Giuliano AMATO - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
XI Legislatura - Assemblea n. 16 - seduta del 04-07-1992
1992 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 16
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , la vicenda che ha portato alla formazione del Governo è stata oggetto di questa discussione, che ha messo in luce i vincoli e le rigidità che in tale vicenda si sono manifestati, e che avrei preferito non incontrare; ma ha anche messo in luce le novità che ci sono state, che non sottovaluto, e che si riflettono ora nella varietà degli atteggiamenti parlamentari da essa emersi. in fondo, in un Parlamento così articolato, giustamente vi è qualcosa di più di un « sì » e di un « no » al Governo che vi presento. c' è una maggioranza che si è costituita e ci sono delle potenzialità ulteriori che stanno davanti a noi; e io intendo tener conto di entrambi questi fatti. intendo tener conto del primo perché l' esigenza, che esiste e che ancora avverto, di avere comunque i consensi più forti da questo Parlamento, e in particolare dalla nostra Camera, per l' azione futura del Governo non può portare a sottovalutare l' impegno e la responsabilità — perché di questo si tratta — di chi ha concorso a costituire il Governo. per tale ragione, come ho già fatto al Senato, esprimo la mia particolare gratitudine alle forze politiche e parlamentari che ci voteranno la fiducia e che si assumono con ciò, al di là di vincoli, di rigidità e di perplessità, una giusta responsabilità verso il paese, il compito non facile di sostenere un Governo che avrà, e avrà subito, un compito non facile. allo stesso tempo è giusto sottolineare che è possibile che l' azione futura del Governo incontri consensi più forti, ma ad alcune condizioni, che è bene siano chiare fra di noi fin d' ora. la prima, certo, è la coerenza, la solidarietà e l' impegno comune della maggioranza che si è costituita e, prima ancora di questo, la coerenza del Governo che questa maggioranza si accinge a sorreggere. la seconda è, anche da parte degli altri o di altri, la coerenza con ciò che tutti oggi dicono di condividere (sembra uno dei frutti migliori della tensione sacrosanta che vi è su tanti aspetti della cosiddetta questione morale ), cioè un atteggiamento, davanti alle questioni cruciali che dobbiamo risolvere, aperto a soluzioni volte all' interesse generale e non a convenienze di parte, pronto ad accettare soluzioni che corrispondono ad analisi ed a valutazioni che tutti sanno essere giuste, anche quando non lo dicono perché convenienze di partito, di consensi elettorali o di rapporti con questo o con quello possono portare a fingere che esse non siano vere. Piero Calamandrei diceva che era stupido non aprire l' ombrello sotto la pioggia quando ad avvertire che pioveva erano i comunisti. aveva ragione, era proprio stupido. poiché personalmente ho sempre condiviso e condivido questo atteggiamento, sono certo che sapremo farlo tutti in quest' Aula, anche quando ad avvertire che piove saranno questo Governo e la sua attuale maggioranza. la discussione cui ho assistito in questi due giorni — raro ascoltatore di tanti colleghi che avrebbero meritato un ascolto più ampio — mi incoraggia, in fondo, in questa direzione. se mi permettete un' opinione — non un giudizio — dopo due giorni di ascolto qui dentro, essa è che vi è del buono in questa nostra Camera tra i tanti nuovi entrati, che ringrazio tutti per ciò che hanno detto. tanti problemi sono stati sollevati con una concretezza che a volte può apparire fin troppo schietta, ma, vivaddio, sono stati presentati proprio come li sente chi vive fuori di qui, al di fuori di stilemi aggiranti e allusivi ai quali qui siamo troppo abituati. forse proprio per questo mi sarà impossibile rispondere a tutti, a tutte le questioni concrete sollevate durante questi due giorni di discussione. fra l' altro, una delle questioni sollevate è stata quella di ridurre la tendenza, presente nella politica, a sollecitare il voto di scambio . sarei abbastanza incoerente se, rispondendo a tutti, sollecitassi in questo modo un voto di scambio ; tanto più che a diverse questioni potrà rispondere soltanto la futura attività di Governo. sarei un po' ridicolo se mi diffondessi in promesse troppo simili a quelle che nella sessione di bilancio scriviamo, fingendo di crederci, quando riempiamo di provvedimenti futuri i fondi globali di parte corrente e di parte capitale. vorrei allora entrare nelle questioni, proprio per segnalare le linee sulle quali analisi giuste e nell' interesse generale dovranno, nel nostro lavoro comune, poter prevalere su convenienze di parte, rappresentando con ciò la premessa di consensi che possano rendere più forte il nostro lavoro. la prima grande questione è quella del rapporto tra risanamento e sviluppo. dobbiamo uscire dalle discussioni accademiche, dalle diffidenze e dai pregiudizi e prendere atto del