Massimo D'ALEMA - Deputato Opposizione
XII Legislatura - Assemblea n. 230 - seduta del 02-08-1995
Ratifica ed esecuzione dello Statuto del Consiglio d’Europa e dell’Accordo relativo alla creazione della Commissione preparatoria del -Consiglio d’ Europa, firmato a Londra il 5 maggio 1949
1995 - Governo V De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 274
  • Attività legislativa

gentile presidente, cari colleghi , ritengo anch' io che questo dibattito, che partendo da un confronto circa l' opportunità di riformare l' articolo 138 della Costituzione si allarga fino ad affrontare i grandi temi della riforma costituzionale , sia un dibattito opportuno e per molti aspetti tardivo. la riforma della nostra Costituzione, in particolare la riforma dell' ordinamento dello Stato, è una grande e prioritaria esigenza del nostro paese. tale esigenza non è certamente maturata in ragione delle vicissitudini politiche che portarono alla crisi del Governo Berlusconi; semmai quella vicenda ci ha soltanto confermato quanto sia stata insufficiente, al fine di dare vita in Italia ad una democrazia del maggioritario ispirata alle grandi democrazie dell' Occidente, la sola riforma elettorale . in realtà, l' esigenza di una profonda riforma costituzionale che, senza toccare i principi fondamentali, incida sull' ordinamento dello Stato e sulla forma di governo nasce dall' esaurirsi della esperienza democratica nelle sue forme che ha avuto in questo cinquantennio, dalla scelta popolare di una legge elettorale maggioritaria , che ci ha spinto ad entrare in una nuova stagione della nostra democrazia senza che sia stato possibile, in modo ragionato e serio, mettere mano ad un insieme di regole e di istituti in grado di dare corpo ad una nuova democrazia. il nostro paese e le sue istituzioni sono in mezzo ad un guado: ciò avrebbe richiesto e richiede una particolare responsabilità da parte delle classi dirigenti del paese. la nostra convinzione è, e non da ora, che una classe dirigente seria avrebbe cercato, nel corso di questa legislatura, di dare vita ad una grande riforma, mettendo il paese in grado di incamminarsi in modo sereno verso una nuova stagione. nel dire questo mi volgo alle vicende tormentate che abbiamo alle spalle, forse anche — perché no? — con un elemento di riflessione autocritica. avverto però — e devo dirlo — che la responsabilità preminente nell' aver impedito che si avviasse un sereno e fattivo confronto per realizzare una riforma organica e, insieme, per approntare le regole necessarie a far vivere una democrazia dell' alternanza è delle forze che hanno vinto le elezioni del marzo 1994 e che ancora oggi, qui, hanno affrontato le essenziali questioni di riforma non con lo spirito del dialogo e della ricerca delle intese (l' intesa sulle regole non ha nulla a che vedere con il consociativismo), ma con lo spirito propagandistico di chi appresta bandiere elettorali più che voler avviare una reale riforma! l' onorevole Berlusconi ci ha ricordato un particolare momento della nostra esperienza politica, quando egli volle rivolgersi a me con una lettera che, nel ribadire — giustamente — la distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione, indicava tuttavia la necessità di un confronto sulle regole che non fosse rigidamente racchiuso entro una logica di maggioranza ma muovesse da una comune assunzione di responsabilità. senza dubbio quella iniziativa fu un momento positivo ed alto ma anche, ahimè, una breve, brevissima parentesi. non possiamo dimenticare che, nel momento stesso in cui si andava preparando un incontro che non avrebbe avuto la pretesa di racchiudere in sé il dialogo istituzionale ma avrebbe potuto senza dubbio promuoverlo e facilitarlo, proprio in quel momento, su una delicata ed essenziale questione di regole in materia di giustizia penale, il Governo Berlusconi mosse unilateralmente, proprio attraverso uno di quei decreti che ho sentito qui tanto deprecare da parte dell' onorevole Berlusconi: proprio con un' iniziativa, quindi, che su una questione essenziale di regole avocava alla maggioranza non una legittima potestà di proposta, ma una volontà di decisione unilaterale. in realtà — se vogliamo dirci la verità — l' esperienza di Governo della destra è stata contrassegnata da una concezione del sistema maggioritario più che come la costruzione di un equilibrato rapporto tra i poteri, come occupazione brutale del potere, messa in mora delle garanzie, pretesa di definizione unilaterale del quadro di un nuovo sistema democratico. io credo che la caduta del Governo Berlusconi sia nata innanzitutto da qui, non da un oscuro complotto partitocratico; è stata la sconfitta di una cultura dell' occupazione del potere che ben poco ha dato alla costruzione di una nuova stagione democratica. fin dal momento in cui il Governo Berlusconi entrò in crisi noi