Gianfranco FINI - Deputato Opposizione
XII Legislatura - Assemblea n. 7 - seduta del 20-05-1994
Sulla crisi libica
1994 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 452
  • Comunicazioni del governo

onorevole presidente , colleghi, onorevole presidente del Consiglio , credo che nessuno si attenda da me quest' oggi un discorso analogo a quello che in passato, in occasione del dibattito sulla fiducia, facevano i segretari dei partiti che si accingevano a sostenere il Governo; vale a dire un discorso tutto teso a dimostrare le tante ragioni per le quali il programma che il presidente del Consiglio aveva presentato al Parlamento erano buone, per cui quel programma andava in qualche modo votato, oppure un discorso teso contemporaneamente a rivendicare, all' interno del programma di un governo di coalizione , le impostazioni programmatiche che si potevano far risalire al bagaglio dottrinario di uno dei partners di maggioranza piuttosto che ad un altro. intendiamoci bene: non vi sarebbe nulla di male se io svolgessi un discorso di questo tipo, con questo taglio. tra l' altro credo che lo potrei fare agevolmente perché effettivamente il programma che il presidente Berlusconi ha presentato al Parlamento è buono, certamente realistico, ma ha anche un suo respiro strategico, di carattere politico e culturale. potrei agevolmente svolgere un discorso teso a mettere in evidenza che cosa, all' interno del programma che Berlusconi presenta agli italiani, sia in qualche modo riconducibile a ciò che Alleanza Nazionale ha espresso in campagna elettorale . basti pensare ai reiterati, giusti, sacrosanti richiami, che nel programma vi sono, all' unità e all' indivisibilità dell' Italia; basti pensare alla necessità, che il Governo individua, di dare un nuovo ruolo europeo di protagonismo all' Italia; basti pensare soprattutto alla necessità, che il Governo ha sottolineato, di coniugare le regole di un liberismo economico con il dovere di solidarietà e con l' ordinata e regolatrice presenza dello Stato nella società. forse potrei anche spiegare che cosa significhi esattamente per Alleanza Nazionale coniugare il liberismo economico con la solidarietà e con la presenza dello Stato nella società. potrei farlo parlando della riorganizzazione dei servizi pubblici , in particolare della sanità, oppure potrei tentare l' analisi di quelli che secondo noi sono i meccanismi che devono essere riscritti per produrre ricchezze e distribuirle in modo equo e giusto. potrei analizzare l' indispensabile, nuovo rapporto di coesione tra nord e sud, argomento certamente molto più impegnativo di pur simpatiche apologie del bergamotto. potrei soprattutto individuare quelli che secondo noi sono i canoni di un nuovo modello di sviluppo di cui l' Italia ha assoluta necessità se davvero vuole vincere la scommessa di questo Governo per un nuovo miracolo italiano e quindi anche per la creazione di un milione di posti di lavoro . potrei farlo ma non lo faccio, da un lato perché credo che di tutto ciò si dovrà occupare con i fatti — che contano assai di più delle declamazioni — la delegazione di Alleanza Nazionale nel Governo (cinque ministri e dodici sottosegretari) che tanto scalpore ha creato in alcuni. non lo faccio soprattutto perché credo che sarebbe da parte mia un approccio riduttivo nei confronti di quella che è la portata degli eventi che stiamo vivendo e che viviamo in parte da protagonisti. è una portata certamente notevole perché quello che si accinge ad avere la fiducia non è un nuovo Governo, non è il cinquantesimo — se non ricordo male — Governo dei quarantotto anni di storia repubblicana; è certamente qualcosa di più. direi che più che un nuovo Governo è un Governo del tutto nuovo, perché nuovo è l' impegno politico del presidente del Consiglio , nuova è la quasi totalità dei ministri e dei sottosegretari, nuovi sono i partiti che sorreggono la maggioranza, nuova è la fase politica che si apre; una fase talmente nuova da richiamare, almeno alla mia memoria, le fasi politiche che sempre si sono aperte in Italia dopo le rivoluzioni. e in effetti noi siamo ad un Governo che segue una rivoluzione. si è trattato ovviamente di una rivoluzione democratica, maturata unicamente nelle coscienze del popolo; sbocciata non sulle canne dei fucili ma nelle urne. una rivoluzione pienamente democratica che però ha portato effetti che sono certamente quelli che sempre le rivoluzioni comportano. in buona sostanza, è stato