste. sapevamo che il compito che ci attendeva era difficilissimo; sapevamo di poter contare su un partito unito, convinto, ma di avere contro un' opinione pubblica vasta, a volte anche intorno a noi, colpita da quella rottura. sapevamo che in tanta parte del popolo di sinistra si era fatto strada un sentimento che si può riassumere nella formula d' oltreoceano: buono o cattivo, questo è il mio Governo. lo sapevamo e sapevamo che avrebbero potuto essere usate contro di noi anche storie e ragioni nobili, come quella dell' unità tra le forze progressiste, alla cui costruzione ed alla cui cultura abbiamo lavorato noi per primi con tanto impegno. lo sapevamo, ma siamo arrivati fino in fondo alla crisi per affermare, tuttavia, una battaglia politica di contenuto, per introdurre nell' azione del governo elementi riformatori. e sapevamo di avere contro di noi anche ragioni meno nobili: una reazione dell' establishment che si sentiva minacciato in quello che è il suo valore fondante, cioè la stabilità, avvertendo dunque qualunque elemento di instabilità che si produce, anche se per ragioni sacrosante, come avverso e nemico. vorrei dire a tutti i settori del centrosinistra, alle coscienze liberali che sono così presenti in essi, attenzione: la reazione che ha introdotto segni di regime, tendenze di regime, che ha cercato un capro espiatorio , che ha cercato di colpire la diversità, scambiando l' avversario per il nemico e puntando alla sua aggressione ed alla sua irrisione, è un rischio grave per tutti noi, per questa maggioranza, per questo paese, per questa democrazia. sapevamo che ciò avrebbe potuto determinarsi ed abbiamo visto anche di più. ma avremmo comunque retto allo scontro se non si fosse aperta e dischiusa una prospettiva importante. abbiamo contribuito anche noi, non solo noi, noi ed il Governo, a dischiuderla. lo abbiamo fatto perché abbiamo compreso che l' alternativa a questa soluzione avrebbe dato luogo ad un rischio grave non solo di lacerazione ma anche di regressione. anche le elezioni che venivano proposte non sembravano poter dare una risposta ai problemi del paese. nel caso di risposta positiva dell' elettorato, ci saremmo trovati sostanzialmente nella medesima situazione con gli stessi problemi ed avremmo invece rischiato una vittoria delle destre che avrebbe cancellato persino la possibilità di andare avanti. perciò ci abbiamo riprovato, e lo abbiamo fatto anche perché una forza come la nostra, una forza antagonista, teme come suo nemico mortale la deriva minoritaria. è per questa ragione che ci siamo proposti di avanzare un' ipotesi di Governo di programma, perché in ogni momento una forza come la nostra deve essere in grado di avanzare una proposta positiva, capace di raccogliere anche le sollecitazioni che vengono, che sono venute, da settori che pure hanno guardato criticamente alla nostra posizione politica, ma con interesse ai contenuti, agli obiettivi che proponevamo; cito per tutti l' intervento della Fiom di Brescia e degli operai bresciani, che hanno dato visibilità ad una presenza così negletta nella società italiana . e lo abbiamo potuto fare perché si era aperto uno spiraglio nuovo; vorrei che si riflettesse su questo. è accaduto, dal momento in cui si è aperta la crisi ad oggi, un fatto nuovo: la coraggiosa dichiarazione del Governo francese, dopo la conferenza trilaterale, di voler arrivare a fissare con legge al 1 gennaio del 2000, la riduzione dell' orario di lavoro a 35 ore. abbiamo colto questo fatto nuovo come una grande occasione. qui, in quest' Aula, nel momento in cui si produceva la crisi, sia da parte nostra sia da parte delle altre componenti della maggioranza, nel pieno dello scontro, tutti dicevamo: facciamo come in Francia. è venuta dalla Francia una parola nuova, da lì si poteva ricominciare, cambiava il terreno del confronto, a meno di non chiudersi in un povero provincialismo. così, questa volta, l' Europa non ha parlato soltanto il linguaggio della moneta ma anche quello di una positiva contaminazione delle politiche progressiste. abbiamo tirato quell' anello della catena per ricostruire un' intesa, di cui oggi credo si veda la validità. il presidente del Consiglio è stato leale nel suo intervento. ha detto giustamente che non ci sono stati né vinti né vincitori, che un passo avanti l' abbiamo fatto tutti e l' abbiamo fatto per tutti in questo paese. se nella legge finanziaria c' è uno spostamento dalle spese alla lotta all' elusione ed all' evasione, per quanto piccolo sia, si tratta di un passo importante perché qualifica l' azione riformatrice del Governo. se sulle pensioni, tema delicatissimo su cui si è realizzata una grande