fatto che non c' è contraddizione, al punto in cui siamo arrivati, tra una politica di risanamento ed una di sviluppo. anzi, dobbiamo essere tutti consapevoli che se non affrontiamo con la dovuta tempestività e severità il problema del risanamento, pregiudichiamo in modo grave il nostro sviluppo e le prospettive dell' occupazione futura. se non ci libereremo dal disavanzo, dai tassi da esso alimentati, dal risparmio che viene divorato e dalla rendita che in tale condizione si crea, non avremo né sviluppo né occupazione. a questo mi riferivo quando ho parlato di Disneyland. tale formula è piaciuta e si è giocato sulle differenze organizzative tra l' Italia e Disneyland e su tante altre cose. la sostanza di quel riferimento era che rischiamo di perdere il cuore delle nostre attività produttive , rischiamo di rendere l' Italia una terra non più adatta ad insediare attività produttive nel primario e nel secondario, rischiamo di diventare un paese di servizi, di giochi, di svago o di altro, alla cui organizzazione provvederà la criminalità mafiosa anziché lo Stato e tutti noi, come invece vorremmo e dovremmo fare. è proprio questo quello che ci dicono i tanti segnali di deindustrializzazione riscontrabili nel paese. gli ammortizzatori sociali assorbiranno nel presente i duemila posti di lavoro perduti a Chivasso, ma per le famiglie ed i giovani di quella comunità — ed è giusto che questo problema sia stato segnalato dai colleghi di Rifondazione comunista , rebus sic stantibus , viene meno la certezza di una speranza per il futuro. dobbiamo quindi creare i presupposti per ricostituire tali condizioni. questo paese pieno di debiti è guardato dal resto del mondo come un vigilato speciale. da mesi se ne osserva l' inerzia sul terreno delle politiche economiche e finanziarie, un' inerzia che noi possiamo spiegare con le nostre vicende di politica interna anche se in questo modo, comunque, non si modifica la sostanza del problema. da mesi l' autorità monetaria è sola nel garantire i capisaldi della nostra tenuta, il controllo dell' inflazione e la stabilità del cambio. è tempo di affiancarla con un' azione di governo concreta ed efficace della quale avvertiamo tutta l' urgenza. da qui il nostro impegno, che parte proprio dalla lotta all' inflazione e dalla stabilità della moneta e che deve estendersi alla politica dei redditi , all' attenzione sui prezzi, alla riduzione del disavanzo, all' intervento sui meccanismi della spesa pubblica . tutto questo — l' ho già dichiarato — deve avvenire con equità. sia chiaro, tuttavia, che equità non significa assenza di prezzi, ma prezzi equamente distribuiti. è in questa chiave il rapporto che dovrà instaurarsi tra le politiche dei redditi ed i mezzi ai quali dovremo presto ricorrere per ridurre il disavanzo. quanto al controllo dei prezzi, si tranquillizzi l' onorevole Patuelli...! l' immagine che dovrebbe venirgli in mente non è quella che riflette vecchie concezioni elaborate venti anni fa dall' onorevole Rumor, ma quella proposta dieci anni fa dall' onorevole Altissimo il quale portò, nell' ambito del Governo dell' epoca, a sperimentare un' efficace azione di controllo dei prezzi, con l' obiettivo non di tamponare il mercato o di realizzare mere azioni scoutistiche, meritorie in altri ambiti ma forse meno utili in quello specifico, ma piuttosto di effettuare un monitoraggio volto a porre in evidenza i prezzi espressivi di distorsioni di mercato e di eventuali politiche di cartello. si tratta di un orientamento che vorremmo oggi riprendere, arricchiti — come ormai siamo — oltre che dall' esperienza maturata, anche dalla presenza di un' autorità antitrust che su questo terreno rappresenta, non dico un complemento, perché sarebbe poco rispettoso, ma un fattore istituzionale nuovo di straordinaria importanza. per quanto riguarda l' intervento sui meccanismi della spesa, è riaffiorato il timore della delega. vorrei ricordare agli onorevoli colleghi che tutti, e da anni, stiamo predicando la necessità di elevare la qualità della legislazione parlamentare, portandola sul terreno della legislazione di indirizzo e di quella di principio. siamo tutti convinti del fatto che la legislazione che entra nei dettagli proprio per questo rischia di non arrivare mai in porto e quando ci arriva non riflette più in alcun modo gli indirizzi che pure il Parlamento — spesso con larghe maggioranze — era intenzionato a far prevalere. ebbene, l' istituto della delega (previsto dalla Costituzione della Repubblica con limiti di tempo, con indicazioni rigorose di principi e criteri direttivi) è il primo degli strumenti dei quali disponiamo per realizzare una delle nostre più condivise finalità: quella di legiferare per indirizzi e per principi. ed è a questo strumento che il Governo vi chiederà di fare ricorso e non ad altro! sono indirizzi che non dovranno tendere allo smantellamento ma solo al cambiamento. questo è un altro