Pier Ferdinando CASINI - Deputato Opposizione
XIII Legislatura - Assemblea n. 178 - seduta del 11-04-1997
1997 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 178
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , qualcuno in queste ore ha cercato un pochino di ridicolizzare la figura del presidente del Consiglio descrivendo un Prodi sballottato dai venti, dai flutti della sua maggioranza, un po' di qua, un po' di là, incerto tra un nuovo ordine che non riusciva a costruire ed un vecchio che non riuscirebbe più a difendere. io credo che non sia così e lo credo con la stima da avversario politico che ho nei confronti del presidente del Consiglio , per la lunga conoscenza, ma anche perché io credo — e ne converranno i colleghi che sono qui — che chi ha mostrato in tutto il cammino dell' Ulivo una costanza, una tenacia davvero invidiabile come quella che ha mostrato Prodi, difficilmente possa essere paragonato ad Alice nel Paese delle meraviglie (ammesso che queste nostre oggi siano meraviglie) e — dissento su questo anche dal mio amico Gianfranco Fini — nemmeno alla bella addormentata nel bosco. io credo che si debba riportare alla politica, quella che nella seconda Repubblica sembra definitivamente in via di estinzione, l' analisi della situazione politica, dell' eclissi dell' Ulivo, perché tale è, e del disagio che in queste ore vive l' Italia bipolare. il presidente Prodi sta facendo in queste ore quello che lucidamente e con una coerenza che non può essere messa in discussione, ha fatto dal 21 aprile in poi; è stato il cane da guardia — il paragone con il cane per me non è mai offensivo perché i cani sono buoni e fedeli, di solito — ....... il cane da guardia — dicevo — del rapporto tra l' Ulivo e Rifondazione comunista . per fare questo, poco importa che il presidente del Consiglio incorra in macroscopiche alterazioni della realtà. si è dimenticato di ringraziare il Polo, che ha consentito al suo Governo non solo e non tanto di non cadere (il che è il meno), ma soprattutto ha evitato all' Italia di essere ridicolizzata nel contesto internazionale, nello scenario mondiale dove siamo andati ad assumere impegni che un Governo non riusciva a garantire perché su punti fondamentali non aveva un' autosufficienza politica. poco importa questa mancanza di ringraziamento; poco importa anche l' insofferenza per chi nell' Ulivo chiede serietà nella verifica: sia D'Alema sia Dini sia Marini (naturalmente l' insofferenza è direttamente proporzionale al livello di voti in Parlamento). ma poco importa questo e poco importa, addirittura, persino che non vada oltre qualche buffetto nei confronti di Bertinotti, simpatico ma non innocuo. dunque Prodi ha una sua tetragona coerenza e, tra i tanti Fregoli della politica che ci sono in giro, credo che in fondo questo sia un merito da riconoscergli. è coerente con l' equivoco che si è creato il 21 aprile e secondo me vuole anche essere coerente (ma qui sbaglia) con il bipolarismo. il bipolarismo è il confronto, presidente Prodi, di due aree politicamente omogenee. non era bipolare l' accordo che Berlusconi fece con Bossi, come lei deve riconoscere che non è bipolare l' accordo che ha fatto con Bertinotti. nessuno è così sciocco, tra noi dell' opposizione, da mettere in discussione la dignità politica dell' esperimento dell' Ulivo, cioè il rapporto tra una parte del mondo cattolico e la sinistra politica in questo paese, perché ci sono precedenti illustri, su cui si può dissentire — chi è in queste fila ha dissentito al punto da spaccare la Democrazia Cristiana — ma che ci sia un fatto di dignità politica è assolutamente scontato, ovvio; noi dobbiamo riconoscerlo. noi non mettiamo, dunque, in discussione il vostro tentativo politico di creazione dell' Ulivo; mettiamo in discussione la serietà e la compatibilità con un bipolarismo maturo dell' accordo di desistenza con Bertinotti. e anche le persone più coerenti della vostra maggioranza si sono rese conto di essere in gabbia, ma in una gabbia di cui Bertinotti è il detentore delle chiavi. con i centristi dell' Ulivo per noi il rapporto è complicato. non dico che non sia un rapporto necessario, perché ne sono un fautore; dico che è complicato, che è una cosa diversa, come quando tra fratelli si litiga e poi, quando il legame è più forte, è più difficile ricomporre i rapporti, passare oltre. ho sempre cercato di non immiserire la questione con ripicche e gelosie, perché credo che in fondo, se si è stati fratelli, ci sia un legame, ci siano valori comuni, ci sia un minimo comune denominatore . certo, ci siamo gravemente divisi sul problema delle alleanze; ci eravamo divisi, ci siamo divisi e forse su questo ci divideremo ancora. ma io avverto la necessità che i moderati dei due poli si parlino. se D'Alema vede Fini, è un grande contributo alla democrazia compiuta; se noi vediamo Dini o Marini, è il ritorno alla prima Repubblica . questa disparità è assolutamente inaccettabile; questa sorta di visione così faziosa non è accettabile per osservatori attenti. credo però, amici moderati dell' Ulivo, che questa vicenda rischi di far scomparire ogni logica alla politica e sono stato rattristato — lo dico a una persona che stimo, cioè a Mattarella — nel vedere, nel corso dell' ultimo dibattito che c' è stato in questa Camera, che Mattarella era preoccupato di capire le ragioni di Rifondazione comunista e Mussi, con la seria tradizione comunista, diceva: « ma non è possibile quello che sta capitando! la verifica deve essere seria! » (Mussi, Folena, altri, ho sentito tante dichiarazioni in questi giorni). certo, la sinistra storica , di cui non abbiamo mai disconosciuto la serietà, si starà chiedendo oggi se la grande svolta sia tutta qui e quale grande costo politico, quale prezzo rischi di pagare il Pds, in termini di