Emma BONINO - Deputato Opposizione
XI Legislatura - Assemblea n. 176 - seduta del 07-05-1993
1993 - Governo Ciampi - Legislatura n. 11 - Seduta n. 176
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , colleghe e colleghi, signor presidente del Consiglio , nel mio intervento mi riferirò solo ad una parte del programma che lei ha esposto: alle iniziative e alle analisi di politica estera . mi richiamerò ad alcuni spunti che lei ci ha offerto, sforzandomi di proporre iniziative che ritengo urgenti. di norma nel programma di Governo vi è una parte dedicata alla politica estera , ma devo riconoscere — e la ringrazio — che nel suo tale parte è estesa e tocca diversi temi. non altrettanta attenzione — ahimè — questo argomento ha ottenuto nel dibattito parlamentare ; e me ne dispiace. ma anche da ciò lei può forse capire la solitudine politica su iniziative che, come presidente del partito radicale transnazionale, ho la responsabilità di intraprendere in via prioritaria . mi dispiace perché questo è il sintomo, il segno di un Parlamento e forse di un' opinione pubblica totalmente concentrata sui problemi interni, ignara e forse inconsapevole della rilevanza che le questioni internazionali hanno — e sempre più a mio avviso avranno — , anche in rapporto alla soluzione delle vicende non solo italiane, ma di tutte le nazioni. oggi la politica cosiddetta estera, la politica estera (userò questa definizione, a mio avviso impropria, ma che va per la maggiore), viene gestita non molto diversamente da quanto accadeva un secolo fa. è politica esclusiva di governi, di ministri, spesso di ambasciatori o di funzionari. ma, nonostante tutti riconoscano che non esiste più la politica estera perché l' interdipendenza economica l' ha trasformata in politica economica , agricola, di sicurezza, sociale, dell' occupazione, e anche se alcuni sono consapevoli che non esiste più un solo problema politico che possa trovare una soluzione adeguata a livello esclusivamente nazionale, ci si ostina ugualmente a gestire la politica estera al di fuori del contraddittorio democratico, delle regole democratiche, del coinvolgimento dei cittadini, del voto degli elettori. il divario straordinario e, devo dire, controproducente tra chi ha responsabilità di Governo e i cittadini, gli elettori, è esattamente la motivazione vera, di fondo, per cui, al di là di declamazioni, non si sente — da anni — la necessità, la priorità, l' urgenza di intervenire ad esempio nella ex Jugoslavia. tutto ciò per una ragione molto semplice. la nostra (e dico « nostra » non in senso di italiana; vorrei che questo fosse molto chiaro) classe politica e anche di Governo può tranquillamente permettersi di essere assente e nella sostanza alla fin fine complice di Belgrado, semplicemente perché non rischia neppure un voto (né qui né in altri paesi) se così facendo consente il genocidio di un popolo. questo è il problema di fondo , per quanto riguarda in particolare la politica estera ; questo è il nodo, il vincolo che fa sì che le classe di Governo siano in qualche modo isolate rispetto all' opinione pubblica , quindi al voto degli elettori, dei cittadini. mi sforzerò di offrire a lei e al ministro degli Affari esteri qualche proposta di iniziativa, a partire dal problemi aperti sulla scena internazionale in particolare dopo la caduta del muro di Berlino , che tutti hanno visto e fotografato, anche se pochi hanno consapevolezza delle conseguenze di quella caduta, per esempio a proposito dei temi della pace e della sicurezza o di guerra e pace. qualcuno si era illuso, per esempio, che la caduta di quel muro significasse automaticamente avviare lo sviluppo democratico dei paesi dell'est . è giocoforza constatare che non è così e che in molti casi ci si è fermati o si rischia di fermarsi di fronte a nazionalismi ciechi ed autoritari, tanto più pericolosi in quanto non esiste più Yalta, o l' ordine del terrore, come lo si chiamava, che, al di là dei suoi limiti, ha perlomeno garantito che i conflitti rimanessero regionali: se si muoveva l' Afghanistan intervenivano i panzer da Mosca, se si muoveva Panama se ne occupava qualcun altro, ristabilendo l' ordine del terrore, se vogliamo, che però ha consentito all' Europa di vivere quarantacinque anni di pace bianca, nordista, europeista (e francamente un po' razzista nella sua indifferenza e nella sua non assunzione di responsabilità, tutti presi, i Dodici, singolarmente e insieme, a rimettere in piedi le proprie economie alla fine del conflitto della seconda guerra mondiale ). tutto questo non esiste più. non è solo caduto il muro di Berlino , è caduto un equilibrio su cui si reggeva sostanzialmente la divisione del mondo