stilema che dovremmo abbandonare, se abbiamo la consapevolezza — che qui, per primo, ha enunciato l' onorevole Garavini — che siamo in presenza di situazioni a partire da quella sanitaria, che fanno ormai registrare la presenza di polizze private per i ricchi e di sussidi e servizi spesso insufficienti per i poveri. il problema, quindi, non è di smantellare qualcosa che sta funzionando, ma di cambiare ciò che deve essere messo nelle condizioni di funzionare, utilizzando per questo — lo sottolineo: anche per chi ne ha — il risparmio che mandiamo quotidianamente bruciato in un eccesso di consumi e in un' assenza di previdenza (non mi riferisco alla previdenza Inps, ma alla previdenza di ciascuno di noi per la propria vecchiaia, per il proprio futuro e per i propri figli). questa è una leva fondamentale di cambiamento delle istituzioni, dei servizi e dell' etica collettiva ed individuale del nostro paese. un cambiamento che ci deve abituare, se abbiamo la fortuna di poter accumulare risparmio, a destinarlo, anche e in primo luogo, a finalità utili. è troppo facile lamentarsi dell' eccesso di consumismo e del modello americano, se poi abituiamo tutti all' assoluta gratuità, o alla eccessiva gratuità, di servizi che il risparmio privato dovrebbe invece concorrere a far funzionare! è certo, però, che ciò serve a rendere possibile lo sviluppo; non serve e non basta a promuoverlo. vi è anche un problema di promozione dello sviluppo, oltre che di salvaguardia delle condizioni che lo rendono possibile. ed ha ragione chi chiede che, oltre a renderlo possibile, lo Stato lo debba promuovere; è vero che oggi lo Stato troppo spesso ostacola, troppo spesso spreca, troppo spesso rende impossibile ciò che invece avrebbe il compito di favorire. affrontiamo subito, allora, entrando in questo tema, la questione del Mezzogiorno e dell' attuale intervento straordinario , con lo stesso spirito che chiediamo ad altri di avere quando diciamo che cambiare certi servizi sociali non vuol dire smantellarli! cambiare le modalità dell' intervento nel Mezzogiorno non vuol dire smantellarlo, ma demolire una geografia di enti, di organismi e di nomine che assorbe tre quarti del tempo di coloro che nel Parlamento e nel Governo dovrebbero invece occuparsi dello sviluppo del sud. cambiare le modalità dell' intervento nel Mezzogiorno vuol dire anche modificare una rete di distribuzione delle risorse la cui somiglianza con la rete idrica nazionale è assolutamente spaventosa e preoccupante, se è vero — come è vero — che tra il 30 e il 40 per cento dell' acqua erogata alla fonte si disperde prima di arrivare ai rubinetti. mi auguro che l' intervento straordinario nel Mezzogiorno abbia una percentuale inferiore a questa! devo rilevare che, così come è congegnato, tale intervento non contribuisce quanto dovrebbe allo sviluppo delle regioni meridionali e crea nelle altre parti del paese una reazione di ripulsa non meno pericolosa. ed è in nome anche dell' unità nazionale che la solidarietà nei confronti delle regioni meno sviluppate deve attuarsi in modi tali da rendere trasparenti, effettivi ed efficaci i risultati che si raggiungono, perché, a quel punto, nessuna ragione valida potrà essere opposta allo sforzo nazionale che un paese deve compiere per risolvere una sua perdurante questione nazionale, quale è quella del Mezzogiorno. se è così, andando dal generale al particolare, l' unificazione del ministero del Bilancio e del dipartimento dell' intervento per il Mezzogiorno vuole avere proprio quella finalità positiva che ieri il collega Rojch giustamente riteneva essenziale, paventando che potesse averne altre che, gli garantisco, non ha. essa serve in primo luogo ad innestare l' obiettivo Mezzogiorno nell' intervento ordinario, cosa della quale giustamente chi è stato attento in questi anni al problema ha lamentato non accadere. occorre selezionare opere ed interventi prioritari ed indirizzare ad essi le risorse che servono, quale che ne sia la fonte. voglio ricordare che già nella scorsa legislatura fu discusso a lungo in Parlamento un disegno di legge che, in nome di priorità chiaramente selezionate ed identificate, destinava ad esse le risorse di tutti, si trattasse del pool delle risorse della legge numero 64 ovvero di quelle che si potevano reperire dagli stanziamenti delle amministrazioni ordinarie comunque interessate e coinvolte in un certo tipo di iniziativa. è così che si opera con la dovuta efficacia; è così che si spingono le amministrazioni ordinarie a rendersi conto che il Mezzogiorno non è un problema di altri ma è un problema di tutti. ed è questo anche il modo — mi sia consentito dirlo — per garantire a quella parte del paese che oggi giustamente si preoccupa per i fenomeni di deindustrializzazione che la interessano che l' intervento nel Mezzogiorno serve non a trasferire attività da nord a sud, privando altre zone di qualcosa, ma ad arricchire e ad