delegittimazione complessiva, da questa esperienza politica. io sono l' uomo più curioso d' Italia nell' immaginare il prossimo libro del mio amico Valter Veltroni: ha un' infinita fantasia, ma sinceramente voglio proprio vedere cosa scriverà. ci avevano promesso un paese normale , ma questo paese normale non c' è e credo che un presidente del Consiglio serio — e, a costo di infastidire qualche mio amico, dico che il professor Prodi è una persona seria — non possa non rendersi conto che si sta verificando nel paese una saldatura inedita di tutte le persone ragionevoli contro il suo Governo. non è, professor Prodi, un accanimento strumentale; è una constatazione della realtà. non è un complotto: attenti all' evocazione dei complotti, sia quando siano gli industriali a manifestare sia quando lo faccia qualche altra categoria! guai a vedere complotti! si finisce male quando, invece di rispondere nel merito, si evocano complotti. le abbiamo già viste le evocazioni dei complotti in questi ultimi anni. non è certamente berlusconiano il premio Nobel Modigliani; non lo è il professor Giavazzi; non lo sono nemmeno le migliaia di industriali che ieri hanno manifestato in Italia, molti dei quali fino a ieri hanno innalzato peana all' Ulivo sui principali giornali italiani. liberissimo Prodi di considerarli solo interessati a qualche piccola pressione corporativa, ma io credo che sbagli. si sbaglia sempre a non ascoltare il paese o a sottovalutare il fatto che per la prima volta grandi associazioni di categoria decidono di scendere in piazza e di manifestare. vorremmo essere così potenti da muovere tutta l' Italia del ceto medio e delle categorie, ma purtroppo non è così. è un' Italia — su questo dovremmo riflettere, ma lo faremo in altra sede — che si muove anche a prescindere dall' opposizione, che ha recuperato un fortissimo protagonismo sociale. in Europa, presidente, ci si va con interventi diretti a colmare gli squilibri strutturali della spesa pubblica italiana: la sanità e la previdenza rappresentano due grandi questioni. sono finiti tempi come quelli del Governo De Mita , che cadde, ad onore di chi cadde in quella circostanza, perché cercava di imporre un ticket di 10 mila lire sulle degenze ospedaliere, esentando le fasce sociali meno abbienti! la previdenza: tutti dichiariamo di voler salvaguardare i diritti acquisiti , ma non è possibile che quanto sostiene il professor Onofri, il quale presiede una commissione da voi insediata, o quanto afferma il ragioniere generale dello Stato con una provocazione intellettuale, venga demonizzato come una sorta di libera uscita folle ed irresponsabile. non è così! essi ripetono quanto affermano gli osservatori internazionali, i partner accreditati nelle sedi della Banca mondiale e di altri organismi. il lavoro, signor presidente , e il Mezzogiorno sono scomparsi dall' agenda politica del Governo. la flessibilità del salario, i contratti interinali — di cui si sta parlando oggi fuori tempo massimo — , i lavori socialmente utili non rappresentano la ricetta per trasformare uno Stato assistenziale , che ha concesso benefici a tutti, anche a chi non ne aveva bisogno e soprattutto in certe direzioni, in uno stato sociale moderno. su questi punti si può rinviare la verifica, mentre non si possono rinviare i problemi che sono all' ordine del giorno dell' agenda del Governo e del Parlamento. la politica estera . in quest' Aula siedono molti testimoni, a cominciare dal presidente Iotti. la politica estera è sempre stata una cosa seria nel nostro paese, una grande costante del dopoguerra, anche degli alti scontri ideologici che in questa sede hanno avuto luogo. è incredibile che sull' Albania manchi l' autosufficienza della maggioranza, mentre la missione sta partendo. certo, i militari italiani hanno la solidarietà di ogni forza politica responsabile; credo però che sulle spalle di chi parte per l' Albania l' assenza della compattezza del Governo che ne ha deciso l' invio e che impartisce le direttive operative allo stato maggiore gravi come una grande incognita. se la maggioranza non è forte, non è coesa, non è determinata in politica estera , mi chiedo su quale argomento lo sarà mai. tanto più è ridicolo oggi far credere che la necessità di questo rattoppo istituzionale — una nuova fiducia in quarantott' ore e nessuna verifica — scaturisca dalla necessità della missione militare. facciamo un patto tra noi, questo lo possiamo stipulare oggi. lasciamo da parte le convenienze della politica italiana rispetto agli avvenimenti albanesi (lei, presidente, continui a far giocare i suoi ragazzi dell' ufficio stampa di Palazzo Chigi nel depistare i giornali dinanzi a missioni come quelle del Ccd, perché non fanno male a nessuno; se non hanno nulla da fare è bene che si dilettino in qualcosa di simpatico); non leghiamo una vicenda terribilmente seria al destino di una maggioranza che questa serietà rischia di perdere. credo che sentire una frase, quella cioè che ha strettamente legato e quasi subordinato la missione albanese alle sorti del Governo, abbia evocato a molti, i quali hanno fatto la mia stessa esperienza politica nella Democrazia Cristiana , la brutta copia di un celebre statista, il quale legava sempre il destino del suo ultimo Governo alle conferenze ed ai vertici internazionali che si dovevano svolgere, pur di rinviarne l' epilogo. dunque, presidente, non ci ha convinto. non perché non abbia capito come qualcuno continua a sostenere, dato che ha compreso benissimo. questa è un' operazione cinica, di cui il paese pagherà il conto e temo che il primo negativo conto verrà presentato alla Commissione bicamerale, presieduta dal collega D'Alema . la maggioranza non c' è più ed il nuovo quadro politico non può che nascere da questa semplice, lineare, pulita operazione di verità.