Fausto BERTINOTTI - Deputato Appoggio
XIII Legislatura - Assemblea n. 173 - seduta del 02-04-1997
Svolgimento di interrogazioni sugli sviluppi della situazione in Albania (ore 15,02)
1997 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 173
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signori presidenti, deputati, questo dibattito viene dopo una tragedia e precede una decisione importante per il paese, quella di inviare soldati italiani in una missione militare con paesi europei in Albania. noi a questa scelta siamo contrari per ragioni semplici e chiare, perché non può risolvere il dramma di quel popolo e perché aggrava i rischi per molte di quelle popolazioni e per i soldati italiani. sentiamo il peso di un momento drammatico: la tragedia nel mare del canale di Otranto, la perdita di vite umane ci mettono di fronte ad uno di quei fatti su cui la politica non può che interrogarsi con tutto il senso della drammaticità. nulla infatti è più grave della perdita di una vita umana e lì le vite umane perse sono state molte. sentiamo l' inadeguatezza delle parole in questi frangenti, sentiamo il bisogno di tenerci lontani da ogni strumentalismo e da ogni speculazione, ma sentiamo forte l' esigenza di capire, per evitare altri errori. certo, la ragione prima di questa tragedia sta in Albania, ma noi, ma l' Europa, quanto abbiamo concorso a che potesse essere evitata? lì, in Albania, si è originata questa tragedia, in una crisi politica , in una perdita di consenso seguita ad un disastro economico: prima un regime chiuso e autoritario, poi una furia liberista hanno provocato quel disastro, hanno messo in causa prospettive, aspettative, hanno innescato una guerra civile , una rivolta popolare contro Berisha e un terreno di contesa di organizzazioni malavitose. la soluzione non può che essere trovata lì, in Albania, in una nuova convivenza civile, in nuove politiche economiche , ma qui le colpe dell' Europa sono gravi e non possono essere taciute; quest' Europa che non sa parlare altro che il linguaggio della moneta, che il linguaggio di Maastricht, è stata assolutamente incapace di offrire all' Albania una proposta di politica economica , un programma economico di risanamento e di solidarietà ed è stata incapace di offrire all' Italia un aiuto nell' accoglienza da offrire sulle coste pugliesi agli immigrati albanesi. l' Italia poteva essere una frontiera aperta di un' Europa solidale, ma l' Europa non c' è stata ed in Italia abbiamo assistito a reazioni inaudite a queste difficoltà. non si può tirare il sasso e nascondere la mano. troppe parti delle destre, della Lega, hanno gridato: bloccate, bloccate ogni movimento. sindaci della Repubblica hanno opposto un « no » alla richiesta di accoglienza; a Milano il sindaco della città ha usato per la campagna elettorale un elemento di così grave difficoltà per tutto il paese. ed il Governo, anche di fronte a queste pressioni, ha oscillato, ha tardato a vedere in Berisha un ostacolo alla soluzione del problema; ha oscillato ed ha finito per assumere una propensione alla chiusura. certo, nel paese sono vissuti elementi di paura; il nostro paese, come l' Europa, vive una crisi di civiltà. non riflettete abbastanza sui guasti che provoca il primato del mercato; non riflettiamo abbastanza su cosa provoca nei comportamenti anche delle masse il taglio delle protezioni sociali, l' insicurezza, l' incertezza sul futuro. per combattere le chiusure, i fenomeni razzisti, bisogna discutere della nostra società, dello stato sociale , della solidarietà interna, e allora potremo essere capaci di solidarietà verso altri popoli. all' esterno dobbiamo contribuire ad affrontare i problemi reali — lo dico anche alla mia parte — ; noi sentiamo grande l' imperativo dell' accoglienza, ma sentiamo anche che quando fenomeni migratori si mescolano con fenomeni malavitosi di delinquenza organizzata: quando la migrazione si fa traffico, bisogna saperla combattere anche per poter guadagnare l' accoglienza. sentiamo