Silvio BERLUSCONI - Deputato Opposizione
XII Legislatura - Assemblea n. 157 - seduta del 16-03-1995
Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica
1995 - Governo Dini - Legislatura n. 12 - Seduta n. 157
  • Attività legislativa

signor presidente del Consiglio , signori deputati, questo Governo non può avere la nostra fiducia per motivi che sono ormai chiari al Parlamento e a tutto il paese. la manovra economica è fondata su una nuova ondata di tasse e imposte, cioè su una linea di Governo che è il contrario di quella su cui abbiamo preso i nostri impegni con gli elettori. un qualche aumento della fiscalità avrebbe potuto certamente essere previsto e accettato anche da noi, viste le condizioni difficili del bilancio pubblico, ma quel che non possiamo accettare è la rinuncia ad interventi strutturali, a riforme organiche, a misure capaci sul serio di incidere sulla finanza pubblica nei mesi e negli anni a venire. il Governo uscito dalle urne del 27 marzo aveva annunciato la necessità di un intervento correttivo, ma questo intervento non doveva assolutamente essere basato per tre quarti su nuove imposte. di manovre come questa — fondate, nella quasi totalità, su aumenti a carico dei contribuenti: dalla benzina all' elettricità, dal gas alla casa — ne sono state fatte a decine negli anni in cui i governi consociativi del passato hanno portato il debito pubblico — con il decisivo contributo dell' opposizione di sinistra — al disperato dissesto di 2 milioni di miliardi! che ad una manovra così poco innovativa, così rinunciataria, potesse associare il suo nome un economista del valore di Lamberto Dini (persona per la quale provo un rispetto superiore ad ogni legittimo dissenso), questo davvero ci ha stupiti, ci ha amaramente stupiti! la legge finanziaria varata dal Governo di cui il dottor Dini era ministro del Tesoro escludeva un massiccio incremento della pressione fiscale e cercava di risolvere il problema drammatico della spesa pensionistica per dare sicurezza e un futuro a chi verrà domani. contro quella legge finanziaria — una misura di bilancio impostata in modo rivoluzionario, che cancellava le cattive abitudini di decenni — si è scioperato e si è ricorsi all' agitazione di piazza. si è scioperato — come qualcuno ha detto lucidamente — contro i nostri figli ed ora gli stessi che si sono mobilitati contro il risanamento della spesa pubblica ci chiedono di avallare un' operazione di restaurazione, una clamorosa marcia indietro che restituisce allo Stato un pessimo ed invadente ruolo di esattore esoso ed, al tempo stesso , prodigo. questo avallo non ci può essere e non ci sarà perché questa manovra non avrà effetti positivi sul disavanzo né sul debito, non convincerà i mercati internazionali e non produrrà conseguenze durature sull' andamento dei cambi. malgrado questo giudizio, molto netto e non revocabile, avremmo anche potuto facilitare con un' astensione il passaggio della manovra, dopo aver stipulato un accordo parlamentare per emendarla e migliorarla. ma per far questo il Governo avrebbe dovuto garantire in modo serio, esplicito ed impegnativo, che la manovra non restasse un correttivo isolato ed inutile ed infine anche dannoso. noi le nostre proposte positive le abbiamo fatte e le abbiamo avanzate anche tenendo conto della crisi della lira e delle quotazioni dei titoli, una crisi che è figlia del drammatico clima di instabilità in cui atti e decisioni irresponsabili hanno gettato il paese dopo la defezione della Lega e la crisi del Governo uscito dalle urne il 27 marzo. abbiamo proposto quello che la Bundesbank e gli osservatori imparziali di tutto il mondo ci chiedono: un calendario della certezza, una serie di scadenze concordate per associare alla manovra la riforma delle pensioni e poi, immediatamente dopo, un nuovo quadro di stabilità politica , un Governo di legislatura che solo le elezioni possono portare; un Governo autorevole, stabile, in grado di sviluppare un' azione pluriennale di riforme, un' azione di drastico contenimento delle decisioni di prelievo e di spesa che sola può condurre, in un orizzonte temporale pluriennale, ad un risanamento del debito pubblico , ad un rilancio stabile dell' economia, alla sconfitta della disoccupazione. un governo, insomma, che restituisca al nostro paese considerazione e fiducia da parte della comunità finanziaria internazionale. abbiamo avuto risposte evasive ed ambigue sia per la parte che riguarda il comportamento e gli orientamenti del Governo, sia per la parte che riguarda l' alta responsabilità di altri soggetti istituzionali. in queste condizioni il nostro « no » è una via che scegliamo liberamente, ma è insieme una via obbligata. infatti, la natura di questo Governo è cambiata giorno dopo giorno, a partire dal momento dell' incarico al dottor Dini. il presidente del Consiglio si è trovato alle prese con una maggioranza parlamentare d' occasione che ha, a stento, i numeri per esistere ma che ha come unico collante la volontà di imbrigliare le istituzioni nella perversa logica del ribaltone. scegliendo di dipendere