espandere il nostro tessuto produttivo. lo sviluppo lo so, deve riguardare il paese intero e lo stesso Mezzogiorno e tanti altri aspetti, che è ormai difficile settorializzare in comparti distinti. e qui sono costretto a fare alcuni accenni perché il tempo è quello che è: occorre incentivare lo sviluppo della piccola e media impresa , quello di un' agricoltura che non è più soltanto tale ma anche trasformazione, commercializzazione e servizi (è questo il cuore di uno sviluppo agricolo per noi possibile e proficuo); occorre dotare il paese di quelle infrastrutture e reti che servono alla sua modernizzazione. è vero, colleghi Verdi, che in un paese di prime pietre e di completamenti mai completati sorge una legittima perplessità, a volte generale e generalizzata, nei confronti di una politica indiscriminata e non chiara nei suoi fini in materia di opere pubbliche . tuttavia, non possiamo non sapere — e lo sa chiunque viva, sia esso imprenditore o lavoratore dipendente , nei settori produttivi — che buona parte delle razionalizzazioni e degli ammodernamenti dell' attività che le imprese erano in grado, avevano bisogno e dovevano attuare sono avvenuti sul versante, per così dire, del loro foro interno. ed oggi buona parte dei costi che le rendono poco competitive nei confronti della concorrenza europea, che è poi quella che prefigura un imminente mercato unico integrato, vengono da diseconomie esterne, cui quindi dobbiamo provvedere noi, perché in caso contrario le imprese saranno indotte a cercare competitività attraverso la compressione o di altri costi o della produzione. quindi questo è un problema di tutti, indipendentemente dal nostro colore, indipendentemente dal fatto che siamo verdi o non lo siamo. si tratta di identificare quelle opere irrinunciabili ed essenziali che servono a modernizzare il paese, dandogli quelle infrastrutture di cui hanno bisogno le imprese e chi lavora. si tratta comunque di un interesse generale irrinunciabile. questi temi prioritari, per non apparire l' ennesimo indice di un libro dei sogni, devono potersi tradurre, nell' azione di un Governo, in alcune priorità specifiche di intervento. il primo terreno di azione è quello che riguarda i vincoli che oggi gravano sull' attività d' impresa, soprattutto di quella minore. giustamente Mussi — e con lui tanti altri — ieri faceva riferimento al problema fiscale; aveva ragione, non soltanto per le iniquità che il sistema presenta, ma anche per la straordinaria confusione e per quella molteplicità di tributi e di regole che oggi rendono impossibili la gestione di un' impresa di modeste dimensioni a chi tenti di contabilizzare i fattori che gravano sui suoi costi. è giusto, inoltre, dire che vi sono fenomeni di regressività delle imposte, che interessano non solo — in certi casi limitati — il lavoro dipendente , ma anche l' impresa. a livelli bassi di reddito di impresa si ha un cumulo di carico fiscale che è nettamente superiore a quello che si determina a livelli superiori di reddito: questo è esattamente il contrario di ciò che dovrebbe avvenire. la questione ambiente è ormai effettivamente una priorità per uno sviluppo industriale che sia attento alle risorse che trova ed al modo in cui le usa. qui è davvero necessario l' aiuto di tutti — ed è questo che intendevo dire — per passare da una gestione dell' ambiente come vincolo ad una gestione dell' ambiente come impulso attivo. dobbiamo metterci in condizione di impostare i nostri investimenti ed i nostri progetti — industriali o di opere — in modo da minimizzare i costi derivanti da materiali di rifiuto, di scarico o altro, che rappresentano un onere aggiuntivo per la collettività che in ogni caso qualcuno dovrà pagare. è questo che ho inteso e che credo sia giusto sostenere per quel principio generale che spesso i nostri amici Verdi enunciano: la politica ambientale come fine e non come limite o vincolo. vi è però il problema di trovarle, le risorse, e di indirizzarle agli investimenti industriali. certamente è una priorità di questo Governo completare quello che Pella legislatura precedente è stato fatto in tema di mercato finanziario , per consentire al risparmio di raggiungere l' attività di impresa passando il meno possibile attraverso i canali di intermediazione, che oggi sono spesso esclusivi e quasi sempre soffocanti. vi è la necessità per quegli investimenti pubblici dei quali parlavo di coinvolgere il capitale privato, come si fa in altre parti del mondo. ciò accade all' estero più che in Italia non perché le occasioni di investimento nel nostro paese siano peggiori, ma perché peggiore è l' amministrazione italiana, nel senso che essa non dà certezze di tempi e di modi agli investimenti che si chiede ad altri di effettuare. dunque, vi è un problema di miglioramento dell' amministrazione pubblica che si connette alla reperibilità delle risorse finanziarie per gli investimenti. ecco un' altra connessione