Giuliano AMATO - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
XI Legislatura - Assemblea n. 50 - seduta del 16-09-1992
Documento di programmazione economico - finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 1993 - 1995
1992 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 50
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , fin dal giorno in cui ottenne la fiducia il Governo non fece mistero della gravità della situazione economica e finanziaria nella quale si trovava il paese e nella quale si trovava la Repubblica. cominciammo ad operare mentre sul mercato monetario e finanziario italiano era in atto una crisi seria. il giorno prima della fiducia la lira era stata oggetto di gravi tensioni al ribasso e la nostra Banca Centrale era dovuta intervenire a sua difesa. ereditavamo una situazione critica ed eravamo perciò consapevoli della difficile rimonta che toccava a noi realizzare. e in questa consapevolezza ci mettemmo al lavoro, non per tamponare ma, possibilmente, per riuscire a cambiare. il lavoro ha dato i suoi frutti. li ha dati il lavoro nostro; li ha dati il lavoro del Parlamento, che rapidamente approvò la prima manovra, volta, questa sì, a tamponare il rischio di una emorragia non più contenibile del fabbisogno 1992, con quei 30 mila miliardi di cui si è discusso in quest' Aula e al Senato, a luglio e ai primi di agosto. furono avviate le privatizzazioni. fu realizzato, alla fine di luglio, l' accordo sul costo del lavoro , un elemento importante per garantire prospettive future di maggiore stabilità. fu avviato (e si sta concludendo al Senato) il lavoro di riforma sui settori della spesa pubblica , in un modo innovativo rispetto al passato. ci era capitato più volte di intervenire in queste materie, da un lato con decretazioni che effettuavano tagli volta a volta estemporanei, dall' altro con disegni di legge che servissero non a tagliare l' erba, ma a modificare le radici: disegni di legge che tuttavia, per una serie di ragioni, finivano per non arrivare all' approvazione al termine della legislatura; e quindi i meccanismi continuavano a restare gli stessi, e quindi l' erba continuava a crescere. perciò pensammo che fosse metodo migliore rinunciare al decreto di un giorno e alla riforma dei sette anni per tentare la strada della riforma dei sei mesi, con una forte azione parlamentare di definizione di principi ed indirizzi e con un lavoro successivo, il più rapido possibile, del Governo in sede di decretazione delegata, per arrivare alle riforme. questo lavoro è in corso . abbiamo però dovuto sperimentare che in un mercato fluido, caratterizzato dall' assoluta mobilità dei capitali, sottoposto a tensioni e squilibri improvvisi, difficili, molto difficili da controllare, i rischi sono elevati e spesso oggettivamente superiori alla capacità di reazione di cui noi istituzionalmente, prima ancora che politicamente, potevamo disporre. ai primi di settembre, anzi forse ancor prima, partiva una nuova ondata di tensioni nello Sme, sempre appesantito dagli effetti di quel divario tra dollaro e marco che continuava a portare capitali sul marco, continuava ad avere il marco a tassi d'interesse crescenti, in ragione anche delle difficoltà interne di controllo della liquidità della Repubblica federale di Germania , mettendo in difficoltà le altre valute dello Sme. e queste tensioni investivano le altre valute dello Sme, investivano la sterlina, investivano valute di altri paesi, investivano la lira, che ovviamente in una situazione del genere non poteva non scontare le sue storiche debolezze, che sono quelle legate al fatto che, al di là dell' azione compiuta da noi in un mese, comunque restava un alto disavanzo, comunque restava un' inflazione superiore a quella media, comunque restava un sistema di imprese più indebitato di quello di altri paesi europei e quindi più bisognoso e più esposto agli andamenti dei mercati dei capitali. la Svezia portava il suo tasso di sconto oltre il 20 per cento e poi addirittura oltre il 70 per cento . la Banca d'Italia lo portava al 15 per cento . era una risposta sufficiente. non c' erano risposte altrettanto immediate che dovessero darsi anche ad opera del Governo sul piano delle politiche fiscali e di bilancio? ecco, questo fu il problema che ci trovammo davanti non molti giorni fa (e mi sembrano tanti). per parte nostra ritenemmo, in quel momento, che non