ci siamo fatti promotori non già dell' idea di un rovesciamento della maggioranza politica ma, al contrario, della necessità di un governo di tregua che accompagnasse l' avvio di un dialogo fattivo sulle regole e di una riforma della Costituzione. abbiamo tenacemente perseguito questo obiettivo parlando di Governo per le regole, di Governo al di sopra delle parti, cercando incessantemente, pure di fronte ad interlocutori chiusi in una campagna cieca e rabbiosa, di lavorare per creare le condizioni di un dialogo nella costruzione di una nuova democrazia. parve, per un brevissimo momento, che il Governo Dini, nato su indicazione del nome del presidente del Consiglio da parte del leader del Polo delle libertà , potesse rappresentare un momento di tregua tale da poter consentire al Parlamento ed alle forze politiche di avviare quel confronto sulle regole e quella riforma costituzionale che sono necessarie. così non è stato. ben presto la destra ha imboccato la strada di una contrapposizione dura, ai limiti dell' ostruzionismo, contro il Governo Dini, contro il presidente del Consiglio da essi stessi indicato, fino ad opporsi a quelle essenziali misure finanziarie volte fra l' altro a porre rimedio ai guasti determinati dai provvedimenti demagogici dell' onorevole Berlusconi e del suo Governo. è molto probabile che fra le ragioni di questa opposizione, così sbagliata da condurre poi all' insuccesso elettorale dell' aprile scorso, abbia anche pesato una sorta di invidia per i successi e per i risultati del Governo Dini, per l' accresciuto prestigio internazionale del nostro paese, per il fatto che questo Governo è riuscito a portare a termine riforme che da molti anni si attendevano, a dimostrazione, onorevole Berlusconi, che forse il problema non era soltanto nel « volante » , ma anche nel pilota; a dimostrazione che un Governo serio, sostenuto da una maggioranza seria, può fare cose importanti anche in una scalcinata democrazia parlamentare come la nostra. il successo del Governo Dini, tanto più significativo dopo il tragicomico fallimento del Governo Berlusconi. beh, sette mesi per chi si proponeva di governare un' intera nuova stagione è un record piuttosto modesto! cari amici, c' è poco da fare, queste sono le ragioni alle nostre spalle. si è perso molto tempo prima di affrontare questo confronto sulle regole perché, ripeto, prima la destra al Governo ha pensato di essere regola essa stessa, poi la destra all' opposizione ha fatto valere le ragioni della cieca rivalsa su quelle della tregua e del confronto positivo. solo in un momento più recente, dopo la sconfitta di questa strategia di scontro, si sono aperti varchi; sono venuti avanti più miti consigli solo dopo che la richiesta di un voto per andare a votare e la proclamazione rumorosa ed incessante del mese di giugno come estrema spiaggia della democrazia hanno lasciato il posto ad una maggiore incertezza, a maggiori divisioni, ad un modo più problematico di guardare al futuro del nostro paese. noi non abbiamo cessato, anche in questo periodo, di perseguire tutte le possibilità di un dialogo civile, per quanto questo risulti faticoso ed incerto ed io voglio sottolineare il valore positivo (sotto il profilo politico, naturalmente, perché i compiti istituzionali spettano al Parlamento, come è ovvio) di quelle prime intese raggiunte nel confronto tra il polo dell' Ulivo e il Polo delle libertà intorno a talune essenziali garanzie, come la par condicio . onorevole Berlusconi, lei si è riferito a questa norma criticando l' uso del decreto legge : non vorrei che ciò volesse dire che si cancella il valore di quella firma sull' accordo perché diventi legge una normativa che garantisca un uso equilibrato dei mezzi di informazione durante le campagne elettorali . so ben io che questa normativa ha un che di eccezionale, ma non meno eccezionale — mi consenta, direbbe lei — è la condizione di un paese nel quale il capo di un partito è proprietario di quasi tutte le televisioni commerciali. è dunque per porre rimedio a questa aberrante anomalia che si deve ricorrere ad una qualche normativa che garantisca quelli che proprietari di tali televisioni non sono. d' altro canto, vede, onorevole Berlusconi, i riferimenti all' uso del decreto legge credo che lei debba farli con una certa discrezione: durante l' oscuro passato partitocratico del nostro paese si è giunti persino ad emanare decreti legge per tutelare gli interessi personali di un singolo imprenditore. naturalmente, purché egli fosse ben consociato con la partitocrazia dominante! ma tutto questo è alle nostre spalle ed io sono ben certo che nell' Italia che vogliamo simili aberrazioni non si ripeteranno. vorrei richiamare i nostri interlocutori alla necessità di serietà e di lealtà nel rispettare i patti che sono stati sottoscritti per quanto attiene alla conversione in