Giuliano AMATO - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
XI Legislatura - Assemblea n. 170 - seduta del 21-04-1993
1993 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 170
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , il voto referendario rende definitiva e irreversibile, caricandola di significati chiari e concreti, una fase profondamente nuova che aveva preso a manifestarsi da diverso tempo, di sicuro dal 9 giugno di due anni fa. mai in passato il voto popolare era stato sollecitato, e si era conseguentemente espresso, su un numero così significativo di quesiti e su quesiti di così profondo ed incisivo impatto istituzionale. in gioco erano le regole per la formazione della rappresentanza parlamentare e, di riflesso, dello stesso Governo. in gioco era il ruolo dei partiti e con esso le forme ed i modi organizzativi della politica. in gioco era l' assetto di importanti funzioni pubbliche , fra Stato e regioni, fra Stato e mercato. l' indicazione è stata chiara. si vuole cambiare e si indica la strada del cambiamento, che è certamente politico ma è innanzitutto istituzionale, è di riforme a profonda valenza istituzionale. si vuole un nuovo Parlamento, ma lo si vuole in primo luogo diversamente eletto. su questo la scelta degli elettori sovrasta oggi, legalmente per il Senato, politicamente anche per la Camera, le nostre preferenze e le nostre propensioni. si vogliono inoltre partiti diversi, che dovranno essere tali perché destinati al vaglio di nuovi sistemi elettorali e perché non dovranno più attingere a capitoli del bilancio statale. cerchiamo di esserne consapevoli: l' abolizione del finanziamento statale non è fine a se stessa , esprime qualcosa di più, il ripudio del partito parificato agli organi pubblici e collocato fra di essi. è perciò un autentico cambiamento di regime, che fa morire dopo settant' anni quel modello di partito Stato che fu introdotto in Italia dal fascismo e che la Repubblica aveva finito per ereditare, limitandosi a trasformare un singolare in plurale. con assonanze profonde, che investono la crisi di rappresentatività da cui oggi sono afflitti non soltanto i tradizionali partiti... per l' amor di Dio , colleghi, cerchiamo di capirci! è l' idea del partito legato prevalentemente agli organi dello Stato . come dicevo, vi sono assonanze profonde, che investono la crisi di rappresentatività da cui oggi sono afflitti non soltanto i tradizionali partiti, ma gli stessi sindacati. non a caso rischiano anch' essi un referendum, non a caso, più accorti e sensibili di altri, stanno da soli cercando di rinnovarsi, dando alla propria rappresentatività un nuovo fondamento elettivo. se è così, questo Parlamento si trova in una singolare condizione, solo apparentemente contraddittoria: quella di veder superate le regole da cui è nato, quella di essere investito dagli elettori dell' irrinunciabile compito di modificare tali regole e di preparare e organizzare così il cambiamento richiesto. non è affatto una condizione impossibile e sbaglia chi la considera tale. rispecchia una vicenda intervenuta già altre volte nella storia e che fa carico al prima di organizzare il dopo. una vicenda che è stata e che viene vissuta in situazioni in cui il prima e il dopo sono stati o sono ben più drammaticamente contrapposti di quanto in fondo accada oggi da noi. così è stato nella Spagna del dopo Franco — un passaggio, addirittura, di regimi profondamente diversi — , così è proprio oggi in Sudafrica, così è stato da ultimo in buona parte delle transizioni che sono intervenute nel mondo già comunista. e ne abbiamo una traccia nel nostro stesso Parlamento, dove siedono i rappresentanti di un partito che fu comunista e i cui dirigenti abbiamo tutti in buona fede accreditato non sulla base del loro passato, ma della loro manifestata e sincera intenzione di passare dall' autoriforma del comunismo all' abbandono di esso. se così non fosse, se quest' accreditamento in buona fede venisse negato a chi in buona fede può meritarlo, in un momento come quello attuale ben pochi di quanti siedono in questo Parlamento sarebbero legittimati a parlare del nuovo: piaccia o non piaccia il nuovo di cui parla ciascuno di loro, sarebbero soltanto i colleghi della Lega, dei Verdi, del gruppo federalista europeo, della Rete e pochissimi altri. il compito certo non è facile, ma è ineludibile, se non si vuole che il cambiamento avvenga generando