Fausto BERTINOTTI - Deputato Opposizione
XII Legislatura - Assemblea n. 6 - seduta del 19-05-1994
1994 - Governo I Berlusconi - Legislatura n. 12 - Seduta n. 6
  • Comunicazioni del governo

presidente, onorevoli colleghi , presidente del Consiglio , il discorso che svolgo a nome del gruppo di Rifondazione comunista , che appartiene all' area dei progressisti, sarà di opposizione radicale e di fondo. proprio perché la nostra opposizione è così radicale e di fondo non siamo interessati a conflittualità pretestuose o strumentali né inseguiremo i temi per una conflittualità diffusa e dispersiva, che allineerebbe soltanto temi maggiori e minori, oscurando gerarchie e priorità in questo radicale dissenso. ci sforzeremo persino di evitare conflitti per fraintendimento, disponendoci a chiarire ciò che si può chiarire, per evitare equivoci ed errate interpretazioni. terremo sempre distinto il conflitto politico e sociale sui ruoli e le funzioni, sulle politiche e sulle scelte, dal giudizio sulle persone. lo facciamo per ragioni di civiltà politica per noi inderogabili, ma anche per un' esigenza — che avvertiamo molto forte — di pulizia, per rendere, cioè, sgombro il campo; un campo in cui si possa vedere meglio il contrasto di fondo con la maggioranza, il contrasto che noi abbiamo con questo Governo. è un contrasto di fondo che riguarda non solo la politica, il programma e la composizione di questa coalizione; riguarda la natura del Governo, il suo rapporto con la crisi della società italiana e della Repubblica. noi pensiamo che la crisi della società italiana , la crisi della Repubblica siano ad un passaggio storico, difficile e delicato, in cui è necessaria la massima assunzione di responsabilità da parte di tutti. noi intendiamo prendercela. la tesi che vogliamo proporre è che questo Governo non è la prosecuzione, pur con qualche tratto di arbitrio, dei governi precedenti; non è insomma un restyling del vecchio pentapartito. questo Governo segna una nuova fase, forse un nuovo ciclo politico e sociale nella storia della Repubblica. questo Governo — è la nostra tesi — è un governo forte con vocazione di regime. anzi, noi vogliamo leggere i tratti fondativi del Governo, e crediamo di poter dire che da tale lettura si scorga già l' impianto che può prendere corpo, vale a dire quello di un regime, di un determinato regime, di un regime ademocratico. vorrei avvertire, nel caso il presidente del Consiglio intenda rispondere a tale contestazione, che noi non intendiamo dire che questo Governo è comparabile ad una giunta di colonnelli. diciamo altro e molto diverso da questo; e tuttavia indichiamo un pericolo per la nostra idea di democrazia. noi siamo stati preoccupati per tale esito ademocratico, durante e dopo le elezioni. non ci siamo sottratti ad una osservazione severa sul risultato elettorale ed abbiamo detto che la coalizione che ha vinto ha il dovere di governare e che noi scegliamo nettamente la strada dell' opposizione. abbiamo però chiesto al presidente della Repubblica prima e al presidente incaricato poi, senza nessuna tentazione di pasticci, di rompere la trama su cui poteva addensarsi tale pericolo, in modo da collocare il nostro conflitto politico sul terreno democratico di una opposizione fisiologica, di un' opposizione di una sinistra a delle destre. per tale motivo, abbiamo individuato tre problemi che costituiscono quasi delle premesse e delle pregiudiziali a questo schema funzionale: il problema del rapporto tra presidente del Consiglio e grande proprietà; il problema della contaminazione fascista del nuovo Governo; il problema di un drastico taglio con il sistema di corruzione messo in luce da Tangentopoli, per segnare davvero una separazione con quel tempo. abbiamo quindi chiesto che il primo atto del Governo e del Parlamento fosse una legge di confisca dei beni e delle ricchezze realizzate con Tangentopoli, ma non abbiamo sentito alcuna risposta. inoltre, i grandi nodi dell' assetto del Governo che abbiamo posto sono stati tagliati gordianamente, tanto che è proprio la « spalla » del potere a venire alla ribalta. il presidente del Consiglio ci ha infatti detto che manterrà le sue grandi proprietà; si tratta di una questione di prima grandezza per la democrazia, direi quasi di una questione di civiltà. in una famosa critica della filosofia del diritto si può leggere: « nel medioevo c' erano servi della gleba , beni feudali, corporazioni di mestiere, corporazioni scientifiche. cioè nel medioevo la proprietà, il commercio, la società, l' uomo, sono politici, il contenuto materiale