Rosy BINDI - Deputato Opposizione
XII Legislatura - Assemblea n. 7 - seduta del 20-05-1994
1994 - Governo I Berlusconi - Legislatura n. 12 - Seduta n. 7
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , signori del Governo, onorevoli colleghi , i popolari non voteranno la fiducia al Governo delle novità, al Governo che nasce — a detta dello stesso presidente del Consiglio — sotto il segno di una molteplice novità. è proprio nella novità che viene invocata, oltre che negli aspetti inediti e senza precedenti che caratterizzano questo Esecutivo e che con le novità si intrecciano, che sembrano esplodere le contraddizioni o, quanto meno, quegli elementi di scarsa chiarezza che nell' opinione pubblica , in noi ed in soggetti istituzionali ben precisi, hanno provocato non poca inquietudine. questo, infatti, è il primo Governo espresso da un Parlamento eletto con il sistema maggioritario : è certamente un Governo che vede la partecipazione di forze finora escluse da tale responsabilità, ma è anche il primo Governo di quella che, in maniera non corretta ed anche un po' provocatoria, in troppi definiscono la seconda Repubblica . è il primo Governo guidato da chi, nei fatti, è anche alla guida del secondo gruppo privato italiano; è il primo Governo che durante il proprio processo di formazione ha richiesto un messaggio del Capo dello Stato volto ad ottenere garanzie precise; è il primo Governo che ha provocato e continua a provocare interrogativi e perplessità negli altri paesi europei e che ha richiesto un pronunciamento del Parlamento europeo , che il presidente del Consiglio sa bene non essere riducibile ad una supposta interferenza. di fronte a tali inquietudini, più che a tali novità, il presidente del Consiglio si trovava a dover tranquillizzare le istituzioni e gran parte dell' opinione pubblica , godendo la sua coalizione della maggioranza assoluta in seggi, ma relativa — troppo relativa — in termini di consenso elettorale. avrebbe dovuto farlo in modo inequivoco: era necessario rimuovere un' opacità, una mancanza di trasparenza su alcune questioni decisive. ma quest' opera di chiarificazione il presidente del Consiglio l' ha attuata in modo molto inferiore al legittimo livello di aspettativa. l' elemento che più colpisce nel suo discorso e nella replica al Senato è lo scarto tra la necessità di una risposta limpida e l' evasività delle indicazioni date, con una mal celata fiducia nella diplomazia avvolgente (che dietro le quinte non è stata solo avvolgente); forse prima di parlare per il futuro del sogno di rendere perfettamente trasparente questa casa, sarebbe stato doveroso chiarire certi nodi riguardanti il presente. ma questo non è avvenuto, a causa anche della vaghezza programmatica dell' intervento del presidente del Consiglio , che non avremmo voluto caratterizzato dalla puntigliosità del ragioniere, ma dalla chiarezza degli obiettivi, dei processi, dei tempi, delle scelte e delle risorse per consentire il raggiungimento di quegli obiettivi. tutto ciò non è avvenuto, anche perché il presidente del Consiglio sembra aver scelto di parlare al paese, quasi prescindendo dal coinvolgimento reale del Parlamento e della sua responsabilità. questo ci inquieta e ci preoccupa ancora di più, perché noi siamo e vogliamo restare una democrazia parlamentare . ma veniamo alle novità o, meglio, a ciò che nelle novità ci preoccupa. l' ingresso di una logica maggioritaria: proprio perché si è entrati in questa logica, sono ancora più indispensabili una cultura delle regole ed un pluralismo reale. quando in un sistema politico si rafforza la decisionalità a scapito della rappresentatività, vi deve essere un contrappeso a garanzia delle opposizioni: ciò non è avvenuto né sta avvenendo; anzi, i segnali sono esattamente in senso contrario. episodi recenti, dentro e fuori il Parlamento, dimostrano che si tenta di annullare la distinzione fra cariche politiche maggioritarie e cariche istituzionali di garanzia. in proposito, il presidente del Consiglio sa bene che non è in questione il consociativismo — che non rimpiangiamo — , ma il principio per cui è interesse dei cittadini, prima che delle opposizioni, che certe cariche siano sottratte alle forze che detengono la guida del Governo. in un sistema a logica maggioritaria, inoltre, è ancor più necessario garantire un pluralismo reale. in un sistema come quello americano, in cui il presidente sceglie le più alte cariche dell' amministrazione all' interno di un rapporto politico di fiducia, esiste quella che potremmo definire una ragnatela di pesi e contrappesi, istituzionali o meno, che controllano gli uomini del presidente e gli amici degli uomini del presidente; c' è, inoltre, una vera normativa antitrust. io credo — e su questo penso si possa convenire — che un pluralismo istituzionale abbia il necessario complemento in un pluralismo reale registrabile nella società a partire dalle forze che possono orientare l' opinione pubblica . quale garanzia abbiamo che in questo nostro paese