legge dei decreti legge sulla par condicio e per quanto attiene alla necessaria riforma del sistema di nomina del Consiglio d'amministrazione della Rai. la mancata osservanza di questi accordi, freschi freschi di firma, farebbe infatti seriamente dubitare che verranno rispettati gli altri impegni, quelli che solennemente si sono assunti per il dopo: lo scambio di garanzie tra maggioranza e opposizione o la tutela della prima parte della Costituzione. ora, naturalmente, noi pensiamo che potremo tutelarci, pensiamo che potete stare tranquilli, in quanto futura opposizione del paese...... ma il problema è, come lei ben capisce, onorevole Berlusconi, quello delle regole, che non può essere affidato al fatto che il paese abbia una maggioranza sicuramente democratica. tuttavia vogliamo insistere nel tentativo di costruire le condizioni di un dialogo. nostra convinzione è che soltanto un comune quadro di regole, di valori, di principi sia condizione di una reale governabilità. noi avvertiamo nel suo modo di ragionare un' idea della governabilità come comando. non ho capito bene a quale idea di democrazia si avvicini la sua concezione del presidenzialismo. non c' è alcun paese del mondo nel quale un presidente — anche eletto dai cittadini — non debba negoziare con il Parlamento le proprie scelte e le proprie riforme. nel paese che rappresenta il modello insuperato di democrazia presidenziale — gli USA — il presidente deve battagliare con il Parlamento, appunto, per cercare di far approvare la sua riforma sanitaria e la sua politica estera . se dunque quello a cui ci si riferisce è un presidenzialismo democratico, esso non porrà rimedio a quella esigenza di confrontarsi con un Parlamento liberamente eletto, di negoziare con esso le riforme, le scelte, i provvedimenti. ma allora mi domando: davvero questa è la forma di governo più adatta per il nostro paese? in proposito la sorprenderò: non faccio parte di quella sinistra che di fronte all' ipotesi di presidenzialismo si mette l' elmetto e grida alla dittatura. noi non abbiamo paura del presidenzialismo e sappiamo bene che questa è e può essere una forma di governo democratica. fra l' altro, ho la serena tranquillità che in una democrazia presidenziale, come quella degli USA, lei allo stato delle cose non sarebbe candidabile... infatti, è evidente che se il presidente Clinton fosse stato proprietario di qualche rete televisiva negli USA non sarebbe stato candidabile. ma ho anche la forte convinzione che lei non sarebbe eletto... i sondaggi dicono senza alcun dubbio che, di fronte alla scelta fra una coalizione di centrosinistra guidata da Romano Prodi ed il Polo delle libertà guidato da Berlusconi, i cittadini preferiscono la prima soluzione. anzi le voglio dire che per certi aspetti una scelta di tipo presidenzialista per uno schieramento assai più composito e variegato qual è il nostro, segnato da forti identità di partito, potrebbe perfino rappresentare una comoda scorciatoia, nel senso che sarebbe molto più facile far convergere tutti i voti su un uomo piuttosto che costruire una maggioranza parlamentare . detto questo — sottolineato, quindi, che il problema non riguarda un nostro timore rispetto a questa ipotesi — penso che si tratterebbe comunque di una forma di governo inefficace. come hanno scritto importanti studiosi, il presidenzialismo democratico è quella forma di governo nella quale si confrontano due poteri egualmente legittimati dai cittadini: un Esecutivo espressione del popolo, un Parlamento espressione del popolo. esiste un rischio molto forte di conflitto istituzionale: i governi presidenziali sono deboli... i governi presidenziali non sono forti, soprattutto quando non possono coniare — come spesso accade — su maggioranze parlamentari . una simile soluzione è estranea alla tradizione della democrazia europea, salvo il particolarissimo — a mio giudizio non esportabile — semipresidenzialismo francese, nel quale il Governo gode, insieme, della legittimazione presidenziale e di quella parlamentare: situazione che ha dato luogo anche all' esperienza della coabitazione e che mi pare difficilmente inscrivibile in quel modello che lei accredita come forte della capacità di decidere. ritengo, allora, che questa proposta sia una bandiera elettorale. mi consenta: è più un modo di ingannare i cittadini, di far credere che avranno finalmente un governo forte, che una risposta convincente e seria al problema della riforma del nostro sistema. a nostro giudizio, questa risposta va ricercata in un' altra direzione, che contempli anche una riforma federale dello Stato. federalismo non è secessionismo! noi pensiamo ad un federalismo cooperativo, democratico, che non spezzi un vincolo di solidarietà. sappiamo bene che certe sortite non aiutano la causa del federalismo e che il riferirsi ad un rischio o ad una minaccia di