fosse giusto affannosamente anticipare una manovra di bilancio che, comunque, era destinata ad arrivare in queste Aule alla fine del mese e che non fosse utile inseguire tensioni a volte amplificate, inseguirle in modo emotivo, con il rischio di improvvisare. ritenemmo, in coscienza, che fosse utile rafforzare gli strumenti della manovra e, quindi, adottare misure che, sul versante delle privatizzazioni, sul versante del primo avvio della politica fiscale affidata a strumenti anche presuntivi, sul versante del rafforzamento della Borsa (che è un segnale importante anche per il mercato finanziario ), ci permettessero poi di collocare la manovra che avremmo fatto in un contesto migliore. certo si è che se fosse stato necessario, a nostro avviso, entrare direttamente nella materia finanziaria e di bilancio in quel momento, noi ci saremmo trovati davanti a dei problemi. era possibile, per un Governo che aveva chiesto una delega al Parlamento, senza una qualche autorizzazione parlamentare entrare nelle materie della delega con decreto legge ? è possibile per un Governo, tra una finanziaria e l' altra, tra un bilancio di assestamento e l' altro, intervenire su capitoli di bilancio e su capitoli di spesa quando magari avverta che è necessario fermare, frenare non direi emorragie, ma comunque flussi che sono incompatibili con una situazione di particolare difficoltà? fu davanti a queste domande che, pensando a strumenti che non anticipassero una manovra ma che ne rafforzassero il contesto, il Governo ritenne, proprio alla luce della situazione che stava vivendo, che potesse essere utile chiedere al Parlamento di dotare il paese di uno strumento di intervento tempestivo per fronteggiare l' emergenza economico e finanziaria. in questi giorni la discussione ha fatto ben presente a tutti che strumenti di tal genere esistono in altri paesi, che esistono, in particolare, nella Repubblica federale di Germania , con la legge per la stabilità economica del giugno 1967. come realizzare, con quale strumento, questa finalità in un paese come il nostro, con la Costituzione che ha il nostro, con le caratteristiche che ha il nostro? mi ricordai — fui io, in realtà, a farlo in quei giorni — che già nel 1985-1986 (ero allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ) questa Camera, nella I Commissione, aveva discusso tale tema in sede di trattazione di quello che era allora l' articolo 12 del disegno di legge sulla Presidenza del Consiglio e sull' attività di Governo, che poi nel disegno di legge della legislatura successiva, approvato dalle Camere e diventato legge numero 400, è l' articolo 14, quello che regola la delega legislativa. in quella occasione, un testo che venne discusso tra il dicembre 1985 ed il gennaio 1986 prevedeva una delega, anche triennale, che potesse essere data al Governo senza indicarne esattamente le ragioni. il testo recitava: « se la delega legislativa » — era l' ultimo comma dell' articolo 12: il presidente Labriola lo ricorderà — « è conferita per un tempo superiore a due anni, il Governo può esercitarla, riferendo alle Camere, anche mediante più atti successivi, purché ciascuno di essi contenga la disciplina complessiva di un oggetto definito » . ne discutemmo, e in quella situazione — lo dico perché risponde alla verità dei fatti — fu il collega Giovanni Ferrara a sostenere l' utilità di una simile previsione, soprattutto allo scopo di governare con strumenti all' altezza di uno Stato moderno le situazioni di crisi economica . e il riferimento da parte sua alla disciplina tedesca derivava anche, tra l' altro, oltre che da ciò che disse, dai suoi scritti precedenti. su questo si aprì un dibattito fra di noi. ricordo, e sta scritto negli Atti parlamentari , che l' onorevole Battaglia, che era relatore, era d' accordo con questo testo. l' onorevole Labriola ed io esprimemmo delle riserve perché ritenemmo che, se si trattava di intervenire su emergenze economiche (questo lo dissi io espressamente nel gennaio 1986), era necessario che venissero indicate in modo più preciso le circostanze che consentivano al Governo l' esercizio di un potere del genere, altrimenti c' era il rischio di dare al Governo un potere elevato e non sufficientemente determinato nei presupposti. perciò in quell' occasione fummo anche su questo d' accordo, signor presidente , e decidemmo che fosse più opportuno accantonare il problema, in