signor presidente , signor ministro della Giustizia , colleghi, per diversi motivi ho ascoltato gran parte del dibattito attraverso Radio Radicale . se le registrazioni di una buona parte di questi interventi, o di una parte a volte buona di alcuni di essi, fossero ascoltate nei dipartimenti universitari o in quella grande facoltà di democrazia che dovrebbe essere una società civilmente organizzata, credo che le notazioni tecnico-giuridiche di grande valore civile del presidente della Commissione giustizia, per esempio, provocherebbero qualche riflessione sul carattere di certi apporti e di certe presenze parlamentari. mi riferisco all' invito all' approfondimento di alcune dinamiche nei processi, di alcune innovazioni che egli ha colto in maniera magistrale da operatore, da avvocato e da giurista, introducendo taluni elementi di preoccupazione relativamente alla dinamica processuale se saranno accolte alcune riforme ed innovazioni alle quali, pure in sé, non si oppone. ma stiamo attenti a questa distruzione continua del processo sia esso civile o penale, cioè del meccanismo della giustizia, che rischiamo di constatare. credo che non varrebbe la pena di spendere più di una parola per ricordare che, in realtà, da Tangentopoli fino alla forma più crudele di mafia e di camorra è presente una supplenza rispetto all' incapacità dello Stato di far funzionare positivamente e tranquillamente l' amministrazione della giustizia , innanzitutto quella civile che, non a caso, è la grande scomparsa dai nostri dibattiti. nelle grandi e grandissime città il cittadino, ormai nell' 80 per cento dei casi, se ha problemi di crediti, di debiti, di eredità, di ricatti, di assicurazioni e via dicendo, per il momento ha solo la possibilità di rassegnarsi o, altrimenti, di ricorrere in certi casi a poteri impropri (bustarelle, raccomandazioni, tangenti) o alla mafia, alle mafie. a livello pretorile, a fronte della mancata possibilità di riavere un credito dal proprio debitore, sempre più nella nostra società vi è chi ha tentato — ma non riesce più — il « mestiere » del fallimento, del mandare in protesto i propri impegni. questo solo per ricordare con umiltà, quasi con sciattezza, un aspetto della decomposizione della società e del disparire dell' amministrazione della giustizia civile, che non presenta vicende clamorose, anche per la cultura specifica dei nostri mass media . non è, tuttavia, che non ci sarebbero continuamente titoli da prima pagina relativamente alle aberrazioni che accadono attraverso il ricorso alla giustizia civile. vorrei ricordare semplicemente l' interesse appassionante che hanno avuto mesi e mesi di audizioni di quel processo, ignorato da tutta la grande stampa e da tutti i cronisti giudiziari, che poi si è chiuso in prima istanza con la clamorosa condanna di gran parte del nostro potere finanziario, dei tenutari dei santuari, dei sacrari e dei sepolcri imbiancati del potere finanziario del nostro paese. lì vi erano cose favolose. ora, dobbiamo inserire tutto nel giusto contesto: venti anni fa in Italia avevamo a che fare, per quel che riguarda ad esempio la Rai-TV ed i giornali, con una classe dirigente giornalistica (quindi di mediazione, di comunicazione e di informazione nei confronti dell' opinione pubblica ) costituita in gran parte da bravissimi arrivisti, da traditori, da fedifraghi delle istanze e delle speranze del mondo, della cultura liberaldemocratica... ricordo che nel 1976 Tg1, Tg2 e Tg3 erano, se possibile, ancora peggiori di oggi, per l' accanimento, per il carattere di vero e proprio tradimento consapevole ed arrivistico, calcolato e realizzato con arte. non dimentichiamo il telegiornale di Barbato...! oggi, invece, abbiamo purtroppo una classe dirigente giornalistica — come forse lo è anche la classe dirigente della giustizia — cresciuta con altri valori. la partitocrazia è un sistema politico , è un regime politico , ha i suoi valori, in particolare i valori dell' emergenza; si esprime attraverso persone che hanno