Fausto BERTINOTTI - Deputato Opposizione
XII Legislatura - Assemblea n. 119 - seduta del 21-12-1994
1994 - Governo I Berlusconi - Legislatura n. 12 - Seduta n. 119
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , signore e signori deputati, è questa nostra certamente una discussione molto impegnativa e credo che tutti, da qualunque parte militiamo, dobbiamo sentire profonda la responsabilità verso il paese. la sentiamo noi che abbiamo combattuto a fondo sin dall' inizio questo Governo, non in nome di un pregiudizio ma di un giudizio, e che oggi che questo Governo cade sentiamo forte la necessità di concorrere a far sì che prevalga la legge del confronto, anche duro ed aspro, ma all' altezza dei problemi del paese e rispettoso delle persone. noi non abbiamo mai personalizzato, non intendiamo mai fare dei nostri scontri un fatto personale : e ciò non è avvenuto neanche nei confronti del nostro principale avversario, il presidente del Consiglio , onorevole Berlusconi. abbiamo combattuto una politica, una cultura, un assetto di classi dirigenti . il presidente del Consiglio ha citato Maritain, ma debbo dire che non ho trovato molte delle sue parole consone a un tale insegnamento. in ogni caso, credo che dobbiamo sforzarci tutti affinché queste ore, questi giorni, evitino al paese imbarbarimenti nello scontro politico, sia nel Governo della crisi che nella fase successiva. avremo momenti difficili; credo che dovremmo far prevalere le ragioni della coesistenza democratica anche tra forze nettamente avverse. dobbiamo insomma concorrere tutti a scongiurare un conflitto distruttivo e dobbiamo farlo evitando un inquinamento della facoltà di scelta di tutte e di tutti. dobbiamo anzi favorire la partecipazione dell' insieme del popolo italiano alle grandi questioni aperte in questa difficile fase di passaggio. vorrei dire a tutti noi che conta e conterà molto anche il modo in cui si svolgerà questo nostro confronto. la compostezza, signore e signori, non è una clausola di stile, un fattore di eleganza; è una condizione per realizzare una partecipazione attiva del paese alla politica. la compostezza, anche nella più aspra delle contese, il rispetto della persona, quand' anche avversaria, è una condizione assolutamente necessaria che dobbiamo avvertire come un' istanza etica forte in un passaggio così difficile della storia della Repubblica. è certamente un passaggio impegnativo; credo che a nessuno serva sottovalutarlo. è la fine di una vicenda; fine che noi abbiamo considerato necessaria per il paese e che, nel momento in cui avviene, chiede a tutti di interrogarsi sulla natura di tale vicenda e sul suo fallimento per affrontare il futuro del paese. perché è fallito il progetto di questo Governo, un progetto impegnativo, che noi abbiamo contrastato e contrastiamo ma di cui non abbiamo mai negato l' ambizione? perché è fallito? perché si è determinata nel paese, molto prima di qualunque previsione che circolasse nella letteratura politica, una crisi di consenso nei confronti di questo Governo, e poi la sua crisi. si è prodotta un' accumulazione successiva di punti di crisi fino alla dissoluzione della maggioranza per un' implosione intema. non serve davvero ricorrere alla categoria del tradimento, non spiega nulla e non consente un confronto su questa crisi e su questo fallimento. quel che è andato in crisi, signori del Governo, è il rapporto fra l' Esecutivo e il paese. certo, la vostra era un' impresa difficile. al vostro avvio il paese era in una condizione, in Europa, nella quale molti valutavano con preoccupazione il vostro tentativo; c' erano preoccupazioni e timori diffusi nelle opinioni raccolte dalla stampa, negli atti impliciti ma forti del Parlamento europeo , come quello relativo alle comunicazioni di massa. da questo teatro, che è l' Europa, l' Occidente, al quale molte volte ci avete invitato a guardare con attenzione, venivano segni di forte preoccupazione per il destino dell' Italia, preoccupazione per rischi di contagio e di destabilizzazione. in un quadro già così incrinato nel consenso, avete accumulato fattori di crisi nel rapporto fra il Governo e l' ordinamento democratico del paese, tra il Governo e le grandi questioni economiche e sociali aperte nel paese. ne ricordo solo alcuni. il primo punto di crisi si è determinato quando si è generato il primo conflitto con la magistratura, anzi con una parte della magistratura, quella impegnata sulla vicenda di Tangentopoli, con quel decreto che una larga parte dell' opinione pubblica del paese ha definito « salvaladri » . lì si è aperto un primo punto di crisi, ed è importante che voi lo cogliate, perché vi eravate presentati al paese — a nostro parere con molti elementi di errore e di mistificazione — alzando la bandiera del nuovo; vi siete proposti come il nuovo contro il vecchio regime corrotto di Tangentopoli. poi, al momento di reggere la sfida della rottura con quel passato, in realtà siete arretrati, anzi avete determinato le condizioni perché quell' esperienza della magistratura entrasse in crisi. così si è mossa nel paese, assai diffusamente e non più circoscritta alle forze di opposizione, una larga diffidenza, un primo elemento politico di crisi. è tornato ad affacciarsi prepotentemente quello che noi, dall' opposizione, avevamo annunciato al primo presentarsi di questo Governo, ma che era sembrato un pregiudizio, cioè un nuovo profilarsi di intrecci fra politica di Governo ed affari che indicavano una continuità con il vecchio regime. poi avete inanellato punti di crisi che hanno costellato tutta una traiettoria di conflitti con gli altri poteri statuali, con la magistratura, con la Presidenza della Repubblica, con il Parlamento per scelte e comportamenti. vorrei ricordare qui l' aggressione all' onorevole Mauro Paissan in un momento difficile del dibattito parlamentare come un' offesa a questo Parlamento. e vorrei dire che sono emersi in quel momento, persino più forti e più violenti dell' aggressione fisica, pure così insopportabile, scampoli di una cultura che non pensavamo potesse esprimersi in un' Aula parlamentare o nei suoi dintorni. si è sentito dire: « temevo di essere graffiato da quelle unghie laccate » ; o ancora: « checca » : termini che portano disonore a chi li ha usati, ma che sono espressione di un istinto di sopraffazione insieme negatrice del rispetto della diversità e del dissenso come sua dignità: un' istanza totalitaria di sopraffazione che si manifesta in quel tipo di cultura. e lasciatemelo dire, signori del Governo: seppure in forme contenute, questa cultura si è vista anche oggi. noi di Rifondazione comunista non abbiamo mai manifestato elementi di forte convergenza nei confronti dell' onorevole Bossi — anzi, abbiamo espresso in tante occasioni, e probabilmente continueremo a farlo nel futuro, numerose ragioni di dissenso — poiché da lui ci dividono fattori politici e impostazioni culturali. ma lasciatemi dire che, precisamente in nome di quella indivisibile concezione della libertà, contro le aggressioni personalizzate che sono state oggi portate in quest' Aula, voglio esprimere all' onorevole Bossi la nostra solidarietà.