con la questione morale : mettiamoci in condizione , con la nostra amministrazione, di avere progetti definiti fin dall' inizio; opere di cui fin dall' inizio siano definiti i caratteri, i costi ed i tempi di realizzazione. in questo modo attireremo capitali anche dall' estero per la realizzazione di quei progetti e di quelle opere e faremo venir meno l' humus sul quale fioriscono tangenti, corruzione, rigonfiamenti. vi è — ed ha ragione chi me lo ha ricordato — il tema prioritario della formazione e della innovazione. la scuola non è un tema separato di un separato servizio sociale : la scuola e la formazione sono gli strumenti attraverso i quali ci prepariamo allo sviluppo. anche qui sono convinto di ciò che abbiamo scritto nel nostro programma: dobbiamo mobilitare tutte le risorse formative di cui disponiamo. forse non è più tempo di guelfi e ghibellini in una materia come questa. e la mobilitazione di tutte le risorse formative tecnicamente adeguate a preparare i nostri giovani deve essere una priorità alla quale provvedere con tutti gli strumenti di cui possiamo disporre. anche le privatizzazioni — tomo a quanto ha affermato Patuelli — possono essere uno strumento per lo sviluppo. mi fa piacere che Patuelli abbia ricordato quanto io avevo già sostenuto anni addietro: ai fini di cura del disavanzo è assai meglio mettere le privatizzazioni a fronte dello stock piuttosto che a fronte di perduranti e ininterrotti flussi di spesa corrente . ma se vogliamo le privatizzazioni come strumenti di sviluppo, dobbiamo fare in modo che tali siano, e tali non sono sempre. vorrei davvero che su questo tema non ci fossero contrapposizioni ideologiche, che non hanno alcun motivo di esistere. Patuelli sa quanto me che vi sono in Italia esperienze di privatizzazione a seguito delle quali l' industria data al privato è stata smantellata per poter usufruire dell' area edificabile, in attesa che il Consiglio comunale fornisse i necessari strumenti giuridici. se, allora, la privatizzazione è uno strumento per gestire meglio un' impresa, io sono responsabile del fatto di scegliere interlocutori che mi garantiscano di gestirla, appunto, meglio e non di fame una pura operazione di sciacallaggio finanziario. occorre per questo rivolgersi non solo al mercato interno ma anche a quello internazionale; oltre alla garanzia ricordata vi deve essere, poi, una remunerazione adeguata per il venditore. in materia istituzionale mi fa piacere che sia stato condiviso l' impianto che il Governo ha dato al relativo capitolo e quindi il riconoscimento, a questo punto doveroso e giusto, della prioritaria responsabilità parlamentare sulla questione. siamo alla vigilia della costituzione della Commissione bicamerale; il Parlamento sta per assumere le sue responsabilità costituenti. davanti a un Parlamento che assume tali responsabilità, il Governo non può non svolgere un ruolo di sostegno, di supporto, di promozione, ma deve far sì che il Parlamento lavori. così fu per l' Assemblea costituente ; così deve essere ora. certo, il Governo non può non segnalare che le riforme istituzionali sono pregiudiziali alla funzionalità efficace di tutto ciò che dipende dall' Esecutivo medesimo, della sua stessa conformazione e dalla sua vita. quindi sa che, fino a quando non avremo raggiunto i risultati ai quali aspiriamo, vivremo in una sorta di condizione — questa sì — transitoria, come fu transitorio l' ordinamento vigente in Italia tra la fine del precedente e l' instaurazione di quello deliberato dall' Assemblea costituente . il Governo sa che vi sono finalità che devono essere realizzate; la stabilità è quanto in fondo lo interessa di più. ma non lo interessa comunque di meno la salvaguardia della rappresentatività di un Parlamento che deve mantenere tutta la ricchezza delle voci che ha, sia pure diversamente convogliate e canalizzate. non può non segnalare che oggi l' opinione pubblica chiede alle leggi elettorali non soltanto di fornire maggioranze stabili, ma anche costi inferiori di elezione. sta largamente nel costo delle campagne elettorali la matrice della corruzione politica che rischia di sommergerci. si istituisca, perciò, e al più presto, la Commissione bicamerale. so che le presidenze delle Camere stanno valutando l' opportunità di procedere, con atto bicamerale non legislativo alla costituzione immediata della commissione, salvo poi dotarla dei necessari poteri con l' avvio dell' iter fino all' approvazione della legge costituzionale , che è comunque necessaria. da cultore della materia, e non da presidente del Consiglio , posso definirla un' eccellente procedura. ha destato grande interesse e qualche polemica il tema delle regioni. si sono levate critiche al sistema regionale e si sono manifestate diffidenze; con il solito garbo, l' onorevole Valensise ieri ha parlato del peso che le nostre proposte in tema di riforma sanitaria e previdenziale farebbero gravare