dello Stato è posto dalla sua forma. ogni sfera privata ha un carattere politico o è una sfera politica ; o la politica è anche il carattere delle sfere private. nel medioevo la costruzione politica è la costituzione della proprietà privata » . è lì, onorevole presidente , che siamo indirizzati, ad un nuovo medioevo? la cultura cui appartengo ha criticato certe forme della democrazia borghese, quando ha parlato di un Governo come commissione d' affari della borghesia. questa formulazione era poi sembrata a molti di noi estremista. l' astrazione dello stato giuridico ci era sembrata un prodotto moderno, irreversibile, dagli sviluppi possibili, ma irreversibile. la rottura, insomma, sembrava acquisita: dalle classi politiche si era giunti alle classi sociali ed alla democrazia rappresentativa . qui sentiamo uno strappo, una regressione: la proprietà ed il ruolo di Governo si sovrappongono; la grande proprietà senza neanche più la mediazione della commissione d' affari come impresa diretta! il presidente del Consiglio ci ha detto che un imprenditore deve avere gli stessi diritti politici di qualunque altro cittadino; ebbene, per l' appunto, sappiamo tutti che un diritto eguale tra diseguali è fonte di una grande disuguaglianza. la questione, infatti, torna al potere, ai poteri e qui vi è un' asimmetria di potere a favore del presidente del Consiglio , a favore del Governo nei confronti dell' opposizione. e siccome non si tratta di una qualsiasi proprietà, ma di una grande proprietà, per di più connessa in affari con 10 Stato, qui si registra una lesione delle regole, una prevaricazione del potere reale. la contaminazione fascista si è realizzata come temevamo e come temevano coloro che hanno partecipato il 25 aprile a Milano ad una straordinaria manifestazione di popolo. credo che anche gli esponenti del Governo ed il presidente del Consiglio saranno stati impressionati dai commenti della stampa estera. se fossimo stati noi sottoposti ad un tale bombardamento, avreste certamente detto che noi non apparteniamo più all' Occidente, che siamo « orientali » . voi oggi subite una censura pressoché generale della stampa europea. l' altro ieri a Monaco ho incontrato un operatore economico che ha votato per lei, presidente del Consiglio , il quale mi diceva delle difficoltà incontrate, come uomo d'affari , in Germania in questi giorni, dopo la formazione di questo Governo, oppresso dalle richieste di garanzie che venivano avanzate affannosamente, con un' inquietudine che riguardava precisamente il giudizio sulla possibile involuzione politica e democratica del nostro paese. questo fatto è molto grave; non vi è stata l' abiura, non si è sentito che si valicava un dramma, che si produceva una lacerazione politica nel tessuto democratico del paese. vorrei ricordare ai deputati un ben altro modo di affrontare questioni così grandi ed impegnative. rammentiamo tutti il gesto simbolico forte, drammatico, teso, di Willy Brandt, il quale, davanti al simbolo dello sterminio degli ebrei cade in ginocchio, con un atto tragico e riparatore di chi sa, di chi è consapevole che dopo Auschwitz nulla è più uguale a prima nella storia degli uomini, della politica e degli Stati. lui, il presidente che pure aveva combattuto i nazisti, che era uscito dalla Germania, sente una colpa, china il capo di fronte alla storia e ammette: di qua, dove stava il mio popolo ed il mio Stato, c' è il torto; di là c' è la storia e la ragione. non è avvenuto nulla di tutto questo e ministri che non hanno abiurato né rotto con il fascismo siedono ai banchi del Governo , alla chetichella; forse, è peggio che con un atto risoluto. un commentatore colto di fatti politici italiani, Oreste Petrarca, ha scritto che Fini filtra il suo medesimo fascismo attraverso forme e moduli democratici. così quote di fascismo entrano in circolo, quasi metabolizzandosi; così si supera la difesa e si corrode l' antifascismo; così si produce una rottura nella storia della Repubblica. dopo cinquant' anni , per la prima volta e senza abiure, dei fascisti valicano la soglia del Governo, lo fanno in punta di piedi: è peggio la toppa del buco. la Resistenza, la lotta contro il nemico mortale, ossia il fascismo, chiede oggi un' attualizzazione: l' antifascismo è l' unica religione civile del nostro paese! lei non ha sentito questo imperativo morale, onorevole presidente del Consiglio , e così la democrazia rischia di declinare, rischiano di prodursi fatti davvero gravi. così si costituiscono degli elementi funzionali alla costruzione di un regime ademocratico, profondamente