da quella maggioranza, il Governo ha fatto un errore che mi sorprende, conoscendo io, molto più dei suoi laudatori dell' ultima ora, la competenza e lo scrupolo democratico di chi lo presiede. decine di deputati che alla vita di questa maggioranza sono indispensabili sanno di essere stati eletti con i voti determinanti che sono stati dati al simbolo di Forza Italia ... e dunque temono, hanno paura che le elezioni sanzionino la loro defezione rispetto alla volontà popolare ed all' orientamento dei loro stessi elettori. dunque il problema di questa maggioranza, che è la negazione del voto del 27 marzo, è uno solo: distruggere l' avversario ed impedire il voto o, meglio, consentire agli italiani di votare solo dopo che l' avversario sia stato battuto come l' ultimo ostacolo sulla via del potere. in questo senso il Governo dei tecnici è considerato come uno scudo ed una protezione. alla sua ombra, parlando ossessivamente ed insinceramente di regole, si vuole rovesciare a tavolino il risultato della partita del 27 marzo: una partita che non fu truccata, una grande contesa elettorale che tutti hanno potuto giudicare come un libero confronto vinto dai moderati e dai riformatori nella gara con le sinistre progressiste. in tutte le democrazie serie non esistono governi tecnici . in tutte le democrazie serie non esistono tregue o emergenze che non debbano essere sanate al più presto da libere elezioni. signori deputati, non cambia certamente il mio sentimento personale per il dottor Dini... sul cui nome ho avuto modo di concordare con il Capo dello Stato , dopo averlo nominato ministro del Tesoro nel Governo da me presieduto. sono ancora pronto a scommettere sulla buona fede della sua compagine ministeriale. ma sarebbe dovuto venire un segno chiaro e forte della indisponibilità del Governo a farsi tutore di giochi e manovre che non hanno niente di serio, di dignitoso e di democratico. quel segno non è arrivato. dunque, noi votiamo « no » . e questo nostro « no » è l' inizio, solo l' inizio, di un' opposizione costituzionale e parlamentare che sarà sempre corretta, ma sempre durissima, sempre serena, sempre intransigente, finché non sarà ripristinato il diritto degli italiani di avere il Governo che vogliono, scegliendolo con il loro voto. la nostra battaglia è prima di tutto una battaglia di libertà, una battaglia che riguarda le libertà di tutti i cittadini e la giusta rappresentanza della loro volontà politica. noi non accettiamo — semplicemente non accettiamo — che un' oligarchia timorosa del giudizio popolare, rovesciando il dettato delle urne ed imponendo alla vita civile degli italiani una cappa di autoritarismo mai dissimulato, faccia abuso del Parlamento e lo asservisca a scopi di parte. noi non accettiamo che le regole del gioco vengano cambiate mentre si sta giocando; noi non accettiamo che possa essere compromesso, per atti e comportamenti che ledono nella sua integrità la Costituzione, il ruolo arbitrale e di garante della massima autorità dello Stato. con il nostro « no » siamo noi che difendiamo il rispetto delle regole, la sicurezza nazionale, lo sviluppo dell' economia e la certezza del diritto in questo paese. impedire che la democrazia appaia menomata e zoppa è un dovere per forze autenticamente liberali e riformatrici quali noi siamo. la sospensione di un risultato elettorale è un delitto contro la credibilità delle istituzioni democratiche, è un atto che offende la sensibilità civile dei nostri concittadini, è un comportamento che ha il sapore acre dell' arroganza e perfino del dispotismo. l' Italia è un grande e civile paese dell' Occidente democratico e liberale; noi rendiamo un servizio a questo paese quando ci battiamo per ripristinare un funzionamento corretto della democrazia politica. nel mondo ormai c' è chi si prende la licenza di giudicarci come si giudicano quelle repubbliche in cui le elezioni sono una farsa, un evento opinabile e reversibile. pensate a che cosa accadrebbe se in Inghilterra, oggi, il premier conservatore fosse spodestato da una defezione parlamentare a vantaggio di un Governo tecnico a maggioranza laburista...... e se la regina rifiutasse pervicacemente di chiamare il popolo alle urne perché giudichi e disponga. pensate a quale grado di umiliazione si rischia di abbassare per scopi partigiani e faziosi l' immagine internazionale del nostro paese. ma c' è tempo e modo ancora per riparare e per uscire dalle difficoltà. certo, tutti i soggetti democratici devono sentirsi garantiti e per nostra parte abbiamo dimostrato di essere disposti ad un dialogo leale sulle garanzie elettorali. ma è arrivato il momento di segnalare al Parlamento, è arrivato il momento di segnalare al paese che i movimenti vincitori delle elezioni del 27 marzo, un anno dopo, non sono disposti, per nessun motivo al mondo, a consentire che la democrazia italiana venga sospesa ed il suo funzionamento effettivo rinviato a data da destinarsi. il nostro « no » è questo segnale; ascoltatelo, abbiamo tutti il dovere di ascoltarlo, nell' interesse generale del paese e delle sue istituzioni!