il contrario di ciò che si chiede e avvitandoci in un circolo vizioso di instabilità e di frammentazione crescenti. non dimentichiamo l' essenza della volontà referendaria, nelle sue originali matrici e nella sua concreta estrinsecazione. si chiede di certo e irrevocabilmente una democrazia più pulita, ma la si vuole anche funzionante, efficiente, fondata su maggioranze chiare e su governi stabili. in un' Italia sconvolta dalle vicende di Tangentopoli, dalle accuse ad importanti politici di collusioni con la criminalità organizzata , è reale il rischio che fermenti di protesta e sentimenti di rivolta crescano senza trovare risposte. ma della risposta non può non far parte quel miglior sistema di governo che da tempo è stato indicato e che è capace di colpire alle radici il male che ci sta sovrastando. non abbiamo detto tante volte che c' è una sicura correlazione fra la corruzione diffusa ed il sentimento di impunità che cresce in una democrazia senza alternanza? non abbiamo visto perciò nella corruzione diffusa l' intossicazione finale del sangue di un organismo democratico privo di quei periodici ricambi di cui si avvalgono le democrazie funzionanti? se è vero che non casualmente l' esplosione avviene dopo la fine del comunismo, al venir meno cioè della ragione storica che aveva impedito l' alternanza, la risposta a ciò che sta accadendo è riassorbire la protesta in una democrazia non più bloccata, è costruire schieramenti che concorrano fra loro per governare, è costruire — mi sia consentito dirlo — quella sinistra di Governo di cui l' Italia ha non un minore, ma un crescente bisogno: una sinistra che non si limiti alle marce, alle proteste, ai proclami ed agli anatemi, ma che sappia tradurre tutto ciò in scelte ed in decisioni responsabili, capaci di reggere e di produrre effetti positivi in quel villaggio globale che è il mercato internazionale, che è in primo luogo l' Europa, in cui siamo e dobbiamo restare inseriti. non meno che per la costruzione della nuova politica e delle sue regole, il tempo che è davanti a noi è prezioso per il Governo della nostra economia, che avrebbe anch' essa danni gravi e forse irreparabili da un vuoto di Parlamento e di Governo accompagnato da prospettive di futura e indecifrabile incertezza. i segnali non tanto di ripresa, quanto di maggiore fiducia che vengono oggi dall' economia sono dovuti essenzialmente alla svalutazione della lira, che ha certo allentato un vincolo troppo a lungo irrigiditosi attorno alla competitività delle nostre imprese, ma che in ogni caso può solo valere come propellente di una ripresa che è necessario fondare su un rafforzamento di tutti i fattori da cui dipendono la robustezza e l' allargamento del nostro sistema produttivo . è del resto da una ripresa così sostenuta — ed accompagnata da un' inflazione stabile nella media europea — che dipende la soluzione dei problemi più gravi, la disoccupazione strutturale e lo sviluppo del Mezzogiorno, che ancora in larga parte ci stanno davanti. in quest' ottica abbiamo lavorato da ultimo con le parti sociali , cercando di superare il rigido scambio fra sacrifici certi e vantaggi possibili e puntando piuttosto a ricondurre scelte e risorse altrimenti orientate verso le ragioni dello sviluppo industriale , di una ricerca più sistematicamente coltivata e più capace di dare innovazione, di un sistema di istruzione e formazione che accompagni e rafforzi i lavoratori in una vita segnata da cambiamenti tecnologici, che possono rappresentare la ragione della loro mobilità, non la premessa della loro emarginazione. è questo un lavoro che mi auguro sarà continuato, perché è questo il terreno su cui è possibile costruire il futuro. ed è qui che si incontra lo zoccolo duro e sommerso dello stato sociale all' italiana, uno Stato che non fu plasmato soltanto con servizi costosi ed inefficienti, ma che disperse, e tutt' ora disperde, risorse in posti che non danno lavoro, pesando per ciò stesso sulla base produttiva , impedendone l' allargamento e impedendo così la formazione di posti di lavoro vero. in questo contesto difendere in modo esasperato il presente significa contrastare il futuro. in questo contesto l' eliminazione delle aree di perdita è nell' interesse della comunità nazionale e in primo luogo dei lavoratori, per i quali le perdite di esercizio di un' impresa significano riduzione di investimenti in aree che allargherebbero realmente la base