ed anche, in modo a mio avviso certo poco rispettoso di diritti e di regole, la cosiddetta tutela della pace. oggi l' Europa non può permettersi di non assumere responsabilità specifiche sulla scena internazionale. non possiamo più consentirci di essere una banca, di essere governati da banche senza un controllo dialettico e democratico. non possiamo più limitarci ad occuparci dei fatti nostri senza assumerci responsabilità precise. dopo la caduta dei muri e lo scioglimento dei blocchi, in quest' era di interdipendenza planetaria, sempre più forte si è fatta l' esigenza di istanze e di istituzioni sovranazionali cui appellarsi per la tutela dei diritti della persona e dei popoli, cui trasferire i poteri per la risoluzione delle più gravi controversie internazionali ed alle quali affidare il compito di fronteggiare le più pericolose minacce per l' umanità. noi radicali oggi non siamo più soli nell' affermare, come abbiamo fatto per anni, il diritto dovere di ingerenza nei casi di violazione di principi del diritto internazionale . ma a tale esigenza, sempre più diffusa nell' opinione pubblica e in una parte consistente delle classi politiche , non corrisponde alcuna azione volta a dotare l' Onu e gli altri organismi internazionali di quella legittimità democratica e giuridica nonché degli strumenti indispensabili per poter esercitare con autorità un potere anche sanzionatorio sovranazionale. ben pochi passi sono stati compiuti per superare la vecchia concezione del diritto e della sicurezza internazionali basati sugli organismi intergovernativi e sulle forze di difesa nazionali, o al massimo multinazionali. le vicende della ex Jugoslavia, per esempio, dimostrano non solo e non tanto l' inadeguatezza delle Nazioni Unite nell' espressione della loro volontà politica, ma l' inadeguatezza delle forze di peacekeeping costrette ad operare con uno statuto che sappiamo quale sia in una regione in cui non vi è alcuna pace da mantenere, ma semmai c' è una pace da costruire. anzi sono costretti ad assistere impotenti, con il loro statuto di peacekeeping, all' affermazione di un genocidio di cui finiscono per diventare obiettivamente, agli occhi delle popolazioni, persino dei complici. credo che da tutto ciò occorra uscire. non si tratta di ipotesi di un nuovo ordine internazionale. se non si fonderà un nuovo diritto positivo internazionale su nuove leggi, che abbiano efficacia sovranazionale (e poi tornerò sulla riforma democratica del sistema delle Nazioni Unite ), credo non contribuiremo neanche per una briciola a creare le basi per una situazione diversa. e la situazione nella ex Jugoslavia è tanto più grave perché rischia di essere un precedente pericoloso per altre tensioni che pure già covano sotto la cenere; rischia di essere il precedente di un dittatore che ha potuto aggredire, di una politica che ha potuto espandersi senza che nessuno intervenisse. penso ad altri conflitti già in corso : armeni e atzeri, per citarne uno; penso alla Moldavia, per esempio, e a tutti gli altri casi nei quali un nazionalismo constata che nessuno interviene per fermarlo; anzi, pur deplorandolo, tutti con esso dialogano, trattano, cercano di persuaderlo, sapendo perfettamente di non sortire alcun effetto. oggi, quando sembra si stringano alcune decisioni, abbiamo il nuovo alibi. come lei sa, di tregua in tregua, di cessate-il-fuoco in cessate-il-fuoco (tutta la comunità internazionale si è fermata in attesa che esso venisse rispettato), si è compiuta l' aggressione serba. oggi le tregue non sarebbero più credibili: e allora, che cosa ci inventiamo? un referendum il 15 maggio! tutti fermi perché il 15 maggio c' è un referendum tra la popolazione serbo-bosniaca per decidere il da farsi. e in questi quindici giorni, mentre tutti aspettiamo che il popolo si pronunci, altre aggressioni avranno luogo e forse anche le uniche due città rimaste salve cadranno, dopo che sono state dichiarate città protette dalle Nazioni Unite . sarà un ennesimo schiaffo al diritto o a quello che resta del diritto internazionale ! se questa è la realtà, signor presidente del Consiglio , vorrei soffermarmi soltanto su alcune proposte. credo non esista alcuna politica senza regole e senza diritto. del resto, la convivenza tra i cittadini all' interno di uno Stato non è basata sull' amore o sull' odio (sentimenti che possono venir meno) bensì su regole e su autorità preposte a farle rispettare, in modo da far convivere anche persone che si detestano; certo non è basata sulla legge della giungla , su chi si fa giustizia da sé. ci si appella ad un' autorità terza (che funzioni o meno è da vedere), affinché i nostri diritti siano rispettati. ebbene, lo stesso