Fausto BERTINOTTI - Deputato Opposizione
XII Legislatura - Assemblea n. 209 - seduta del 03-07-1995
Riforma del sistema pensionistico
1995 - Governo Dini - Legislatura n. 12 - Seduta n. 209
  • Attività legislativa

signori presidenti, signore e signori deputati, il dibattito che qui stiamo svolgendo affronta un tema cruciale per il paese e così dal paese è vissuto, con una larghissima sensibilità di massa. vorrei dire al presidente del Consiglio ed agli esponenti del Governo di non lasciarsi fuorviare dai numeri registrabili in questa Assemblea, dove la nostra opposizione radicale al provvedimento sembra unica ed isolata. la critica nel paese è molto diffusa. conosco l' obiezione che ella, presidente, ha espresso anche nel suo intervento svolto qui poc' anzi : nel referendum indetto da Cgil, Cisl e Uil la maggioranza dei lavoratori si è pronunciata a favore dell' accordo. vorrei ricordarle che è un fatto senza precedenti, un fatto enorme, un vero e proprio evento politico-culturale che in una così ampia consultazione, dopo lungo tempo da un accordo che veniva considerato immodificabile da coloro che l' avevano sottoscritto, il 35-40 per cento dei consultati abbia detto di no e che a dire « no » all' accordo sindacale sia stata la maggioranza di categorie, come i metalmeccanici, dove più forte è la concentrazione sindacale. un fatto senza precedenti. un « no » che avrebbe dovuto rimbombare anche in questo dibattito, perché decine e decine di migliaia di lavoratori e di pensionati hanno trovato la forza, in una situazione che a molti sembrava chiusa, di manifestare la loro opposizione ed il loro dissenso, a Milano prima e a Roma poi. invece abbiamo riscontrato nuovamente nel suo intervento una sordità nei confronti di queste argomentazioni, una sordità nei confronti dell' opposizione e della critica provenienti dalla parte più produttiva del paese. non c' è bisogno di essere comunisti come noi abbiamo l' orgoglio di dichiararci; basterebbe qualunque istanza, anche vagamente laburista, per prestare ascolto a queste voci critiche, o addirittura per dare loro voce. la critica di tanta parte del mondo del lavoro è concentrata su questa legge di riforma delle pensioni , ma trae origine da un contesto sociale che vede la condizione sociale di molte parti del mondo del lavoro aggravarsi, peggiorare, essere attraversata da una profonda inquietudine. faccia un' inchiesta questo Parlamento sulla condizione sociale delle masse lavoratrici ! faccia un' inchiesta e intanto registri che la crescita produttiva che si è realizzata non ha ridotto la disoccupazione, che resta invece di rilevante entità — il che è grave — e che in molte regioni del sud risulta disastrosa. la crescita produttiva ha visto aumentare la ricchezza prodotta con rilevanti incrementi di produttività, mentre diminuisce il salario reale, mentre diminuisce lo stipendio reale e mentre l' inflazione e l' aumento dei prezzi , provocati anche dalle politiche del Governo, incidono sui salari bloccati, determinando un aggravamento delle condizioni economiche dei lavoratori. signori del Governo, è la prima volta nella storia sociale del dopoguerra che un' imponente crescita della ricchezza non vede alcuna redistribuzione a favore del lavoro; anzi, sta nascendo ed è nata una vera e propria questione salariale. vorrei che vi interrogaste su cosa significhi la perdita di potere d'acquisto per retribuzioni dell' ordine di un milione e 400 mila lire al mese. tutto questo avviene mentre resta inalterata quella vergogna nazionale che è il sistema fiscale, in una condizione in cui in un solo anno, il 1990 — come ci dicono oggi i rilevatori statistici — il fisco ha perso per evasione quanto il Governo si propone di risparmiare con il taglio alle pensioni in 10 o 15 anni. è in atto dunque una politica distributiva di classe che penalizza i lavoratori, così come il provvedimento del Governo penalizza le pensioni. non c' è bisogno di essere comunisti, basta un' istanza laburista per opporsi a tale logica! del resto non siamo solo noi a dirlo: in Europa anche esponenti conservatori sostengono che ormai è aperta una questione distributiva a favore del lavoro. un conservatore come Chirac fa appello alle classi abbienti affinché possa essere promossa una sorta di redistribuzione del reddito. e in Italia? in Italia si vara, signor presidente , una vera e propria controriforma delle pensioni, non un compromesso che consenta di disquisire se la bottiglia sia mezza piena o mezza vuota. no, qui siamo di fronte ad una logica e ad una filosofia che hanno un effetto a senso unico e nell' ambito delle quali, complessivamente, sono maggiormente penalizzati i lavoratori e soprattutto quelli più deboli. ella ha fatto riferimento ad un trattamento particolare per le donne. è vero, le donne sono sottoposte a un trattamento particolare, nel senso che ci rimettono più di ogni altro....! siamo di fronte ad una controriforma. non lo diciamo noi, lo sostiene un conoscitore del sistema previdenziale italiano come Pizzuti, un esperto che la Cgil, una delle più importanti organizzazioni firmatarie dell' accordo, propose come componente della commissione per la riforma. vorrei citare le sue parole: « in tal modo, con un solo colpo, » — fa riferimento a questo disegno di legge — « primo: si avvia la sostituzione progressiva del sistema pensionistico pubblico