Pier Ferdinando CASINI - Deputato Maggioranza
XII Legislatura - Assemblea n. 47 - seduta del 02-08-1994
Concernenti il Consiglio dei ministri e sui rapporti tra potere esecutivo e potere giudiziario
1994 - Governo I Berlusconi - Legislatura n. 12 - Seduta n. 47
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , l' odierno dibattito parlamentare è l' occasione di un' assunzione collettiva di responsabilità. mi pare che il suo intervento sia stato più chiaro di certi annunci, di certi proclami di sorprese, di colpi assestati questa mattina attraverso i giornali e di cui invero non ho trovato traccia. e sono lieto di non averla trovata, perché questo — e lo dico all' onorevole D'Alema — non è un match, ma un civile confronto sulle regole del gioco . in tema di rapporto fra potere legislativo e potere giudiziario , la distinzione dei rispettivi ambiti di responsabilità è cardine essenziale e principio costitutivo della nostra vita democratica . qualora si perpetuasse la tendenza ad un' alterazione dei rispettivi ruoli, verrebbero minate le basi della nostra convivenza civile e dello stato di diritto . la meritoria azione che ha esercitato la magistratura nella tormentata fase di Tangentopoli ha caratterizzato l' epilogo della prima Repubblica . questo ruolo di supplenza, se era comprensibile ieri, lo è molto meno oggi. purtroppo — e lo dico con rammarico — l' incertezza ed i contrasti esplosi nella maggioranza sul cosiddetto decreto Biondi hanno finito per consolidare l' idea che la nostra azione si muova nel solco di una oggettiva subalternità al potere giudiziario . per questa ragione di principio i ministri ed i parlamentari del centro cristiano democratico sono stati gli unici a non subire folgorazioni sulla via di Damasco e si sono assunti le proprie responsabilità, come si conviene ad un personale politico serio e rigoroso. qualcuno a sinistra concorre talvolta ad avallare l' idea, rischiosa in uno Stato democratico , che vada inaugurata una sorta di democrazia dei giudici, magari per compiacere alcuni settori dell' opinione pubblica . qualcun altro sembra disinvoltamente accettare il principio di un convitato di pietra nell' agone politico, idoneo ad esercitare un sindacato permanente sulle iniziative del potere legislativo o esecutivo o, magari, come è capitato questa mattina, a distribuire patenti di affidabilità democratica a corpi militari dello Stato. colleghi parlamentari, noi sappiamo che la grandissima maggioranza dei magistrati italiani esercita con discrezione ed equità i propri poteri e ad essa va il nostro più sentito plauso, anche per le condizioni di disagio alle quali è sottoposta. ma cogliamo anche i rischi di una involuzione che non può essere sottovalutata. a tale proposito, signora presidente della Camera , vorrei rispettosamente farle notare — l' ha ricordato il presidente del nostro gruppo, Giovanardi — che in diversi atti giudiziari opinioni liberamente espresse in quest' Aula, e pertanto insindacabili, vengono menzionate a sostegno di teoremi accusatori dei pubblici ministeri. noi ci aspettiamo un suo autorevole intervento, a tutela della dignità del Parlamento e delle sue prerogative, il che — lo dico a chi facesse finta di non capire — non ha nulla a che vedere con la salvaguardia di privilegi che in questo caso non esistono né debbono esistere. la questione è seria e — mi auguro — così degna di attenzione, indipendentemente dalle appartenenze politiche, che non vorrei banalizzarla qui introducendo altri aspetti. mi si consenta solo di dire che la nostra sensazione è di un certo strabismo nell' amministrazione dell' attività giudiziaria: non sempre, infatti, constatiamo imparzialità in certi giudici, che sembrano voler rispettare zone franche in ampie aree geografiche, ad esempio nelle cosiddette regioni rosse. così come spesso la sacrosanta ricerca della verità sembra legittimare l' abuso di strumenti emergenziali. la più onesta e sincera ricerca della moralità pubblica e privata non può arbitrariamente sostituirsi allo stato di diritto , altrimenti la strada delle ritorsioni si apre fatalmente. signor presidente del Consiglio , o si è ritenuto che l' utilizzo dello strumento del decreto legge fosse finalizzato al ripristino di una corretta fisiologia istituzionale, e allora si sarebbe dovuto affrontare il prezzo dell' impopolarità, oppure si giudica normale l' attuale situazione e allora i cittadini italiani vorrebbero capire le ragioni vere di un simile intervento d' urgenza... non vorrei continuare oltre su questo decreto legge . nella circostanza, il centro cristiano democratico non ha grandi motivi di soddisfazione da esprimere ma, anzi, un supplemento di disagio da evidenziare. signor presidente , il dibattito di questa sera era atteso dall' opinione pubblica per le dichiarazioni che ella ha pronunciato nei giorni scorsi sul cosiddetto blind trust . ribadisco a tale proposito le convinzioni dei parlamentari del centro cristiano democratico . primo: nessuno può, su questo tema, coltivare sogni di rivincita impossibile; la gente il 27 marzo era al corrente dell' anomalia di una situazione privata che aveva ed ha oggettivi riflessi pubblici. secondo: se questa è la premessa, essa non può in alcun modo legittimare una disattenzione del presidente del Consiglio . proprio chi ha fatto dell' affermazione di una solida cultura