Emma BONINO - Deputato Opposizione
XI Legislatura - Assemblea n. 88 - seduta del 09-11-1992
Interventi urgenti in materia di finanza pubblica; Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 1993 e bilancio pluriennale per il triennio 1993-1995 (legge finanziaria 1993)
1992 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 88
  • Attività legislativa

signor presidente , signor ministro, colleghi, ci avviamo oggi a discutere la terza parte, il terzo strumento della manovra economico-finanziaria, che è stato preceduto in questa Camera dall' esame della legge delega e del « decretone » . quale sia l' atteggiamento del gruppo federalista europeo è a tutti evidente; ma proprio a partire da questo lei mi consentirà, signor ministro, di esprimere le più profonde riserve sulla parte del bilancio relativa alla politica estera . mi soffermerò su una questione specifica, a nostro avviso, molto importante relativa alla politica estera su cui le riserve del nostro gruppo, nuove rispetto a quanto verificatosi in precedenza, sono davvero molto forti. signor ministro, dall' esame della legge finanziaria abbiamo rilevato che il bilancio del ministero degli affari esteri aveva già subito un taglio di 1.500 miliardi rispetto alle previsioni e ai documenti presentati in questa Camera nel mese di luglio. abbiamo constatato infatti che erano stati previsti 300 miliardi di tagli sul capitolo numero 4620 (il capitolo dei veri e propri doni della cooperazione allo sviluppo) e un taglio di 1.200 miliardi sul capitolo del Tesoro numero 9005, quello che serve per i fondi globali, che vengono poi ripartiti durante l' anno. come se non bastasse, inopinatamente, in una seduta della Commissione bilancio la maggioranza e il Governo hanno ritenuto di dover tagliare altri 700 miliardi, sempre dal capitolo numero 9005, per ripianare la parte previdenziale e pensionistica. ci troviamo pertanto di fronte ad un bilancio del ministero degli affari esteri che subisce un taglio complessivo di 2.200 miliardi di lire sui 5.500 inizialmente previsti — inizialmente, non vent' anni fa! — nel documento di luglio. signor ministro, cari colleghi , la questione che ho sollevato non è solamente di carattere quantitativo anche se — mi consentirete — questo pure ha una certa rilevanza, quando il taglio arriva al 40 per cento della previsione. le nostre riserve nascono soprattutto a proposito della gestione politica degli affari comunitari, degli affari esteri propriamente detti e della cooperazione allo sviluppo. nella parte successiva del mio intervento tornerò nuovamente sulla tabella del ministero degli affari esteri per motivare alcune proposte che con altri gruppi stiamo elaborando. mi limiterò ora a soffermarmi su questi tre problemi. per quanto riguarda la politica comunitaria , è palese quanto avessimo ragione nel non accettare una ratifica affrettata e burocratica del trattato, come quella che ci è stata richiesta con forza dal ministro per gli Affari esteri , il quale doveva assolutamente — come ci ha raccontato più volte e in tutte le sedi — dare una prova di fedeltà europeista. si è verificato invece che l' Inghilterra ha annunciato che non avrebbe proceduto alla ratifica, se non dopo il secondo referendum danese, ovvero luglio dell' anno prossimo . come avevamo detto noi, quindi, il termine di scadenza della ratifica non sarà più il 31 dicembre, ma il mese di luglio del prossimo anno! non bisognava avere la palla di vetro per fare tale previsione: bastava essere lettori attenti delle dinamiche internazionali per capire che la data di scadenza della ratifica sarebbe stata spostata al mese di luglio. a maggior ragione quindi il nostro Governo, proprio perché espressione di un popolo e di un paese europeista, avrebbe dovuto usare tutte le occasioni e i tempi che rimanevano per avviare iniziative politiche che fossero in grado di colmare, almeno in parte, il deficit democratico che tutti quanti, sia la maggioranza sia le opposizioni, abbiamo riconosciuto essere un problema posto dal trattato. constatiamo quindi che avevamo ragione. per quanto riguarda invece la politica estera vera e propria, tratterò solo il problema della ex Jugoslavia. non è pensabile — e non lo dico solo in termini di iniziativa unilaterale — che il nostro Governo non si faccia promotore in ambito Cee ed Onu di iniziative che tendano a superare un embargo colabrodo e ad imporre il cessate-il-fuoco. non è possibile continuare a passare