e sottilmente autoritario. non penso, quando dico queste cose, ad un mutamento repentino, ad un cambio di scena; penso ad un processo, a degli slittamenti progressivi, quasi a dosi omeopatiche di autoritarismo che entrano nella vita e nell' organizzazione del paese. così si riscrive nei fatti un' altra Costituzione materiale in cui vi è una concentrazione di potere, una commistione tra proprietà e funzioni pubbliche , lo svuotamento di istituti rappresentativi, la delega agli esecutivi, una forte ed unilaterale presenza nelle comunicazioni di massa, la destrutturazione delle classi subalterne , processi di spoliticizzazione, un lavorio per la passivizzazione delle masse e dei soggetti, una sorta di rivoluzione passiva. sopra le masse deprivate di politica si costruisce uno Stato-impresa, davvero uno Stato assai diverso da quello rappresentativo che abbiamo conosciuto: l' organizzazione di una forma di dominio dell' impresa e del mercato sulla politica che si libera di quest' ultima e tende le braccia della democrazia come grande fatto ed esercizio di massa. sembra essere una volontà di vendetta sul caso italiano, sull' anomalia italiana. per farlo, per costruire questa vendetta sull' anomalia italiana e sulla grande attesa che aveva suscitato, ci vuole (lo riconosco) una fede e voi una fede l' avete: nell' impresa e nel mercato. da questo punto di vista mi verrebbe da dire che questo è un Governo fondamentalista, dell' unico fondamentalismo possibile in Occidente, quello della concorrenza e della competitività totale: l' impresa è il fine e la ragione del Governo. il borghese si fa Stato senza più la mediazione della democrazia rappresentativa ; governabilità e decisionismo sono gli assoluti della compagine governativa; non c' è spazio per il conflitto sociale, né per opposizioni forti, solo per articolazioni funzionali. un' opposizione parlamentare da ricondurre dentro la condizione di risultare una spia dell' eventuale inefficacia della maggioranza, un sindacato per una concertazione delle dinamiche distributive dentro un quadro prefissato di compatibilità. del resto, il presidente del Consiglio lo ha detto esplicitamente — rivelando cosi una sorta di integralismo governativo — quando si è impegnato a definire i confini di una opposizione, affinché questa possa risultare accettabile. e vi è nella sua posizione l' idea di un sindacato subalterno, quasi giallo, un sindacato sostanzialmente confiscato su un terreno, che non è il proprio, di rappresentanza degli interessi materiali delle lavoratrici e dei lavoratori. ma c' è una logica e c' è una forza in questo progetto, la logica di una costruzione che vuole santificare l' impresa capitalistica e che ne assume il sistema decisionale ed autoritario a modello della formazione della volontà politica dello Stato. è la forza di chi si affida ai fatti, ai rapporti reali: anche i numeri vengono dopo. è già dimostrato che si può governare non avendo guadagnato la maggioranza assoluta dei voti espressi dal paese; è già dimostrato che si può far funzionare una maggioranza guadagnandola sul campo anche quando, in partenza, vi sono molte incertezze a guardare gli schieramenti secondo i mandati ottenuti dal paese. si può usare, onorevole presidente del Consiglio , la parola « ascari » per certi comportamenti? certo, non servirebbe ai progressisti, alle sinistre, a noi, lamentarsi, stracciarsi le vesti. bisogna invece che si apra unitariamente dal campo dei progressisti una grande e dura controffensiva democratica. secondo noi sono in discussione i fondamenti della democrazia; è in discussione il valore del conflitto sociale. vorrei ricordare che la Costituzione italiana attribuisce allo sciopero non solo la condizione di diritto, ma anche quella di diritto positivo . è in discussione la possibilità di proporsi come un' alternativa, non semplicemente come un' alternanza, cioè di proporre legittimamente una diversa organizzazione della società. no, noi non dobbiamo, non possiamo regalare alle destre il vantaggio di confinarci in una perdente difesa di quello che ormai è in larga misura un simulacro della democrazia, sfibrata dalle vecchie classi dirigenti e corrosa dal sistema di Tangentopoli. contro il suo Governo, onorevole presidente del Consiglio , noi proponiamo non soltanto un' opposizione qui, in queste Aule parlamentari, come denuncia della posizione della maggioranza, come controllo su di essa, ma anche quale tentativo di rovesciare il processo di passivizzazione delle masse, per restituire alle stesse protagonismo politico e capacità di fare