determinate nozioni dello stato di diritto — ne abbiamo avuto in Cossiga e, oggi, in Forlani, gli esempi più illustri — e che, in realtà, nella pratica politica e di potere, esprimono l' emergenza e, in fondo, l' assenza dello Stato, il mero scontro delle forze, di partiti e di parti organizzate che dettano i loro comportamenti, le loro moralità e, per questo, ci creano dei problemi. l' ho presa alla larga, almeno in apparenza, per arrivare a parlare del decreto. vorrei dire al ministro di grazia e Giustizia che noi, contrariamente a quanto riportato dai giornali, avevamo approvato la decisione del Governo di porre la questione di fiducia sul decreto economico. in quell' occasione, avevamo ricordato ad una sinistra piagnona (unita generalmente dai funerali politici e a volte — ahimè, purtroppo! — dai funerali di qualche democratico, in tutto il mondo ma soprattutto in Italia) che un Governo onora l' opposizione contro la quale pone la questione di fiducia . ho ricordato ai compagni del Pds ed a quelli di Rifondazione comunista — che in quel caso avevo definito « comproprietà » del Pci, perché erano veramente unificati nel riflesso — che in quest' Aula i governi Andreotti del 1976-1977 usavano ricorrere alla fiducia contro quattro deputati — quelli di DP non erano mai molto presenti! — pur disponendo di una maggioranza del 96 per cento . all' epoca, noi ci alzavamo per dire che bene faceva il Governo, se lo riteneva opportuno, a porre la questione di fiducia , considerando legittimo il ricorso a quest' ultima, nonostante quando ciò avvenga si sacrifichino alcune cose e ci si assuma delle responsabilità. ho ricordato, in sostanza, che era legittimo e difendibile porre la questione di fiducia — e chi ne era « vittima » sottolineava appunto tale legittimità — da parte di un Governo nei confronti di un Parlamento dove sedeva una maggioranza del 92 per cento (dopo l' acquisto di metà del gruppo del Msi, fatto allora in quelle condizioni)... che un Governo, nelle condizioni attuali, con l' uso dell' assassinio, cosa già tentata negli anni della strage di Milano e poi ripresa in occasione delle stragi terroristiche, con l' uso dell' assassinio in prima pagina per gestire le situazioni politiche e di potere (e magari non solo quelle...!)... in queste circostanze noi non avremmo trovato nulla di anormale se fosse stata posta la fiducia. certo, abbiamo riscontrato come questo dibattito possa servire al Governo. la presenza, sicuramente attenta, del ministro di grazia e Giustizia al dibattito odierno certamente gli avrà consentito di acquisire spunti per comportamenti successivi, notazioni, aspetti da approfondire, nel quadro della collaborazione tra Esecutivo e legislativo. credo che se siamo dei seri garantisti, e noi lo siamo (non ho minimamente l' intenzione di accettare il terrorismo antigarantista o progarantista che viene fuori)... ho ascoltato con profonda partecipazione la prima parte, dell' intervento svolto oggi da Alfredo Galasso. mi sembra — dico mi sembra — che il gruppo al quale Galasso appartiene eccella nell' anatema, che non è uno sport diciamo tollerante. oggi ho invece potuto constatare come tutta la prima parte del suo intervento — almeno tre quarti , considerato che non ho potuto seguire l' ultima perché distratto anche dalle telefonate — abbia espresso considerazioni esattamente coincidenti con quelle che vorrei sottoscrivere parola dopo parola. ed è un merito sicuramente del Governo e del ministro di grazia e Giustizia l' avere creato finalmente la possibilità di svolgere un dibattito — ancorché clandestino — su tale materia: clandestino non perché siamo in pochi (parliamoci chiaro!), ma perché tutto ciò che vale il ceto dirigente giornalistico non è capace, anche se lo volesse, di trasmetterlo. lo può trasmettere solo come documento senza mediazione. non conosco una sola delle grandi firme della cronaca politica o di quelli che siedono, o dovrebbero sedere, in tribuna stampa in grado di fare una sintesi — come si faceva