tensione del paese, a partire dalla giusta valorizzazione del lavoro operaio, si allarga questa impostazione anche ad altri settori impiegatizi, non operai, omogenei per gravosità di lavoro, si fa un' operazione giusta, ci si ricollega ad una grande tradizione democratica della sinistra italiana. voi lo sapete: una delle sigle più importanti del sindacalismo italiano è la Fiom, che si chiamava federazione italiana operai metalmeccanici, ora si chiama federazione impiegati e operai metalmeccanici. è il segno della ricerca di unità, che è stato sempre uno degli elementi più qualificanti nella storia migliore del sindacalismo e della sinistra italiana. gli abbiamo dato voce e oggi, signor presidente del Consiglio , se possiamo dare una garanzia a tutti questi lavoratori, possiamo finalmente riprendere, così come è accaduto con la sua risposta positiva sul tema della sanità, un discorso sullo stato sociale in cui riforma vuol dire riforma. proprio sull' orario abbiamo aperto una prospettiva, un orizzonte alla politica economica : sull' orario si può stabilire una connessione tra il progresso tecnico, che c' è, e un progresso sociale , che deve essere affermato. sappiamo bene che la riduzione dell' orario di lavoro è una condizione non sufficiente per combattere la disoccupazione, ma tuttavia necessaria, come sostengono tutte le culture più avanzate del lavoro presenti in Europa. con l' intesa abbiamo guadagnato una scelta del Governo per un disegno di legge che introduca alla data del 1 gennaio del 2001 la riduzione a 35 ore. ma non confidiamo solo nella legge, perché auspichiamo che la contrattazione sindacale avvenga nella sua pienezza, che le parti sociali partecipino alla costruzione di questa definizione, che ci siano incentivi tali da favorire la riduzione dell' orario di lavoro . tuttavia, nell' atteggiamento della Confindustria, vediamo pigrizia egoistica: questa Confindustria si è abituata troppo a trattenere per sé e per le imprese tutte le ricchezze derivanti dall' aumento di produttività. no, una parte va distribuita ed è bene che venga distribuita per la riduzione dell' orario, per una conquista di civiltà e di lotta alla disoccupazione. muoviamo così in avanti il paese e sta in quest' ambito l' intesa che cerchiamo per il 1998, anno nel quale produrrà gli effetti la legge finanziaria , un' intesa che vorremmo andasse ben oltre quest' anno. noi ci lavoreremo con intensità e lealtà. Rifondazione comunista non è interessata ad alimentare una microconflittualità con il Governo, ma ad una riqualificazione programmatica in senso riformatore. per questa ragione apprezziamo nell' intesa l' introduzione di una consultazione nella maggioranza e tra la maggioranza e il Governo su tutti i punti significativi, una consultazione che possa evitare che esploda il conflitto ex-post. per questo siamo interessati a portare avanti l' impegno ad un accordo di programma per l' anno e a rafforzare così questa maggioranza. noi siamo interessati al rafforzamento di questa maggioranza progressista, anche perché questa è l' unica nostra prospettiva nell' attuale legislatura aperta dalla desistenza. abbiamo combattuto con determinazione la marginalizzazione di Rifondazione comunista . diciamo univocamente tutti noi che non è all' ordine del giorno la questione dell' ingresso di Rifondazione comunista in questo Governo: siamo persone serie, conosciamo le distanze programmatiche tra l' Ulivo e Rifondazione comunista sui temi dell' organizzazione della società di medio periodo, sulla collocazione di medio periodo dell' Italia nel mondo, sull' idea dello Stato, come si evince dal contrasto nella bicamerale. ma siamo interessati, invece, ad un rafforzamento di questa maggioranza sulle cose da fare in questo anno, e possiamo fare bene. l' altra volta in un discorso molto sofferto dicemmo che, se questo Governo avesse accolto non tutte ma alcune delle nostre proposte, avrebbe fatto il bene di questa maggioranza, il suo e quello del paese. oggi possiamo dire che tale scelta è stata fatta. abbiamo cominciato questa vicenda, che ha avuto anche momenti drammatici, dicendo che avremmo voluto dire al malato cronico, ai lavoratori di Brescia, ai giovani disoccupati finalmente una parola a loro favore. siamo noi i primi ad essere lieti che sia questo Governo e l' intera maggioranza a dirla, tutti insieme: questo è il senso della firma che abbiamo apposto per la prima volta su una mozione di fiducia al Governo. speriamo di essere tutti all' altezza del compito che oggi si dischiude di fronte a noi. confidiamo che gli impegni presi vengano mantenuti tutti, nell' interesse di questa maggioranza e del paese.