politica. un' opposizione antagonista, dunque, capace di proporsi un nuovo orizzonte democratico; un orizzonte democratico, anche il nostro, nuovo, all' altezza della sfida che ci viene dalla civiltà del toyotismo, delle comunicazioni di massa e della crisi. una democrazia capace di conquistare, contro i processi che ho cercato di descrivere, nuovi poteri e contropoteri, di realizzare nella società anticorpi, antidoti alle tendenze striscianti all' autoritarismo, di realizzare un nuovo protagonismo delle classi subalterne e dei soggetti più deboli. è un grande cimento; vogliamo confrontarci con tutte le altre forze progressiste per un' azione comune. sentiamo questa responsabilità e sentiamo il bisogno, per il paese, per i lavoratori, per i disoccupati, di realizzare un contrasto efficace, dando risposte, dall' opposizione, ai problemi dei disoccupati, degli occupati, della gente comune. il programma del Governo appare su questo terreno chiaro nelle sue linee di fondo, ha un nocciolo duro che tutto lo tiene e lo ispira, un impianto dichiarato, un insieme di direttrici esplicite, che configurano una proposta liberista ed una politica economica e sociale di destra. questi connotati così di parte non corrispondono tuttavia ad una scelta di metodo: c' è una politica liberista senza, mi pare di capire, un metodo liberista. non c' è, insomma, la scelta di una rottura di tutte le relazioni sindacali, la realizzazione di un paese non union, la rottura con tutto ciò che sta fuori della maggioranza. ma questo non è, in sé, un fatto positivo. intendiamoci, non penso che si tratti solo di tattica; penso, anzi, si tratti di un elemento funzionale al perseguimento con efficacia di una politica liberista e di destra, del tentativo cioè di irretire e svuotare le capacità di azione autonoma del sindacato e di favorire la costruzione di « un' opposizione di sua maestà » . in realtà, quella sul metodo sembra essere la lezione ricavata dalla rivoluzione toyotista portata nel Governo dello Stato e del paese: se accetti le scelte strategiche dell' impresa, puoi essere associato alla loro esecuzione (quelle, del resto, sarebbero scientifiche); qui, sul terreno pubblico generale, se accetti le compatibilità — si dice al sindaco — ci sono gli accordi di luglio che vengono mantenuti e c' è anche la concertazione. ma cosa scaturisce da queste compatibilità? e quale politica economica e sociale del Governo determinerà tali compatibilità? le proposte del Governo sono, secondo noi, impressionanti, sembrano essere indifferenti alla crisi sociale del paese e al rischio di aggravarla drammaticamente. se volessimo indulgere ad un gioco di parole certo poco eleganti, diremmo che questo è il Governo delle due « p » , della precarizzazione e della privatizzazione, della precarizzazione del lavoro e della privatizzazione dell' economia. questo Governo delinea una grande controriforma, certo avviata dai governi Amato e Ciampi; il presidente del Consiglio , usando una vecchia formula potrebbe dire, riferendosi a tali governi: « ben scavato, vecchia talpa » . ma oggi, ciò che è stato scavato viene alla ribalta, organizzato in una grande controriforma dal basso, che investe il mercato del lavoro e i rapporti di lavoro dall' alto, che riorganizza l' economia e l' organizzazione dell' intervento nell' economia. la linea di condotta che viene prospettata è quella di liberare il mercato dai condizionamenti sociali dal basso, e dall' alto di liberarlo da qualsiasi progetto di sviluppo. ma così tutto si riduce a merce e a concorrenza. esce dal campo la politica e con essa escono dal campo le persone concrete, le classi sociali concrete, i problemi concreti della società. questa linea liberista si espande allo stato sociale , e persino laddove il valore d' uso, pure così mortificato dalla pessima gestione clientelare e corrotta delle classi precedenti, aveva in qualche modo preso il sopravvento sui valori di scambio, affermandosi nella scuola, nella sanità, nelle pensioni, viene proposta una sorta di vendetta del sistema. nelle dichiarazioni del presidente del Consiglio ci è stato risparmiato, per le pensioni, il modello del Cile di Pinochet; gli siamo grati, giacché altrimenti avremmo dovuto temere di sentir dire da qualcuno di aver scoperto che il capo degli assassini del presidente Allende è stato un buon capo di Stato . è stata chiara, tuttavia, la proposta di controriforma dello stato sociale , in particolare per la scuola e la sanità. per quel che concerne la scuola, nella società contemporanea siamo di fronte a problemi giganteschi