non avvenga esattamente il contrario? nelle mani di chi detiene il potere politico vi è la stragrande maggioranza della massima risorsa utile a creare ed orientare il consenso. chi garantisce agli italiani che il pluralismo reale oggi presente in questa società non venga di fatto ridotto perché sarà la società a modellarsi sulla volontà di chi la rappresenta in modo di fatto non pluralistico in quanto non garantista? aspettavamo un gesto o una parola chiara, ma non è venuta neanche questa. vengo all' altra novità: questo Governo è sostenuto da forze politiche che ricoprono tale responsabilità per la prima volta. i toni rassicuranti dell' onorevole Berlusconi e dell' onorevole Fini non riescono a sollevare né noi né i parlamenti ed i governi dei paesi europei dalla preoccupazione. una preoccupazione che nasce dalla presenza nel Governo di ministri appartenenti ad una forza politica che — per quanto abbia ammesso con grande ufficialità anche questa mattina il superamento storico del fascismo e per quanto sia forse arrivata, sempre stamane, a condannarlo ed a rinnegarlo ideologicamente — si rifiuta di riconoscere che la democrazia italiana non è definibile e non è interpretabile senza affermare la costante dell' antifascismo. ci sia consentito dire che non tutte le democrazie sono definibili a partire dal concetto dell' antifascismo, ma lo è quella italiana, che è nata sulla lotta al fascismo. in questo senso il continuo ricorso all' espressione « seconda Repubblica » da parte di tutte le forze della maggioranza ci preoccupa, perché non è ancora chiarito se così si voglia annullare il fondamento storico della prima Repubblica , non solo il fondamento storico dell' antifascismo, ma quei tanti fondamenti storici che sono diventati anche fondamenti oggettivi della nostra democrazia. non a caso Giuseppe Dossetti ci ha sollecitati a vigilare contemporaneamente sul versante dell' attenuarsi del valore della Resistenza e su quello di un rocambolesco mutamento della Costituzione. tale contemporaneità sembra essere una non casualità; ma questo sembra anche essere il Governo delle non casualità su aspetti troppo determinanti della vita democratica . e vengo all' altra novità del Governo, quella che personalmente ritengo la più preoccupante, quella per cui, in nome della seconda Repubblica , si sarebbe arrivati ad un radicale passaggio di sistema politico istituzionale: dalla corrotta repubblica partitocratica (che di corruzione ne ha avuta non poca; e la forza politica che vi parla è in prima fila, in questo momento, nell' averne pagato le conseguenze, ma anche nell' aver condotto la battaglia senza nessuna operazione gattopardesca, che caratterizza invece le forze di Governo) si sarebbe arrivati ad un più diretto e trasparente rapporto con i cittadini. mi riferisco al passaggio di pagina 22 del discorso del presidente del Consiglio : dal fascismo si sarebbe passati alla situazione attuale, in cui finalmente riemergerebbe il liberalismo. premesso che la democrazia non è riducibile al liberalismo e men che meno al liberismo, chiamo in aiuto Salvemini, che parlava della democrazia come di una realtà in cui la libertà e le istituzioni non devono ridursi ad enunciazioni formali. egli scriveva che la libertà è come il sale: ce ne vuole un pizzico in tutti i piatti, ma guai a servire in tavola un piatto di sale e nient' altro. vorrei ricordare che nei cinquant' anni trascorsi dalla fine del fascismo all' avvento di quello che si definisce il primo Governo liberista della Repubblica, non vi è stato il deserto e che non siamo all' anno zero del nostro sviluppo democratico. rivendico i meriti dei partiti popolari, prima di tutto della Democrazia Cristiana , che hanno ricostruito questo paese con una presenza di uomini reali e non plastificati dai networks, e che hanno praticato, grazie soprattutto alla Democrazia Cristiana , la mediazione sociale e non solo il clientelismo. hanno fatto crescere le istituzioni molto più di una prassi consociativa, ciò evitando al nostro paese il totalitarismo latente dei comunisti quanto l' avventurismo della destra fascista. se vi è un pizzico di verità nelle parole dell' onorevole Fini di questa mattina, se davvero la sua forza politica ha subito un processo democratico, ciò è avvenuto grazie alla forza politica che ha garantito la democrazia nel paese. lo stesso si può dire della sinistra: se nelle ultime elezioni non avesse compiuto l' errore di ricreare negli italiani la paura dei comunisti, in Parlamento non siederebbero tanti esponenti che radicano di fatto la loro esperienza politica ancora in maniera non chiara in un rapporto con il fascismo. più in generale, credo che alla base di una serie di critiche, oggi molto di moda, vi sia un denominatore comune; in campagna elettorale si è voluto far credere che la prima Repubblica non sia stata altro che Tangentopoli e che i partiti non fossero altro che partitocrazia. oggi si alza il tiro e, cadute le prudenze delle campagne elettorali , si bolla ogni discorso