azzerato un vecchio assetto di potere, quello che in tante altre occasioni in quest' Aula avevamo chiamato regime, un regime che aveva governato per molti anni con il pieno consenso popolare, legittimato senz' altro dal voto, ma che forse non si era accorto di essere sul punto del suicidio nel momento in cui l' infezione morale determinata da Tangentopoli lo aveva ampiamente delegittimato agli occhi dell' opinione pubblica . il 27 marzo si è compiuta, nel senso che dicevo, una rivoluzione; ma una rivoluzione si è compiuta anche per il fatto che gli italiani hanno sovvertito un pronostico sul quale molti avrebbero — e tanti hanno — scommesso ad occhi chiusi nel momento in cui si è conclusa l' XI legislatura; vale a dire il pronostico che vedeva una sinistra vincente, una sinistra che finalmente dopo tanti anni di opposizione, condotta in modo diverso, coronava il suo sogno legittimo di dar vita ad una democrazia dell' alternanza. quella che Occhetto ha chiamato « la gioiosa macchina da guerra » oggi mi richiama alla mente il bollettino della vittoria: « quello che fu il più potente esercito del mondo risale in disordine le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza » . certo è che la rivoluzione c' è stata. ha ragione il presidente Spadolini quando al Senato dall' alto della sua cultura ci invita, invita la maggioranza, a non scomodare la storia per dipingere ciò che sta accadendo, anche perché gli eventi sono storici non per definizione di coloro che li vivono, ma unicamente per giudizio dei posteri. certo è che, storia a parte, è finita un' epoca e il Governo Berlusconi rappresenta indubbiamente la fine di un' epoca. mi auguro, presidente e colleghi, che segni anche l' inizio di una nuova epoca. non ho dubbi nell' affermare che è finita la prima Repubblica ma bisognerà verificare se veramente nasce la seconda Repubblica . non temo la restaurazione, temo semmai un certo continuismo, concetto assai diverso rispetto alla doverosa continuità che uno Stato, quando non ci sono fratture democratiche, deve necessariamente garantire a se stesso . temo il continuismo e sono certo che il Governo farà in modo che questo continuismo deteriore non annulli quella voglia di rinnovamento profondo che è stata all' origine del grande consenso popolare che il Polo delle libertà e del buon governo ha ottenuto il 27 marzo. e a proposito della necessità di evitare « continuismi » pericolosi le sottopongo, presidente del Consiglio , una questione importante, che a me pare molto più importante di quella, tante volte strumentalmente sollevata, circa la presenza di Alleanza Nazionale nel Governo, di cui ovviamente parlerò: la questione del riordino immediato, indispensabile a garanzia della democrazia italiana, dei nostri servizi di sicurezza interni ed internazionali. prendo spunto da quello che oggi, a mio modo di vedere , è l' elemento più pericoloso per la democrazia in Italia, secondo quanto denunciato dall' ex presidente della Repubblica , senatore Cossiga, il quale ha certamente buone ragioni per dire che l' attuale responsabile del servizio di sicurezza della difesa, prefetto Salazar, aveva disposto intercettazioni e controlli a carico dell' ex Capo dello Stato . la democrazia va in grave rischio di corto circuito se non si interviene immediatamente per rompere quel « continuismo » deteriore che aveva fatto dei servizi uno dei gangli reali e veri del potere, il più delle volte sfuggendo a qualsiasi controllo, non soltanto di legittimità ma addirittura di democrazia. ed allora, anche se è presto per dire che è nata la seconda Repubblica , che siamo ad una svolta storica, è certamente vero che siamo ad una grande svolta politica. poiché dunque uno degli elementi che maggiormente caratterizza agli occhi degli italiani e della pubblica opinione internazionale l' elemento della svolta, della discontinuità rispetto al passato, è il fatto che per la prima volta la destra entra al Governo — onorevole presidente , onorevoli colleghi non dico: ritorna al Governo, ma entra al Governo — sento il dovere quest' oggi non di svolgere un discorso relativo al contenuto del programma ma, al contrario, di fare, se vi riuscirò, qualcosa di più: sento cioè la necessità di affrontare direttamente quello che è il problema. badate, non parlo con lo stato d'animo timoroso di chi sa di sottoporsi ad un difficile esame di democrazia; l' esame l' abbiamo superato a pieni voti il 27 di marzo. la legittimazione democratica