relativi alla riprogettazione dell' intero percorso di formazione delle donne e degli uomini. un nuovo ciclo di organizzazione della produzione si sta realizzando nel mondo, in Europa e in Italia. si rimodella, in termini drasticamente diversi dal vecchio ciclo fordista-keynesiano, il rapporto tra produzione e riproduzione sociale. la formazione assume un ruolo strategico e centrale, mentre la formazione oggi, in Italia, subisce la crisi dell' istituzione scolastica dei percorsi formativi. crescono domande ricche e innovative e ne sono portatori movimenti di massa come quello degli studenti che abbiamo visto alla prova in Italia negli scorsi mesi o come quello del popolo repubblicano che, in Francia, ha rivendicato la difesa della scuola pubblica. vi è bisogno di ricostruire il senso della formazione, di superare la separazione della formazione dal lavoro, dalla vita, dall' organizzazione sociale; vi è bisogno di produrre un grande processo di formazione degli insegnanti; vi è bisogno di garantire a tutti non solo l' accesso alla scuola, ma un percorso formativo in grado di porre nelle condizioni di partecipare alla grande innovazione che investe la trasformazione dell' organizzazione della produzione e della società. voi, di fronte a questa enorme sfida, ci proponete un ripiegamento, una concorrenza tra pubblico e privato. in realtà, l' apertura di uno spazio per la scuola privata con una strizzatina d' occhio al confessionalismo; in realtà, un processo che aprirebbe una nuova e drastica selezione di classe, rompendo quel tanto che è rimasto — ed è poco — di tessuto unitario nella scuola, per costruire, al posto di una scuola pubblica e unitaria, una scuola di ceto in cui quella privata avrebbe alla fine il sopravvento. per quel che riguarda la sanità, la società contemporanea ci pone di fronte a problemi immensi di salute, di benessere psicofisico. la stessa nozione di salute subisce una torsione, una tensione ed un allargamento. le cause di malattia sono spesso il segno dei tempi. qui, il segno della disgregazione, della devastazione che la modernizzazione capitalistica sta producendo nelle società contemporanee: l' inquinamento, le malattie da lavoro e sociali, dolori, emarginazioni, sofferenze. ma anche, in avanti, domande di nuovi rapporti di accoglienza, di inserimento, di prevenzione e cura; domande provenienti dagli strati deboli della popolazione che spesso, proprio perché deboli, avanzano domande più ricche, più impegnative. voi, di fronte a questa sollecitazione, rispondete con la scelta di trasferire anche nella sanità il paradigma aziendale: l' ospedale come un' azienda, la managerialità al posto di una ricerca di relazione tra esperienza e scienza, tra condizione del paziente e cultura sanitaria; l' efficienza dell' azienda, il rapporto costi benefici invece della ricerca di una nuova efficacia nella lotta della vita contro la malattia e contro la morte. vita, comunità, socialità, qualità del lavoro e della vita vengono ridotte, nelle vostre proposte e nel vostro ragionamento, a variabili dipendenti dell' impresa e del mercato. no, noi non ci stiamo! questo è il senso della nostra opposizione sociale! non ci stiamo! voi cancellate i problemi, anziché risolverli, e due cancellazioni emergono prepotenti relativamente a due questioni di fondo della società italiana , quella del pieno impiego e quella meridionale. l' occupazione o, meglio, la disoccupazione è il problema principale dell' Italia e dell' Europa; la disoccupazione è la principale contraddizione di questa modernizzazione capitalistica, sicché siamo in una condizione nella quale la recessione porta alla disoccupazione, ma la ripresa e la crescita non sono in grado di prosciugarla e di estinguerla. c' è un' intera letteratura su tale contraddizione, c' è un' intera letteratura in Europa secondo la quale la disoccupazione di massa e strutturale è connessa a questo tipo di sviluppo in cui si separano l' economia e la società, in cui spesso il miglioramento dei conti economici va di pari passo con l' aumento della crisi sociale — come diceva un autorevole studioso francese — in modo tale, addirittura, da mettere in discussione la coesione sociale dei nostri paesi. in questa condizione il presidente del Consiglio in campagna elettorale ha avanzato una proposta coraggiosa, forse temeraria: la promessa di un milione di posti di lavoro . ora chiediamo, signor presidente del Consiglio : dove, come, quando? un presidente del Consiglio che è stato giustamente autorevole in Europa, Pierre Mendès-France, affermava che era in