secessione danneggia questa causa. e facciamo vivamente appello perché prevalga l' anima democratica e federalista della Lega rispetto a quella rumorosa e dannosa alla stessa causa che si persegue. occorre a nostro avviso combinare una riforma federalista ad un superamento del bicameralismo perfetto (vi ha fatto cenno anche lei), che condivido. una sola Camera politica; riduzione del numero dei parlamentari; una Camera delle regioni; un capo del governo indicato dai cittadini, sul modello delle grandi democrazie europee, ed eletto dal Parlamento; un meccanismo di sfiducia costruttiva, che consenta di rovesciare un Governo solo in presenza di una maggioranza e di un leader senza crisi al buio , magari introducendo la norma che un cambio di maggioranza nella sfiducia determini l' obbligo, entro un tempo certo e limitato, di elezioni politiche ... adesso, sì, perché prima non c' era questa regola, e le regole che non ci sono non si possono applicare! a me questo sembra un modello di Governo più forte, europeo, più efficace, un Governo che è espressione di una maggioranza parlamentare , che guida una maggioranza parlamentare ; una maggioranza parlamentare che controlla un leader...... e che può anche destituirlo se il suo operare non è coerente con l' impegno assunto di fronte agli elettori. un' altra prospettiva mi appare avventurosa, improbabile — ripeto — propagandistica: una nuova favola da raccontare agli italiani! non è più la riduzione delle tasse per tutti, non è più il milione di nuovi posti di lavoro , è: « sapete perché non ho potuto dare il milione di posti di lavoro ? perché non c' era il volante! datemi il volante! » . ma è una nuova favola! questo paese non ha bisogno di favole, ma di una classe dirigente ! lei, onorevole Berlusconi, ci ha fatto un bellissimo discorso elettorale. ma qui stiamo per andare al mare, non alle elezioni! mi sembra quindi collocato — diciamo — in un momento stravagante della vita nazionale. questa legislatura è ad un bivio. e qui mi rivolgo, diciamo, anche ai silenti del Polo delle libertà , anche all' onorevole Buttiglione, dal quale abbiamo sentito qui straordinarie lezioni contro la democrazia plebiscitaria , e che ora è ridotto al silenzio. laggiù, da quando si è allontanato da noi, è ridotto al silenzio! e ascolta il capo! se verrà avanti un' effettiva volontà di dare vita in questa legislatura ad una fase costituente (ma io non ne ho visto traccia), allora questa legislatura riprenderà vigore. la nostra proposta, una Commissione costituente, risponde a questa esigenza, alla possibilità di avviare, in un quadro di garanzie, un processo di riforma costituzionale , alzando le garanzie sulla prima parte e incardinando la riforma della seconda parte lungo un binario certo. lo si vuole fare subito! adesso, ci rifletteremo sopra con calma: soprattutto voi. noi sappiamo che una fase costituente, da soli, non la possiamo fare. quindi, se non c' è questa larga volontà, la legislatura si avvierà verso una conclusione, che noi speriamo non sia una conclusione nervosa, conflittuale, perché prima di essa, senza alcun dubbio, si dovranno realizzare quelle condizioni minime di garanzia, che non sono la fase costituente. e, quelle, cercheremo una maggioranza per realizzarle, perché le elezioni si svolgano in un quadro di legalità e di sicurezza per tutti. tra queste condizioni io penso che un supplemento di riflessione meritino due problemi. può essere non inutile una riforma dell' articolo 138, che non mira a blindare la Costituzione, ma a differenziare le garanzie sulla prima parte e ad indicare una via di riforma della seconda. e può essere non inutile una qualche riflessione sulla legge elettorale , non foss' altro — come ha detto l' onorevole professor Elia — per cercare di evitare che questa legge elettorale così zoppicante...... dia al paese due maggioranze politiche diverse. perché dopo aver sostenuto che bisognava votare perché gli italiani si scegliessero un governo politico, se alla fine ne hanno due, ci rideranno dietro in tutto il mondo, onorevole Berlusconi! io ritengo quindi che ora con serenità rifletteremo su questo dibattito e sulle sue conclusioni. abbiamo tempo. il momento delle decisioni vere verrà nel momento in cui il Governo Dini si presenterà in Parlamento e rimetterà il suo mandato, avendo concluso il suo programma, quel programma che è stato utile al paese e che noi abbiamo l' orgoglio di aver sostenuto. allora si deciderà. fino ad allora io invito alla riflessione. ci sono questioni — tantissime — sulle quali siamo divisi ed è bene che siamo divisi. ci sono alcune importanti questioni che riguardano l' avvenire della nostra democrazia, sulle quali dobbiamo ricercare intese e dobbiamo mostrare una comune responsabilità: siamo obbligati, ci piaccia o non ci piaccia, se vogliamo essere classe dirigente di questo paese.