attesa di una migliore definizione dei presupposti per l' esercizio dei poteri di emergenza; stabilimmo altresì che la delega ultrabiennale venisse riservata a quei casi in cui essa deve essere esercitata con una pluralità di atti riferiti ciascuno ad oggetti distinti. fu questa poi la conclusione alla quale arrivò anche la legislatura successiva e la legge numero 400. il problema di cui ho parlato rimase da parte. ho fatto questa rievocazione non per cercare un comodo paravento, ma per sottolineare che il problema che abbiamo voluto affrontare in questa occasione era già stato preso in considerazione dal Parlamento. se ne era già discusso senza clamori, anatemi e senza eccessi. simili reazioni non si erano registrate neppure in relazione alla sostanza dei testi che, quando vengono discussi in Parlamento, sono l' oggetto vero del dibattito, della controversia, e comportano che tra colleghi si dibatta con serenità sui modi migliori per risolvere il problema sollevato. ciò è quanto accadde in quell' occasione, quando nessuno di noi ebbe la sensazione che si stesse discutendo di sovvertire o meno la Repubblica. per quanto concerne la delega, è rimasta in piedi la soluzione proposta e si è cercato di rispondere agli interrogativi rimasti sul tappeto in quell' occasione definendo il presupposto necessario per concedere la delega in modo da sottrarla ai rischi di arbitrio del potere politico . rifacendosi al modello tedesco, si è previsto che l' accertamento dello stato di emergenza economico-finanziaria non sia dell' organo politico, ma di un organo tecnico. come ho già detto al Senato, in una situazione del genere questa ci è parsa una scelta fondamentale, proprio per l' esperienza che tutti abbiamo. sappiamo infatti che quando si affida l' accertamento dell' emergenza all' organo politico, vi è il rischio che l' organo politico stesso inventi emergenze insistenti per esercitare poteri dei quali sarebbe bene non si avvalesse, oppure che non veda o finga di non vedere le emergenze esistenti perché... non c' è bisogno di ridere, lo so già, onorevole La Malfa ! come dicevo, le emergenze esistenti devono essere viste per quello che sono e non devono essere nascoste per dissensi 0 impotenze interne all' attività politica. di qui — ripeto — l' idea di affidare l' accertamento dell' emergenza stessa ad un organo tecnico; di qui ancora l' idea di definire i poteri facendo riferimento a fasi estremamente specifiche dell' intervento finanziario, con il presupposto che si tratti comunque di interventi ai quali si viene abilitati tra una finanziaria e l' altra al fine di garantire il rispetto di obiettivi definiti in situazioni di emergenza. perciò si tratta esclusivamente del potere di sospendere impegni di spesa anche per gli esercizi successivi, del potere di sospendere o bloccare il ricorso al credito da parte di organi nazionali e locali quando l' onere ricada in tutto o in parte sullo Stato, del potere di modificare aliquote fiscali, del potere di accelerare progetti di investimento. sono questi quattro i punti ai quali la delega si riferisce: nulla di meno, ma neanche nulla di più. a proposito del primo punto, voglio ricordare che, in base alle regole oggi vigenti, i tentativi che sono stati fatti, in situazioni difficili, dai diversi governi di sospendere impegni di spesa al di fuori della legge finanziaria o del bilancio di assestamento hanno trovato un convinto diniego da parte delle Camere. lo feci io, da ministro del Tesoro , nel 1988, quando prima del bilancio di assestamento mi trovai in una situazione difficile: il provvedimento da me presentato venne respinto perché non era consentito dalla legge di contabilità, la quale permetteva di intervenire sugli impegni di spesa solo in occasione del bilancio di assestamento. altrettanto è successo al ministro Carli. l' unico caso che io abbia presente di abilitazione a far questo al di fuori dell' assestamento è proprio quello del decreto legge adottato dall' attuale Governo nel luglio scorso, che venne approvato con questa specifica motivazione: la vacanza di poteri determinata dalle elezioni in prossimità della presentazione del bilancio di assestamento aveva determinato una situazione per la quale non era stato possibile intervenire in quella sede. con questo ho inteso precisare la verità dei fatti e ribadire che, trattandosi di un disegno di legge , ovviamente va discusso qui