liberaldemocratica la ragione del suo ingresso nella vita pubblica deve dimostrare un supplemento di senso dello Stato su questo terreno. si tratta — sia chiaro — di una scelta politica, prima ancora che di un dato giuridico ed istituzionale, ma per l' intera maggioranza essa costituisce la cartina di tornasole di un atteggiamento trasparente e rispettoso delle regole che caratterizzano le democrazie occidentali più avanzate alle quali vogliamo omologarci. esse riguardano la definizione per legge di ogni conflitto di interesse che potenzialmente coinvolga il legislatore. l' uomo politico , parlamentare o membro del Governo, può essere portatore di interesse proprio o di altri e la seconda ipotesi, non meno pericolosa, necessita pure di urgente intervento normativo: l' interesse altrui, infatti, diventa facilmente interesse proprio. ecco, dunque, che è altrettanto urgente disciplinare con cura il fenomeno cosiddetto della lobby, del portatore di interessi, seppure legittimi, di categorie o di gruppi di persone. il tema, poi, dell' informazione è un' autentica questione democratica. sia chiaro, esso non riguarda solo Berlusconi, ma coinvolge anche un pericoloso processo di accentramento editoriale nelle mani dei grandi gruppi finanziari e industriali. molti di noi, purtroppo nell' indifferenza generale, con apposite proposte legislative da tempo hanno posto all' attenzione del Parlamento il problema della separazione tra la proprietà dei grandi gruppi editoriali e la proprietà dei grandi gruppi industriali del nostro paese. tale problematica richiede a Berlusconi un supplemento di cultura istituzionale, esigenza evidentemente avvertita nel momento in cui egli ha ricevuto l' incarico di formare il Governo e in cui, non a caso, ha nominato una commissione di saggi per avanzare una proposta concreta. il punto non è quello di obbligare il privato Berlusconi a disfarsi delle sue attività imprenditoriali, ma di dare ai cittadini la garanzia permanente che tali attività non incideranno in modo improprio sul processo politico e sulle decisioni del Governo: parità di condizioni per i competitori politici e tutela dei diritti del cittadino utente. su questo terreno, cioè sulle regole della competizione democratica, non vi possono essere vincoli di maggioranza che non siano quelli del buonsenso e del rispetto dei diritti di tutti, compresi quelli di Berlusconi. si tratta di fare insieme un salto di qualità , e le responsabilità delle minoranze non sono inferiori alle nostre. proprio per queste ragioni, colleghi parlamentari, ho una particolare delusione da esprimere questa sera per l' intervento rancoroso dell' onorevole D'Alema , un' occasione mancata per introdurre un po' di quello stile americano tante volte proclamato dalla sinistra. no, l' ho aggiunto a penna! il centro cristiano democratico ritiene che sarebbe davvero grave perdere un' occasione come questa per approntare una moderna normativa che regoli il complesso intreccio di rapporti tra economia e politica. non si tratta — come qualcuno vorrebbe — di stabilire regole anti-Berlusconi, ma di definire in termini di generalità e astrattezza l' intera questione. la logica vorrebbe che, a questo punto, anch' io mi esercitassi, come altri hanno fatto, nel formulare ipotesi e proposte. preferisco, invece, fissare un criterio, quello cioè della più netta separazione tra i diritti della proprietà e l' esercizio della gestione, perché il trust di Berlusconi sia davvero pienamente cieco. i modi in cui sancire tale decisione appartengono in primo luogo a Silvio Berlusconi , che ha i diritti che gli derivano da anni e anni di attività imprenditoriale; tuttavia, appartengono anche alla responsabilità del Parlamento, che ne è investito e che su questa materia deve decidere, rispondendo alla nazione. aggiungo solo che tanto più netta sarà tale linea di demarcazione, tanto più incisiva sarà l' azione del governo e tanto maggiore la credibilità delle istituzioni. questo è il prezzo che chiediamo oggi a Berlusconi; ma questo è anche il vantaggio che Berlusconi può offrire alla contesa democratica. il centro cristiano democratico si è sempre diligentemente sottratto all' andirivieni delle dissociazioni, dei ripensamenti, delle contraddizioni che hanno caratterizzato la vita dell' attuale maggioranza. anche questa sera abbiamo voluto usare un chiaro linguaggio di lealtà e di costruttività. ma nessuno può impedirci di lavorare affinché quello che a volte sembra solo un cartello elettorale , tenuto insieme dalla convenienza, si tramuti in una vera e propria maggioranza politica. non posso negare che, quando vediamo sottovalutate le nostre preoccupazioni in tal senso, avvertiamo il rischio di una fuga dalla realtà, una sorta di ricerca dell' avventura personale. la nostra, invece, è e deve essere la ricerca paziente e laboriosa di una grande avventura collettiva. più di altri abbiamo scommesso sulla necessità di radicare nel nostro paese una forza moderata e popolare capace di uscire dalle secche del consociativismo e di assumersi con chiarezza le proprie responsabilità. il rammarico per la difficoltà che incontriamo su questa strada non ci induce certo alla rassegnazione, ma la condizione per rilanciare il disegno è sciogliere il nodo che l' eccesso di polemiche o, al contrario, un difetto di iniziativa finirebbero per rendere troppo aggrovigliato.