produttiva . trova qui una delle sue radici — non ancora adeguatamente affrontata — la grande questione del debito pubblico . dopo decenni di saldo negativo fra spese correnti ed entrate correnti, è stato raggiunto nel 1992 un saldo primario grazie ad interventi che lo stesso Fondo Monetario ha ritenuto non effimeri ed ha come tali apprezzato. « il vostro Governo » — ha scritto pochi giorni fa il Fondo al ministro Barucci — « ha avviato un set di politiche che possono finalmente raddrizzare la finanza pubblica italiana » . ma la montagna del debito pubblico è ancora in buonissima parte da scalare. ciò che abbiamo fatto è stato mostrare il sentiero da percorrere e muovere su di esso i primi passi . mi auguro che possa essere mantenuto l' impegno, da noi assunto, di predisporre la finanziaria in anticipo e di presentarla a luglio, accompagnata da misure che coprano, in coerenza con essa, la seconda metà del 1993, definendo così un arco di intervento e di controllo che vada dai prossimi mesi alla fine del 1994. per l' immediato abbiamo approntato proprio in questa settimana le misure necessarie per riassorbire i 13 mila miliardi di maggior fabbisogno evidenziati dall' ultima relazione di cassa e convenuti con la Comunità Europea . per doveroso rispetto verso il Parlamento, ci asteniamo dall' adottarle in questo momento e le lasciamo in eredità al futuro. ma il discorso va e dovrà andare ben oltre misure di questa natura. dobbiamo essere consapevoli che il servizio del debito in Italia — debito dello Stato, debito delle imprese pubbliche, debito delle imprese private — raggiunge annualmente una percentuale della ricchezza da noi prodotta che è vicina, troppo vicina a quella del risparmio che gli italiani annualmente accantonano. per questo è importante la strada su cui abbiamo cominciato a metterci, le privatizzazioni e quindi l' uso del patrimonio pubblico — mobiliare e immobiliare — per sollecitare un risparmio che non può essere a lungo forzato nel circolo vizioso dell' indebitamento pubblico. considero tra le acquisizioni importanti derivanti dall' azione del mio Governo l' avvio dello scambio patrimonio pubblico-risparmio privato come mezzo per aggredire la montagna del debito pubblico . tutto questo è necessario, richiede lavoro che sarà necessario, ma non credo che possa essere il mio Governo a concorrere alla sua realizzazione. il mio Governo non si è estraniato dalle esigenze del nuovo ed ha lavorato con impegno anche nelle ultime settimane. sia pure con errori che dovranno essere corretti (penso in particolare ad alcuni aspetti del decreto sanitario per il 1993) e con lacune che mi auguro siano presto colmate (mi rammarico, in primo luogo, perché una serie di vicende ci hanno impedito di portare avanti quella delega per la semplificazione del sistema fiscale su cui mi ero impegnato proprio davanti a questa Camera), il Governo ha prodotto cesure e cambiamenti comunque importanti. e negli stessi ambiti toccati dai referendum ha assecondato e, in qualche caso, anticipato i risultati a cui essi miravano. tuttavia, il voto referendario, proprio per le ragioni che dicevo all' inizio, rappresenta esso stesso una cesura troppo rilevante perché si possa proseguire nell' azione di governo entro un quadro politico segnato da regole e vincoli che il corpo elettorale ha inteso cancellare. occorre un segno di chiara discontinuità. se vogliono davvero essere presenti ai nuovi appuntamenti a cui li chiamano gli esiti referendari, si dedichino i partiti alla ricostituzione dei fili con la società che in più casi si sono rotti, lavorino con i cittadini a dare contenuti e forma a quella politica nazionale che è l' ambito loro assegnato dalla Costituzione e che è ambito diverso, preliminare e più ampio rispetto a quello della politica di Governo. e nasca questa, la politica di Governo, e nasca lo stesso Governo che dovrà essere formato, sull' autonomia del Parlamento e delle sue articolazioni politiche, fondate esse sole, oggi, su quel mandato popolare che è, oggi, l' unica, perdurante fonte di legittimità e di legittimazione degli indirizzi e delle scelte che tra qui e le elezioni si dovranno adottare. sotto l' alta garanzia del Capo dello Stato . sono queste le valutazioni che ho ritenuto di sottoporre al vaglio della Camera. su di esse intendo ascoltare il dibattito che riterrete di aprire, per trarne al termine le conseguenze che risulteranno necessarie.