negli anni Cinquanta per i dibattiti parlamentari — dell' intervento di Martucci. non è che non lo vogliono fare, ma non lo possono fare, non sono stati scelti per tali servizi: si tratta di giornalisti che circolano nel palazzo e che ignorano totalmente ciò che accade qui dentro, che spesso invece è cosa molto importante. avrei preferito in primo luogo la questione di fiducia . perché, ministro? perché continuo ad essere certo che in democrazia è molto spesso più importante « chi fa che cosa » che il « che cosa stesso » ! certo, se dobbiamo decidere, in presenza di un monopartitismo e della dittatura o meno, allora si sceglierà di votare in una direzione; ma in democrazia le capacità di governo, le garanzie, le virtù e i vizi di un membro di Governo sono molto più rilevanti, nella laica attenzione alla politica, delle differenze programmatiche, se non sono addirittura contrapposte! è indubbio, ora, che in ciò che il Governo ci propone vi è innanzitutto la continuità di una risposta (una risposta che mi pare più rigorosa, più coraggiosa, in qualche misura un po' provocatoria, un Po « viriloide » ); ma si tratta di una risposta che, con quei centotredici provvedimenti, il nostro Parlamento dal 1982 in poi, in dieci anni, ha avuto la responsabilità di avere accettato di votare a ripetizione! intendo riferirmi a quella cultura politica , a quella scelta di Governo che però si spiega con il fatto che non abbiamo governi di legislatura e non abbiamo piani e programmi di legislatura. non abbiamo una maggioranza, un blocco sociale , culturale e istituzionale che porti avanti un obiettivo e una proposta ed una opposizione che cerchi di portarla a sua volta a compimento. proprio nei governi di coalizione e nelle opposizioni a coalizione... nel nostro sistema infatti, oltre ai governi di coalizione, esistono le opposizioni a coalizione. nell' esprimere il « no » alla fiducia ai governi, la somma totale dei « no » rappresenta una coalizione: è una somma, non un prodotto! così sono molto disparate le motivazioni dei « no » . alla base del sistema proporzionale (riconfermato come grande « affetto » dal mio amico, compagno e collega Craxi, mi pare proprio in queste ore) e di quella falsa adesione al sistema maggioritario che prevarrà nell' ambito della Commissione bicamerale (con l' ausilio del Pds, della Dc e di quasi tutti gli altri gruppi), vi è qualcosa di profondamente diverso. credo che noi, probabilmente, non riusciremo a portare a compimento le scelte relative alle questioni economiche, alle questioni di diritto, alle grandi scelte e al passaggio davvero al diritto post-Rocco (e peggio Di Rocco ...!), se non risolveremo a monte questo problema di blocco politico e di riforma istituzionale di un certo tipo. se continueremo ad andare avanti lo faremo un po' proporzionalmente, con un tantino di antigarantismo, con un tantino di garantismo... anche il partito repubblicano , ad esempio, procede nel seguente modo: con un tantino di « crispino » di La Malfa , con un tantino di garantismo sennato di Ayala. nella sostanza, vengono fuori dappertutto queste insalate italiane e siciliane e non russe, che sono poi le nostre realtà legislative ed operative. mi sarei quindi trovato anche in minore imbarazzo (per la verità è che lo sento molto) nel votare contro! è noto che, ad esempio avrei preferito di gran lunga (forse, avrei commesso un grave errore, ma ritengo comunque opportuno assumersi le proprie responsabilità) che a presiedere questo Governo fosse stato l' attuale ministro di grazia e Giustizia, con l' attribuzione (a ciò non avevo pensato, però non si sa mai...!) dell' incarico di ministro di grazia e Giustizia all' attuale presidente del Consiglio . adesso ci sto pensando; forse andrebbe meglio l' amico Galasso rispetto a qualcun altro: comunque non entro nemmeno troppo nella questione! di fatto, voto contro poiché non ho fiducia innanzitutto in questo Governo; perché è vero che nella situazione attuale della politica italiana , in regime parlamentare , molto più che a dei pastrocchi (ci sono ottimi pasticci: i soufflé possono essere da alta cucina o anche da pessima) ci troviamo a dover corrispondere ad esigenze diverse. a conti fatti, in termini di archetipi o di richiami ancestrali piuttosto democratici, garantisti e laici da parte del nostro ministro di grazia e Giustizia, in un Governo che è quello che è ed in un Parlamento che deve dare altre cose, essendo governati non dalla serietà dei programmi e delle scelte politiche di fondo ma attraverso i media, dobbiamo dire: mandiamo l' esercito! che il mandare l' esercito sia una risposta che può impressionare per cinque minuti (una volta si diceva: la massaia; io non ci credo) quello che ascolta la televisione, è indubbio; ma io penso che già adesso, nel proseguire dell' operazione, nel vedere alle televisioni di regime e di zeloti di servi e padroni di regime, i nostri ragazzi che partono... l' altro giorno (sembrava che partissimo per l' Iraq) ho ascoltato una bellissima battuta di un nostro soldato di Bolzano che — poverino! — con la divisa italiana (e parlando malissimo l' italiano) era contentissimo di andare a portare l' ordine in Sicilia: era una scena patetica e bella! ma queste cose sono illusorie: sappiamo che mandare l' esercito di leva — di leva! — in Sicilia è una risposta di tre minuti; sicuramente però, nei confronti della « guerra » (come la definite voi: io non la chiamo così) in corso , i grandi padroni della mafia sanno che tutto ciò creerà loro qualche problema per due o tre settimane, che bisognerà richiamare i ragazzi degli scippi nei quartieri, che occorrerà circolare un po' meno, finché la cosa non si slabbri, come si slabbrano naturalmente certe strutture. che cosa dispiace? che in questa logica alla fine c' è la pena di morte . nella risposta di tipo severamente ed intimamente efficace in cui con il mezzo che si sceglie si prefigura il fine e si crea la struttura, vi è per forza il dover ricorrere continuamente a dati psicologici contro e verso la folla. non posso che dire che sono stanco di questo che un tempo era ostruzionismo ed ora non lo è più. nel 1978 ho depositato la riforma Pisapia; siccome se la tenevano nel cassetto, l' ho depositata con la mia firma, e non perché volessi fare uno scippo. la riforma Pisapia, tutta quanta, fu un progetto Pannella; poi fu alla base della riforma. io l' ho presentata ed ogni volta mi si accusava di fare ostruzionismo perché chiedevo che rispondessimo al degrado della giustizia accelerando le cose e non aspettando quindici anni prima di aver un nuovo processo penale . lo abbiamo avuto ed in questo sono dispostissimo a riconoscere — magari anche con il ministro di grazia e Giustizia — che c' è un riflesso di pigrizia (perché, come sappiamo, tale è un riflesso ideologico). certo è che l' idea che cominci ad essere legittimata la scomparsa formale dell' aspetto contraddittorio del formarsi della verità può dar vita in me ad una risposta non sufficientemente da politico di diritto positivo , e può darsi che in me invece agiscano riflessi addirittura filosofici e non ideologici, poiché tutti i processi che mi interessano e che riconosco come vivi, vitali e civili sono quelli contraddittori del formarsi della volontà politica, legislativa, penale e così via . in sostanza, è difficile da accettare l' idea che non si possa vedere il difensore o il pubblico; siamo abituati a ritenere che il pubblico nei processi — l' istituto della pubblicità — sia quello a cui si è ridotto da noi: ma inizialmente era la città che partecipava. insomma, è un problema di controllo... ecco, dunque, che la mia reazione all' idea di non poter sentire il tono delle parole, di non poter guardare la faccia del testimone o quella del presidente, è un po' automatica: sono il primo a dirlo. me ne sono reso conto e per questo sono portato ad essere più attento. per quanto riguarda il problema della difesa dei pentiti, il collega Galasso ricordava qualche momento fa il dibattito svoltosi a Tg5. ebbene, devo