sulle regioni. tali riserve, però, sono fondate sull' esperienza che abbiamo alle spalle. ma a tale proposito, vale quanto affermato ieri dall' onorevole Vizzini quando si è chiesto quali regioni mai abbiamo avuto. possiamo valutare la forza di autonomia e di responsabilità di un autentico sistema decentrato in regioni ed enti locali sulla base di quella stravagante costruzione alla quale abbiamo dato luogo negli anni scorsi? abbiamo fatto convivere conati di regionalismo non realizzato con un centralismo che non ha mai smesso di esistere e che ha riprodotto, dai propri moncherini, mani e braccia spesso mostruose, che hanno continuato a ficcarsi in tutti gli affari di competenza locale, in nome dell' interesse nazionale e dei poteri sostitutivi estesisi al di là di quanto la Costituzione consentisse; in nome di un potere di indirizzo e di coordinamento che è arrivato ad essere illegittimo anche quando forse, in linea di principio , avrebbe potuto essere legittimo. ciò che noi abbiamo creato è un autentico mostro, perché abbiamo istituito amministrazioni decentrate dello Stato che hanno sopra di sé organismi elettivi; questa è un' autentica stravaganza. probabilmente commettemmo un errore negli anni 70 (allora ero un giovane consulente). non ci sono sempre gli stessi governi, anche se a volte vi sono le stesse persone, da un ventennio all' altro. negli anni 70 non ci adoperammo per l' eliminazione degli uffici centrali corrispondenti alle competenze che stavamo trasferendo alle regioni. e quegli uffici, sia pur vuoti, sono tornati a riempirsi di competenze. è un errore che non dobbiamo più commettere! vi sembra possibile, colleghi, che un' Italia come la nostra, con le diversità che ormai ha, con il bisogno di partecipazione diretta che manifesta, possa ancora essere governata interamente dal centro? vogliamo fornire a quest' esigenza come unico strumento, quello del referendum, o non è più giusto fornire anche lo strumento di un Governo che sia più vicino e più responsabile in sede locale? quante proteste vengono dal nord, incarnato nei colleghi della Lega, contro Roma! ma quante proteste in meno vi sarebbero — e gli stessi colleghi della Lega Nord saranno costretti a fame a meno — il giorno in cui nelle loro regioni essi dovessero gestire, sotto la propria responsabilità, funzioni quali oggi hanno come unica possibilità e, se vogliamo, come grande alibi, la protesta contro Roma e contro il centro! dobbiamo avere il coraggio della distribuzione delle responsabilità, non soltanto per rispondere a tali esigenze, ma anche per rendere migliore e più efficiente lo Stato centrale. occorre dare una più forte autonomia — ed insisto su questo punto — non soltanto modificando l' articolo 117 della Costituzione, ma anche salvaguardando le regioni a statuto speciale . infatti, tra le tante diversità che vi sono, per ragioni molteplici, quelle delle regioni a statuto speciale sono tuttora valide e, nel cambiamento generale, dovranno permanere. allo stesso modo dovranno esservi, da parte di tutti, comportamenti adeguati alle autonomie. il collega Passigli ha introdotto a questo proposito, tra i temi di riforma, un argomento di cui mi ero dimenticato e di cui riconosco tutta l' importanza; mi riferisco al tema dei controlli locali, che bordeggia anch' esso ai fianchi della questione morale e che, comunque, attiene alla funzionalità e alla responsabilità delle amministrazioni locali . non voglio pensare al passato che abbiamo comunque superato; certo, organismi come i CORECO sono istituzioni della cui essenzialità non sono affatto convinto. e questo appunto ci porta alla questione morale . il dibattito ha ribadito l' opportunità di abrogare l' attuale legge sul finanziamento pubblico dei partiti ed ha fornito suggerimenti utili per modificare la disciplina su un terreno che è proprio — questo sì — del Parlamento. mi sono parsi utili i temi che noi avevamo proposto nel programma di Governo , a partire da quello di una drastica riduzione dei termini della prorogatio. è un tema che fu discusso in quest' Aula, che si arenò per responsabilità diverse e che la Corte costituzionale ha riproposto da ultimo all' attenzione di tutti noi, mettendo in dubbio che quello della prorogatio sia un principio costituzionale, anzi facendo trapelare che, portato oltre un certo limite, esso diventa un principio incostituzionale, perché contrasta con l' efficienza e l' imparzialità della Pubblica Amministrazione . si è aperta così la strada per stabilire — cosa che il Governo si impegna a fare — termini rigorosi e brevi per la prorogatio, in modo tale che, scaduto il mandato, siano insanabilmente nulli gli atti che eventualmente adottasse l' organo ancora prorogato. ciò determina necessariamente per l' organo preposto alla nomina l' esigenza di provvedere al più presto, anche per non incorrere nelle inevitabili responsabilità. l' onorevole Zanone ha molto apprezzato