a governare ci è giunta non dai voti di qualche professore, di qualche maestrino con La Penna rossa o blu, ma dai 5 milioni e 400 mila voti che Alleanza Nazionale ha ricevuto. parlo con lo stato d'animo non di chi ha il timore di un esame, ma di chi vuol contribuire a fare chiarezza senza infingimenti, senza ambiguità, con la stessa volontà e determinazione con cui per anni abbiamo parlato agli italiani nel tentativo di essere capiti, ottenendo infine il grande premio di essere compresi, apprezzati e di meritare fiducia. ed allora, onorevoli colleghi , cominciamo con il dire chiaramente che è del tutto infondato il timore, riecheggiato in tante circostanze, in particolar modo da alcuni esponenti della sinistra, circa il pericolo che la democrazia italiana correrebbe per la presenza al Governo di Alleanza Nazionale . non vi è alcun pericolo fascista e lo sanno perfettamente anche a sinistra. lo sa per lo meno una parte della sinistra che ama il confronto, che cerca di tenere quel confronto sul piano alto e nobile della cultura e dell' analisi, rifuggendo magari da quelle che sono le punte più propagandistiche. fra i tanti commenti che tutti abbiamo letto sul nuovo Governo, sulla nostra presenza, ve ne è uno del professor Schiavone pubblicato da La Repubblica (quindi certamente — non solo per la storia di chi lo scrive, ma per la posizione di quel quotidiano — non riconducibile nel novero di coloro che guardano con simpatia al Governo Berlusconi) che dice testualmente: « quel che sta accadendo in questi giorni non è solo l' avvio di un nuovo Governo, di una nuova stagione parlamentare, è molto di più: è l' inizio di un tentativo di rivoluzione politica e di transizione costituzionale destinati a segnare, se riuscissero, l' intera storia dell' Italia repubblicana. bisogna dirlo con chiarezza: la svolta si presenta con tutti i segni di una rivoluzione conservatrice. e tuttavia l' obiettivo di almeno due dei vincitori, Berlusconi e Fini, è ambizioso: trasformare la nostra società nel banco prova di un nuovo modello di democrazia protetta. sarà bene però liberarsi subito da un equivoco: il futuro che dovrebbe aspettarci, se la vittoria della destra si consolidasse, non ha nulla a che vedere con il fascismo storico nato 75 anni fa. ad agitare quelle ombre si fa solo il gioco dell' avversario perché si concentra l' attenzione su un fantasma che gli altri hanno buon gioco a dimostrare inesistente: il problema non va posto in quei termini. nella storia d' Italia, nel carattere degli italiani, vi sono lesioni più profonde del fascismo e vi è soprattutto una remota attitudine, una lontana malattia nella nostra coscienza civile e del nostro spirito pubblico che ci spinge, cittadini eternamente incompiuti, a delegare nei momenti difficili il potere politico di cui disponiamo nelle mani dello straniero, del principe, della fazione, della Chiesa, dei partiti, pensando in tal modo di proteggere meglio i nostri particolari interessi, piuttosto che esercitarlo direttamente nel rischio di una responsabilità quotidiana: Guicciardini ne sapeva qualcosa » . sia ben chiaro, ed è ovvio, che non condivido una sola riga di questa analisi, però è indubbio che si tratti di un' analisi alta sotto il profilo culturale. è l' analisi di chi cerca di capire cosa è successo, non di chi scaglia l' anatema, l' ingiuria, l' insulto: i fascisti sono alle porte, ben sapendo che non ci sono. allora non so, né sinceramente mi interessa molto sapere, per quale ragione, mentre da più parti si cerca di capire cosa sia effettivamente accaduto e per quale ragione Alleanza Nazionale abbia avuto un grande, e per molti aspetti inaspettato, consenso popolare, la sinistra, nel momento in cui abbandona l' approccio analitico-culturale della situazione e si alza a livello politico, abbia delle patetiche scivolate sul piano della preconcetta faziosità che certamente non aiutano a capire e, a mio modo di vedere , rendono assai difficile, anche all' estero, la comprensione della realtà italiana. non so perché ciò accada, né sinceramente mi interessa più di tanto, sarà forse un minimo di frustrazione, specie negli appartenenti dell' ex Pci, oggi Pds. mi rendo conto che non è facile spiegare a se stessi la ragione per la quale nell' arco di tre mesi riesce a destra ciò che non è riuscito a sinistra nell' arco di molti e molti anni. non è una battuta, ma siamo riusciti ad arrivare al Governo in pochi mesi, mentre la sinistra da anni