esattamente con lo stesso spirito con cui nel 1985-1986 discutemmo del medesimo problema in sede di Commissione affari costituzionali. si può discutere della durata della delega, si può discutere se siano sufficientemente precisi i criteri che, memore di quel vecchio dibattito, io stesso ho concorso a definire, prevedendo maggiori vincoli e precisazioni dei limiti delle sospensioni di impegno e delle variazioni di aliquota che si possono apportare...... prevedendo un rafforzamento del rapporto Governo-Parlamento che nel provvedimento proposto è articolato attraverso una Commissione bicamerale perché, proprio in relazione alla tempistica di queste misure, non si è ritenuto possibile utilizzare lo schema dell' invio alle Commissioni parlamentari che entro un certo termine esprimono un parere, ma occorre una interazione più ravvicinata tra l' organo parlamentare ed il Governo. di tutto questo sarà giustissimo discutere e, ovviamente, è possibile qualunque cambiamento che garantisca meglio il Parlamento sul fatto che gli si chiede di conferire in suo nome non un potere illimitato, ma un potere definito per intervenire, quando necessario, in situazioni definite e delimitate. si possono modificare anche la qualità e le caratteristiche dell' organo tecnico a cui è affidato l' accertamento: l' importante è che sia un organo tecnico e che non sia direttamente l' organo politico ad autocertificare l' emergenza. ritengo si tratti di un problema che dobbiamo affrontare ora, perché lo lasciammo da parte nel 1985-1986. c' è in esso, permettetemi di ribadirlo, un nodo essenziale della vita delle democrazie, le quali nelle occasioni di emergenza ormai, di fatto, affidano gli interventi esclusivamente alle autorità monetarie, perché le emergenze economico-finanziarie esigono interventi rapidi e gli unici organi del nostro tempo forniti della necessaria tempestività ed istantaneità di decisione sono gli organi monetari. il risultato è che tutte le azioni che possono tenere conto dei riequilibri economico-sociali — cioè azioni di politica fiscale e di bilancio che nelle medesime situazioni potrebbero essere necessarie — non vengono realizzate oppure giungono in ritardo; rimane pertanto, soltanto ed esclusivamente, l' intervento monetario. tutto questo provoca effetti di squilibrio sulle nostre società, effetti che generalmente hanno un rilievo sociale non lieve; provoca inoltre analoghi effetti sui sistemi istituzionali, giacché si registra un fattore di lenta e progressiva corrosione dell' autorità democratica degli organi di derivazione democratica. non è un caso che la parte più sviluppata della nostra Comunità Europea abbia finito per essere quella monetaria (che è venuta crescendo sulla forza dei poteri delle autorità monetarie); che siano rimasti molto più deboli gli organi ai quali dovrebbe essere affidata la coesione economica e sociale dei popoli europei ; che vi siano perplessità in Europa sulla costruzione che andiamo realizzando, costruzione che pure dobbiamo difendere e far crescere: perplessità che nascono anche dallo squilibrio che i cittadini d' Europa avvertono tra la forza del potere monetario e la perdurante debolezza del potere politico democratico della Comunità. siamo, dunque, di fronte a questo tipo di problema, che vi segnalo con uno spirito che è mio. a volte vengo rimproverato perché « ragiono troppo » . non credo che tra le virtù di un presidente del Consiglio vi debba essere quella di non ragionare; vi espongo quindi il problema in termini riflessivi, di ragionamento, perché vi sono argomenti che è essenziale, a mio avviso, prendere in considerazione. la soluzione spetta al Parlamento. concludo con una riflessione: guai a fare di questa vicenda un diversivo! non può essere un diversivo! se avessi previsto lo svolgimento di una discussione di questa portata e di queste dimensioni (che, alla luce del modesto precedente del 1985-1986, francamente non mi sarei mai aspettato), probabilmente, nonostante consideri essenziale la richiesta, l' avrei presentata successivamente, insieme al disegno di legge finanziaria. oggi dobbiamo lavorare sul concreto. questo strumento ci permetterà domani di affrontare meglio situazioni come quella che si registra oggi ed era dunque stato pensato come uno strumento connesso alla legge finanziaria . guai, però, a farne oggi un diversivo! ora, nell' emergenza ci siamo e dobbiamo comunque