alcuni degli accorpamenti che abbiamo realizzato; egli mi ha chiesto come mai non abbiamo abolito l' incarico senza portafoglio per gli affari sociali. non lo abbiamo soppresso per convinzione e non per convenienza. non lo abbiamo abolito perché attorno a tale incarico si accorpano ormai tutte le attenzioni di rilevanza sociale che lo Stato ha, e non può non avere, e che sarebbe assolutamente sbagliato, direi retrivo, ricondurre o alla sanità o al lavoro. esistono, infatti, profili di attenzione alla vita collettiva ed individuale, che chiamiamo sociali, che non attengono né alla salute fisica né alla qualità di lavoratore. noi non possiamo e non dobbiamo formare le coscienze, ma abbiamo interesse a come esse si formano. noi non possiamo dettare valori, ma dobbiamo essere attenti ai canali di cui soprattutto i giovani dispongono per trovarli. e mi dispiace — devo dirlo — riscontrare ancora un certo fastidio in alcuni laici di fronte a tutto questo. capisco la priorità del debito pubblico , ma le coscienze non le forma la Ragioneria generale dello Stato; semmai questa paga le conseguenze di coscienze spesso non sufficientemente formate. e allora, a questo punto si apre una serie di altri problemi. il rapporto fra l' individuo e le formazioni sociali ove si svolge la sua personalità — l' onorevole Zanone riconosce subito la facile citazione — è, non da oggi, uno dei problemi base della nostra esistenza e della nostra organizzazione. se volete proprio che lo dica, sono pronto ad aggiungere che tanto più lo è diventato oggi, dopo una lunga stagione nella quale la giusta affermazione dei diritti individuali, vissuta e propagatasi in un' organizzazione della vita cittadina collettiva di relazione che tende ad accentuare la solitudine di ciascuno nei confronti degli altri, potrebbe determinare, e forse ha determinato il rischio che la tutela del singolo in quanto tale sia vista e vissuta non come una giusta garanzia, ma come un modello generale di vita. e non può essere... e non può essere da solo un modello di vita. anch' io, come l' onorevole Pannella e l' onorevole Bonino (che ne ha parlato ieri con grande garbo), credo all' individuo; so, peraltro, che non può stare solo. tra le tante letture di cui ha parlato l' onorevole Bonino, merita di essere ricordata quella di Elias, per capire l' interazione che esiste tra noi e gli altri, nonché l' importanza che rivestono, nel bene e nel male, le formazioni sociali nelle quali viviamo per plasmarci. che tali formazioni sociali siano messe nelle condizioni di plasmarci al meglio è un interesse della collettività, ma in primo luogo di ciascuno; è il primo prerequisito della formazione dei diritti e della personalità di ognuno. certo, questi sono terreni sui quali, come ho già detto al Senato, la delicatezza deve essere pari all' attenzione. lo stesso discorso vale per i temi che riguardano in generale la bioetica e per quelli sollevati ieri dall' onorevole Casini, il quale mi ha chiesto di esprimere in questa sede opinioni su questioni in ordine alle quali ho già detto e ribadisco che non ritengo possano esservi indirizzi di Governo. questioni di coscienza, questioni che la Camera ha voluto riservare al voto segreto non possono, a mio avviso, essere oggetto di indirizzi di Governo. posso comunque dare una risposta che ritengo sia giusta. ciò che la legislazione del nostro ordinamento attribuisce alla responsabilità e alla scelta responsabile di ciascuno, sia esso uomo o donna, esige che quest' ultima sia tale; e tutto ciò che concorre a farla essere responsabile, a mettere ognuno in condizione di valutare il bene e il male, il giusto e l' ingiusto, non può non essere il benvenuto. ma ciò attiene ad un principio generale che, qui come altrove, tutti dobbiamo tenere presente. attenta è stata la discussione — mi avvio a concludere — sui temi della lotta alla criminalità. la Costituzione (di questo sono convinto e il Governo non potrebbe non esserlo, in quanto non vi è margine di dissenso al riguardo) è il percorso non debordabile nella lotta alla criminalità; lo è stato e abbiamo cercato di far sì che lo fosse nella lotta al terrorismo, non può non esserlo in quella contro qualsiasi fenomeno di criminalità. questo è comunque un binario, e noi ci aspettiamo che su di esso le misure che adotteremo siano valutate dal Parlamento della Repubblica. per parte nostra, dovremo prestare attenzione nei confronti della « macchina » ; è profonda convinzione di tutti noi che sia innanzi tutto l' efficienza del coordinamento e della presenza sul territorio a garantire ciò che deve essere garantito, per evitare la rincorsa sui cambiamenti normativi, quando intervengono. lo ha detto l' onorevole Violante: in certe occasioni serve più un fax che una pena severa. questa è una verità, da chiunque sia enunciato. l' attenzione verso il problema della tossicodipendenza non può non essere finalizzata al recupero del