insegue un obiettivo che ancora una volta le è sfuggito. sarà la frustrazione? sarà, come dice Schiavone, per il fatto che il modello italiano, che la sinistra per anni e anni pensava poter esportare all' estero, si è risolto con una serie di confuse e pasticciate alchimie mentre, al contrario, oggi c' è un modello italiano, che viene guardato anche con molto timore, con molto sospetto, che vede però protagonista nella costruzione del nuovo la destra e non la sinistra? sarà per questo senso di frustrazione? sarà perché non hanno ancora digerito una sconfitta? certo è che quando la sinistra, e più precisamente certi uomini della sinistra, dicono che in Italia esiste un pericolo fascista, lasciatemelo dire, sono in palese contraddizione con se stessi e non con la storia, con gli appelli di Togliatti, dopo la guerra d' Africa, ai fratelli in camicia nera e nemmeno in contraddizione con la storia repubblicana dell' accordo in Sicilia, il cosiddetto milazzismo, sono invece in palese contraddizione con la cronaca, con la campagna elettorale . ieri ho ascoltato, era mio dovere farlo, sia l' onorevole Occhetto sia l' onorevole Bertinotti. ho notato, ma l' hanno notato gli italiani, una palese e stridente contraddizione tra i toni e i linguaggi usati in campagna elettorale nel confronto destra sinistra ed i toni e i linguaggi usati dopo il risultato elettorale. onorevole Occhetto, mi spiace che non sia in questo momento presente, il confronto destra sinistra c' è stato, c' è stato in campagna elettorale ed in numerosi confronti televisivi, in quella televisione che oggi la sinistra individua come una sorta di monstrum che avrebbe la responsabilità di aver sottratto, complici forze oscure della reazione in agguato, il tante volte agognato premio di tanti anni di opposizione. ebbene, quando ci siamo confrontati in televisione, davanti a milioni e milioni di italiani, la destra e la sinistra hanno discusso animatamente, duramente (non poteva che essere così) sul modello dello Stato, sulle garanzie che occorre dare nell' azione politica alle categorie più deboli, sul ruolo dell' informazione. abbiamo lasciato da parte il giudizio, che è certamente diverso, sul comunismo e sul fascismo. e quei dibattiti sono stati civili, democratici. allora, come mai la sinistra muta così repentinamente atteggiamento nello stesso momento in cui il responso delle urne è sfavorevole? siamo forse legittimati a credere che, per la sinistra italiana, la destra merita rispetto, è un leale avversario quando viene sconfitta (come a me è accaduto a Roma), magari soltanto per due punti, e diventa, al contrario, un pericoloso rigurgito di tipo fascista quando vince? se è così, con queste capriole propagandistiche, si confondono le idee e non si convincono più nemmeno gli sconsolati militanti del Pds della Bolognina: figuriamoci se si possono convincere gli italiani! se avesse vinto il fronte progressista, non avreste sentito dire da Alleanza Nazionale che c' è il mostro bolscevico in agguato, che torneranno i cosacchi e abbevereranno i loro cavalli nelle fontane di San Pietro ; perché il rispetto, che ha caratterizzato in campagna elettorale il confronto tra destra e sinistra, deve continuare anche dopo. allora, senza alcun timore di apparire colui che vuol cambiar di ruolo, io invito la sinistra, che ha chiesto alla destra chiarimenti, a chiarire, almeno al suo interno, l' atteggiamento, che non può essere ondivago, nei confronti della destra, di Alleanza Nazionale , della realtà politica italiana . se, come io credo, siamo davvero in presenza di strumentali e repentini cambi di atteggiamento unicamente in ragione di interessi di bottega, non c' è assolutamente nulla di liberal, né di kennediano, né di nuova frontiera; c' è molto di vecchio, c' è molto di un retaggio culturale che una parte della sinistra italiana, evidentemente, ancora ha. cerchiamo allora di smetterla, tutti quanti, con le demonizzazioni preventive, prendiamo atto che in Italia c' è un Governo che ha piena legittimità democratica nel governare, facciamo in modo che esso venga giudicato, così come da più parti ormai si dice e così come la stessa conferenza episcopale ha auspicato, sulla base di quelli che saranno i comportamenti concreti e i fatti. non ho alcun timore a dire che anche il comportamento e i fatti di cui si renderanno protagonisti, pur nella collegialità, i ministri di Alleanza Nazionale parleranno da soli, e parleranno in tempi brevi. voglio