da una tregua all' altra (ne abbiamo contate quattordici), mentre persino l' ultima mediazione intervenuta a Londra è stata disattesa dalle parti in causa. non si tratta di invadere la Bosnia, novello Vietnam, con migliaia di soldati: si tratta di pretendere il controllo delle frontiere e di ottenere che l' embargo sulle materie prime e sui pezzi di ricambio delle armi venga rispettato, e non invece tradito come può constatare chiunque visiti la frontiera serbo-ungherese. il contrabbando di petrolio non si fa sulle mulattiere: i TIR e le autobotti passano dalla Romania, dall' Ungheria e dalla Bulgaria, via Danubio ed attraverso la Grecia. tutto questo non è accettabile. ci si riduce all' alibi degli aiuti umanitari, che peraltro non è possibile distribuire. credo quindi che, da questo punto di vista , l' inerzia, l' indifferenza e l' ipocrisia (che non sono solo dell' Italia, la quale si trova in buonissima ed autorevole compagnia dell' Onu e della Cee) debbano finire. altrimenti, si abbiano quanto meno la lealtà ed il coraggio di dichiarare che rispetto a questa vicenda noi stiamo alla finestra. qualcuno deve avere la lealtà di dire che non ce ne occupiamo; mentre non è possibile continuare a far finta invece di occuparsene. senza dover scomodare le palle di vetro, credo tutti siano consapevoli che esistono altre due regioni a rischio, la Macedonia ed il Kosovo. ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, ed avere il coraggio di dire che tutto ciò non ci riguarda e che non ci possiamo fare nulla, oppure intraprendere le iniziative necessarie, con tutti i costi che ciò comporta. il terzo aspetto che voglio trattare è quello della cooperazione. il ministro è venuto in Commissione pochi giorni fa e ci ha detto che non ha avuto il tempo di aprire il relativo dossier, e che quindi di cooperazione non sa nulla. ci ha pregato di votare lo stesso il bilancio, che sarebbe stato sottoposto al nostro esame non si sa bene quando. do atto al ministro di aver detto la verità al Parlamento, ma non si tratta di un atteggiamento legittimo: se il ministro non ha avuto tempo, avrebbe potuto incaricare un sottosegretario (credo li abbia per questo). nella finanziaria dell' anno scorso era contenuto un articolo che bloccava il 50 per cento delle spese del ministero degli Esteri (si trattava di 2 mila miliardi dei quali lei ha usufrutto, ministro Barucci, dato che ne ha tagliati 2.200) relative alla cooperazione, finché il ministro non avesse illustrato alle Commissioni parlamentari competenti ed al CICS i nuovi indirizzi in materia. il Parlamento è ancora in attesa, dal dicembre dell' anno scorso , di conoscere tali indirizzi: non li comunicò De Michelis , non fece in tempo a farlo Scotti, non li ha comunicati il ministro Colombo. la conclusione dell' intera vicenda è che il Parlamento non sa nulla di quello che succede nel campo della cooperazione. quest' anno non si è fatto niente, mentre quanto è avvenuto in passato lo sta scoprendo — ahimè — la magistratura. ciò che è più preoccupante, comunque, è che manca un indirizzo per il futuro. come se non bastasse, mentre il ministro in Commissione afferma di non sapere nulla e di non aver aperto il dossier, veniamo a sapere dalla stampa che è passato il ministro etiopico al quale sono stati promessi 140 miliardi; che è venuto il presidente argentino al quale — se ho capito bene — sono stati promessi 300 miliardi; che è passato di qui anche il ministro cileno (che immagino furibondo, visto che la promessa di aiuti al Cile risale ad oltre quattro anni fa ed ancora non hanno visto nulla), al quale sono stati promessi altri 200 miliardi. tutto questo mentre il ministro degli Esteri afferma che di cooperazione non sa nulla e che — ripeto — non ha aperto il relativo dossier. con questo ho terminato. tornerò sull' argomento con specifiche proposte allorché tratteremo più dettagliatamente dello stato di previsione del ministero degli affari esteri . voglio solo sottolineare che un tale atteggiamento non è accettabile, non è dignitoso, è miope e — secondo me — controproducente. credo si tratti di un vecchio modo di concepire la politica estera , di una « ex » politica estera , che non è più tale e che si manifesta con evidenti interferenze in ambiti nazionali. esprimo il mio dissenso su questo tipo di gestione e — lo ripeto — interverrò con una serie di proposte in sede di dibattito sulla tabella relativa al ministero degli affari esteri .