con la previdenza privata, che sia la teoria economica che l' esperienza empirica indicano come meno efficiente, meno sicura e più costosa; secondo: si opera una redistribuzione dai redditi da lavoro e da pensioni a favore delle rendite e dei profitti; terzo: nell' ambito dei redditi da lavoro, si penalizzano quelli più bassi a favore di quelli più elevati; quarto: il bilancio pubblico viene migliorato con 1 tagli alla previdenza pubblica, ma viene gravato dagli oneri di quella privata, smentendo di fatto che la riforma fosse indispensabile a riaggiustare i conti dello Stato » . non lo diciamo noi, bensì un esperto importante! non ho sentito contestazioni convincenti, ma solo la rivendicazione di uno stato di necessità, espressa anche in questa sede sia dal relatore per la maggioranza sia dal presidente del Consiglio . ma tale tesi non regge! se si separasse davvero l' assistenza dalla previdenza, la prima potrebbe essere colmata da un intervento sulla fiscalità generale e da una lotta a fondo all' evasione. sull' Inps e sulla previdenza in generale si potrebbe intervenire operando una ripartizione del sovrappiù di ricchezza prodotta dal contributo del lavoro e volgendo — come noi proponiamo — in contribuzione una parte del valore aggiunto ; in tal modo si darebbe avvio ad una distribuzione equa a favore del lavoro (per esempio difendendo quella grande conquista di civiltà che è stata la pensione di anzianità) e si offrirebbe un contributo alla lotta all' occupazione. in molte parti d' Europa — contrariamente alla « vulgata » corrente — ci si sta interrogando su questo punto. qualche giorno fa Michel Rocard presentava un rapporto sulla riduzione dell' orario di lavoro in Europa nel quale parlava dell' esigenza di riaprire verso il basso una riflessione sull' età pensionistica. ecco, si doveva e si poteva imboccare un' altra strada. signor presidente del Consiglio , queste sono le ragioni del nostro ostruzionismo. ella ha fatto riferimento a lungo — come era giusto — a questa nostra scelta politica la quale — la prego di credermi: lei, del resto, se ne è avveduto — non è un meschino espediente tecnico per ritardare la discussione, bensì una scelta politica con cui ci proponiamo di impedire l' approvazione di una legge cattiva, di rovesciarne la logica! vorremmo impedire l' approvazione di una legge cattiva, anche perché è possibile un' alternativa, se la legge in esame cadrà, che avvii una logica di riforma in luogo di quella della controriforma, che consenta di ripensare alla previdenza pubblica, nonché ad un rapporto tra il tempo di lavoro e la vita e l' organizzazione sociale, secondo l' unica direzione progressista possibile: quella di lavorare meno, per lavorare tutti, invece — come voi proponete — di far lavorare di più quelli che già lavorano, lasciando gli altri disoccupati! per tale motivo ci opponiamo e ci proponiamo di bloccare la legge in esame: per impedire che diventi irreversibile il danno nei confronti dei lavoratori, delle lavoratrici e delle nuove generazioni; per impedire che i giovani che si affacciano al lavoro abbiano un destino, anche dal punto di vista previdenziale, peggiore delle generazioni che li hanno preceduti! abbiamo imparato a scegliere questa modalità di lotta politica dalla tradizione di una grande forza democratica in Italia come il partito comunista italiano, capace di fare ostruzionismo non solo sulle questioni democratiche, ma anche su quelle sociali, avendo capito, per cultura, che queste ultime sono tanta parte della questione democratica del paese! lo facciamo con questa determinazione, ma anche con il massimo di apertura! non è vero, signor presidente del Consiglio , che l' ostruzionismo non lasci spazio ad un confronto sugli emendamenti. abbiamo già detto e ribadiamo il nostro intendimento di appoggiare qualunque emendamento migliorativo. ma ella, signor presidente del Consiglio , che cosa intende con la parola « migliorativo » quando parla di una disponibilità del Governo? « migliorativo » perché rende più severa questa legge o meno severa? laddove si parlasse in difesa degli interessi dei lavoratori, saremmo disponibili ad approvare qualunque emendamento da qualunque parte provenga: anche in grado di ridurre il rischio al quale i lavoratori sono esposti! così ci proponiamo di condurre questa battaglia e così ci disponiamo perché vogliamo impedire che, ancora una volta, i lavoratori vengano colpiti per difendere un intreccio tra profitto e rendita che continua ad essere gravoso per il nostro paese. ci avete accusato di strumentalismo: è falso! quando si fece l' accordo sindacale di dicembre — anche con un Governo a noi più avverso — dopo le grandi lotte dell' autunno, ci pronunciammo a favore di quell' accordo. siamo contro questo accordo soltanto per ragioni di merito! ci dite che non vogliamo confronto: non è vero! abbiamo scelto l' ostruzionismo ma, signor presidente del Consiglio , potremmo rinunciarvi se i gruppi parlamentari apponessero la loro firma ad un semplice emendamento: quello volto a ripristinare le pensioni di anzianità, a 35 anni e al 2 per cento di rendimento, affinché ogni lavoratore, oggi e domani, possa andare in pensione con il 70 per cento della propria retribuzione. in quel caso avvieremmo il confronto e rinunceremmo all' ostruzionismo. non ci guida altro che la difesa degli interessi dei lavoratori.