citare un solo esempio: l' azione con cui ha esordito il ministro per le politiche agricole e comunitarie, tanto all' interno quanto all' estero, ha immediatamente fatto capire che si tratta di un ministro che non soltanto ha le idee chiare, ma è anche certamente rispettoso degli interessi legittimi degli italiani e degli agricoltori italiani, e non determina assolutamente nulla di pericoloso sul piano internazionale. il Parlamento e gli italiani giudichino allora il Governo in base ai fatti e non alle ascendenze storiche. potrei limitarmi a queste considerazioni e terminare così il mio intervento. ma, poiché ho detto che volevo, nei limiti del possibile, fare chiarezza, l' ultima parte del mio discorso non può non essere dedicata ai valori, quelli di cui Alleanza Nazionale è in qualche modo portatrice o, se preferite (per essere meno presuntuoso), in cui si riconosce. questa, forse, è l' unica domanda lecita da porre ad Alleanza Nazionale , non tanto all' interno quanto a livello internazionale, dove, lo ammettiamo, siamo meno conosciuti e meno apprezzati. quali sono i nostri valori? è sempre difficile individuare la triade dei valori; certo è che nessuno, all' interno di Alleanza Nazionale e in Italia, può contestare che libertà, pluralismo e tolleranza sono valori che Alleanza Nazionale sottoscrive in pieno e che, tra l' altro, sono stati alla base della sua nascita. nel nostro gruppo così numeroso non vi sono soltanto coloro che provengono dall' esperienza del Movimento Sociale Italiano , ma anche uomini che hanno esperienze politiche diverse, che provengono da altri schieramenti politici, che mai fino ad oggi si erano impegnati in politica e lo hanno fatto nello stesso momento in cui hanno avuto la certezza che libertà, pluralismo e tolleranza non sono pretesti propagandistici ma valori in cui Alleanza Nazionale crede. quando allora leggo, ancora oggi: « Fini dica se accetta la democrazia non solo come metodo ma anche come sistema di valori » , non posso non mettere in evidenza come vi sia da parte di molti l' intenzione di non voler vedere quella che è la realtà. certo che accettiamo la democrazia, non solo come metodo, ma come sistema di valori, se i valori sono quelli della libertà, del pluralismo e della tolleranza. abbiamo infatti ben chiara la natura antilibertaria del totalitarismo. potrei citare Arendt; presidente Berlusconi, potrei citare Fisichella, ministro indicato da Alleanza Nazionale . coloro che seguono un minimo queste cose sanno che gli studi più approfonditi sulla natura perversa del totalitarismo, in Italia sono gli studi e gli scritti del professor Fisichella. abbiamo chiara la natura antilibertaria del totalitarismo; lo abbiamo ripudiato per sempre. ma il totalitarismo non è soltanto la dittatura del partito unico ; il totalitarismo è il momento in cui si rompe quell' equilibrio tra libertà ed autorità che è stato sempre il sogno di tutte le filosofie, politiche e culturali di questo secolo. totalitarismo è certo dittatura e partito unico , ma totalitarismo è stato in Italia quello che Maranini chiamava il tiranno senza volto, la partitocrazia. totalitarismo è il rischio tecnocratico che in alcuni momenti minaccia la democrazia in Occidente all' insegna di un efficientismo e di un potere delle oligarchie che sottrae al popolo il diritto dovere di scelta. totalitarismo è il disprezzo nei confronti dell' altro, del diverso. totalitarismo è razzismo, totalitarismo è xenofobia, totalitarismo è antisemitismo. e se a noi chiedete di firmare una dichiarazione sui principi della democrazia e dell' antitotalitarismo, li firmiamo, tutti, in assoluta sincerità, perché vi crediamo. onorevoli colleghi , noi crediamo nei valori della democrazia. qualcuno potrebbe dire che crediamo allora anche nei valori dell' antifascismo. non penso che l' antifascismo in sé sia un valore. l' antifascismo ha avuto ragione di esistere fino a quando esisteva il fascismo. non ho alcuna ragione per negare che l' antifascismo è stato il momento storicamente essenziale perché tornassero in Italia i valori della democrazia, ma il tentativo di promuovere l' antifascismo a valore è il tentativo della sinistra, è il tentativo di Togliatti, che parlava di ideologia dell' antifascismo. è il tentativo che è riecheggiato nelle parole, per altro molto alte, dell' onorevole Bertinotti, quando ha detto, « l' antifascismo, unica religione civile della società italiana » . l' antifascismo non è una