affrontarla con gli strumenti che abbiamo a disposizione. la deve affrontare questo Governo; la deve affrontare questo Parlamento; la devono affrontare — come già stanno facendo in questi giorni di difficoltà e di preoccupazioni determinate dalla svalutazione della nostra moneta rispetto alle altre valute europee (alcune delle quali, per altro, da ieri sono in difficoltà) — tutti i cittadini. tutti debbono affrontare la situazione di emergenza con senso di responsabilità , guardando all' interesse nazionale e non alle convenienze egoistiche, particolaristiche, partitiche, di ciascuno. lo dico oggi senza alcuna retorica. queste sono le classiche parole della domenica, ma questa settimana valgono con grande peso nei durissimi giorni feriali che stiamo vivendo. credo, cari colleghi , che in questi giorni siano in gioco interessi più grandi dei nostri: dei miei, come presidente del Consiglio , di quelli dei ministri e dei sottosegretari che mi stanno accanto, degli interessi riconducibili a voi, che rappresentate — come noi rappresentiamo, in quanto parlamentari — un po' della nostra collettività nazionale. dobbiamo assicurare all' interesse nazionale , in questo difficile momento, la possibilità di prevalere e di essere tutelato. perché queste sono sempre situazioni particolarmente difficili per un paese; queste sono le situazioni nelle quali, se non si è in grado di riconoscere quale sia l' interesse del paese e di occuparsi in primo luogo di esso, si rischia di danneggiarlo per il sol fatto che ci si sta occupando d' altro. non si tratta — per l' amor di Dio ! — di nascondere la verità (al contrario!): si tratta però, per una volta (questa volta), di adoperarsi per vincere le tensioni esistenti, di far sì che esse non siano utilizzate strumentalmente, né da parte del Governo né da parte di nessun altro, perché la nostra collettività può uscire a testa alta da questa vicenda. vi posso assicurare che il Governo non ha altra ambizione che non sia quella di concorrere a tale risultato: non ha altri risultati da perseguire. già da domani, nella riunione del Consiglio dei ministri (che prevediamo di svolgere in anticipo rispetto alla norma, perché venerdì io sarò a Firenze per un incontro bilaterale con il cancelliere tedesco), definiremo i termini e alcuni degli strumenti per rendere sin da ora credibili i risultati che ci ripromettiamo di raggiungere con la legge finanziaria per il prossimo anno e per il prossimo triennio. dobbiamo esser certi, garantendolo in modo sicuro sin da ora, che nel 1993 si produrranno significativi progressi in termini finanziari. nel 1993 dovrà esservi un significativo avanzo primario — non meno di 30 mila miliardi — che ci metta comunque al riparo dall' andamento di una spesa per interessi che è largamente al di fuori dal controllo nazionale e che, tuttavia, dobbiamo essere in condizioni, per quanto ci riguarda, di portare verso una discesa. se per realizzare tale obiettivo sarà necessario fare ciò che non si è mai fatto, e cioè fermare la spesa al netto degli interessi ai livelli nominali del 1992, noi faremo anche questo. negli anni passati si è lavorato, sembra con grande fatica (e me lo ricordo io stesso per avervi partecipato in ruoli non secondari), per assicurare che la spesa avesse andamenti coerenti con tassi di inflazione programmati. se ora la spesa, per garantirci tale risultato, dovrà invece restar ferma ai livelli nominali di quest' anno, ebbene essa resterà ferma ai livelli nominali del 1992, con gli aggiustamenti che ne potranno derivare al suo interno, nei vari settori. dovremo adottare le misure necessarie a garanzia di questo risultato fin d' ora per dare fiducia al paese, per dare fiducia ai risparmiatori e per tranquillizzare una situazione di tensioni sul mercato finanziario e monetario dalla quale, altrimenti, potremmo rischiare conseguenze che il paese non merita e che il paese è in condizione di evitare. questa Camera, quando ci ha accordato la fiducia, ci ha affidato un compito: avvertiamo che esso è più difficile, molto più difficile, di quanto tutti, credo, avevamo in quel momento pensato: eppure sapevamo che era un compito non facile. noi chiediamo solo di poter svolgere il nostro dovere, di assolverlo; di assolverlo con determinazione e con continuità in un momento nel quale null' altro sarebbe ammissibile. poi sarà il Parlamento a giudicare quello che dovrà venire.