concetto deve oggi valere per la convivenza tra i popoli e le nazioni. quindi, un nuovo diritto, ma anche e soprattutto nuovi strumenti per farlo rispettare. mi riferisco agli strumenti ispettivi e di controllo autonomi e a disposizione delle Nazioni Unite , in funzione preventiva; mi riferisco a meccanismi sanzionatoli e credo si debba dar atto al precedente Governo, e all' ex presidente del Consiglio , onorevole Amato, in particolare, di avere insistito con forza, insieme all' attuale ministro Conso, per il progetto — almeno quello! — del tribunale internazionale ad hoc per i crimini della ex Jugoslavia come base — spero — per il futuro tribunale permanente per la verifica e l' approvazione della convenzione sul genocidio, la numero 1938, e della Convenzione di Ginevra per i diritti umani . lo stesso può dirsi non solo nel campo dei diritti umani , ma anche nel campo ambientale, per esempio. che cos' è, signor presidente del Consiglio , una convenzione che non abbia strumenti ispettivi autonomi e che non abbia un' autorità preposta a farla rispettare? che cos' è, anche solo in termini ambientali, una convenzione sulla biosfera o sul diritto del mare che non abbia un' autorità preposta dotata di strumenti ispettivi e sanzionatoli autonomi? si tratterebbe di appelli, di manifesti, di auspici, di buone intenzioni, ma niente altro! credo che dobbiamo porci questo problema. le propongo quindi, signor presidente del Consiglio , di vigilare e di essere molto determinato in merito all' istituzione del tribunale permanente contro i crimini, primo esempio di un' autorità con poteri sanzionatoli per il rispetto e l' applicazione di convenzioni già sottoscritte (anche in altri campi, ma soprattutto in quello di cui si parla). le propongo altresì di prendere in considerazione la possibilità di applicare l' articolo 43 della Carta delle Nazioni Unite , che riguarda i corpi a disposizione. occorre anzitutto osservare che l' attenzione viene rivolta esclusivamente alla natura e al ruolo delle forze combattenti a disposizione delle Nazioni Unite . dal momento che sono una non violenta, determinata e convinta, mi interessa molto di più il rafforzamento degli strumenti preventivi e di quelli finalizzati alla dissuasione. mi riferisco cioè a tutte le azioni preventive di pressione, anche aggressiva, di guerra non convenzionale, che potrebbero rendere non necessario o comunque non automatico l' impiego delle armi per imporre il rispetto del diritto. tralascio il problema relativo alla vendita delle armi e al controllo su di essa. mi corre peraltro l' obbligo di rilevare che il ridimensionamento degli eserciti nazionali nella nuova ottica introdurrebbe sul mercato un numero enorme di sistemi d' arma a basso costo senza alcun controllo. non ho mai visto costruire la pace con armi disseminate ovunque! le propongo, signor presidente del Consiglio , di verificare, proprio in termini di controllo preventivo (quindi dissuasivo), la possibilità di creare corpi da assegnare alle Nazioni Unite , magari costituiti da giovani che svolgono il servizio civile alternativo a quello militare e che vengano addestrati alla guerra non convenzionale. questo potrebbe forse essere un obiettivo da perseguire, non solo nel nostro paese. si potrebbe avanzare tale proposta anche ad altri Stati, coinvolgendo finalmente governi, diplomatici, esperti, parlamenti ed opinione pubblica , cioè il singolo cittadino. ritengo che avere una possibilità del genere non sia di poco conto . d' altra parte, la conferenza sui diritti umani delle Nazioni Unite , che si riunirà tra poco a Vienna, ha una scadenza che mi auguro il Governo vorrà non sottovalutare, ma cogliere per rilanciare le proposte e le iniziative in corso (per esempio il progetto sul tribunale internazionale) e per riflettere su altre iniziative che sono necessarie. concordo con quanto ha detto, signor presidente del Consiglio , quando nel suo intervento ha parlato della necessità di rafforzare le Nazioni Unite . spero di averle offerto qualche proposta non velleitaria, anche se non risolutiva dell' intero problema; non credo infatti alle riforme risolutive e al tempo stesso praticabili. il raggiungimento di questo obiettivo tuttavia è possibile solo se si provvederà anche al rafforzamento democratico delle Nazioni Unite , ovvero se si procederà ad una prima svolta democratica. in caso contrario, non sarà accettabile né sarà accettato da nessuno un puro rafforzamento degli esecutivi. voglio a questo riguardo formulare due proposte. non si tratta solo di ridiscutere la composizione del Consiglio di sicurezza , decidere cioè se la Germania debba o meno entrare a farvi parte come membro permanente. si