religione; l' antifascismo non è un valore di per sé. il valore è la democrazia, che rappresenta una serie di valori compiuti che noi sottoscriviamo in pieno. in Italia il tentativo di far sì che l' antifascismo diventasse un valore che potesse vivere di vita autonoma anche dopo la caduta del fascismo è stato abilmente compiuto dalla sinistra un tempo comunista in ragione di una necessità politica. non tutti gli antifascisti, infatti, specie quelli che si riconoscevano nel vecchio Pci, erano antitotalitari, è questo il punto. se l' antifascismo è antitotalitarismo, in Italia abbiamo avuto per anni antifascisti che in realtà avevano come modello di Stato uno Stato di segno esattamente opposto a quello del fascismo, ma ugualmente — e, direi, ancor più negativamente — totalitario. è una delle realtà incontestabili della storia politica italiana . l' antifascismo è stato per molti anni per la sinistra italiana, che era ancora la sinistra comunista, una carta di legittimazione in un momento in cui esisteva un mondo diviso in due blocchi , in un momento in cui in Occidente, in ragione di Yalta, in ragione della guerra fredda , non era possibile che un partito che si dichiarava comunista potesse in qualche modo giungere al Governo. l' antifascismo è stato giocato, certamente come carta abile, mortificando innanzitutto gli antifascisti più sinceri, coloro che non a caso, durante quella che noi chiamiamo guerra civile , furono ammazzati non soltanto dalle truppe tedesche o dalle camicie nere repubblicane, ma anche dalle bande partigiane comuniste, vale a dire gli antifascisti che si riconoscevano in una visione di vita ed in un modello di Stato che era certamente antitotalitario. ma oggi non è più così, oggi non c' è più l' Unione Sovietica ; oggi affermo senza alcun infingimento che sarebbe veramente ridicolo se dicessi ai colleghi della sinistra: avete in testa il modello sovietico. oggi infatti non c' è più l' Unione Sovietica né il comunismo; oggi non c' è più alcun ostacolo di tipo internazionale che impedisca ad una sinistra, se ne è capace, di giungere democraticamente al Governo. oggi non serve più l' antifascismo inteso come ideologia: ecco perché abbiamo detto che condividiamo in pieno un' osservazione culturalmente alta, quale quella di un antifascista a tutto tondo come Bobbio. superiamo la dicotomia fra fascismo ed antifascismo! ciò non vuol dire che da parte nostra si cerca di riscrivere la storia ma solo che si intende prendere atto una volta per tutte che in Italia oggi i valori della democrazia non dividono più perché essi sono stati accettati da tutti quanti; sono stati accettati e sono vissuti come sinceri dai postcomunisti come dai postfascisti, sono i valori di un popolo intero. è per queste ragioni che siamo certi del fatto che di qui a qualche tempo la polemica così abilmente orchestrata si mostrerà per quel che effettivamente è stata, vale a dire un tentativo di carattere propagandistico cui si fa ricorso quando si è a corto di argomenti o, se me lo consentite, quando si ha difficoltà a capire la realtà italiana e la sua evoluzione. ecco perché sono convinto che di qui a qualche tempo il giudizio della piena legittimità di governare da parte della destra che gli italiani hanno già dato giungerà anche dai partners occidentali. soltanto in quel momento credo che davvero da parte nostra si potrà dire quello che già abbiamo dichiarato in altre circostanze, vale a dire che il superamento della dicotomia fra fascismo ed antifascismo deve necessariamente comportare l' inizio di una nuova fase per la nostra storia e per quella del nostro popolo in cui, per dirla come un grande filosofo di questo secolo, quale fu Augusto Del Noce , si sia coscienti del fatto che un popolo che non ha memoria storica non è più una nazione ma un insieme di individui che perde coscienza delle ragioni per cui sta insieme. perché la memoria storica in Italia sia riconsegnata come patrimonio alle generazioni future è indispensabile comprendere tutta quanta la storia di questo secolo, attraversarla, capirne le ragioni ma non per un revisionismo che nessuno ha intenzione di seguire ma per fare in modo che il popolo italiano , nel momento in cui si riconcilia con la sua storia, non abbia mai più in sorte nel futuro di vivere l' esperienza del totalitarismo che esso ha vissuto, non da solo in Europa, in un momento in cui le ragioni del totalitarismo prevalsero su quelle della libertà e della democrazia.