dire che in quella sede non erano presenti uno sciasciano o un radicale: non potevano esserci. altrimenti, avrei ricordato che la questione dei pentiti non era come veniva descritta. era qualcosa di diverso: all' epoca si era instaurata una dinamica, per cui vi erano 17, 22, 25 pentiti univoci. la reazione, quindi, non era ideologica perché eravamo in presenza di un uso di determinate dinamiche cui si faceva ricorso. devo dare atto al collega Ayala di avere ricordato alcuni giorni fa che mi trovai in qualche difficoltà rispetto a taluni ambienti — che alcuni chiamerebbero ultragarantisti — nel considerare il problema a Napoli e poi a Palermo; infatti, in quell' occasione dissi che non si poteva minimamente confondere il « processone » di Palermo con quello di Napoli. in realtà, la mia sola vera obiezione al processo di Palermo era che ci trovavamo in presenza di un milione di pagine da acquisire: se esistessero un avvocato puro ed un imputato puro, che volessero studiarsi le carte del processo per un reato associativo, avrebbero qualche imbarazzo di tipo economico o di qualche altra natura. era questa la mia obiezione. d' altra parte, difesi la non equiparazione. allora, dobbiamo tener presente che i pentiti vanno difesi, così come vanno difesi i diritti dei cittadini e che questa difesa va condotta nel migliore dei modi, poiché deve essere nostro onore. in proposito, fra l' altro, ricordo che Epaminonda è sempre stato un iscritto al partito radicale ; avevamo gli antipentiti e i pentiti, perché in realtà chi vive nel mondo allucinate di queste vicende forse ha un sentimento più limpido di quello che noi rappresentiamo con riferimento alla certezza del diritto e alla non parzialità (un po' di giustizia per gli Andraus come per gli Epaminonda e gli altri). lei ha avuto alcune soddisfazioni con il decretone signor ministro: giustamente con gli ultimi atti le è stato riconosciuto un miglioramento da diverse parti. tuttavia, lei ha anche ascoltato il presidente della Commissione giustizia esprimere molte riserve, pur confermando la sua piena fiducia. penso che anche in questa circostanza non valga la pena compiere un percorso diverso da quello prospettato dal collega Galasso: egli ha detto che dobbiamo rispondere con il diritto, alzare la bandiera della certezza del diritto contro quella mafiosa; ha aggiunto che non ci si può rispondere che su questo piano siamo stati battuti, perché una linea del genere non e mai stata adottata. quindi, non è vero che, avendo fatto certe scelte, siamo stati battuti: non le abbiamo mai fatte. siccome le cose stanno così, è ora di tentare una risposta di questo tipo. non sono d' accordo con il collega Pappalardo, il quale pure dal suo punto di vista ci ha segnalato spunti utili. per quanto riguarda il problema dell' unificazione delle forze di polizia , ritengo che essa debba essere costituita dall' unità di comando e dalla specializzazione per settori e professioni; occorreranno dieci anni, ma è ugualmente necessario muoversi in... questa direzione. immettere, invece, organi di coordinamento significa aggiungere alle forze di polizia un' organizzazione di coordinamento: dunque, soltanto un qualcosa di più. sul problema della superprefettura, signor ministro, non ho fatto scandali: sono contro i prefetti, ma non per motivi ideologici. sono della scuola « via i prefetti » , della scuola di Luigi Einaudi. siccome la partitocrazia ha scelto un' altra strada illusoria, viene fuori come conseguenza il « via i prefetti » , « via lo Stato » , « via la nazione » delle leghe. evidentemente, se nel nostro incedere politico abbiamo grandi ipotesi di fondo, di società, dobbiamo dire che, naturalmente, avete tenuto i prefetti e dovete fare i superprefetti. è una via che, mi pare, non sta poetando molto lontano. così sulla superprocura, che probabilmente andava benissimo sul piano dell' operare politico immaginandola in funzione — all' inizio dicevo che la personalizzazione della lotta politica è doverosa, storica — di Falcone. poteva essere efficacissima anche se ero contrario all' impostazione, ma mi sarei arreso per i motivi che ho detto prima. a volte posso preferire una cosa che tendenzialmente non amo gestita da qualcuno che mi pare essere la persona giusta nel momento giusto, riservandomi per il dopo. ma questo metodo è pericoloso, perché in effetti è caduto forse anche per questo. certo, perché i primi colpi che hanno raggiunto Falcone non erano strettamente di piombo; erano morali e di altra natura. lì si è cominciato a sparare, perché era passato dalla sua parte, perché era per la superprocura. poi sono arrivati anche gli altri, perché la mafia sa che quando si centralizzano i saperi, si centralizzano in qualche misura anche i poteri ed è più facile decapitare dall' altra parte; c' è un' efficienza. oggi è stato ricordato, mi pare ancora da Alfredo Galasso e da altri amici, il giudizio di Falcone: la mafia non è un fatto emergenziale, ma endemico, quindi è difficile cercare di farla scendere in battaglia, in uno scontro alla Waterloo o altro. anche queste erano notazioni giuste. però l' avete voluta, l' avete imposta; adesso ci sono solamente quelli che non la volevano, che urlano, nel gioco delle parti all' italiana, perché questo lo capisco. ecco, forse una riflessione: potevamo — ma avremmo avuto bisogno dell' aiuto di Giovanni Falcone in questo caso — fare l' economia di quell' esperimento emergenziale. poi Borsellino, adesso mi dicono che Vigna non vuol fare il bischero, non vuole accettare. non so come andrà, però è indubbio che tutto questo è già molto logoro, se è vero come è vero che ormai il superprocuratore è divenuto una rivendicazione di coloro che non lo volevano in termini di dialettica antigovernativa, in qualche misura, tanto per fare la prova. mi auguro, invece, che venga presto un Governo che sappia di avere dalla sua tempo sufficiente, adeguato, lungo e basi chiare e solide nel paese, perché quello che sicuramente lei e ciascuno di noi tenterebbe di fare è di edificare nel tempo quello stato di diritto , armandolo: cioè, quelle strutture di presenza sul territorio, informatizzate, massicce quanto necessarie. potremmo anche chiedere ad un sociologo, al di là di quanti bambini figli di forze dell'ordine negli asili e nelle scuole elementari della zona possono creare alcune dinamiche... termino dicendo che sono convinto comunque che la mafia, se è la mafia, è perdente in modo tremendo. cosa voglio dire: voi avete quella che chiamate mafia ed è il portato del proibizionismo sulla droga e del regime degli appalti congiunto. quelli sono le Chicago moderne di questi affari. se invece è la mafia, la sua caratteristica era che si muoveva nella società siciliana come pesce nella propria acqua, che era il common law , che esprimeva, contro gli Stati o contro un regime di classe, un dato di consenso di massa, magari attraverso il terrore. ma nel momento in cui questa mafia ammazza i padri, i figli, le nonne, i bambini, nel momento in cui è disumana non rappresenta un ordine alternativo, ma un disordine, non rappresenta l' onore di quello che non parla, di uno che si contrappone, di uno che sacralizza addirittura il diritto che ha altre cose, che non ha quindi un punto di riferimento . hanno paura l' uno per gli altri; i mafiosi probabilmente avevano, entro certi limiti, comunque fiducia nella lealtà mafiosa, nel senso dell' omertà. oggi sa che il fratello ammazza ed è costretto a farlo sempre di più. se avessimo una classe dirigente nell' insieme capace di cogliere questo aspetto, allora altro che guerra, altro che combattenti! siete vigliacchi, impotenti; voi tutti che state all' Ucciardone, credete di essere potenti perché avete i telefonini, e invece dovete vergognarvi dinnanzi ai vostri figli. non potete nemmeno più mandarli ad Harvard o altrove: allora potevate farlo, oggi non più. oltre tutto allora vivevate a lungo, adesso invece morite presto. è questo che si dovrebbe cominciare a dire. bisognerebbe indicare quanto « homo mafiosus » vive in media; probabilmente si avrebbe una media di 31 o 35 anni; e questo dato è vero a Reggio Calabria e altrove. dovremmo mostrare un' altra capacità di parola e affermare ciò che io stesso ho già detto. Palermo non gronda disperazione; e sono contento della correzione che Alfredo Galasso oggi ha apportato. lo dissi subito: solo grazie ai mass media non si capì che nella folla accorsa per Falcone non c' era disperazione, rabbia e violenza; vi erano alcuni gruppi che hanno dato corpo a tutto questo. poiché sono anche un militante, mi sono diretto verso questi gruppi, che venivano scelti dalle nostre televisioni come rappresentativi di Palermo, e vedevo che si trattava di dieci persone, mentre altre cinquecento ti stringevano la mano, esprimendo ben altro. solo due persone di queste mi hanno insultato, e probabilmente sono le stesse che hanno tentato di sputare addosso al Capo dello Stato . ed è quel gruppo di mafiosi di altra organizzazione di Cosa nostra che, nei margini della forza pubblica di Palermo e di qualche sindacato di quella città, ha organizzato con qualche magistrato di Caltanissetta quell' operazione ignobile sul caso Marino. questi torturatori, sediziosi, sputatori per motivi demagogici. collega Galasso, ho sentito con le mie orecchie in un' assemblea di poliziotti ad altissimo livello uno dei grandi leader nazionali del Siulp — che è un nostro collega — affermare, dopo il caso Marino e l' assassinio di Cassarà, di non avere più saliva, tanto aveva sputato addosso al ministro dell'Interno e al capo della polizia di allora. oggi è un parlamentare. Palermo ha applaudito Ayala; non che lo conoscesse, ma non appena ne ha avuto la possibilità, non appena la famiglia Borsellino ha rivolto quell' invito, abbiamo visto questa Palermo applaudire commossa, in qualche misura sentendo di poter vincere e che la mafia, cioè coloro che hanno compiuto determinate azioni come organizzazione a delinquere, come esercito, sarà battuta non nel lungo, ma nel breve o medio termine. a maggior ragione noi non dobbiamo pensare di risolvere i problemi con i superprefetti. signor ministro, sono tutte cose che dovremo togliere di mezzo se vorremo avviare una riforma democratica dello Stato. ho parlato in modo molto disordinato per esprimere alcune opinioni, ma anche per far presente al ministro e a noi stessi un' osservazione che non è di faziosità. il contributo di Galasso o di Martucci e di altri in quest' Aula sarebbe da trascrivere e da inviare a quanti debbono discutere su cosa sia la legge è il diritto, perché sono apporti importanti. tutte queste riflessioni, però, poi non si traducono in nulla. ecco perché allora dico che mi dispiace, e che avrei preferito votare contro la fiducia se il Governo l' avesse posta sull' approvazione dell' articolo unico del disegno di legge di conversione e del decreto legge numero 306. e non vi è in questo nessuna contraddizione per chi si augurava di avere un Governo Martelli (e quest' ultimo è ministro di grazia e Giustizia); anzi a maggior ragione avrei preferito affermare di non votare la fiducia al Governo. e non perché questo centotrentatreesimo provvedimento sia così aberrante, ma perché voi non mi date alcuna garanzia di poter andare avanti con questi strumenti, poiché non sono adeguati. voto contro voi, così come oggi siete organizzati e costretti ad operare. voglio che ve ne andiate! voglio che ve ne andiate d' urgenza, come quadripartito, con questo assetto e con questa decisione che avete assunto all' inizio di chiudervi agli apporti, militanti ma anche responsabili nel paese, di tante forze che oggi o sono forze di Governo o non sono nulla, né all' opposizione né al Governo. pertanto, il mio « no » è deciso, sia perché gli emendamenti non hanno corretto l' impostazione generale, sia perché comunque per noi è più importante chi fa queste cose, se è adeguato, che la correzione delle stesse. un « no » deciso da parte del non sterminato e non determinante gruppo federalista europeo.