grado di capire un programma solo quando, dopo un obiettivo, era possibile fissare una data. se per un certo giorno è previsto un certo numero di occupati, quanti posti di lavoro in più ci saranno allora fra tre mesi, fra sei e quanti tra un anno, e dove? ora la Confindustria, anche di fronte alle proposte avanzate dal Governo, sostiene che potrebbero prodursi in totale 600 mila posti di lavoro in due anni nell' insieme delle produzioni dei beni e dei servizi del paese, se tutto funziona. ma i disoccupati sono due milioni e mezzo: dunque, anche se prendiamo per buone le parole della Confindustria, resta una disoccupazione di massa. in realtà, il rischio è quello di un aggravamento della disoccupazione, anche nel caso in cui si contassero i precari e i saltuari. nel sud il fenomeno è diventato patologico, drammatico; si tratta di regioni in cui il tasso di disoccupazione oscilla tra il venti e il trenta per cento , mentre il nord è un' area di grande ristrutturazione: intere città, come Torino, sono ormai prive di un proprio futuro, di una propria immaginazione di futuro. Torino come Liverpool? ma Genova come? e voi dite che questo milione di posti di lavoro — o quanti altri ancora — verranno dalla ripresa e dalla crescita, cioè saranno indotti da tali processi? no, non verranno dalla crescita e dalla ristrutturazione, come non sono venuti fin qui! in ogni caso, nel vostro ragionamento l' occupazione è semplicemente una variabile dipendente: non avete un progetto contro Marx, ma un progetto contro Keynes, prima di Keynes. non capisco davvero come possiate affrontare i problemi della disoccupazione del nostro tempo semplicemente affidandovi a quel mercato che la disoccupazione crea. l' occupazione per voi non è un problema di intervento diretto della politica, eppure vi definite liberaldemocratici! in realtà, siete soltanto liberisti; se liberaldemocratico era Ernesto Rossi quando scriveva Abolire la miseria , certamente siete molto lontani da quell' orizzonte e cancellate, anziché risolvere, i problemi della società dall' agenda della politica per ridurre quest' ultima a mercato! il sud, presidente del Consiglio , non è una sua dimenticanza nella relazione introduttiva; la verità è che proprio non c' è nel vostro programma, il sud è derubricato, smette di essere una questione nazionale come è nella grande tradizione politica di questo paese, da Gramsci a Salvemini, a Dorso, a Fortunato, come è stato un assillo in tutto il cattolicesimo politico fino a Pasquale Saraceno. il sud scompare come questione nazionale perché la modernizzazione che vi proponete di accompagnare e di portare al successo anche come sistema chiede che il Mezzogiorno sia, come l' occupazione, una sola variabile dipendente, un territorio di penetrazione, non una questione nazionale, un territorio dove inseguire la forzalavoro al suo più basso prezzo e alla sua più bassa catena; un basso prezzo che Bossi vorrebbe sancito dalle gabbie salariali , un Mezzogiorno dove al massimo si possono creare impianti a più alto rischio, come la centrale di Gioia Tauro , che in altre parti sarebbero inagibili. ma senza connessione con le questioni del lavoro, degli assetti sociali, anche le questioni drammatiche della mafia, della camorra, della criminalità organizzata declinano verso pure questioni di magistratura e di polizia. e noi sappiamo bene quanto importanti siano tali questioni di magistratura e di polizia. lo sappiamo bene! ed è per questo che, oltre ad associarsi all' omaggio ai morti, vorremmo che venisse da qui anche un incoraggiamento ai vivi che lavorano con tanta difficoltà. e per tutti rivolgiamo il nostro saluto, il nostro incoraggiamento e la nostra solidarietà al magistrato Giancarlo Caselli. no, no, signori del Governo, non ve la potete cavare facendo il verso a Brougham. ricordate l' appello di Lord Brougham agli operai, quello famoso: « diventate capitalisti » ? nel Mezzogiorno sono pochi anche gli operai; se anche volessero non riuscirebbero a risolvere granché! e allora cosa dite a Crotone, a Villacidro, a Napoli, a Bari? cosa dite di fronte a processi di ristrutturazione e di privatizzazione devastanti, che ancora ieri portano tre operai a Pomigliano ad appendersi su delle croci per testimoniare così la loro disperazione e la loro solitudine, esattamente come chi stava sulla ciminiera di Villacidro, esattamente come chi era chiamato a Crotone a lotte disperate? cosa gli rispondete? « avanti. avanti con il mercato » ? no, il Mezzogiorno ha bisogno di riorganizzare ambiente, territorio, qualità di servizi, risanamento!