il bisogno di favorire una soluzione politica per l' Albania, di favorire l' impegno di questo Governo, il dialogo con i rivoltosi. ma allora bisogna dire chiaramente che Berisha rappresenta un impedimento a questa soluzione politica. qui dobbiamo promuovere accoglienza umanitaria ma coinvolgere l' Europa, chiamarla ad essere parte di questo processo di accoglienza. dobbiamo coinvolgere l' Europa in una proposta per l' Albania e a tale proposito, signori del Governo, dobbiamo correggere i nostri e i vostri errori. la tragedia lo impone. il presidente del Consiglio ha definito l' Italia terra d' asilo; non ho alcuna ragione per dubitare della lealtà di intenti del presidente del Consiglio e dei suoi sentimenti ma, onorevole presidente del Consiglio , non sente stridere queste definizioni con quello che è accaduto? allora lavoriamo, certo coinvolgendo il governo albanese, ad appurare le responsabilità e facciamolo qui, promuovendo l' istituzione di una Commissione d' inchiesta su quanto è accaduto. una Commissione di inchiesta parlamentare non per esonerare la magistratura, ma per coinvolgere tutte le forze in questa ricerca, visto che non si può sfuggire al fatto che vi è una concausa politica, ambientale, che ha codeterminato quella tragedia. la politica dello scoraggiamento dei movimenti, del blocco, dell' impedimento, di un pattugliamento che può diventare blocco, ha certamente condizionato reazioni e determinato le condizioni ambientali di una tragedia. perciò va sospesa questa modalità del pattugliamento e per questo, signori del Governo, bisogna non effettuare l' intervento militare con la presenza italiana. anche in quest' Aula si sono levate parole autorevoli, con preoccupazioni distanti dalle nostre, eppure assai forti. vi sono dubbi gravi in sé per questa operazione, come dice l' assenza da essa di grandi paesi europei . non è risolto il problema della copertura dell' Onu e c' è un dissenso politico per un' operazione fatta ora in presenza di una direzione politica che vede il Governo condizionato da quella di Berisha. sarebbe ben altra l' iniziativa se, appunto, Berisha fosse fuori campo o si mettesse fuori campo. ma oggi c' è una ragione che viene prima di ogni altra, prima anche delle questioni politiche, e che chiede una pausa di riflessione, un arresto della scelta, per rispetto della tragedia. vi chiediamo di rinunciare alla missione militare in primo luogo perché, dopo quella tragedia, in Albania non esistono le condizioni ambientali perché sia fruttuosa. ci sono sentimenti comprensibili nel popolo albanese di rancore, di rabbia, di protesta, di avversione. sempre, ogni intervento guidato dall' Onu muove dalla prudenza di non mettere tra le forze militari coloro che hanno qualche elemento di conflitto o che si presume possano essere vissuti come tali. non facciamo oggi una missione militare che avrebbe il segno di una prevaricazione di questi sentimenti. prima si operi una reale pacificazione, con l' individuazione delle responsabilità politiche e di quelle effettive. prima si ragioni sull' esigenza di liberare il terreno in Albania da ciò che impedisce un dialogo con le forze della ribellione, per aprire la strada ad una reale convivenza. poi, si eserciti l' intervento. ora sarebbe sbagliato. ora accentuerebbe i rischi in Albania, i rischi per quelle popolazioni, ed esporrebbe i nostri soldati a rischi incomprensibili, perché sostanzialmente neppure costruiti su una garanzia di efficacia di questo intervento. oggi non è davvero il momento di mostrare il coraggio dell' intrapresa. oggi è il momento della saggezza. dopo una tragedia come questa, è richiesta alla classe dirigente , appunto, la saggezza dei comportamenti: non accentuare i rischi, diminuirli, chiedere all' Europa di fare interamente la sua parte e aspettare a realizzare una missione che oggi avrebbe semplicemente il segno di un pericolo e dell' incapacità di perseguire l' obiettivo di pacificazione che invece deve essere il nostro obiettivo.