tossicodipendente. se nella legge che abbiamo introdotto vi sono meccanismi applicativi che non hanno funzionato, che dobbiamo rendere operativi, che dobbiamo integrare per farli funzionare meglio, tutto questo dovrà essere fatto perché è giusto che il tossicodipendente venga recuperato e non recluso. sui temi della politica estera , devo una risposta soprattutto all' onorevole Bonino, la quale ieri, nella foga dell' intervento, ha suscitato in me una replica così immediata, quando in qualche modo mi è parso che rendesse non chiaro il significato di ciò che avevo detto al Senato. io avevo affermato che ai problemi del debito del terzo mondo , ai problemi delle aree che ci sono vicine al di là dell' Adriatico, ai problemi dei paesi dell'est che si affacciano alla nuova democrazia, ai problemi dell' area del Mediterraneo che ci è più vicina, verso la cui stabilità e il cui sviluppo democratico abbiamo un prioritario interesse, noi diamo il contributo principale non già parlandone, bensì mettendoci noi stessi in condizioni di concorrere alla crescita del mondo, di avere più risorse da dare ad esso, di non vessare i paesi debitori con incrementi dei tassi d'interesse internazionale, ciascun punto del quali rappresenta risorse essenziali in meno per paesi più poveri di noi. riportavo, quindi, alla nostra capacità interna di risanamento economico e finanziario la promessa di una nostra politica estera non velleitaria e retorica, ma efficace, effettiva e concreta. detto questo, è chiaro che le risorse che comunque destiniamo all' intervento, onorevole Bonino, debbono essere ben utilizzate. da tempo ritengo (e lo dico al ministro degli Esteri ) che da noi manchi un istituto che esiste nella Banca mondiale , è utilissimo ed è determinante per la credibilità dell' intervento: un auditing eseguito da terzi, successivamente, sui risultati ottenuti da ciascun progetto che noi abbiamo finanziato, quali che ne siano state le conseguenze. questo è un meccanismo che abbiamo introdotto, ma che dobbiamo sviluppare al massimo. devo infine una risposta all' onorevole Zanone e ad altri che, tra le domande rivoltemi sulla struttura e la composizione del Governo, mi hanno anche chiesto che cosa pensassi della posizione del ministro delle Finanze , onorevole Giovanni Goria. al momento, io dispongo degli elementi che il ministro delle Finanze mi ha fornito e che sono tali da esigere che vi dia una chiara indicazione. l' onorevole Goria viene coinvolto oggi, nel rigore che giustamente tutti dobbiamo avere, in due fatti: le vicende giudiziarie che hanno cominciato ad interessare una persona che ha con lui collaborato ed un' autorizzazione a procedere nei suoi confronti che è stata preannunciata da Milano e che peraltro, a quanto so, non è ancora pervenuta a questa Camera. quanto alla prima vicenda, l' onorevole Goria afferma che la persona in questione ha collaborato con lui fino all' aprile 1988, vale a dire fino a quando rimase in carica il Governo da lui presieduto, che visse un anno, ultima vittima del voto segreto ; da allora, questa persona ha cessato (dice l' onorevole Goria, e non ho motivo di non credergli) di essere un suo collaboratore. ciò afferma l' onorevole Goria e ciò non ha motivo di essere posto in dubbio. qualcuno dice che occorre prestare grande attenzione non solo a Cesare, ma anche alla moglie di Cesare; se Cesare ha divorziato, dopo tre anni dal divorzio è difficile imputargli ciò che la sua ex moglie viene facendo. in ordine alla seconda vicenda, stando ancora a quanto mi ha riferito l' onorevole Goria, l' autorizzazione a procedere sarebbe stata chiesta non per una imputazione che deve essere elevata, ma per un proscioglimento che non potrebbe essere pronunciato se l' autorizzazione a procedere non venisse concessa. si tratterebbe, perciò, non di un' accusa il cui fondamento non è stato ancora accertato, ma di un proscioglimento che si sarebbe nell' impossibilità di pronunciare. su tale aspetto in ogni caso la Presidenza, con gli strumenti che sono corretti, sta acquisendo tutti gli elementi che comunque giungeranno a questa Camera insieme con la richiesta di autorizzazione a procedere , per arrivare alle valutazioni del caso. onorevoli colleghi , è stato posto il quesito se questo sia l' ultimo Governo di un vecchio sistema o se sia il primo di un nuovo sistema. il fatto stesso che ci si ponga la domanda dimostra che l' attuale Governo è destinato ad essere insieme l' una e l' altra cosa. sappiamo, però, che il nostro Governo avrà compiuto il suo dovere se avrà cambiato molto del vecchio che ancora ci attarda e se sarà riuscito ad agganciare, a canalizzare, a rendere proficuo il nuovo in cui abbiamo incominciato a vivere. e questo, sia esso il compito dell' ultimo dei vecchi governi o del primo dei nuovi governi, è un compito che vale comunque la pena di assumersi. ed è per questo che vi chiediamo la fiducia. sì, signor presidente .