sulle garanzie e sulla tutela delle minoranze come la nuova versione del consociativismo. si vuole delegittimare un intero ciclo politico per accentuare un trend di politica meno partecipativa e più plebiscitaria, meno popolare e più carismatico-televisiva. non è in pericolo la democrazia, data la fede democratica del nostro popolo, ma è in atto uno svuotamento quotidiano ed impercettibile di questa democrazia, per cui credo che legittimamente si possa parlare di « democrazia parlata » . faccio inoltre presente ai teorici di destra e di sinistra, del modello Westminster, di un bipolarismo in apparenza così semplice e definito (che da noi, tra l' altro, non si traduce in un bipartitismo moderato, ma estremistico), che non si possono accomunare in una tradizione congenita italiana di vocazione al compromesso fenomeni come il connubio Cavour-Rattazzi, il trasformismo depretismo ed il giolittismo, da un lato, ed il centrosinistra e la solidarietà nazionale, dall' altro. vi è in mezzo la svolta repubblicana con il suffragio universale e con l' accesso di decine di milioni di cittadini alla partecipazione politica. questo grazie al ruolo dei partiti popolari e non alle élites aristocratiche. inoltre, le due fasi che ricordavo si distinguono per la loro carica riformatrice e perché sono state il passaggio per allargare le basi della democrazia italiana rispetto a quelle forze della sinistra che non avevano acquisito un consolidato pluralismo. in definitiva, è il giudizio equilibrato su questo cinquantennio che non deve essere sopraffatto da analisi superficiali. non a caso, signor presidente , le è giunto un richiamo ben più autorevole del mio dal senatore Spadolini. ma quello che sembra mancare alla seconda Repubblica è la politica ed il suo primato. sì, manca la politica che, attraverso i sogni, si vuole ridurre ad una mera gestione degli interessi, ad una concreta, semplice amministrazione, non alla buona amministrazione. in questo inizio della seconda Repubblica manca la politica, quella politica che, per quanti sono radicati nella cultura del cattolicesimo democratico, è ricerca del bene comune e sollecitudine per l' interesse generale; è capacità di coniugare cura degli interessi con riferimento etico e valoriale, che ponga la persona e la sua intangibile dignità al centro. è la politica come servizio e come primato della difesa dei più deboli, degli ultimi. questa politica è offuscata, è costretta ad inchinarsi di fronte alla forza degli interessi, all' arroganza del potere, all' invocata potenza dei fatti. signor presidente del Consiglio , vorrei anche dedicare una riflessione alla nostra identità di popolari. dal momento che il nostro rapporto con il suo Governo sarà da un ruolo di opposizione di centro — uno dei nodi ricorrenti di questa legislatura — e dal momento che lei si è rivolto a noi, ritengo necessario precisare le coordinate della nostra identità. il presidente del Consiglio ha parlato correttamente di popolarismo cristiano, ma nella replica al Senato ha parlato di cattolicesimo politico e di cattolicesimo liberale di De Gasperi . la prima espressione è senz' altro molto generica e la seconda è riduttiva per il grande statista, per tutta la Dc e certamente per i popolari. la storiografia parla da decenni di cattolicesimo democratico con riferimento a quei maestri, come Sturzo e De Gasperi , che traghettarono gran parte del mondo cattolico alla laicità e ad una visione piena della libertà politica , ma che andarono ben oltre grazie ad una sintesi originale tra cultura democratica, costituzionalismo liberale, solidarismo ed antropologia cristiana. il fatto che Sturzo, pur facendo proprie le pagine migliori del pensiero liberale, avesse come orizzonte della propria azione la democrazia lo vediamo già nel discorso di Caltagirone del 1905, in cui diceva che la democrazia era come un istinto e la vita del nostro pensiero. ancor più chiaramente lo vediamo in un testo scritto attorno al 1940, in cui egli scriveva: « il vero Parlamento democratico deve essere ancora creato; quello che fino ad oggi è esistito è stato il Parlamento liberale della borghesia del secolo passato, unito a certe sopravvivenze aristocratiche » . vi sono oggi in Parlamento filoni di cattolicesimo politico che però non sono appartenenti al cattolicesimo democratico: sono i filoni del cattolicesimo conservatore, che hanno dato la legittimità di porsi come componente della maggioranza. il fatto, però, che un esponente di tale orientamento abbia definito i popolari « serpenti che devono essere schiacciati » rivela la netta separazione, anche per il passato, fra l' esperienza dei cattolici democratici e quella dei cattolici conservatori. la nostra opposizione, autonoma e di centro, dimostrerà che la forza politica dei cattolici democratici non era e non è un' anomalia, alla quale vorrebbero ridurci le destre e, con loro, il centro cristiano democratico e le sinistre: noi siamo stati e siamo una grande, singolare ed originale presenza politica.