tratta, forse, di pensare ad un seggio permanente per l' Europa, e non per questa o quella nazione europea. in occasione del cinquantenario delle Nazioni Unite , forse è pensabile, anzi io credo sia doverosa e necessaria, l' istituzione di un' Assemblea parlamentare permanente nell' ambito delle Nazioni Unite , dotata di poteri consultivi, almeno sui temi più importanti. forse potremmo seguire l' esempio del Parlamento europeo prima delle elezioni dirette , quindi ad elezione delegata; ma credo che se non cominceremo a coinvolgere i cittadini, quindi i diretti rappresentanti, quindi i parlamentari, in tale intero ambito, anche nella discussione della trasformazione democratica delle Nazioni Unite , lasceremo inalterato quello che oggi è un processo decisionale ademocratico, perché basato solo su accordi tra gli esecutivi. vorrei avanzare poche proposte, signor presidente , che però ritengo possibili, e vorrei altresì spendere una parola soltanto su un tema spinoso, nel nostro paese, che lei non ha sfiorato ma che è in discussione in tutto l' ambito internazionale: parlo della cooperazione allo sviluppo. esiste certamente un problema italiano particolare su cui non voglio neanche soffermarmi; ma vi è, nel contempo, un problema di ridiscussione, a livello internazionale, del significato della cooperazione negli anni Duemila. a cosa deve servire? al riguardo pongo subito una domanda: ha ancora senso, oggi, la cooperazione bilaterale? che senso ha? o non dovremmo oggi pensare sempre di più ad una cooperazione multinazionale, ma controllata in ambito Nazioni Unite o Comunità Europea ? se oggi per spostare una nave, da guerra o no, nell' Adriatico occorre sentire e mobilitare l' Ueo, la NATO, il Consiglio di sicurezza e non so chi altro, che senso ha più — ammesso che l' abbia mai avuto, se non in termini postcoloniali — la cooperazione bilaterale Italia-Benin? mi sfugge; ma, a maggior ragione, il significato di tale attività mi sfugge, se è vero il quadro che ho delineato prima. se la cooperazione non ha come obiettivo l' elargizione di un po' di carità pelosa, la gestione affaristica o malaffaristica (nella quale, peraltro, non siamo, soli, ma ben accompagnati); se non ha per obiettivo lo smercio di tecnologie e di prodotti su altri mercati (tecnologie giustamente obsolete, e mi pare evidente!); se questo non è l' obiettivo, ma essa costituisce esattamente una delle componenti per costruire quella che possiamo definire la global new security ; se ci si rende conto che il problema della povertà, della bomba demografica, del divario nord sud è una minaccia alla pace ed alla sicurezza; se tutto questo è vero (come mi auguro altri possano ritenere) ebbene, signor presidente del Consiglio , il problema non è quello di un sottosegretario con delega alla cooperazione. ciò non perché si sia registrato chissà quale recente incidente, ma perché se tutto ciò — ripeto — è vero, se ci si rende conto che anche in tale settore si è seduti su una bomba ad orologeria (di cui pare, invece, che non ci rendiamo conto), problema che non vogliamo affrontare, se quello è il senso della cooperazione, credo sia necessario pensare ad un' autorità politica, di status adeguato, che ovviamente in collaborazione con il ministero degli Esteri — non può essere schizofrenica rispetto ad esso — si assuma questa parte di responsabilità, nell' ottica complessiva di contribuire alla creazione della pace e della stabilità. si tratta quindi di poche proposte, signor presidente del Consiglio , ma tali da non poter essere tutte avviate da un qualunque governo che abbia solo il dubbio di essere a termine. anzi, se lei ha tale dubbio, per la credibilità complessiva in ambito internazionale sarebbe preferibile, da parte nostra, non iniziare nulla; piuttosto aspettiamo: saremo più credibili. mi auguro, tuttavia, che nella sua replica lei voglia davvero esprimerci, comunicarci la sua determinazione, la sua ambizione di affrontare tale questione — o le altre (ma, intanto, io mi occupo di questa) — , che ritengo indispensabile nella costruzione di un futuro così prossimo, un futuro quasi di ieri, non di domani. è questa assicurazione che forse mi aspetto da lei; e, ancora, forse attenzione su qualche proposta spero non velleitaria. sappia che, se questo sarà, la forza politica che in qualche modo sto tentando di organizzare, quei 500 parlamentari sparsi in tutto il mondo iscritti al partito radicale (e 200 sono qui, in questo Parlamento) saprà sostenerla. credo che potremmo essere una forza di impegno reale per la costruzione del diritto, senza il quale nessuna convivenza è possibile perché, in sua assenza, trionfa solo la legge della giungla !